Xinjiang e Tibet: 3 settimane alla scoperta delle due regioni più magiche della Cina

Scritto da: puremorning1999
xinjiang e tibet: 3 settimane alla scoperta delle due regioni più magiche della cina

Questo viaggio nello Xinjiang e Tibet, nelle profondità occidentali della Cina, ci ha consentito di conoscere due paesi sorprendenti, abitati da persone straordinarie e di una bellezza superlativa, che speriamo vengano tutelati e rispettati come meritano, ma soprattutto di compiere un viaggio in due aree non molto battute dal turismo occidentale. Ecco il nostro racconto.

Informazioni utili su Xijiang e Tibet (Cina)

Alcune indicazioni generali prima di passare al racconto delle singole giornate:

Sicurezza

Riguardo alla sicurezza, Xinjiang e Tibet ci sono sembrate due aree sicure. Questa sensazione di sicurezza è anche un effetto collaterale dell’altissimo numero di checkpoints presenti non solo per le strade statali, ma anche nelle città, come ad esempio nelle stazioni ferroviarie, nella zona del bazar di Urumqi e Kashgar, nella metropolitana di Urumqi e nel centro storico di Lhasa. Molto spesso, quando si accede ai monumenti o ad altri luoghi turistici, il passaporto viene controllato, per cui è necessario averlo sempre con sé. In Xinjiang può accedere alle stazioni di rifornimento solo il conducente del mezzo mostrando la carta di identità. Sono presenti inoltre numerose telecamere dovunque per le strade della città ed anche nelle aree comuni degli hotel.

Periodo

Il periodo da noi scelto, vale a dire da fine luglio a poco dopo Ferragosto, è stato tutto sommato buono. C’è stato caldo in Xinjiang, soprattutto nell’area di Turpan, ma nelle zone montane la temperatura è stata gradevole, soprattutto in Tibet, dove abbiamo comunque avuto dei limitati momenti di pioggia, che però non ci hanno creato problemi. Considerando che siamo passati dai 48° di Turpan agli 0° dell’Everest Base Camp, il consiglio è quello di prepararsi a delle variazioni significative.

Viaggio fai da te o con agenzia

Noi abbiamo pianificato un itinerario di viaggio in piena autonomia ed abbiamo prenotato voli e quasi tutti gli hotel da soli. Per la tratta in Xinjiang abbiamo contattato varie agenzie perché ci occorreva un driver per alcuni giorni del nostro viaggio; in Cina difatti le patenti estere non sono riconosciute, per cui per un turista è impossibile guidare (tra l’altro, sarebbe un’esperienza spiacevole, se si considera sia il modo aggressivo e sregolato con cui i cinesi guidano, che il traffico pazzesco delle città). Per il Tibet il discorso è diverso: i viaggi indipendenti sono vietati agli stranieri, per cui occorre un visto speciale ottenibile quasi esclusivamente tramite agenzia ed è necessaria la presenza costante di una guida e di un conducente. Per questo motivo abbiamo inviato il nostro itinerario ad alcune agenzie locali, che avevano delle ottime recensioni su TripAdvisor, scegliendo quella che ci pareva avesse il miglior rapporto qualità-prezzo. Per lo Xinjiang abbiamo selezionato Silk Road Tours (https://www.silkroadtourschina.com; 656,50€ a testa per un tour per 2 persone con inclusione di 2 biglietti del treno ed esclusione degli accessi ai monumenti. Il tour ha compreso un driver per 5 giorni per la visita al Tian Chi/Heavenly Lake,  Turpan e zone limitrofe per 2 giorni, Kuqa e zone limitrofe e Karakul Lake); per il Tibet Shambhala Adventure (https://shambhala-adventure.com; 2289,40€ a testa per un tour per 2 persone inclusivi di: biglietto treno per Lhasa, tutti gli ingressi ai monumenti ed ai parchi nazionali, 4 hotel in doppia con bagno e colazione e permessi per il Tibet). Entrambe si sono rivelate ottime.

Quanto tempo serve per visitare Xinjiang e Tibet

Sono sufficienti tre settimane per visitare queste aree? Il periodo è sufficiente per visitare le principali attrazioni, ma in entrambi i paesi c’è sicuramente di più da scoprire. Le strade sono in buono stato in generale, ma nelle aree più remote lo sono meno e il tempo necessario per percorrere una distanza limitata aumenta. Inoltre, con riguardo al Tibet, l’altitudine (si parte da 3650 m. s.l.m.) rende gli spostamenti a piedi più faticosi e vanno considerati alcuni giorni per l’acclimatazione e alcuni tempi morti per possibili problematiche correlate (es.: nausea, insonnia, mal di testa, ecc). Il nostro consiglio è di non strafare.

Costi

Capitolo costi: estremamente bassi per il cibo, i treni ed il metrò di Urumqi, bassi per gli hotel, medi per i biglietti di ingresso ai monumenti ed alti per i voli. Ad esempio, una doppia in un hotel di buon livello con colazione e bagno privato costa tra i 35 ed i 60€; per cenare si spendono in genere sui 3/7€ a testa. I costi per il cibo aumentano un po’ se si scelgono ristoranti per turisti o di cucina cinese; noi abbiamo preferito ristoranti affollati e frequentati da locali e difficilmente ci siamo trovati male.

Trasporti

Abbiamo utilizzato una serie variegata di trasporti. In primo luogo, l’aereo per i seguenti spostamenti:

  • Milano Linate – Urumqi (via Roma e Chengdu) e Lhasa-Milano Linate (via Chengdu e Roma) con Sichuan Airlines e ITA (1143,30 € a testa con 1 bagaglio da stiva per passeggero; acquistato con Trip.com);
  • Kashgar – Xining (Tibet Airlines; 328,93€ a testa con 1 bagaglio da stiva per passeggero; acquistato con Trip.com, anche perché il sito di Tibet Airlines risulta inaccessibile da PC e smartphone dall’Italia e sicuramente da smartphone dalla Cina). Esperienza buona.

Una precisazione per i voli: da giugno 2025 è possibile trasportare in aereo solo power banks dotate di una certificazione in Cina, che non è automaticamente presente in tutte quelle disponibili in Italia. Comunque, questo non dovrebbe essere un problema, perché power banks sono disponibili davvero ovunque e possono essere noleggiate tramite un QR code.

Abbiamo utilizzato il treno per le tratte Turpan-Kuqa (161 CNY a testa hard sleepers, vale a dire cuccette da 6) e Kuqa-Kashgar (210 CNY a testa hard sleepers). In entrambi i casi dell’acquisto si è occupata l’agenzia, considerando che il prezzo proposto corrispondeva a quello effettivo. Diverso è il caso del treno Xining-Lhasa, che l’agenzia ci ha quotato USD 206 a testa (soft sleeper), circa il doppio del prezzo effettivo (113 USD). All’inizio avevamo pensato di gestire l’acquisto da soli, ma poi abbiamo cambiato idea perché, premesso che in Cina i biglietti sono disponibili solo 15 giorni prima della partenza, monitorando l’andamento della disponibilità dei biglietti nelle giornate vicine a quella in cui avremmo dovuto partire noi, ci siamo resi conto che gli stessi si volatilizzavano in pochissimi minuti. Da questo abbiamo dedotto che con tutta probabilità in periodi di alta stagione, le agenzie hanno una corsia preferenziale, per cui, visto che rischiare di restare senza biglietto avrebbe compromesso i nostri piani in maniera sostanziale, alla fine abbiamo ceduto. Le procedure sull’imbarco dei treni sembrano complicate all’inizio ma poi ci si abitua. In poche parole, superato un checkpoint con controlli simili a quelli degli aeroporti, si entra nella sala d’attesa e ci si ferma lì fino a che il proprio treno non viene annunciato (circa 20 minuti prima della partenza). A quel punto ci si mette in fila ed un’addetta verifica la prenotazione ed i documenti di identità prima di consentire l’accesso al binario. 

In Xinjiang abbiamo spesso utilizzato il taxi, prenotandolo e pagandolo con l’app Didi, affidabile ed economica. Ad Urumqi abbiamo preso più volte anche il metrò, facile ed estremamente economico. In città ci siamo spesso serviti anche dell’app Maps.me, tutto sommato accettabile.

Comunicazioni

Abbiamo acquistato una eSIM con Airalo che, dopo qualche difficoltà iniziale, ha funzionato. Successivamente questa eSIM ha esaurito i Giga in modo incomprensibile e, visto che non si poteva ricaricare, abbiamo acquistato una eSIM dall’App di Trip.com, molto economica (5€ per 5 G) e perfettamente funzionante senza il minimo problema; anzi grazie ad essa siamo riusciti ad avere acceso a WhatsApp! In genere, il Wi-Fi è spesso disponibile in hotel e a volte anche nei ristoranti. È utile anche scaricare il browser di Opera, che consente l’attivazione di una VPN per aggirare i blocchi su alcuni siti; tuttavia la VPN a volte non ha funzionato con il Wi-Fi dell’hotel, mentre funziona di solito con la eSim. Abbiamo avuto difficoltà ad utilizzare l’app di Yahoo, sito che non opera in Cina dal 2021 ed alcune app collegate a Google (ad es., Fitbit), mentre Hotmail è accessibile senza problemi dal browser. 

App

Non partite senza WeChat, sia perché vi consente di comunicare via chat (è un Whatsapp locale), sia perché, collegando la vostra carta di credito, vi consente di pagare davvero dovunque: abbiamo visto dei mendicanti che avevano il QR code dell’app per ricevere l’elemosina! Tra l’altro, la Visa non viene accettata cosi comunemente e, al momento della nostra visita, Weixin Pay, il sistema di pagamento associato a WeChat, non addebitava alcuna commissione. Utilissima anche l’app Didi, che consente di chiamare un taxi e pagarlo con la carta di credito collegata all’app. Anche Google Translate vi darà una mano considerato che l’inglese non è parlato da quasi nessuno.

Alberghi

Abbiamo prenotato gli hotel sempre tramite Trip.com, che aveva una disponibilità decisamente superiore alle altre app di viaggi. Quasi tutti avevano la colazione, che però è stata sempre in stile cinese, per cui difficilmente soddisfacente per noi. In linea di massima, ci siamo trovati sempre bene, con camere molto grandi e pulite. TripAdvisor non è di particolare aiuto nella scelta degli hotel (e dei ristoranti) perché non sono in molti ad aver recensito gli alberghi nelle due regioni.

Moneta

Quella uigura, tibetana e cinese è una società cashless. Conviene avere sempre a portata di mano dei contanti perché qualche volta WeChat può non funzionare, ma non conviene ritirare tanto. Noi abbiamo ritirato tre volte senza problemi e senza commissioni. Il cambio è stato di circa 8,37 CNY per 1€.

Cibo

Forse non sarà uno degli highlights del viaggio per la limitata varietà, ma noi abbiamo sempre mangiato bene in entrambe le regioni.

Igiene

Sulla pulizia possiamo dire che un po’ a sorpresa, il livello è in generale molto buono, sia nelle strade, che negli hotel e ristoranti. L’unica eccezione sono le toilette pubbliche in Tibet, che invece in Xinjiang sono molto pulite.

Guide

Questa è una nota dolente. La Lonely Planet è sorprendentemente ottima, ma aggiornata al 2019. I capitoli della Rough Guide sulla Cina dedicati a Xinjiang e Tibet sono buoni, ma aggiornati al 2017. Va un po’ meglio per il capitolo della Lonely Planet sullo Xinjiang estratto dalla guida sulla Cina, che perlomeno è aggiornata al 2022. Sempre affidabile la guida sulla Cina del TCI, anch’essa però del 2017. Chiude una deludente Bradt sul Tibet (edizione del 2011). Può venire incontro qualche sito internet, soprattutto sul Tibet – una menzione va a https://www.asiaodysseytravel.com, che contiene una serie di informazioni di carattere generale molto utili. In ogni caso, con riguardo al Tibet, la vostra guida sarà sicuramente al corrente degli orari di apertura e chiusura dei monumenti.

Gente

Probabilmente quello che vi colpirà di più nel corso del viaggio. Tutte le persone che abbiamo incontrato, che fossero uiguri, tibetani o han, sono stati straordinari e ci capitava continuamente di essere fermati da persone di tutte le età che ci salutavano o che volevano semplicemente sapere da dove venissimo, oppure che cercavano di darci una mano perché ci vedevano in difficoltà ed in Xinjiang in almeno 3 volte non ci hanno fatto pagare naan ed acqua perché non avevano resto. Mai visto un popolo più contento degli uiguri e dei tibetani quando li saluti o li ringrazi nelle loro rispettive lingue. Solo andando in Xinjiang e Tibet si riesce ad apprezzare appieno questo aspetto meraviglioso.

Approccio al turismo

Sia in Xinjiang che in Tibet il turismo è, sì, sviluppato, ma si tratta di un turismo quasi esclusivamente interno, soprattutto in Xinjiang. Nel periodo della nostra visita il numero di turisti è stato relativamente contenuto in Xinjiang e un po’ più elevato in Tibet, ma il numero di turisti occidentali è sicuramente inferiore all’1% del totale, con l’eccezione dei pernottamenti all’Everest Base Camp. Per farvi un esempio, in Xinjiang in nove giorni abbiamo incontrato meno di 10 turisti occidentali; un’altra decina era presente al mercato degli animali di Kashgar – naturalmente, in Tibet il numero è un po’ più elevato. L’inglese è parlato davvero da pochissime persone, per cui Google Translate è utile. Gli uffici del turismo sono inesistenti. Interessante l’approccio adottato dalla Cina per limitare l’overtourism ed anche l’impatto ambientale del turismo in alcune aree (es.: Heavenly Lake, Nam Tso, Everest Base Camp). Difatti, i turisti vengono costretti a parcheggiare ad alcuni chilometri dall’attrazione e a prendere un autobus. Questa soluzione consente sia di contingentare un po’ il numero delle presenze che di limitare i danni all’ambiente

Spiritualità ed istruzioni per la visita dei templi in Tibet

Il Tibet è un’area nella quale la spiritualità è parte integrante della vita quotidiana. Basta fare il kora del Barkor a Lhasa per rendersene conto. L’influenza dei monaci, che nel passato, a quanto ci ha raccontato la nostra guida, a causa del loro numero elevato, hanno impedito alla popolazione tibetana di crescere, è quasi svanita, ma l’importanza della religione è tangibile. Questa rilevanza ha portato all’edificazione di una gran quantità di monasteri e conventi. Alcuni di questi sono stati abbandonati o distrutti durante gli anni della Rivoluzione Culturale, per essere poi restaurati o anche del tutto ricostruiti a partire dagli anni Ottanta, come è tipico anche di altre zone della Cina. Per evitare un’overdose di istituzioni monastiche, a meno che non siate degli amanti o degli esperti di arte tibetana, un consiglio è di non visitarle tutte, né di cercare di entrare in tutti gli edifici presenti all’interno del loro perimetro, ma di selezionare i più importanti. Diversamente, si rischierebbe di fare solo una gran confusione e di restare con una confusione in testa senza corrispondenza con la realtà. Tra l’altro, anche i monasteri più celebri hanno al loro interno una serie di edifici di recente costruzione senza particolare valore artistico. Massima cautela anche nel parlare dell’attuale Dalai Lama, argomento estremamente sensibile. Già il primo giorno la nostra guida ci ha comunicato molto educatamente che non era opportuno parlarne; inoltre, l’atteggiamento del governo nei confronti di questo tema è evidente se si pensa che in tutto il Tibet sono proibite sue immagini.

Assicurazione di viaggio

Non partite senza assicurazione: noi abbiamo stipulato un’assicurazione annuale con Globelink. I lettori di Turisti per Caso possono stipulare un’assicurazione di viaggio, singola o annuale, con Columbus Assicurazioni e ottenere la franchigia gratis, oltre allo sconto del 10%, inserendo il codice TUPECA a questo link.

Diario di viaggio in Xinjiang e Tibet

Giorni 1, 2 – Urumqi

Atterriamo puntuali a Urumqi dopo quasi 24 ore di viaggio, se includiamo anche le soste a Roma e Chengdu. Raggiungiamo in taxi (61,50 CNY) l’hotel (Lihua St. James Joyce Caffetel; 120€ in totale per una camera con bagno e colazione per tre notti; le stanze sono buone, ma le parti comuni sono lasciate andare; molto buona la posizione, proprio di fronte al metrò che in tre fermate vi porta all’International Bazaar; colazione quasi sufficiente) e subito dopo ci dirigiamo al Parco Red Hills, da dove si ammira un panorama carino della città. Superato qualche problema con WeChat, che ad un certo punto ha deciso di non permetterci più i pagamenti, passiamo per la zona del mercato (Erdaoqiao) e chiudiamo con una visita al bel Bazar Internazionale, che, per quanto turistico, non è privo di fascino. Urumqi non è una città con delle attrazioni irresistibili, ma quello che abbiamo visto ci piace e molto bella è l’atmosfera, un mix tra Oriente e Occidente, che si avverte nei lineamenti delle persone, nei loro abiti, nella gentilezza estrema e nella musica che esce dalle auto.

Giorno 3 – Jinquan

Dopo una colazione molto poco occidentale, raggiungiamo con un taxi Didi (11,20 CNY) il Museo Regionale dello Xinjiang. Non è chiaro se sia necessaria una prenotazione per entrare, ma grazie ad un signore gentile che parla più o meno inglese e ci dà una mano, riusciamo ad entrare dopo essere stati registrati all’ingresso con il passaporto. Il museo merita soprattutto per l’esposizione delle mummie ritrovate in alcuni siti archeologici limitrofi, in particolar modo la Loulan Beauty, da non perdere per nessuna ragione se siete da queste parti. Non male neanche l’esposizione relativa al periodo preistorico, mentre tutto il resto lascia un po’ a desiderare. È interessante notare nelle didascalie la continua reiterazione che lo Xinjiang sarebbe da tempi immemori parte integrante della nazione cinese. Prendiamo un altro taxi per visitare il parco di Shuimogou, che ci consente di vedere i locali in una domenica pomeriggio di relax. Dopo una pausa caffè in riva al ruscello ci spostiamo al centro commerciale di Jinquan: abbiamo letto su un blog che è un posto da visitare, ma in realtà a noi appare come un luogo in fase di dismissione. Ciononostante, è molto interessante perché non ha niente di cinese e l’influenza uigura è totale. A tratti sembra di ritrovarsi in un’altra nazione dell’Asia Centrale o anche in Turchia, perché sia la gente che le merci in vendita hanno un’impronta turca o centroasiatica. Torniamo quindi al Bazar Internazionale e ceniamo bene e molto presto con dei laghman e due spiedini di agnello (o montone) in una food court (110 CNY). Facciamo ancora un giro e poi visitiamo la sezione di fronte, molto più moderna e dedicata principalmente al cibo. Torniamo quindi relativamente presto in hotel, dove mangiamo tre mangostine che abbiamo comprato in giro.

Giorno 4 – Tianchi Lake

Dopo una notte insonne, viene a prenderci Tahir dell’agenzia Silk Road. La giornata di oggi è dedicata alla visita del Tianchi Lake (o Heavenly Lake). Nonostante il lago si trovi a pochi chilometri da Urumqi, arrivare nel posto di inizio del trek è un’operazione complessa. Dopo poco più di un’ora d’auto, infatti, quest’ultima deve essere posteggiata nel parcheggio di un grande centro visitatori, dove veniamo registrati e successivamente paghiamo l’ingresso al parco. A questo punto, attendiamo l’autobus obbligatorio per percorrere la tratta di circa 30 km (45 minuti), quindi ci tocca camminare 10 minuti per arrivare sul lago. In totale, dal momento in cui siamo usciti dall’hotel sono passate tre ore! Iniziamo la visita del lago partendo dalla sponda ovest. Il percorso è bello e, dopo la quantità enorme di turisti incontrati all’inizio, quasi del tutto deserto. Ci piacerebbe percorrere il periplo per visitare anche il tempio situato sulla sponda opposta, ma alla fine desistiamo, scoraggiati sia da Tahir, che ci comunica la difficoltà di un tratto di percorso presente proprio su quella sponda, sia da una famiglia che ha appena terminato il tragitto in questione. A questo punto decidiamo di raggiungere il tempio di Xi Wangmu ed il Palazzo Juxian tornando sui nostri passi. Il panorama che si vede da questi monumenti è davvero splendido. Alla fine, calcoliamo che abbiamo camminato quasi ininterrottamente per oltre 6 ore, ma ne è valsa davvero la pena! All’ingresso ci riprende Tahir che ci riporta a Urumqi e ci suggerisce di andare a cenare in uno dei ristorantini in Consulat Street, a breve distanza dal Gran Bazar. Il suggerimento si rivela vincente e ceniamo in un baracchino a base di una specie di pane cinese ripieno di carne e condito con salsa di soia e salsa piccante (10 CNY) e ci spostiamo poi al ristorante Ikram, dove prendiamo del kebab (76 CNY). La strada è estremamente vivace e non sembra proprio di stare in Cina, perché la popolazione è di etnia uigura. Concludiamo la serata al Bazar con uno dei gelati più disgustosi che ci sia mai capitato di mangiare!

Giorno 5 – Turpan, Tuyok

Al mattino Tahir ci recupera e ci porta a Turpan in circa 2 ore e mezzo di viaggio (James Joyce Caffetel, 224 Chunshu Road, Gaochang District; 45,14€ in totale per una camera con bagno e colazione per una notte; camera ottima, ma colazione terribile). Turpan, che si trova a 80 m sotto il livello del mare, è notoriamente uno dei posti più caldi della terra e sicuramente il posto urbanizzato più caldo della Cina: oggi raggiungeremo 48 °C, perlomeno è un caldo molto secco! La prima tappa fortunatamente ha l’aria condizionata: è il Museo di Turpan, che ha una collezione dignitosa anche se non è l’attrazione principale di questa regione. Dopo il museo Tahir ci fa una sorpresa: ci porta a casa sua e ci offre un pranzo a base di laghman preparato da sua moglie. Nonostante il caldo, ci piace davvero tanto! Nel primo pomeriggio raggiungiamo il villaggio di Tuyok, un paesino storico ma tirato a lucido, edificato in mattoni di fango, carino e interessante. La tappa successiva è quel che resta delle grotte di Bezeklik: nonostante le ripetute devastazioni, il luogo riesce ancora ad avere del fascino. L’ultima visita della giornata è in un posto davvero orribile, edificato in uno dei punti panoramici sulle Montagne Fiammeggianti. Si tratta di un centro commerciale di nessun interesse, dal quale però si può godere di un bel panorama delle montagne. In realtà un panorama altrettanto bello si può ammirare anche da tanti altri posti per via, quindi sconsigliamo assolutamente l’accesso a questo orrore. Tornati a Turpan, salutiamo Tahir e andiamo a cena nel mercato notturno: mangiamo davvero benissimo a base di spiedini, naan e samsa ad un prezzo irrisorio (64 CNY). 

Giorno 6 – Jiaohe, Karez Paradise, Kuqa 

Dopo una colazione ridotta al minimo (ci sono esclusivamente cibi cinesi un po’ hard per noi), alle 9 arriva in hotel il padre di Tahir e in pochi minuti siamo al Minareto Emin, il cui aspetto esteriore è davvero molto bello. All’interno è semplice ma suggestivo. Sotto un sole che inizia a picchiare ferocemente raggiungiamo la seconda tappa, le rovine di Jiaohe, nel vicino villaggio di Yar, che sono Patrimonio Unesco (molti siti in Xinjiang fanno parte del sito cumulativo “Le vie della seta: la rete di rotte del corridoio Chang’an-Tianshan”). Il biglietto è composto da tre parti acquistabili separatamente a scelta del visitatore: la ricostruzione semimuseale di un villaggio dell’epoca, le rovine vere e proprie ed uno shuttle bus che compie il periplo alla base del promontorio. La ricostruzione del villaggio vale la pena soprattutto se avete bambini o non avete mai visto un villaggio tipico della Via della Seta, ma è evitabile se non avete molto tempo. Lo shuttle bus per noi è stata un’esperienza simpatica, perché dà la possibilità di vedere da vicino l’oasi, che diversamente non si vedrebbe dalle rovine; inoltre considerato che siamo già sopra i 40 °C, ci ha fatto risparmiare un po’ di sofferenza! Quanto alle rovine, sebbene il villaggio porti chiaramente i segni della guerra e dell’abbandono e quindi si faccia quasi sempre fatica ad attribuire ai resti le funzioni originarie, tuttavia la tranquillità del sito e l’atmosfera ripagano decisamente del caldo e della fatica. Dopo un paio d’ore ritorniamo in paese per visitare il Karez Paradise, uno dei canali sotterranei per l’irrigazione dell’area. La visita si rivela una vera sorpresa: in una mezz’oretta si riesce a visitare il tutto, che è molto meglio di quanto avessimo immaginato. Dopo una breve pausa pranzo a base di laghman in un ristorantino limitrofo (65 CNY per 3 piatti; buono), l’autista ci porta alla stazione ferroviaria. Al checkpoint ci sequestrano un coltellino svizzero perché ha una lama troppo lunga rispetto alle regole (6 cm.). Aspettiamo un’oretta e poi prendiamo il nostro treno delle 15:55, che ci lascia puntuale a Kuqa alle 22.37. Abbiamo trovato posto nelle cuccette da 6 (hard sleepers), che troviamo confortevoli. Anche l’ambiente circostante è dignitoso, non c’è chiasso, apparentemente tutto è pulito e passano frequentemente degli addetti per la vendita di cibi e bevande. A Kuqa viene a prenderci Saishifu che ci porta in hotel (Echeng Hotel Kuqa Tianshan Zhong Road, 272 South of Middle Tianshan Road; 33,27€ la doppia con bagno e colazione; stanza ottima ma colazione appena passabile) dopo averci accompagnato in un baracchino per un buonissimo naan, al quale accompagnamo dell’uva fantastica regalataci dal padre di Tahir.

Giorno 7 – Kizil Buddha Caves

La giornata inizia alle 8:40, quando arriva Saishifu, che in un’oretta e mezzo ci porta alle Kizil Buddha Caves, Patrimonio Unesco. La visita si incentra sulle grotte ovest, perché ci comunicano che quelle del complesso est oggi sono chiuse ed è contingentata in gruppi da 10, che comunque partono in rapida successione; non sono disponibili spiegazioni in lingue diverse dal cinese, se si eccettuano le scarne spiegazioni sulle placche fuori dalle grotte. In tutto visitiamo 5/6 grotte, i cui affreschi sono simili a quelli di Bezeklik. Anche in questo caso, il panorama circostante è davvero bellissimo. A questo punto, proseguiamo diretti verso il Tianshan Mystic Grand Canyon, che Ali, il proprietario della Silk Road Tours, ha incluso nell’itinerario di sua iniziativa proprio ieri. Superato l’impatto iniziale, che ci fa temere di essere finiti in un altro parco giochi, scopriamo un posto davvero interessante: non c’era mai capitato di fare una passeggiata di quasi un paio d’ore in un canyon costellato di statuette di Buddha ed icone religiose. Il canyon in sé, tra l’altro, merita davvero una visita, per cui l’esperienza inaspettata è promossa a pieni voti. Segue un’altra sosta a sorpresa, presso il Pyramid Natural Landscape (Yadan Landform), un canyon scavato nel terreno argilloso, che però non è niente di che. L’autista, tuttavia, ci informa che l’attrazione consiste in una stele commemorativa del punto di arrivo della “famosa” autostrada di Doukou, per cui non capiamo per quale motivo siamo qui! La tappa successiva è un altro bene Patrimonio Unesco, le rovine del tempio buddhista di Subash: anche in questo caso non resta molto della gloria passata, ma il contesto molto atmosferico ne aumenta il fascino. Ceniamo a Kuqa in un ristorantino all’aperto (forse King Kong BBQ) a base di spiedini e dingding zhomien, un piatto molto buono ed indescrivibile a base di pasta corta, carne, cipolla e pomodori (97 CNY) e andiamo in stazione dove, dopo un check-in tanto approfondito quanto faticoso, prendiamo il treno notturno per Kashgar delle 21.50, sempre nelle cuccette hard sleepers.

Giorno 8 – Kashgar

Arriviamo puntuali in stazione alle 7.20 del mattino e raggiungiamo in taxi il nostro hotel (Tianyuan Business Hotel, 8 Renmin East Road; 52,88€ a notte per una doppia con bagno e colazione; buono, ma colazione cinese; personale molto gentile). In hotel ci danno immediatamente la stanza e ci consentono anche di fare colazione! Usciamo dall’hotel in tempo per trovarci alle 10:30 all’East Gate per assistere alla cerimonia dell’apertura della porta, che si svolge quotidianamente. Peccato che ci fermiamo all’interno delle mura, per cui vediamo il backstage. In tutta onestà, lo spettacolo è abbastanza kitsch, ma trascorrere un quarto d’ora in questo modo va bene. Raggiungiamo quindi il Gaotai Minju, un’area che apparentemente è stata rimessa a nuovo da poco e comprende anche i resti di alcune antiche abitazioni che sono stati musealizzati. Successivamente visitiamo l’Hapak Hoja Mausoleum, che, sebbene un po’ lontano dal centro, è imperdibile: sia il mausoleo che le moschee limitrofe sono originali e valgono assolutamente una deviazione. Torniamo quindi in centro per visitare la moschea di Id Kah, il cui esterno è infinitamente più interessante dell’interno e proseguiamo con un lungo giro nelle vie circostanti. Mentre stiamo per uscire dalla zona storica, ci chiama improvvisamente Ali, il quale ci propone di prenderci al volo e portarci nell’ufficio competente per chiedere il permesso per il lago Karakul, meta di domani. In tutta onestà ignoravamo la necessità di un permesso per il lago, ma lo seguiamo volentieri, perché questa mossa ci farà risparmiare del tempo prezioso domani. L’operazione ci occupa circa un’ora e mezzo; successivamente torniamo nella città antica e ceniamo a base di ravioli alla cicoria, ravioli alla carne e naan ripieno di carne presso il Ristorante di cucina casalinga Hua Xiang (Nuo Er Bei Xi Lu; 50 CNY; ottimo). Trascorriamo il resto della serata in giro per la città.

Kashgar è una città con più di un difetto: una parte è chiaramente artificiale, ricostruita ad uso e consumo dei turisti ed un’altra parte che non è stata ristrutturata, è al limite del fatiscente. Ciononostante è una città davvero meravigliosa, nella quale la presenza degli occidentali ancora fa notizia e fa sorridere la gente, che a volte ti guarda ridacchiando cercando di non farsi scoprire ed a volte viene a salutarti e a chiedere una o più foto, e nella quale l’aria dell’Asia Centrale è fortissima, tanto che spesso ci si dimentica di essere in Cina.

Giorno 9 – Karakul Lake

Alle 9 viene a prenderci il nostro driver che non parla mezza parola di inglese (infatti non sappiamo neppure come si chiama) e che ci conduce sulla Karakorum Highway, diretti al Karakul Lake. Dopo circa due ore di paesaggi ordinari, iniziamo ad addentrarci tra i monti del Pamir ed i panorami diventano sempre più spettacolari – complice anche una giornata splendida – fino ad arrivare al reservoir Sate Baile che è davvero straordinario, dopo 3 ore e mezzo dalla partenza. I monti chiarissimi si riflettono sulla superficie dell’acqua senza la minima increspatura, dando vita ad un panorama incredibile. In mezz’ora raggiungiamo quindi il Lago Karakul. Anche questo spettacolo ci lascia letteralmente senza parole. Se proprio dovessimo trovare un appunto, sarebbe molto utile fare più attenzione a non lasciare troppa spazzatura in giro. Verso le 16 andiamo via, mentre arrivano torme di turisti in pullman enormi. Consigliamo quindi di effettuare la visita al mattino; tra l’altro al posto di blocco in direzione del lago verso le 17.30 c’è una fila davvero notevole. Arriviamo in hotel verso le 20.30 e torniamo nella città vecchia per una cena a base di un singolare pollo al pepe, degli spiedini ed un naan in uno dei ristoranti con vista sulla città vicino alla pagoda (110 CNY).

Giorno 10 – Kashgar

È arrivata l’ora del famoso bazar della domenica di Kashgar. Abbiamo cercato accuratamente su Internet una serie di informazioni per capire quando andare, ma soprattutto dove si trova; chiediamo anche alla receptionist per essere certi di non sbagliare. Arriviamo verso le 10.30 per scoprire che il luogo dove si teneva il bazar è in ristrutturazione. Hanno difatti edificato un enorme centro commerciale, che però non è ancora aperto. Siamo perplessi per non essere riusciti a recuperare nessuna informazione in tal senso sul web; in ogni caso ci pare che il nuovo bazar sarà molto meno interessante del precedente, in quanto l’edificio sembra estremamente asettico e simile ad un ordinario centro commerciale. Andiamo quindi all’altro bazar, quello riservato alla compravendita di animali, che si tiene alla periferia della città. Qui trascorriamo un’ora girando tra le bancarelle di cibo e frutta secca ed assistiamo un po’ alla contrattazione di pecore e mucche. Si tratta di un mercato autentico, nonostante il numero di turisti sia relativamente elevato ed è un’esperienza interessantissima e consigliata, anche se il modo in cui gli animali vengono trattati, fa riflettere. Noi siamo arrivati poco dopo le 11 e c’è già molto movimento, ma è evidente che non siamo ancora all’apice dell’attività commerciale. Torniamo quindi nella città vecchia e pranziamo, ancora una volta benissimo, al Ristorante di cucina casalinga Hua Xiang (35 CNY per due piatti) prima di tornare in hotel, prendere i bagagli e raggiungere l’aeroporto dove ci attende il nostro volo per Xining. Arrivati con qualche minuto di ritardo alle 19.30, andiamo in hotel (Jianyin Hotel, No. 55 West Street, Chengzhong District, Xining; 62,17€ la doppia con bagno e colazione; stanza buona e colazione dignitosa, ma troppo caro) e passiamo la serata ad organizzarci per i giorni successivi.

Giorno 11 – Xining

Abbiamo il treno per Lhasa alle 12.50, per cui approfittiamo per fare un breve giro a Xining. Visitiamo subito la Moschea Dongguan, che è molto interessante, in quanto è un mix tra architettura islamica e cinese. Torniamo poi a piedi in hotel passando per alcune vie piene di negozi e ristoranti e abbiamo modo di constatare che questa città, pur essendo priva di particolari attrattive, ci pare molto piacevole. Raggiungiamo in taxi la stazione e prendiamo il treno dopo qualche incomprensione con il controllore. Per fortuna, stavolta è un soft sleeper e la differenza si vede: c’è meno gente, c’è più spazio nelle cuccette e non ci chiedono il passaporto ogni 10 minuti! I nostri compagni di cuccetta sono un signore cileno, naturalizzato australiano e un ragazzo cinese. Valore aggiunto del percorso sulla ferrovia più alta del mondo, sono una migliore acclimatazione (almeno teoricamente) e dei bellissimi paesaggi naturali, che iniziano con un enorme lago e colline verdeggianti, proseguono con un paesaggio semidesertico intervallato da numerosi canyon e terminano la mattina dopo con le splendide montagne che circondano l’altipiano. Anche se non manca qualche industria che deturpa il paesaggio, soprattutto verso la metà del percorso.

Giorno 12 – Lhasa

I paesaggi che si possono ammirare dal finestrino dopo l’alba, sono davvero spettacolari, anche se per uno di noi la notte è stata un incubo a causa del mal di montagna: il treno parte da 2000 metri circa, sale fino a 5100 per poi scendere a 3650. Abbiamo sottovalutato queste variazioni. Arrivati in stazione a Lhasa, troviamo ad attenderci Tsering Wangjiu, la guida inviataci da Shambhala Adventures, che insieme all’autista ci conduce a Tsedang per sbrigare le formalità con la polizia e portarci in hotel (The Yarlung River Hotel; doppia con bagno e colazione; pagato dall’agenzia; stanza discreta e colazione sufficiente). Dopo un paio d’ore di riposo, Tsering e l’autista ci portano alla vicina fortezza di Yongbulakang. Per quanto la fortezza, come quasi tutti i monumenti della Regione Autonoma del Tibet, sia stata quasi del tutto ricostruita dopo le distruzioni avvenute nel periodo della Rivoluzione Culturale, la sua posizione è straordinaria. Anche la visita all’interno è molto interessante e ricca di atmosfera, ma l’highlight è il panorama sulla stessa fortezza che si ammira da una collinetta all’interno del complesso. Avere con noi Tsering è estremamente utile, perché ci fornisce numerosi dettagli sulle statue e i dipinti, che altrimenti ci sarebbero sfuggiti. Concludiamo la giornata con una cena discreta in un luridissimo locale proprio dietro all’hotel (38 CNY per due piatti).

Giorno 13 – Samye

Partiamo alle 9 per visitare il Monastero di Samye. Iniziamo il breve trek sul Monte Hepori, dal quale si gode di un panorama straordinario sia sul complesso monastico che sullo Yarlung Zangbo/Brahmaputra. Qui incontriamo una simpatica coppia veronese che ci fornisce alcune informazioni utili per la nostra visita di Lhasa e con la quale condividiamo un breve tratto del nostro percorso. Andiamo quindi al monastero vero e proprio, che è davvero splendido come si legge. È molto bello vedere i pellegrini che alimentano le lampade votive con tocchi di burro e che consegnano al monaco il chang, la birra d’orzo locale, per un rito di protezione. Siamo arrivati anche a bere l’acqua che garantisce una lunga vita! Tappa successiva il Monastero di Gongkar Chode, caratterizzato dalla presenza di numerosi dipinti nello stato originario. Ci colpiscono in particolar modo quelli su sfondo nero che dipingono un funerale del cielo (poco prima di una Cappella di Protezione nella quale si possono ammirare degli scheletri di plastica con dei soldi in bocca!), quelli un po’ truci che descrivono delle morti violente per mano dei demoni e quelli in uno dei piani superiori che immortalano delle posizioni tantriche. Bel monastero anche questo, per quanto meno spettacolare di quello di Samye. Arriviamo quindi nel nostro hotel di Lhasa (House of Shambhala, No. 7 Jiri 2nd Lane, Chengguan District; 21,89€ a notte per una doppia con bagno; molto buono) e andiamo a cena (Tibetan Family Kitchen; 118 CNY per un piatto di momo ed uno yak set; buono). Subito dopo facciamo il nostro primo kora del Barkor e, dopo un massaggio soddisfacente presso il Tenzin Blind Massage Centre (200 CNY per 1 h di massaggio tibetano), andiamo a dormire. Lhasa ci sembra una città molto bella e altrettanto interessante, dove convivono nello stesso luogo e contemporaneamente manifestazioni religiose (i pellegrini che si prostrano per terra lungo il kora) e materialismo sfrenato (il kora è anche una via commerciale).

Giorno 14 – Jokang, Ramoche

Iniziamo la giornata con un altro kora intorno al Jokang, che poi visitiamo. L’esperienza è davvero interessante: il tempio è sovraffollato, ma prevalentemente di fedeli, essendo questo il monumento religioso più sacro del Tibet. Nonostante la grande folla, riusciamo a vedere la cappella di Jowo Samayumi, dove veniamo anche benedetti da un monaco! In tutto ci fermiamo un’oretta e subito dopo ci incamminiamo verso il Potala. Prima di arrivarci visitiamo il tempio di Pahla Lu-puk, piccolo ma con dei bassorilievi interessanti. È quindi l’ora del kora intorno al Potala, che visitiamo all’interno nel primissimo pomeriggio. L’edificio è indubbiamente spettacolare e visitarlo dall’interno permette non solo di poter vedere l’esterno più da vicino, ma anche ammirare qualcuna delle pochissime stanze aperte al pubblico. La permanenza massima è di 45 minuti, per cui la concitazione è notevole. Procediamo quindi con la visita del vicino Lukhang Temple, dove un monaco gentile ci fa entrare senza pagare. La posizione dell’edificio è bella, su un’isoletta di un lago artificiale. Tra i continui saluti di vecchiette e bambini, torniamo in Bei jing Dong Lu e da lì cerchiamo di raggiungere il Ramoche Temple, ma ci perdiamo. Per fortuna un gentilissimo vecchietto ci indica la strada e ci accompagna fino all’ingresso. Qui abbiamo una doppia sorpresa: assistiamo prima ad alcuni canti corali eseguiti da un gruppo di monaci con dei copricapi elaborati e successivamente alla vestizione della statua del Buddha. Tornati al Barkor, entriamo in un ristorante a caso, Calf (nella via di fronte a Lhasa Kitchen e Snowland Tourist Mall – scegliete tra i due locali identici quello che ha le foto del cibo), che ci ispira perché è pieno di tibetani: mangiamo benissimo e proviamo il thugpa (46 CNY per due piatti). Qui conosciamo una coppia di tibetani che vive a Barcellona da tantissimi anni, i quali ci informano che il ristorante è estremamente gettonato tra i locali e si dimostrano meravigliati dalla presenza di due turisti. Dopo cena raggiungiamo il Potala nella speranza che sia illuminato per fotografarlo, ma il nostro desiderio purtroppo non si realizza, per cui torniamo in hotel.

Giorno 15 – Ganden, Drigung Til

L’itinerario di oggi ci porta fuori Lhasa. La prima tappa è il complesso monastico di Ganden, situato in una posizione spettacolare a oltre 4000 m. Il monastero è tra i più importanti complessi religiosi tibetani perché qui fu fondata la scuola di Gelugpa, che è quella dell’attuale Dalai Lama. Il monastero è molto grande e le sue strette vie che si inerpicano sulla montagna sono affascinanti. Dopo aver visitato un paio di collegi e la stamperia, facciamo il kora più semplice, passeggiata questa assolutamente consigliata perché il panorama offerto dal percorso è a dir poco superlativo. Riusciamo anche a vedere un sito dedicato ai funerali del cielo con un gruppo di persone raccolte in preghiera. Tornati al monastero, visitiamo i due edifici principali, vale a dire la Tomba di Tsongkhapa, nella quale Tsering ci coinvolge in una preghiera e la Assembly Hall, dove abbiamo la fortuna di assistere ad un preghiera cantata dai monaci con i loro tipici cappelli gialli mentre bevono il tè. Raggiungiamo poi il monastero di Drigung Til, situato anche questo in una posizione incantevole ad oltre 4000 metri. L’esterno del complesso monastico e la sala di preghiera principale sono molto belli, mentre il resto non si può definire memorabile. Tuttavia, il kora intorno al monastero regala delle vedute spettacolari sulla valle e sui vari edifici del complesso. Peccato solo per la brutta cittadina situata proprio nella valle al di sotto del monastero, che rovina un po’ l’atmosfera perfettamente idilliaca. A questo punto, facciamo un salto alle vicine Tidrum Hot Springs, due piccole pozze termali (una destinata alle donne e l’altra agli uomini), che fortunatamente oggi non sono sovraffollate, perché diversamente sarebbero impraticabili. Come è possibile immaginare, diventiamo immediatamente l’oggetto di attrazione principale dei locali! Ci immergiamo per qualche piacevole minuto e poi, dopo una visita all’omonimo convento, dove una suora prepara un’offerta alimentare a base di burro e tsampa, ci rimettiamo in macchina e, tra splendidi paesaggi e strade liberamente attraversate da mucche e yak, torniamo in hotel, dove ceniamo molto bene e abbondantemente (185 CNY per 4 piatti).

Giorno 16 – Drepung, Sera

Oggi è la volta della visita al monastero di Drepung, che si trova proprio fuori Lhasa, ma che raggiungiamo con un po’ di difficoltà a causa di un ingorgo stradale terribile. Visitiamo subito il Ganden Palace, seguito dal kora e da un paio di collegi, per finire con la Assembly Hall, che è davvero meravigliosa. Alla fine della visita, andiamo al vicino Nechung Temple, dove un tempo aveva sede l’oracolo del Tibet e che è conosciuto per i dipinti horror. Carino, ma niente di che. Raggiungiamo quindi l’ultimo dei grandi monasteri nei dintorni di Lhasa, Sera. Dopo una rapida pausa pranzo nella teahouse del monastero (30 CNY per 2 piatti; sufficiente), facciamo il kora d’ordinanza, breve e più facile dei precedenti e poi visitiamo l’interessante Assembly Hall. Il pezzo forte è naturalmente il dibattito tra i monaci, che si rivela avvincente, sebbene non siamo in grado di capire neanche mezza parola. Tornati a Lhasa, facciamo un po’ di shopping al Barkor Market ed in seguito un giro nel quartiere musulmano, dove ci fermiamo a cena in un ristorante (forse: Erzang) non lontano dal checkpoint del Barkor, a base di noodles e hipthuk, un formato di pasta quadrato (50 CNY; molto buono). Dopo un gelato al vicino KFC, che ci consente di assistere al passeggio sul Barkor, ripetiamo il kora del Barkor e poi torniamo in hotel.

Giorno 17 – Nam Tso, Largen La

Lasciamo Lhasa sotto una pioggia battente per raggiungere il Lago Nam Tso, dove arriviamo dopo circa quattro ore e mezzo (è necessario lasciare l’auto ad una mezz’oretta dal lago e prendere un autobus), inclusa una sosta al Passo Largen La (5190 m.), che consente di godere di un primo panorama del lago, reso più bello dal sole che finalmente è tornato a splendere. Arrivati finalmente sulle sponde del Nam Tso, iniziamo il Tashi Dor kora, che offre uno spettacolo davvero magnifico perché consente di vedere il lago da più angolazioni. Tsering ci offre anche del tè al burro salato preparato a casa sua. Torniamo quindi dopo circa 3 ore all’orribile villaggio di Damxung e andiamo all’hotel prenotato dall’agenzia (Bamia Hotel; sufficiente). Cena nel ristorante musulmano accanto all’hotel (73 CNY per 3 piatti; sufficiente).

Giorno 18 – Tsurphu 

Partiamo alle 8.30 diretti al Monastero di Tsurphu, dove arriviamo in poco più di due ore. Anche questo monastero è interessante, seppure meno spettacolare degli altri, per cui va bene se siete di passaggio. Visitiamo con molta calma gli edifici principali in un paio d’ore e poi, dopo una breve sosta alla vicina residenza estiva, torniamo a Lhasa in hotel (sempre House of Shambhala, la stessa stanza di qualche giorno fa; 23,05€). Usciamo poco dopo per fare il tour a piedi della città vecchia consigliato dalla Lonely Planet, che ci consente di scoprire angoli della città per noi ancora inediti e qui scopriamo per caso una succursale del nostro ristorante preferito, Calf (in una traversa di Lin Kuo Nan Xiang, vicino alla Tsamkhung Nunnery), dove entriamo seminando il panico tra i simpaticissimi addetti che non parlano inglese (75 CNY per 3 piatti; molto buono). Dopo un giro nella zona pedonale appena fuori dalla città vecchia, dove per la prima volta dall’inizio del viaggio incontriamo alcuni gruppi di turisti italiani, torniamo in hotel.

Giorno 19 – Shigatse, Gyantse

Oggi ci attende un lungo percorso di circa 340 km verso Shigatse, in parte sulla Friendship Highway, il cui punto di arrivo è Kathmandu. Dopo un po’ più di 2 ore di strada tra paesaggi come al solito splendidi, ci fermiamo al punto panoramico poco prima del Khamba La Pass, trasformato in un orribile agglomerato di bancarelle per turisti, ulteriormente intristito dalla presenza di locali che invitano i visitatori a scattare delle foto con dei cani truccati, degli yak e delle carpette. Ciononostante, il panorama sulla vallata è meraviglioso. Poco dopo, ci fermiamo al Khamba La Pass vero e proprio ed il panorama sullo Yamdrok Lake e così sensazionale da far dimenticare l’affollamento. Segue poi un’altra sosta panoramica proprio sul lago. Lo Yamdrok Lake è meraviglioso, da qualunque parte lo si osservi. Ci fermiamo a pranzo al Lhasa Restaurant, un posto estremamente turistico con tanto di menu in inglese nel villaggio di Nagarzè, dove veniamo raggiunti da un gruppo misto di italiani, una ragazza di Hong Kong ed un signore neozelandese. Passiamo un’oretta in piacevole compagnia, anche se il nostro ordine non arriva mai, per cui andiamo via a digiuno (ma a onor del vero sono stati molto carini e non ci hanno fatto pagare il tè al limone e zenzero). Facciamo un paio di soste fotografiche nei pressi dell’imponente ghiacciaio al passo Karo La, seguito da un’altra breve sosta per vedere lo splendido panorama sul reservoir formato dalla diga Manla ai piedi della montagna di Simi La. Arriviamo quindi a Gyantse, dove visitiamo il Palcho Monastery, il cui interno, quasi completamente originale, ci sembra di gran lunga il migliore tra quelli che abbiamo visitato finora in Tibet, ed il limitrofo chorten, altro straordinario esempio di architettura tibetana. Ci rimettiamo in cammino mentre Tsering ci racconta che in Tibet, compreso il suo villaggio, tra le famiglie abbienti sono ancora diffuse sia la poligamia che la poliandria! Verso le 19.30 arriviamo a Shigatse e dopo un salto in hotel (Gesar Hotel, Intersection of Longjiang Road and Heilongjiang Road, Sangzhuzi District; 23,24€ grazie ad uno sconto di 15€ con Trip.it, per una doppia con bagno e colazione; bella stanza e colazione dignitosa, ma bagno che lascia a desiderare), andiamo a cena in un ristorante di cucina locale qualche portone più in là e proviamo i thenthuk, una specie di tagliatelle spesse (50 CNY per 2 piatti; molto buono).

Giorno 20 – Tashinlupo Monastery, Everest Base Camp

Dopo una colazione finalmente quasi degna di questo nome al tavolo delle guide, visitiamo il Tashinlupo Monastery. Bellissime sono sia la struttura che la Assembly Hall, per cui una visita è davvero consigliata. Dopo un’ora abbondante, ci mettiamo in cammino verso l’Everest Base Camp attraverso una Friendship Highway incredibilmente trafficata – soprattutto di camion – e dopo una sosta per un pessimo pranzo in un ristorante cinese per via (70 CNY per un piatto di grasso di maiale e cotenna con riso; abbiamo anche avuto problemi per il pagamento ed abbiamo dovuto pagare in contanti), raggiungiamo il punto più alto nel nostro viaggio, cioè il passo Gyatso/Lhakpa La con i suoi 5250 metri s.l.m., che ci offre la prima vista dell’Himalaya. Proseguiamo quindi fino all’ingresso del Parco Nazionale dell’Everest: 90 km ci separano dall’Everest Base Camp. Da qui in poi, i panorami si fanno sempre più drammatici. All’inizio dell’Everest non si riesce a vedere la vetta, ma improvvisamente mentre siamo per via, riusciamo a scorgerla, perché le nuvole si aprono per poco tempo. A metà strada dobbiamo prendere un ecobus e dopo l’ennesimo checkpoint della giornata, arriviamo alla nostra guesthouse dopo quasi 9 ore di auto, che però non ci sono pesate grazie agli splendidi panorami che ci hanno accompagnati (Rongbuk Hotel; doppia con bagno senza doccia e con colazione; pagato dall’agenzia; stanza molto buona ma colazione mediocre). Visitiamo quindi il Rongbuk Monastery e subito dopo facciamo un giro verso l’Everest nella speranza che le nuvole svaniscano. E miracolosamente è proprio così: al momento del tramonto le nuvole vanno via e ci regalano una vista davvero fantastica. Cena rapida a base di noodles preconfezionati nel ristorante del nostro hotel (50 CNY) e poi di nuovo fuori a scattare qualche foto notturna all’Everest che è completamente libero dalle nuvole.

Giorno 21 – Sakya

Stanotte è nevicato un po’ sui monti vicini e l’Everest non si vede per niente, per cui ci mettiamo in cammino alle 9. I prossimi giorni sono sostanzialmente dedicati al ritorno a Lhasa, con poche soste per spezzare il lungo viaggio. Oggi tocca a Sakya, dove arriviamo dopo le 14 ripercorrendo in larga parte la strada di ieri ed incontrando di nuovo alcuni villaggi danneggiati dal terremoto di qualche mese fa. Andiamo nel nostro hotel (Luowa Hotel; doppia con bagno e colazione; pagato dall’agenzia; stanza ottima, colazione mediocre) e poco dopo visitiamo il bellissimo Monastero di Sakya. Iniziamo dalla parte antica, in gran parte originale, che presenta struttura e colori diversi da quelli dei monasteri visitati finora e ci colpiscono in particolar modo la monumentale Assembly Hall e l’immensa biblioteca, che contiene oltre 20.000 libri di vari secoli fa, soprattutto manoscritti. Dopo un insolito kora lungo il camminamento delle mura, passiamo alla visita della parte moderna del complesso al di là del fiume, che però non è niente di che. Non riuscendo a trovare la strada per gli stupa, andiamo a cena nel ristorante che si trova nello stesso isolato del monastero (Sakya Monastery Restaurant, 107 CNY per 4 piatti; buono).

Giorno 22 – Verso Lhasa

Partiamo da Sakya alle 8.45 in direzione Lhasa, dove arriviamo dopo 6 ore circa. Abbiamo un pomeriggio libero, che dedichiamo allo shopping, a girare per la città (scopriamo così un bellissimo negozio di libri con caffè annesso, il Chag Tsel Bookstore, vicino alla moschea) e ad un’ottima cena alla prima sede del Calf (43 CNY per 2 piatti). Torniamo quindi al nostro hotel, il solito House of Shambhala (23,05€ per una doppia con bagno; stanza più bella della precedente).

Giorni 23, 24 – Rientro in Italia

Tsering molto gentilmente si offre di portarci con sé nel lungo Lingkor dei pellegrini. Gli highlights di questa passeggiata di 2 ore e mezzo sono gli intagli nella pietra della collina di Chagpo Ri, che si guardano in mezzo ad una suggestiva folla di fedeli che pregano prostrandosi e le pietre sacre contro le quali i pellegrini massaggiano le parti del corpo che hanno necessità di guarigione. Tornati in centro, facciamo una pausa al Lhasa Kitchen, un altro giro nella zona pedonale e poi, un ultimo fantastico pranzo al Calf (45 CNY per 2 piatti). Tsering ci accompagna in aeroporto con largo anticipo, cosa che consigliamo a causa delle lunghe formalità burocratiche necessarie per l’imbarco. Arriviamo puntuali a Chengdu, ma in ritardo di 1 ora a Fiumicino. Considerate le 9 ore di attesa per il volo su Milano, andiamo a fare i turisti a Roma per tutta la giornata e nel tardo pomeriggio ci imbarchiamo per Linate, dove atterriamo con circa 30 minuti di ritardo.

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