Yitzhak rabin
Questo mio racconto è un giorno dei mie oltre 1000 giorni passati in Israele, più di 500 nei territori della Cisgiordania e il resto tra Tel Aviv e il resto d’Israele.
Ero a Londra quando dopo pochi giorni decisi di ritornare in Israele a trovare i miei amici. Vado in un’agenzia viaggi e: “c’è un volo per domani 102 pound con British”.
Lo prendo e la sera dopo ero nella mia amata Tel Aviv.
La città delle 24 ore, piena di cultura e di divertimento, le sue bellissime spiagge, la vita notturna famosa in tutto il mondo.
Vado nel primo ostello che trovo… Saskya hostel… Entro e al ricevoimento leggo: “cercasi lavoratori”.
Chiedo e il giorno dopo ho il colloquio con il manager dell’hostel e dal giorno dopo ancora incomincio a lavorare.
“Ma come vieni a trovare noi e tu ti metti a lavorare?” questa è stata la frase che i miei amici mi dissero appenna seppero che avevo iniziato a lavorare alla reception di questo piccolo hostel in Ben Yehuda Street, una delle strade principali della città.
Dopo giorni che ero lì il 4 novembre di quel lontano 1995 Ronit la mia amica poliziotta e altri amici mi invitano ad una festa in una fabbrica abbandonata di tel Aviv. In quel periodo andava di moda in Israele prendere dei locali abbandonati e organizzare feste con ragazzi che provenivano da tutto il paese, una specie di centro sociale. Ballavano tutti divertiti.
Ad un certo momento Lorraine si avvicina e mi dice: “Hanno sparato al nostro primo ministro!” La musica continua.
“Niente di grave” abbiamo pensato. Un sorriso, come se nulla fosse successo.
Vado nei bagni della sala di sotto, continuo a ballare, due ragazze si avvicinano e iniziamo a fare conoscenza, quando ad un tratto un rumore strano arriva dall’esterno della discoteca. Spalanchiamo tutti e tre gli occhi guardandoci straniti, un pò impauriti. Usciamo ma niente, rientriamo e continuamo a ballare fino a che ad un tratto la luce della fabbrica abbandonata diventata discoteca per una notte si accende completamente, la musica si spegne e la voce del DJ, quelDj che fino apochi secondi fà incitava alla festa dice: “E’ morto il nostro primo ministro, è morto Rabin!” Vado alla ricerca di Ronit, lei stava cercando me.
“Daniel let’s go! Let’s go! Andiamo! Andiamo!” Gli ochhi erano di nuovo spalancati, Lorraine, l’amica israeliana conosciuta a Kathmandu, piange. Ci allontaniamo dal locale, i ragazzi discotecari di Tel Aviv con i piercing e i tatoo seduti chi dentro le auto, chi per terra, chi era appoggiato sui cofani ad ascoltare la radio.
Una musica straziante iniziò ad uscire dalle auto lungo quella strada con noi che camminavamo veloci per andare nella piazza Kikar Malche Yisrae’el, oggi Rabin Square, dove c’è il palazzo del comune della città.
I discotecari con i piercing e i tatoo piangono, Lorraine cammina singhiozzando, Ronit cammina a passo veloce, io la seguo.
Arriviamo nella piazza dopo poco, c’era tanta gente, i giornalisti di tutto il mondo erano pronti con gli special che parlavano ai microfoni delle loro TV con lo sfondo il palazzo del comune, la gente cantava e piangeva, le torce di fuoco erano accese, i lumini accesi ricoprivano ormai mezza piazza. Yigal Amir, il fanatico israeliano di estrema destra aveva ucciso Rabin.
Era morto un’altro premio nobel per la pace.
ERA MORTA LA PACE Al prossimo racconto di questa terra a dir poco enormemente fantastica e sorprendente.
daniele