Yemen: il paese delle mille e una notte
Com’è nata l’idea di un viaggio proprio in quel Paese? Premetto che soffro da tempo del famoso “Mal d’Africa” e che gli ultimi viaggi sono stati esclusivamente verso quel Continente, ma il Mondo è grande – mi dico sempre – e bisogna allargare i propri orizzonti.
L’idea originale era di riprendere un vecchio progetto, visitare il Vietnam, un viaggio che nel 2003 avevo progettato ed anche già organizzato interamente, ma che è stato impossibile realizzare a causa dell’epidemia SARS, molti voli in quel periodo erano stati soppressi e così pur non volendo rinunciare ci sono stata costretta.
Dunque l’idea era quella di lasciare temporaneamente l’Africa e spingersi in estremo Oriente. Pur ripassando gli appunti, pur avendo ricomprato una nuova guida più aggiornata ed avendo già dato avvio al progetto, non ero del tutto convinta, non avevo più quel “prurito” che sentivo nel 2003, temevo che dopo gli spazi, la natura ed i popoli africani non avrei apprezzato pienamente il nuovo viaggio, la cosa mi turbava parecchio perché per me un viaggio è un notevole investimento emotivo e per nessuna ragione vorrei tornare insoddisfatta.
Dopo un approfondito esame di coscienza e lunga meditazione ho deciso che era meglio lasciar sonnecchiare ancora un po’ il Vietnam, un viaggio deve essere sentito dentro ed io, purtroppo, non lo sentivo.
Rileggo la lista dei “viaggi da fare” e un nome mi colpisce: YEMEN! Quel nome era stato aggiunto all’elenco dopo aver visto su una rivista la foto di un antico ponte di pietra, non resisto al fascino di un ponte e del vuoto sottostante e anche se può sembrare banale questo è il motivo per cui lo Yemen è entrato nella lista.
Ricordavo anche di aver letto un interessante articolo su Socotra, ho recuperato quella vecchia rivista e le parole.: …L’isola appartiene politicamente e amministrativamente allo Yemen, ma geograficamente è molto più vicina all’Africa … hanno fatto scoccare in me quella famosa scintilla, quella che ti fa pensare … SI è proprio lì che voglio andare! Quindi la commistione “ponte” e “isola al largo delle coste della Somalia” è stata determinante.
Cominciano a quel punto le ricerche, lo studio approfondito del Paese, i contatti con altri viaggiatori (pochi purtroppo) e dopo mesi di “lavori” finalmente c’è un programma, ci sono i voli, c’è tutto.
Parte il conto alla rovescia e alle 21 (ora locale) del 18 ottobre 05 eccoci, mio marito ed io, in quel dell’aeroporto di Sana’a, attraversiamo poi in macchina (una lustra Mercedes con tanto di pellicciotto sintetico che ricopre il cruscotto e l’immancabile scatola di fazzoletti di carta, “equipaggiamenti” che troveremo poi su qualsiasi altra macchina yemenita) una metropoli enorme fino a raggiungere un piccolo hotel (Arabia Felix) nel cuore della città vecchia.
Siamo stanchi per il lungo viaggio, ma è impossibile non notare da subito la straordinaria bellezza della città vecchia, le antiche case a torre sembrano fatte di biscotto, i decori di calce che contornano le finestrelle di ogni forma sembrano trine di zucchero ed i vetri, trasparenti o colorati o costituiti da sottili lamine di alabastro, creano nella notte un gioco di luci e colori da fiaba.
Il ns. Programma di viaggio è molto ricco, prevede la visita delle seguenti località e cittadine: 19/10/05 – Bayt Baws, Wadi Dhahr, Sana’a 20/10/05 – Sana’a – Manakha – Monti Haraz – Al-Hoteib – Al-Hajjarah 21/10/05 – Manakha – mercato di Beit Al-Faqih – Zabid – Taizz 22/10/05 – Taizz – Yufrus – Monte Jabal Sabir – Taizz 23/10/05 – Taizz – mercato Wadi Dhabab – Jibla – Sana’a 24/10/05 – Sana’a – Thula – At-Tawila – Al-Rayadi – Al-Mahwit 25/10/05 – Al-Mahwit – Hababah – Zakati – Bukur – Kawkaban 26/10/05 – Kawkaban – Shibam – Kohlan – Hajjah 27/10/05 – Hajjah – Huth – Shahara 28/10/05 – Shaharah – Sana’a 29/10/05 – Sana’a – Marib 30/10/05 – Marib – deserto – Shibam – Sayun 31/10/05 – Sayun – Tarim – Eynat – Sayun 01/11/05 – Sayun – Al-Hajarayn – Sif- Wadi Doan – Al-Khoreibah 02/11/05 – Al-Khoreibah – Wadi Doan – Al-Mukalla 03/11/05 – Al-Mukalla – spiaggia Bir Ali – Al-Mukalla terminerà poi con una settimana nella splendida isola di Socotra (vedi diario di viaggio intitolato “Socotra – Kullo Tamam pubblicato su questo stesso sito).
In realtà lo Yemen è molto di più della lista di nomi inseriti nel programma, è un insieme di montagne, di decine e decine di villaggi senza nome, di vallate, di canyon, di sconfinate distese desertiche, di architetture di vario tipo e di molto altro ancora, difficile scrivere anche un solo appunto per ogni luogo che è sfilato davanti ai ns. Occhi.
Non farò quindi un resoconto dettagliato seguendo lo schema di un diario di viaggio, che potrebbe risultare noioso, non mi cimenterò neppure a descrivere i paesaggi, mi limiterò semplicemente a ricordare alcuni luoghi o episodi.
SANA’A Capitale dello Yemen, da sola vale il viaggio.
Per apprezzare pienamente la stupefacente architettura e la vitalità della città vecchia è preferibile alloggiare in uno dei caratteristici alberghetti ricavati in antiche case a torre, strutture semplici, ma ricche di fascino che rievocano atmosfere d’altri tempi, dove all’alba ci si sveglia al canto dei Muezzin, la cui voce è diffusa dagli altoparlanti delle numerose moschee sparse per tutta la città (la prima volta è senza dubbio suggestivo, poi ve lo raccomando … !!!).
E’ bellissimo perdersi, girando a piedi, tra i vicoli, ammirando con il naso all’insù i palazzi, esplorare l’enorme Suq con le centinaia di bottegucce stracolme di mercanzia, dove i venditori non sono particolarmente assillanti e dove gli articoli esposti non sono per turisti.
E’ d’obbligo salire sulla terrazza di uno dei tanti samsarah (caravanserraglio) per ammirare dall’alto il profilo dei palazzi, dei minareti, la geometria di vicoli, cortili e giardini nascosti.
Nella capitale si può sostare solo qualche ora o più giorni senza mai annoiarsi. Se ci si siede sulle gradinate che fiancheggiano la porta di ingresso alla città vecchia (Bab el-Yemen) si possono scattare bellissime fotografie, è proprio lì che sfila tutto il mondo ed i personaggi più curiosi.
Nei dintorni di Sana’a, nel Wadi Dhahr, da non perdere la visita al palazzo simbolo dello Yemen, costruito su uno sperone di roccia, l’immagine di questo meraviglioso palazzo è riprodotta anche sui francobolli.
MANAKHA e dintorni Stiamo ammirando dall’alto alcuni villaggi, l’autista decide di sbarazzarsi di noi, la cosa ci indispone un po’, ma siamo tolleranti e soprattutto non abbiamo nessuna intenzione di rovinarci il viaggio con spiacevoli discussioni, ci diciamo anche che siamo in pieno Ramadam quindi acconsentiamo senza fare storie al nostro “abbandono”, a quel punto l’autista punta il dito su un villaggio in basso (siamo su un dirupo roccioso) e dice: “scendete di qua, vi aspetto tra due ore laggiù!” accende il motore e va’.
Ci guardiamo intorno scoprendo che non c’è un sentiero, ma avendo un passato di camminatori ed una buona conoscenza della montagna, non ci perdiamo d’animo, affrontiamo lastroni di roccia che spesso si affacciano su vuoti impressionanti, camminiamo in orizzontale cercando nel contempo anche di scendere, soprattutto dove il vuoto è un po’ meno vuoto, dopo parecchio tempo ci troviamo su una serie di gradoni, si tratta di campi (coltivati a Qat) terrazzati, i cui muretti a secco a volte sono alti anche 2,5 metri.
Scendere, tutto è stato tranne che facile ed è in quell’occasione che abbiamo cominciato a dubitare della serietà e professionalità dell’autista, perché è veramente solo grazie alla nostra dimestichezza con la montagna se, bene o male, siamo arrivati … LAGGIU’ senza farci male e senza contare che i campi di Qat sono sorvegliati a vista da uomini armati.
Ci siamo veramente stupiti per tanta incoscienza, ma non è questa la cosa che voglio evidenziare in questo racconto.
Dopo diverse ore arriviamo LAGGIU’ … Al villaggio, dell’autista non c’è traccia, ci diciamo che – forse – considerato il nostro lungo girovagare, ci siamo persi e che il luogo dell’appuntamento probabilmente non era in quel villaggio, ma in quello vicino (che sembra vicino!).
Non ci sono strade, prendiamo un sentiero, la stanchezza comincia a farsi sentire, ma dobbiamo ritrovare l’autista prima che faccia buio, non lo troviamo neppure al secondo villaggio, decidiamo, a quel punto, di tornare sulla strada principale e di chiedere un passaggio verso il punto dove siamo stati “scaricati” o verso Manakha, cittadina in cui siamo alloggiati.
Fatichiamo anche a trovare la strada asfaltata, ma ci sentiamo meno smarriti e soli grazie alla gentilezza delle persone incontrate che ci hanno dato precise indicazioni e, non solo, con il sistema del passaparola hanno fatto in modo che l’autista potesse raggiungerci sulla “retta via”.
Questo episodio ha messo in crisi la ns. Fiducia nei confronti dell’autista, che si è sentito pure in diritto di farci una ramanzina (no comment!) ma nello stesso tempo ci ha fatto molto apprezzare la gentilezza e la disponibilità del popolo yemenita, purtroppo tristemente famoso, per colpa di alcuni, per i recenti fatti che tutti conosciamo.
JIBLA È uno dei tanti villaggi yemeniti dove abbiamo sostato, come sempre siamo soli, l’autista dorme da qualche parte poco lontano, abbiamo però imparato ad apprezzare i suoi abbandoni; saliamo la lunga e ripida scalinata che conduce nel cuore del villaggio, giriamo tra le stradine e una dolcissima ragazza yemenita ci affianca, il suo nome è Rima, ha 17 anni, ha il volto scoperto e parla un italiano quasi perfetto (oltre ad altre 4 lingue).
Ci guida raccontandoci cose molto interessanti sulla cultura e sulle usanze yemenite, visitiamo il cortile interno di una moschea, ci spiega che la sua famiglia è progressista, lei studia, può circolare a viso scoperto e potrà sposarsi quando e con chi vorrà.
Chiediamo se la cosa è mal vista dal resto degli abitanti, Rima ci assicura che se la famiglia acconsente a certe aperture nessuno al di fuori della famiglia ha niente da ridire. Questa per noi è una piacevole scoperta.
Avremmo voglia di scattare a Rima, che è bellissima, una foto, probabilmente lei avrebbe anche acconsentito, ma decidiamo di non trattarla come un’attrazione turistica e rinunciamo allo scatto. Salutiamo con affetto Rima e le siamo riconoscenti per la piacevole e molto istruttiva chiacchierata.
BIMBI DI UN VILLAGGIO SENZA NOME Come in ogni villaggio, i turisti vengono “assaliti” da bande di ragazzini vocianti e festanti che chiedono SURA (foto) KALAM (penna) BAKSHISH (mancia) o di fare da guida; noi non siamo ovviamente esenti da questo “fenomeno”.
Racconto dell’incontro con i bambini di un minuscolo villaggio, di cui non conosco neppure il nome, perché è diverso da tutti gli altri.
Il villaggio è molto piccolo, non serve una guida, a dire la verità siamo anche un po’ stanchi di villaggi, bambini, casette, capre e di tutto ciò che nello Yemen si ripropone decine e decine di volte, non abbiamo più penne, né caramelle, abbiamo scattato per giorni e giorni centinaia di foto ai bambini di decine di villaggi, comprato palloni, matite, lecca-lecca, ingaggiato decine di guide… facciamo capire ai nostri accompagnatori che non vogliamo una guida, vorremmo solo fare due passi e niente altro, il codazzo si assottiglia, ma tre ragazzini non demordono e ci seguono continuando a ripetere la solita filastrocca SURA KALAM BAKSHISH GUIDE, decidiamo di ignorarli, ci seguono per un po’, poi ci superano sbarrandoci la strada, si mettono in fila e cominciano a cantare FRA’ MARTINO CAMPANARO in tutte, ma proprio tutte le lingue, anche in italiano …..
Che piccoli amorevoli ruffiani! anche i più duri a quel punto si sarebbero sciolti.
SHAHARA Arrivare in quel luogo remoto è stata una vera avventura, è una delle esperienze del viaggio nello Yemen che ricorderò più intensamente. Dopo qualche ora di strada sterrata molto sconnessa comincia il bello, si lasciano fuoristrada e autista, ci si mette nelle mani di una guida locale (armata di Kalashnikov) e si comincia la dura salita verso i quasi 3.000 mt dove si trova lo stupendo villaggio di Shahara e l’incredibile ponte di pietra sospeso nel vuoto. La salita avviene a bordo di un vecchissimo pick-up Toyota, si sta in piedi sul cassone, aggrappati come piovre, con i muscoli completamente contratti per la paura di cadere, la strada sterrata è ripidissima, accidentatissima e strapiombante, si sale in queste condizioni per un’ora e mezza abbondante, stando attenti ad abbassarsi quando si incrociano i fili della luce, i panorami sono straordinari e a parte i muscoli indolenziti a forza di tenersi aggrappati è veramente divertente. Lungo il percorso ci si ferma spesso per dare un passaggio alla gente del luogo, la pendenza è incredibile, ma lo scassatissimo pick-up riparte sempre, in poco tempo il cassone si riempie di donne coperte dal trazionale abito nero, bambini, uomini e montagne di cose, tutti ci guardano incuriositi, sorridono e cercano di comunicare nella loro lingua, i più “istruiti” sfoggiano qualche parola in inglese o addirittura in italiano, per loro è importante riuscire a stabilire un contatto, neanche fossimo celebrità … Tanta cordialità e tanti sorrisi ci commuovono! Arrivati a destinazione il villaggio di Shahara è una meraviglia, si presenta con casette di pietra molto ordinate, alcune di esse si specchiano nella grande cisterna per la raccolta dell’acqua, le persone sono molto ospitali; “affittiamo” un simpaticissimo ragazzino del luogo e andiamo subito in cerca del ponte, alle 17,25 del 27 ottobre 05 ho raggiunto il principale obiettivo del viaggio, non ci posso credere, ecco il “mio” ponte, è lì davanti ai miei occhi, è stupendo, lo attraverso e guardo sotto con tanta emozione ed un pizzico di vertigine; poco dopo, il tramonto tinge di colori rosso/rosa ogni cosa, sono veramente felice! Facciamo ritorno al funduq (molto semplice, ma pulito, si dorme in piccole stanze su materassi stesi a terra sopra tappeti che hanno molto da raccontare, il bagno è in comune) ceniamo in compagnia di un simpatico gruppo di Avventure nel Mondo, dopo cena saliamo tutti sulla terrazza (siamo in una tipica casa a torre) ad ammirare un cielo stellato meraviglioso; il villaggio è immerso in un buio proprio nero, lungo i vicoli e le stradine non c’è illuminazione, si vedono solo le lucine delle piccole finestre di ogni casetta, si ha l’impressione di essere in mezzo ad un grande presepe, la pace che regna su quel luogo è infinita, le stelle sono tantissime, si vede anche la via lattea, sembrano vicinissime, viene d’istinto allungare la mano per toccarle.
Si va a nanna presto, stanchi, ma appagati e felici, la mattina seguente si scende dalla montagna a piedi, attraversando il ponte e ammirando le incredibili coltivazioni a terrazza, dopo circa un paio d’ore di cammino, raggiunto il primo villaggio, si riprende il pick-up, in discesa è ancora più “spaventoso” che in salita, ma sempre divertente, si recuperano poi auto e autista e si riparte per una nuova meta.
WADI HADRAMAWT – WADI DOAN e dintorni Dopo essere scesi dall’altopiano che ospita Sana’a, si passa da Marib, si attraversa il deserto e si giunge in una valle fertile lunga oltre 165 km chiamata Wadi Hadramawt, lo scenario che si apre davanti ai nostri occhi è a dir poco mozzafiato, tutto lo Wadi è fiancheggiato da ambo i lati da montagne di roccia dalla cima piatta, qui si incontrano cittadine e villaggi con le case costruite interamente con mattoni di fango; Shibam, chiamata la Manhattan del deserto, è un autentico gioiello, si dice che in mezzo km quadrato trovino posto ben 500 palazzi, impossibile dire se siano davvero 500, comunque perdersi tra i suoi vicoli strettissimi è un’esperienza da non perdere.
Nei campi coltivati di questa zona si possono vedere donne dall’abito nero, completamente coperte, con in testa un caratteristico cappello di paglia dalla punta conica, sono figure veramente particolari, sembrano streghe appena uscite da un libro di fiabe.
Percorrendo il Wadi Doan, la più bella diramazione dell’Hadramawt, si incontrano decine e decine di villaggi costruiti a ridosso di due file di montagne, che qui sono ancora più vicine e creano uno spettacolare canyon, sul fondo del quale crescono rigogliosi palmeti.
La pista qui è difficile, a volte inesistente, si viaggia per lunghi tratti sul letto sassoso di un fiume in secca, ma la bellezza dei panorami ripaga di qualunque fatica.
Dopo diverse ore di viaggio la corsa termina in un villaggio chiamato Al-Khoreibah.
Questo è lo Yemen più autentico e lontano dalle rotte turistiche, anche se “turistico” in tutto il resto dello Yemen è una parola veramente grossa.
In questo luogo si incontrano pochi scassatissimi pick-up carichi fino all’inverosimile di persone e animali, il mezzo di trasporto più diffuso è l’asino.
Non è raro vedere asini decorati da greche o altri motivi ornamentali ottenuti con l’Hennè, nota tintura naturale.
Camminare tra la gente è un’esperienza imperdibile.
ALBERGO Nei dintorni di Shibam si trova l’hotel Al-Hawta Palace, la guida EDT lo descrive così: “vanta l’esclusiva prerogativa di essere l’unico albergo di prima categoria interamente costruito in fango e argilla, l’architettura dell’edificio è molto bella, come pure l’arredamento nel tipico stile dell’Hadramawt occidentale. A coronamento di tutto, l’albergo è immerso in una meravigliosa proprietà etc. Etc.” Dopo averlo “assaggiato” si può affermare che il giudizio della guida EDT è fin troppo modesto; in quell’albergo non si respira aria di lusso, ma aria d’altri tempi, si tratta di un antico edificio interamente e superbamente ristrutturato (da un architetto di origine italiana) le finestre, i portoni, i mobili, le cassapanche, etc. Sono tutti originali, tutto è stato recuperato alla perfezione, girare tra i cortili, il patio, i corridoi, le terrazze di quell’hotel è come fare un giro in un museo. Le stanze, contrariamente da quel che ci si può aspettare da un 4 stelle, sono semplici, ma molto affascinanti, non c’è sfarzo, solo molto semplice buon gusto a cominciare dal massiccio portoncino di ingresso alle finestrelle e soprattutto nessuna apparente e stonata modernità.
Da provare! BIR ALI Il tratto di costa che collega Al-Mukalla e Bir Ali è lungo circa 130 km ed è un succedersi di scenari desertici di enorme bellezza, si vedono rocce vulcaniche nere, dune di sabbia color vaniglia, piatte distese di sabbia punteggiate da qualche rado cespuglietto rinsecchito, ogni tanto si intravedono scorci del bellissimo Mar Arabico, infine si fa sosta alla spiaggia di Bir Ali, sabbia bianca e mare che dal trasparente degrada al turchese, dove è impossibile non concedersi un lungo bagno.