Zanzibar, viaggio delle emozioni

La ricchezza è la loro povertà
Scritto da: lattuga
zanzibar, viaggio delle emozioni
Partenza il: 22/07/2010
Ritorno il: 31/07/2010
Viaggiatori: 2
Spesa: 2000 €
Ho appena lasciato Zanzibar con gli occhi pieni di lacrime (nonostante lo Sjogren) mentre abbracciavo per i saluti i masai Paulo e Gabriel mie guide “spirituali” oltre che, come si definiscono loro, addetti alla sicurezza. “Alla sicurezza di che?” Alla sicurezza di un mondo perduto che ho conosciuto solo in parte, fatto di persone , di valori, di storie, e racconti incredibilmente veri. Non mi mancano le bianchissime e abbaglianti spiagge che durante la bassa marea (di circa 300m) brulicavano di beach boys che offrivano escursioni a basso prezzo, o di ragazze variopinte con coloratissimi parei che mi invitavano, chiamandomi per nome, nella loro capanna piena di souvenir fatti con materiale povero (perline, spago, dipinti etc), mi mancano invece le loro sonore risate sincere, le loro piccole attenzioni, la familiarità con cui instaurano i loro rapporti con i turisti ospiti, i racconti di vita che ognuno orgogliosamente espone solo se capiscono che tu “hai un’anima buona” (come dicono loro). Giovani masai che hanno lasciato moglie e figli per venire a lavorare qui sulla costa per 60 dollari al mese, che regolarmente mandano per sostenere la propria famiglia che vive nella foresta tanzanica dove non esiste nè acqua nè corrente elettrica nelle capanne. Descrivono il loro mondo con il cuore, contenti di appartenere alla comunità masai con la serenità che si legge nei loro grandi occhi neri. Mentre ero lì, tante volte, mi sono detta che io della vita non ho proprio capito nulla. Sono stata in due villaggi a Zanzibar, lontani dal richiamo turistico, dove il niente è già tanto e descriverlo sarebbe disonesto perchè per loro quello è il tutto, lontani anni luce dai nostri armadi pieni di roba che non si riesce a fare entrare, cucine supertecnologiche di cui orami non si riesce a farne a meno ma…quanto vuoto dentro la nostra carcassa di carne! Mangiano in un unico piatto messo nel centro di una stoia, seduti per terra, senza posate, dove ognuno attingeva con le mani nel riso lasciandone una parte per coloro che nella capanna accanto non ne avevano. Gli uomini mangiano con i figli maschi, le donne con le figlie femmine. Parlano, ridono, si raccontano e si sposano con mogli scelte dai propri genitori (scelta migliore non esiste proprio perchè fatta da chi li ha fatti nascere). Per la prima volta ho percepito la mia superficialità quando Gabriel mi ha raccontato dietro mia (come al solito incuriosita) insistenza, che per curare suo figlio di 18 mesi, lui con i suoi vicini, ha preso un prestito di 300 dollari per pagare l’ospedale e le cure. Caspita io ne ho portati 400 per spendere in ricordini da portare a casa ! Ricordini che dopo un frettoloso grazie andranno a finire nel fondo di un cassetto. I valori ….i valori che quotidianamente cerco nei soggetti, nelle luci, nelle ombre che fotografo nella mia mente e che smettono di essere quello che sono per diventare quello che voglio io… Solo ora capisco (niente a che vedere con i musulmani, anche se tutti sono molto devoti) perchè non tutti vogliono essere fotografati, dicono che gli rubiamo l’anima… ed è vero e sono decisamente d’accordo, perchè la loro inestimabile ricchezza è racchiusa dentro, protetta dalla semplicità e umiltà del loro essere.


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