wonderful california, las vegas e new york
Ebbene sì! Di nuovo negli Stati Uniti! Dopo essere stati in Florida e due anni fa nel Nord-Est (vedi “Non solo New York” del 2007) abbiamo organizzato un nuovo viaggio in questo paese meraviglioso. In origine doveva essere più lungo e prevedere più tappe, ma per vari problemi di noi partecipanti alla fine è durato due settimane. In questo momento è conveniente visitare questo paese considerando il valore dell’euro e se come noi realizzate tutto il viaggio su internet: volo, alberghi e auto.
I biglietti aerei per New York li abbiamo comprati sul sito Alitalia per 513 euro a persona per andata e ritorno e credo sia un buon prezzo considerando che il periodo è piena estate, gli alberghi (4 stelle appartenenti a catene affidabili per non avere sorprese) tutti prenotati sul loro sito ufficiale sia per risparmiare, sia per non perdere tempo durante il viaggio.
Sempre su Internet abbiamo effettuato la documentazione Esta, obbligatoria per entrare negli USA e che non dovete assolutamente pagare. Usate il sito ufficiale gratuito dopo aver prima fissato le date dei voli e la prima notte del soggiorno che va dichiarata.
Infine compriamo l’insostituibile guida Mondadori California.
Martedì 28 luglio ‘09 Con mio marito e i figli partiamo alle 6,40 con il volo Napoli – Milano Malpensa, poi alle 11,15 prendiamo il Boeing Milano Malpensa – New York JFK. Cognato e nipote sono arrivati a New York cinque giorni prima. Atterriamo alle 14 ora locale e facciamo una fila all’immigration di un’ora e mezza estenuante con aria condizionata quasi inesistente. Finalmente arriviamo al banco dove ci controllano i passaporti, ci prendono le impronte e ci fanno una fotografia, quindi andiamo nel terminal della Delta dove ci incontriamo con Maurizio e Andrea .
Alle 19 saliamo sull’aereo della Delta che in circa sei ore e mezza ci porta a San Francisco. Il biglietto è costato 150 dollari a persona comprato sul sito della compagnia. I voli interni negli USA hanno costi molto bassi e di conseguenza il servizio lascia un po’ a desiderare e tutto è a pagamento.
Arriviamo intorno alle 22 ora locale e ritiriamo la Dodge Gran Caravan Minivan sette posti prenotata dall’Italia con la compagnia Alamo sul loro sito per 1100 dollari per dieci giorni navigatore compreso. Finalmente, dopo tante ore di viaggio, andiamo a riposarci per la notte nel Red Roof Inn Aiport a Burlingame (una stanza doppio double bed per 69 dollari). Per la prima notte, vista l’ora tarda, abbiamo pensato che è meglio dormire vicino l’aeroporto e la mattina dopo con calma sistemarci al centro della città.
Mercoledì 29 luglio ‘09 Lasciamo la camera del Red Roof Inn, famosa catena alberghiera dal tetto rosso, per raggiungere il centro di San Francisco. L’albergo scelto è l’Holiday Inn Fisherman’s Wharf, situato proprio nella zona più turistica, per 240 dollari a notte una doppia double bed e 105 dollari per il parcheggio per tre notti. La colazione negli USA in genere non è mai compresa nel prezzo e non conviene pagarla in hotel soprattutto per una famiglia. La scelta della location si è rivelata ottima, perché la zona è animata fino a tardi ed è la più caratteristica proprio perché è vicina al mare.
Tutto il primo giorno lo abbiamo trascorso al Fisherman’s Wharf in giro per i negozietti soprattutto quelli del Pier 39 dove non manca nulla, dall’Hard Rock Café al ristorante Bubba Gump, alla frutta californiana extra large, ai negozi molto carini, alla giostra con i cavalli. Il Pier 39 è incantevole, tutto in legno colorato che sembra appena tinteggiato e arrivando all’estremità del molo si ammira lo spettacolo di centinaia di leoni marini pigramente distesi su zatteroni galleggianti. La vista della baia con al centro la piccola isola di Alcatraz avvolta dalla nebbia completa lo scenario. Per visitare la piccola isoletta e la struttura del vecchio carcere bisogna prenotarsi in anticipo, ma a noi non interessa questa visita un po’ troppo triste; comunque, a detta di tutti è più bella vederla da lontano. Per gli amanti delle navi da guerra a Fisherman’s Wharf è ormeggiato il sottomarino Pampanito che si può visitare.
Una dolce sosta è da Ghirardelli, famosa fabbrica di cioccolato adesso diventata un centro commerciale dove si possono gustare ottime tavolette ai vari gusti.
Abbiamo trascorso una bellissima giornata nonostante il clima sia pessimo, infatti è famosa la nebbia di San Francisco, il cielo grigio e la temperatura che ci aspettavamo autunnale si è rivelata decisamente invernale. Per darvi un’idea abbiamo avuto anche 15 gradi di massima e 11 gradi di minima. Noi abbiamo avuto freddo nonostante gli abiti pesanti portati con noi, quindi mettete in valigia vestiti adeguati o potreste essere costretti a comprarli.
Riguardo il cibo non vi fate mancare l’ottima clam chowder, una zuppa di pesce venduta sia da sola che contenuta in una ciotola di pane. I ristoranti offrono soprattutto gustosi granchi e il solo girare a curiosare tra le esposizioni di pesce e crostacei di questi locali è uno spettacolo.
Giovedì 30 luglio ‘09 La giornata è dedicata al percorso della famosa strada turistica 49 miles scenic drive, che è segnalata da cartelli raffiguranti un gabbiano (bisogna fare attenzione a non perderli) e che tocca tutti i punti salienti per una visita completa della città. Prevedete una giornata per questo giro in auto che si effettua in senso antiorario e si può iniziare da qualsiasi punto. Noi ci siamo fermati molteplici volte per poter ammirare tutto. Siamo partiti naturalmente da Fisherman’s Wharf e abbiamo toccato subito Marina Green, dalla quale si vede il Golden Gate, e il Presidio, una bella area verde che un tempo era militare. Poi, subito dopo, il tanto atteso Golden Gate avvolto nella nebbia, che ci ha regalato un’emozione fortissima. Abbiamo percorso i suoi 2800 metri per poter godere da Marin County la vista dalla sponda opposta. Volendo, oltre alle sei corsie per le auto, c’è una corsia pedonale altrettanto suggestiva. Facendo una piccola deviazione siamo arrivati a Sausalito, una cittadina davvero graziosa, abitata soprattutto da pensionati benestanti che abitano in belle case affacciate sulla baia e che godono di una situazione meteorologica più felice. Abbiamo visto finalmente il sole e ci siamo tolti le giacche per un po’. Dopo aver passeggiato siamo ripartiti per San Francisco ripercorrendo il ponte al contrario, pagando cinque dollari di pedaggio e rimettendoci di nuovo sulla strada turistica. Per un lungo tratto abbiamo visto molta natura, poi il Golden Gate Park, quindi la zona di Twin Peaks, il quartiere Castro, l’Embarcadero, il Civic Center, la Pagoda giapponese, la Union Square, la porta di Chinatown, Nob Hill, ecc. Alla fine, prima di fermarci in albergo siamo andati, come dei bambini che fanno un giro in giostra, nel punto più ripido di Lombard Street per scendere a zig-zag la strada più tortuosa del mondo. Dopo questa giornata ci meritiamo una buona cena e andiamo al Pier 39 in un ristorante dove proviamo ancora la clam chowder e altre specialità.
Venerdì 31 luglio ‘09 Oggi giriamo per San Francisco a piedi utilizzando i mezzi di trasporto della città. Andiamo subito al capolinea del cable-car vicino al nostro hotel e compriamo l’abbonamento giornaliero (11 dollari), che conviene, se si pensa che una sola corsa su questi strani mezzi costa cinque dollari. Dunque, saliamo a bordo di un vagone godendoci il percorso e scendiamo a Union Square. Giriamo un bel po’ per i bei negozi, poi visitiamo il quartiere cinese, il centro finanziario con il Transamerica Pyramid, il grattacielo più alto di San Francisco dove purtroppo non è più possibile salire, l’Embarcadero, e qui prendiamo un tram. I tram sono d’epoca e provengono da diverse città del mondo. Lo scopo era proprio di creare un museo viaggiante di questi mezzi che rendono particolare l’atmosfera delle strade di San Francisco insieme ai cable car. Per puro caso siamo saliti su un tram di Milano e ci siamo diretti a Castro, il caratteristico quartiere gay. Non dimentichiamo che questa è la città della tolleranza e a fine giugno si svolge la giornata dell’orgoglio gay, molto sentita dai cittadini che in quella data espongono dalle loro abitazioni la bandiera della pace. Ed una di queste bandiere, gigantesca, sventola al centro di Castro. Dopo ci siamo divertiti a prendere tanti mezzi e girare in lungo e in largo questa città stupenda, passando anche da Alamo Square, piazza panoramica in declivio, per fotografare le famose case di Steiner Street con lo sfondo dei grattacieli, insomma l’inquadratura di molte cartoline.
Torniamo in albergo e poi passiamo l’ultima serata a Fisherman’s Wharf, ancora al Pier 39 per cenare.
Sabato 1 agosto ‘09 Si parte per Los Angeles, ma prima di lasciare San Francisco decidiamo tutti di vederla dal Bay Bridge, il ponte che la collega a Oakland passando per l’isoletta di Yerba Buena dalla quale si possono scattare belle foto della città. Lo imbocchiamo e, arrivati dall’altra parte della baia, torniamo indietro. Peccato che non c’è stato il tempo di visitare i dintorni della baia, sarà per un’altra volta. Intanto ripercorrendo il ponte andiamo incontro alla città che ci offre la sua vista migliore che cerchiamo di fotografare con il nostro cuore. Confermiamo quello che abbiamo letto più volte, anche per noi è la più bella degli USA, con le sue colline, le sue ripide strade, le case vittoriane e il mare che compare inaspettatamente come sfondo. San Francisco ci ha regalato veramente molte emozioni.
Ci dirigiamo verso Monterey, qui ci fermiamo per visitare questa città di mare per noi molto fredda, ma non per i californiani che vediamo in spiaggia. E’ davvero graziosa e le belle case di legno affacciate sul mare creano un’atmosfera incantevole. Qui c’è l’acquario più grande degli Stati Uniti, ma per mancanza di tempo non possiamo visitarlo. Subito dopo arriviamo a Carmel, il paese che ha avuto come sindaco Clint Eastwood e facciamo una passeggiata. Poi riprendiamo il viaggio e scendiamo per la famosa strada panoramica Big Sur. E’ veramente suggestiva, ma forse non è la giornata ideale perché essendo avvolta nella nebbia, dopo aver fatto già molti chilometri, decidiamo di tornare indietro e prendere l’autostrada che non sarà panoramica ma è certamente più agevole.
Mentre viaggiamo il clima migliora e iniziamo a conoscere il famoso sole della California. Guardiamo paesaggi per noi inconsueti con ranch e addirittura pozzi di petrolio. Arrivati a Malibù dopo un po’ ci ritroviamo nel traffico di Los Angeles forse perché è sabato sera. Troviamo la zona di Beverly Hills e raggiungiamo l’Hotel Crowne Plaza sulla Beverly Drive dove abbiamo prenotato due double bed per 185 dollari a notte a stanza e 105 dollari di parcheggio per tre giorni. In questo albergo, un buon quattro stelle, ci siamo trovati bene, ma soprattutto la posizione è strategica per poter vedere la città in poco tempo. Ormai è tardi e usciamo con l’auto solo per andare a cenare in un fast food; domani ci aspetta una giornata intensa.
Domenica 2 agosto ‘09 Usciamo presto e andiamo subito a Rodeo Drive, il famoso triangolo dello shopping di lusso che dista poche centinaia di metri dal nostro hotel. Effettivamente sono concentrati tutti i negozi degli stilisti più noti e le migliori gioiellerie. Passeggiamo guardando le belle vetrine per le strade che si stanno animando pian piano. Ci accorgiamo con piacere che il cielo è azzurro e fa caldo e ci meravigliamo di essere finalmente vestiti con abiti estivi.
Riprendiamo il nostro minivan e ci dirigiamo alla spiaggia di Venice. E’ come la immaginavamo: ampia, con le palme, case sul mare veramente singolari e tanta gente che corre in bici e sui pattini e fa surf. La spiaggia è così grande che le persone possono avere tanto spazio intorno ed è libera, pulita ed accessibile; un po’ come quelle delle isole spagnole senza gli stabilimenti balneari come in Italia. Camminiamo ancora sul lungomare dove ci sono anche tanti negozietti per turisti, quindi ci fermiamo ad osservare la zona chiamata “muscle beach” dove si allenava Arnold Swarzenegger e dove continuano ad allenarsi in questa palestra all’aperto i culturisti. Ad un certo punto ci imbattiamo in un festival degli Hare Krishna con il palco per la musica e le ballerine indiane. Abbiamo la sensazione di aver fatto all’improvviso un viaggio nel tempo perché oltre al popolo degli arancioni, ci sono indiani in costume e tanti hippies come negli anni ’70.
Ci facciamo travolgere un po’ dall’atmosfera, quindi torniamo indietro a riprendere la macchina per andare a Santa Monica. La raggiungiamo in poco tempo e anche qui vediamo tante palme come in Florida. Andiamo subito al Pier dove troviamo ristoranti tra i quali “Bubba Gump”, la giostra con i cavalli e un luna park completo di montagne russe, e lo percorriamo tutto per ammirare al meglio la vista dell’oceano e della costa. Comunque, Venice ci è parsa più alternativa. La spiaggia di Santa Monica è affollatissima di bagnanti per chilometri, nonostante abbia l’arenile più grande che abbiamo mai visto. Appena sotto il Pier osserviamo un improvvisato sacrario dedicato ai caduti nella guerra in Iraq costituito da migliaia di croci infisse nella sabbia. Questa immagine stride con l’ambiente balneare spensierato e distratto. Ci avviciniamo alla riva ed io decido di bagnarmi nell’acqua del Pacifico che avverto addirittura tiepida. Mentre stiamo per andare via vediamo una ragazza che si sente male e due baywatch scendono di corsa dalla loro tipica casetta di legno e come nella serie televisiva con professionalità le prestano le prime cure, ma con nostra grande meraviglia constatiamo che nel giro di due o tre minuti arrivano due ambulanze e una macchina della polizia. Chissà come sarebbe andata in Italia! Riprendiamo l’auto e andiamo dritti verso Hollywood, altra tappa obbligata di questa vasta città dove si alternano zone più o meno anonime. La Hollywood da visitare in effetti è solo una strada, Walk of Fame, dove sul pavimento ci sono le stelle con i nomi delle star e il teatro cinese, dove vengono consegnati gli Oscar, che immaginavamo più imponente, con le impronte di cemento degli attori più famosi. A fianco al Kodak Theater si può ammirare la scritta “Hollywood” sulla collina.
Abbiamo ancor tempo per visitare il “centro storico”di Los Angeles, ossia il Pueblo dove la città rivela ai turisti la sua origine spagnola. In effetti sembra di essere in Messico con una zona piena di ristorantini ed un mercatino. Nella piazza ci sono anche messicani in costume che si esibiscono in balli folkloristici. Ritornando in albergo ci fermiamo in un supermercato e decidiamo di comprare l’occorrente per una “sana” cena in camera cercando le cose più strane.
Lunedì 3 agosto ‘09 Questa giornata tanto attesa la dedichiamo a Disneyland Resort ad Anheim, il primo parco aperto dalla Disney nel 1955. Il biglietto costa 72 dollari a persona. Nonostante fossimo già stati a Eurodisney Paris e a Walt Disney Word in Florida non potevamo saltare questa tappa che ci fa sentire ancora bambini. La pianta di tutti questi parchi è quasi identica, certo il primo ha ancora il suo fascino, anche se il castello della “ Bella Addormentata” è molto più piccolo.
Disneyland è diviso in zone a tema e noi abbiamo preferito le attrazioni più avventurose. Quelle per noi più belle sono state “Indiana Jones” e, la migliore in assoluto, “Pirati dei Carabi” dove veramente sembra di stare nel film nel bel mezzo di una battaglia in mare. Per superare le lunghe code ci si può procurare (ma solo per alcune attrazioni) il “fast pass” per poter accedere ad un determinato orario ad una fila veloce.
Si fa sera e, stanchi ma felici, torniamo in albergo. Domani si riparte. Lasciamo una città non particolarmente bella, ma che ha sicuramente dei posti che grazie al cinema e alla televisione sono entrati a far parte del nostro immaginario sin dall’infanzia e quando ci si è dentro l’emozione si fa sentire.
Martedì 4 agosto ‘09 Partiamo alla volta di Las Vegas: ci sono da fare 430 Km praticamente nel deserto. Usciti da Los Angeles vediamo un tratto della Route 66 che termina proprio qui; magari la facciamo la prossima volta! Abbiamo deciso di fare una tappa a metà strada a Calico, città fantasma famosa un tempo per le ricche miniere e poi abbandonata. Anche se è onestamente precisato che le case autentiche sono poche e il resto è stato ricostruito come una volta, l’atmosfera è resa bene, sembra davvero di essere nel Far West. Il caldo è soffocante (106 gradi Fahrenheit) e perciò entriamo continuamente in tutti i negozietti (climatizzati) per respirare. Comunque, come esperienza è simpatica e i nostri ragazzi sono stati contenti di esplorare tutto. Riprendiamo la macchina con i nostri bagagli che sono in ebollizione e riprendiamo l’autostrada che continua a tagliare il deserto e per chilometri non vediamo nulla.
Las Vegas ci appare davanti e la cosa strana è che lo Strip parte proprio dal deserto e ti porta direttamente nell’unica strada che i turisti vogliono vedere; perché è proprio così, il resto della città non lo visita nessuno. Il primo hotel-casinò che vediamo è il Mandalay Bay, poi il Luxor e così via, vederli da vicino ci sembra un sogno. Quindi arriviamo al nostro hotel, il Mirage, nel quale Maurizio era già stato e devo dire che la scelta è stata proprio giusta sia per la posizione centrale sullo Strip e sia per la sua classe. Gli alberghi di Las Vegas, come rapporto qualità-prezzo, è risaputo che sono i più economici del mondo, infatti noi abbiamo pagato 120 dollari a notte e parcheggio gratis per un hotel di lusso con una stupenda ed enorme piscina tropicale e alloggiati in una bellissima camera doppio double bed con vista sullo Strip e sul vulcano del Mirage. Alloggiare in un albergo spettacolare significa vivere pienamente l’esperienza di questa città strana dove lo spirito di ognuno deve essere quello di guardarla con gli occhi di un adulto-bambino che per pochi giorni vuole divertirsi estraniandosi dalla realtà.
Dopo aver occupato la camera facciamo un giro nell’hotel e rimaniamo sbalorditi dalla quantità impressionante di slot machine e tavoli da gioco con relativi croupier che ci sono. Li vedremo nella stessa quantità in tutti gli altri hotel e tutti, inoltre, hanno all’interno una galleria di negozi, ristoranti e fast food. Uscendo dal Mirage assistiamo allo spettacolo del vulcano che erutta dalle ore 20 ogni ora.
Passeggiamo un po’ ed entriamo nel Venetian dove è stata ricostruita la città italiana e dove ci sono canali, gondole elettriche e gondolieri che cantano “Volare” e “O sole mio”. Ogni hotel richiede un certo tempo per visitarlo tutto, ma è anche questo il divertimento. Di fronte vediamo lo spettacolo della battaglia dei pirati dell’hotel Tresaure Island che si svolge ogni sera per due volte. Quindi proseguiamo il giro tra le luci fantastiche e il caldo soffocante (siamo a oltre 40 gradi). In pratica è come camminare con un forno aperto davanti. Noi non siamo dei giocatori però abbiamo giocato sulle slot machine giusto per provare.
Mercoledì 5 agosto ‘09 Oggi andiamo subito allo “Stratosphere” la torre situata all’inizio dello Strip che offre una bella vista panoramica della città. E’ anch’esso un albergo casinò. Poi visitiamo l’hotel Circus Circus che ospita sotto il suo tendone da circo un intero parco dei divertimenti. E’ un albergo per famiglie con bambini e non è elegante come gli altri. Ritorniamo con la macchina al nostro hotel e cerchiamo di visitarne altri. Il Cesar Palace è veramente enorme e la sua galleria di negozi è dedicata allo shopping di lusso, però sono abbastanza trash le statue romane che a determinati orari si muovono.
Torniamo in albergo per riposare un po’e goderci la nostra piscina, anche perché il caldo davvero si fa sentire.
Durante la serata siamo andati in giro a visitare altri alberghi tra i quali il Paris. A Las Vegas tutti gli hotel hanno il proprio parcheggio gratuito per invogliare i potenziali giocatori a fermarsi lì. Si trovano anche buffet a prezzo fisso. Diciamo che la zona dello Strip è piena di negozi e centri commerciali ed è impossibile visitarli tutti in pochi giorni.
Un hotel veramente elegante è il Bellagio, location del film “Ocean Eleven”, dove la ricostruzione del lago di Como è veramente carina e le fontane musicali, ogni quarto d’ora, offrono uno spettacolo incredibile e suggestivo.
La sera abbiamo cenato al “Rainforest cafè”, un ristorante molto originale, dove è stata ricostruita una foresta pluviale e il cibo somiglia parecchio a quello dell’”Hard Rock Cafè”.
Giovedì 6 agosto’09 Stamattina scendiamo per prendere subito la macchina e passando per la hall ci accorgiamo che c’è tanta gente al chek-in, infatti molti americani arrivano a Las Vegas per il fine settimana e i prezzi delle camere sono più alti. Decidiamo di andare sul lato opposto dello Strip per visitare il Mandalay Bay, hotel in stile tailandese con una stupenda piscina circondata da sabbia. Veramente elegante. Da qui parte una monorotaia che lo collega al Luxor e infine all’Excalibur. Il Luxor è originale come struttura, ma la hall mi sembra troppo buia e opprimente. Ci hanno detto che verrà abbattuto per costruire un nuovo albergo, così come è successo all’Aladdin. Las Vegas ha tanti cantieri aperti che funzionano anche di notte per realizzare edifici enormi in breve tempo. L’Excalibur è un albergo per famiglie e forse un po’ meno elegante.
Riprendiamo il minivan e andiamo a farci la foto ricordo sotto l’insegna “Welcome Las Vegas” che si trova all’inizio dello Strip. Quindi un altro giro per gli hotel e poi a rinfrescarci in piscina.
Stasera andiamo a Freemont Street, la strada dove è stato aperto il primo casinò della città. Il comune negli ultimi anni ha rivalutato questa zone che i turisti ormai frequentavano meno con eventi e spettacoli di strada. Tutta la strada, che è pedonale, è stata coperta da una volta luminosa che ogni ora, per quattro volte a partire dalle ore 21, offre uno spettacolo di luci fantastico accompagnato da musica degna di un concerto rock. Ecco, è stata proprio questa la cosa più emozionante che abbiamo visto in questa città, anche se raccontata così non rende molto bene l’idea. Quest’estate la Freemont Street Experience ha come tema Woodstock e gli anni 60/70, gli spettacoli sono quattro, ma il più bello ci è sembrato quello delle 21: “American Pie”.
Torniamo in albergo per l’ultima notte al Mirage e dalla camera guardiamo lo Strip illuminato e l’ultima eruzione del nostro vulcano; domani partiamo per New York e dobbiamo alzarci all’alba. Lasciamo una città strana, ma accattivante; ma anche questa è l’America.
Venerdì 7 agosto ‘09 Sono le cinque di mattina è stiamo già attraversando con i trolley le sale da gioco. C’è gente intenta a giocare e noi che abbiamo ancora sonno non li comprendiamo. Prendiamo la Dodge dal parcheggio e andiamo dritti all’aeroporto. Restituiamo prima la macchina alla Alamo e poi prendiamo lo shuttle per andare al terminal. Facciamo tutte le operazioni di imbarco e, come all’andata, portiamo solo bagagli a mano sempre per paura che quelli imbarcati possano venir persi. Partiamo puntuali alle ore 6,50 con la Delta; il biglietto è costato circa 120 dollari a persona. Atterriamo alle ore 15 all’aeroporto JFK di New York e qui ci salutiamo con Maurizio e nostro nipote che devono imbarcarsi per tornare in Italia. Io, mio marito e i miei figli ci fermiamo a Manhattan per quattro notti.
Prendiamo subito un taxi nel punto indicato ed è tutto molto regolare, la tariffa è fissa ed è di 45 dollari e si può pagare anche con la carta di credito. Nonostante il traffico, in un’ora riusciamo ad arrivare all’hotel Hilton The Towers, sulla Avenue The Americas all’altezza della 54° Street, dove finalmente ci sistemiamo nella nostra camera al 34° piano. La doppia double bed è costata 198 euro a notte, ma non ci andava per pochi giorni risparmiare qualcosa e rinunciare ad una posizione così centrale che ci ha permesso di uscire sempre la sera e di rientrare a piedi. L’albergo infatti si trova in posizione ottima, tanto che molti posti si possono raggiungere facilmente a piedi e siamo rimasti soddisfatti della sistemazione, soprattutto perché la camera è silenziosa considerato il fatto che si trova in una strada trafficata.
Visto che New York l’abbiamo visitata abbastanza bene due anni fa, decidiamo di visitare le cose che avevamo lasciato in sospeso l’altra volta. Quindi dopo esserci rinfrescati e cambiati scendiamo subito per andare al MOMA che si trova di fronte l’Hilton, dall’altro lato della Avenue sulla 53° Street. Siamo fortunati perché oggi è venerdì e il MOMA dopo le ore 17 è gratis, per questo motivo è anche molto affollato, soprattutto di italiani.
Usciamo dal museo e ci dirigiamo a Times Square per trascorrere la serata ed eravamo incuriositi dal fatto che fosse diventata pedonale. Ma veramente lo scorrimento delle auto non è stato interrotto e la zona pedonale è abbastanza ristretta. Per il resto non è cambiato nulla, tranne che il megastore della Virgin, che avremmo rivisto con piacere, ha chiuso come quello di San Francisco. Certo la prima volta l’impatto con Times Square è stato più emozionante ma è bello anche rivedere le cose che già si conoscono. Avevamo promesso a noi stessi di ritornare in questa città e adesso ci sembra di nuovo di sognare.
Sabato 8 agosto ‘09 E’ sabato e decidiamo di iniziare la giornata passeggiando per la via dello shopping più famosa del mondo la Fift Avenue. Risaliamo per la Avenue of the Americas e costeggiamo Central Park girando sulla destra fino ad arrivare all’hotel Plaza. Quindi il cubo di vetro della Apple, i giocattoli di Fao Shwartz, Tiffany, la Trump Tower, Abercrombie con i bellissimi modelli all’ingresso del negozio e così via fino alla cattedrali di St Patrick dove entriamo e con piacere vediamo che si sta svolgendo un matrimonio e così guardiamo la cerimonia con tanto di damigelle e successivo volo di farfalle. Superando la Public Library e l’Empire State Building la percorriamo fino al Flat Iron Building, quindi arriviamo a Herald Square che in parte è diventata pedonale ed entriamo ai grandi magazzini Macy’s dove perdiamo un bel po’ di tempo. Al ritorno facciamo la Broodway sempre a piedi fino a Times Square dove trascorriamo la serata. Domenica 9 agosto ‘09 Oggi dobbiamo visitare il Metropolitan Museum, così andiamo sulla Madison Avenue per prendere l’autobus. Anche questa strada è molto elegante e merita una passeggiata. Al museo arriviamo all’orario di apertura e, con nostra meraviglia, entriamo senza fare alcuna fila. Il biglietto costa 20 dollari per gli adulti. E’ veramente una grande emozione vedere subito la parte dedicata alla civiltà egizia e naturalmente il tempio di Dendur. Il museo è enorme e bisogna decidere cosa vedere perché in un giorno è impossibile completare la visita, ma siamo riusciti ad ammirare quasi tutta la pittura, la parte romana, quella delle armi e molte altre sale.
Ormai stanchissimi si è fatta l’ora di chiusura e dispiaciuti andiamo via, ma il bello è che chiudono contemporaneamente anche i negozi del museo che in genere vengono riservati all’ultimo momento proprio per non togliere tempo alla visita. Quindi trovandoci a Central Park ci incamminiamo tra i viali pieni di gente che fa jogging, pattina e va in bici; si vede che è domenica. C’è anche un concerto che ha richiamato un sacco di gente. Ci sediamo per riposare un po’ e stare in mezzo alla natura, il museo ci ha stancati parecchio e abbiamo solo la forza di andare a cena. Lunedì 10 agosto’09 L’altra volta non potemmo vederla perché era in ristrutturazione, ma adesso non possiamo ignorarla perché mio figlio ci tiene molto. Parlo dell’Intrepid, la famosa portaerei diventata ormai un museo dell’aviazione. Prendiamo l’autobus che ci porta al Pier 86 e troviamo la fila all’ingresso. Paghiamo 19 dollari per gli adulti e saliamo subito sopra la pista dove sono parcheggiati aerei ed elicotteri, sia quelli americani che quelli donati da altre nazioni, come quello delle Frecce Tricolore. La giornata è soleggiata e caldissima ed è bello vedere New York anche da questo molo. Il ponte dell’Intrepid è quello immortalato dal film “Io sono leggenda” dove Will Smith gioca a golf. Dopo aver visitato anche la parte interna anch’essa molto interessanti, riprendiamo l’autobus sotto il sole e ritorniamo nella zona dell’hotel per prendere la metropolitana e scopriamo che sotto il Rockefeller Center c’è una piccola galleria di negozi e un supermercato.
Siamo diretti a Wall Street, qui controlliamo lo stato dei lavori del Word Trade Center e ci sembra ci sia ancora molto da completare. Quindi entriamo nella cappella di Saint Paul e ci commuoviamo davanti a tutte quelle testimonianze della tragedia e ci sembra sia successo ieri. Troviamo un ufficio postale per spedire le ultime cartoline e ci fermiamo per mangiare nel McDonald’s più elegante che abbiamo visto.
Passeggiamo fino al Pier 17 che nel viaggio precedente avevamo visto solo dal ponte. Certo, paragonato al Pier 39 di San Francisco ci perde, ma se pensiamo che è stata rivalutata una zona molto degradata, riconosciamo che è stato fatto un bel lavoro. Ci sono negozi di moda importanti e altri di vario genere, ristoranti e localini. Il tutto è molto piacevole tanto che ci siamo trattenuti abbastanza, ma la cosa più emozionante è la vista che si gode dalle terrazze, soprattutto dall’ultimo piano, dove il Ponte di Brooklyn, che avevamo attraversato a piedi, ci appare in un modo stupendo. E’ veramente da cartolina! Si è fatto quasi buio, quindi ci dirigiamo verso Times Square per trascorrere la nostra ultima serata negli States e non abbiamo voglia di tornare in camera troppo presto anche se dobbiamo chiudere tutti i bagagli e non è semplice anche se abbiamo portato con noi un borsone pieghevole.
Martedì 11 agosto ‘09 È arrivato il giorno della partenza, ma vogliamo ancora sfruttare le ultime ore, quindi scendiamo presto e facciamo colazione per l’ultima volta. Sappiamo già che ci mancheranno i pancakes con lo sciroppo d’acero, i muffin, i dolcetti di Starbucks e le colazioni da McDonald’s che si trovano solo negli USA e si possono consumare fino alle ore 11. Quindi, facciamo la nostra ultima passeggiata e ci dedichiamo agli ultimi acquisti. Rifacciamo la Fifht Avenue sotto un sole stupendo e camminiamo in direzione dell’Empire State Building. Ci ricordiamo di passare dal negozio di souvenir più economico della città che si trova di fianco ad “Oxford Cafè”. Ritorniamo in camera, raccogliamo i bagagli e prendiamo un taxi sotto l’hotel, ma facciamo male a fidarci del dipendente dell’albergo e non controlliamo che la foto e il nome corrispondano. Infatti, saliti sopra, il tassista ci dice subito che vuole essere pagato in contanti e noi rispondiamo che abbiamo finito tutti i contanti e che vogliamo pagare con la carta di credito come abbiamo diritto a fare altrimenti scendiamo. Lui insiste nel volerci far scendere davanti ad un bancomat per ritirare. A questo punto, visto che non vogliamo saperne, si rassegna. D’altronde sta usando il taxi di qualcun altro ed è illegale e glielo facciamo notare. Finalmente, arriviamo al J.F.K. Airport dove abbiamo il volo dell’Alitalia. E qui finisce la nostra avventura americana.