Western loop
Arriviamo all’aeroporto di San Francisco nel primo pomeriggio e dopo aver noleggiato l’auto ci spostiamo verso sud nella salutistica Silicon valley a San Josè.
Ceniamo in locale dove servono solo cibi biologici e vegetariani e non troviamo nemmeno un birra per “alleviare” gli effetti del Jet lag.
Andiamo a letto presto e fusi al Motel Super8.
Di buon’ora alla mattina partiamo verso sud con l’obiettivo di visitare il più possibile della costa californiana. Prima pausa a Monterey, cittadina di pescatori, dove parecchia gente dorme all’interno della propria auto sul pontile frequentato da leoni marini; purtroppo per loro l’alba sarà avvolta dalla nebbia.
Imbocchiamo la 17 miles drive una panoramica strada a pagamento che ci porta all’interno di un’area con ville esclusive immerse nel verde, campi da golf e panorami mozzafiato su di una costa alta e frastagliata dove, a parte i surfisti nessuno fa il bagno a causa del freddo.
Altre tappe a Carmel elegante cittadina dove Clint Eastwood è stato sindaco, e a Solvang che è la ricostruzione approssimativa di una cittadina danese famosa per i biscotti e per i vini; un tizio conosciuto in un saloon ci consiglia di dormire in città e di iniziare alla mattina presto un tour di degustazioni vini.
Tutti gli hotels sono occupati così ci spingiamo a Lompoc dove finiamo in un Motel, prenotato sulla fiducia, molto mal frequentato e all’arrivo della polizia per “dei rilievi” decidiamo di andarcene da quel motel che era, per quanto ci riguarda, comunque sotto Budget inn (per non fare nomi).
Dormiamo sollevati al O’Cairns sempre a Lompoc.
Poi è la volta delle spiagge del sud più calde e sabbiose, anche qui però le persone che fanno il bagno sono pochissime.
Santa Barbara presenta belle e ampie spiagge, bei negozi e costruzioni; la cosa più interessante da visitare è il tribunale (!) con una torre dalla quale si gode una vista panoramica.
Dal momento che è domenica non ci facciamo mancare una coda a cinque stelle, anzi a cinque corsie e facciamo tappa a Venice beach dove assistiamo alla sfilata dei personaggi alternativi che da sempre caratterizzano questa zona: musicisti, venditori di incenso e salvia purificatrice, “medici” che sistemano l’aura, personaggi con copricapo alla moda (il più gettonato è il turbante) e atleti. Assistiamo ad una partita di basket commentata a centro campo da un rapper che canta su una musica ad alto volume.
Dopo il tramonto la zona non è raccomandabile e così ci spostiamo verso “il centro” di Los Angeles; la città si estende per centinaia di chilometri e questo è dovuto al fatto che lo spazio non manca e c’è il timore di nuovi terremoti; ciò che disorienta noi europei è però la mancanza di un centro vero e proprio, sembra tutto un’immensa periferia.
Un’altra cosa che colpisce di Los Angeles è la sensazione di esserci già venuti anche se è la prima volta che ci mettiamo piede, evidentemente questo è il potere del cinema.
Visitiamo i luoghi più famosi della città degli angeli, il Kodac theatre (dove assegnano gli oscar), la Walk of fame dove la stella più visitata è quella di Michael Jackson.
Dormiamo come angioletti al Super8.
Ci aspetta la visita agli Universal Studios, il famoso parco tematico dedicato al cinema; assistiamo alla proiezione in 4D di Shrek, veramente divertente e dagli effetti sorprendenti, quando, ad esempio il nostro eroe monta in carrozza la sedia comincia a sobbalzare e quando starnutisce viene spruzzata acqua (spero) in faccia al pubblico.
Molto spettacolare è lo show waterworld, tenuto da famosi stuntman, che riproduce la battaglia per la difesa di un fortino postalluvionale da attacchi esterni con sparatorie, esplosioni, incendi, tuffi e addirittura un aereo che precipita nella grande vasca. Ci rilassiamo al tramonto con una passeggiata in Rodeo Drive tra i negozi delle grandi firme.
Facciamo, sempre al Super8, una lussuosa dormita.
Dopo gli Studios è la volta di Disneyland dove il gioco più divertente è la caccia al tesoro, negli enormi parcheggi, per ritrovare l’auto.
Lasciamo la città e ci dirigiamo verso il deserto del Mojave e ci fermiamo a Palm Springs, una località turistica in pieno deserto dove si rifugiava anche Frank Sinatra. Prima di cena ci rilassiamo in piscina ammirando il tramonto, le palme e la bellissima cornice di montagne.
Completiamo il percorso benessere dormendo al Motel Caliente Tropics.
Visto il lungo viaggio che ci attende facciamo colazione con un secchiello di caffè aromatizzato allo Starbucks e ci avviamo verso Phoenix dove al momento di scegliere l’hotel troviamo una troupe che sta girando uno spot pubblicitario; il regista dopo un’improvvisa illuminazione ci chiede se vogliamo partecipare alle riprese; è evidente che l’esperienza degli Studios ci è servita.
Proseguiamo il reality visitando l’Old Town e, a causa del gran caldo, un centro commerciale.
Dormiamo come stars al Best Western Sundial a Phoenix Scottsdale.
Oggi è la giornata del Gran Canyon, durante la strada però ci fermiamo a Sedona, cittadina circondata da splendide colline di arenaria rossa dove sono stati girati molti films. Speriamo di non trovare un’altra troupe che voglia farci recitare (in fin dei conti siamo in vacanza!) Sedona, oltre che per il paesaggio, è famosa per i potenti flussi elettromagnetici che attirano qui molti seguaci della new age; nella sede della locale promozione turistica troviamo una mappa con indicate le località dove si trovano i vortici energetici, decidiamo così di raggiungerne uno vivendo un’esperienza… per la quale non trovo parole.
Completamente “ricaricati” ci avviamo verso il Gran Canyon, dopo essere entrati nel parco attraversiamo un altipiano verde con molti cerbiatti e poi, di colpo, si apre questo maestoso canyon, scavato nel tempo dal fiume Colorado, profondo 1,5 Km e largo 30. La vista lascia veramente senza fiato e di colpo si entra in un’altra dimensione in cui ci si sente estremamente piccoli in confronto alla natura e allo spazio. Facciamo una maestosa dormita (al fresco dei 1.900 metri al Red Feather di Tusayan.
Proseguiamo la visita dei parchi con il Monument Valley nella quale ci sono i noti promontori e torri in pieno deserto. Verrebbe voglia di girare il sequel di Ombre Rosse (che è stato girato qui) grazie alla tecnologia messa gentilmente a disposizione dal fratello high tech. (A proposito la telecamera ci è caduta una volta. Oops).
Proseguiamo verso Page da dove si ammira il lago artificiale Powell e dove visitiamo, accompagnati da una guida Navajo, l’Antelope canyon, un bellissimo canalone che l’erosione operata da vento e pioggia ha scolpito in modo misterioso.
Vorremmo fare una considerazione sui Navajo che una volta si divertivano a cacciare bufali e a scalpare i visi pallidi e ora vedono il loro territorio trasformato in luna park e vivono vendendo souvenirs ai turisti (ma forse noi veneziani non dovremmo esprimere giudizi).
Dormiamo a Kanab al Quality inn.
Il giorno successivo visitiamo il Bryce Canyon, l’impressione è che gli americani usino il termine canyon con troppa facilità, in realtà il Bryce è una montagna di colore rosso erosa nel tempo della quale sono rimaste guglie e pinnacoli molto suggestivi.
Smaltiamo i fast food e le troppe ore di macchina scendendo tra le guglie seguendo un percorso chiamato Navajo Trail Loop.
Riprendiamo la macchina e attraversiamo lo Zion National park per recarci a Las Vegas.
Depositati i bagagli decidiamo di dare un’occhiata alla città di notte ma non riusciamo a trovare l’uscita, solo più tardi realizziamo che gli hotels sono tra loro collegati da gallerie e tunnel con negozi, ristoranti, discoteche e sale per le slot machines.
Dormita faraonica al Luxor di Las Vegas.
Giornata dedicata a visitare gli hotels, molto bello il Bellagio con i suoi giochi d’acqua, il Caesar’s Palace, il recente Wynn con terrazza con vista panoramica su una collina artificiale con tanto di cascata e il Venetian che riproduce la città lagunare di cui segnaliamo le gondole con la cintura di sicurezza, i gondolieri che cantano in playback canzoni montanare, le guardie giurate vestite da carabinieri, dipendenti che girano in maschera di carnevale e salutano dicendo buongiorni, le sarde in saor previste dal menu e il ristorante tipico veneziano “Da Gennaro”.
Proseguiamo la visita con il Mandalay Bay che ha una spiaggia artificiale ai bordi della piscina.
Il nostro hotel, il Luxor, ha la forma di una piramide e di conseguenza non ha l’elevator (ascensore) ma l’inclinator.
Insomma una città che ha fatto della sobrietà la sua religione.
Concludiamo la giornata con “un’ approfondimento culturale” al centro commerciale.
Altra notte al Luxor Dopo un periodo nella Sin City necessitiamo di un luogo di redenzione e quindi non c’è niente di meglio della Death valley, un deserto di 225 Km che sembra un lago ghiacciato ma è formato da sabbia e sale. Un posto per chi ama le emozioni estreme è Badwater una zona che si trova ad oltre 80 metri sotto il livello del mare e dove registriamo una temperatura di 50 gradi.
Bellissimo il panorama da Zabrinsky point che raggiungiamo ascoltando la musica dei Grateful dead.
Il deserto si rivela rilassante per lo spirito e la vastità degli spazi ispira pensieri profondi (… che però adesso non ricordiamo).
Proseguiamo per Lone Pine località di interesse “storico” perché qui (o in un luogo dal nome simile) Tex Willer ha recuperato la lancia sacra rubata ai Navajo e raggiungiamo Bishop dove mangiamo una bistecca di enormi dimensioni (probabilmente di Mammuth) e rotoliamo verso il La Quinta.
Dopo il caldo della giornata precedente arriviamo a Yosemite dove facciamo una splendida passeggiata tra sequoie, cervi e scoiattoli. Nel parco ci sono splendide cascate e montagne in granito, la più famosa delle quali è El Capitan.
La guida che ci viene consegnata contiene preziosi consigli, uno su tutti: nel caso vi attaccasse un puma… combattete.
Dormiamo al Travelodge di Modesto. Terminiamo il nostro loop con l’arrivo a San Francisco dove contiamo di rilassarci un po’.
Quello che più colpisce della città dopo la splendida baia è l’atmosfera altamente libera e anticonformista della città della controcultura americana.
Anche noi ci adeguiamo e ci sentiamo meno legati alle convenzioni (ma non sarà perchè qui non ci conosce nessuno?).
Un’altra cosa che si nota è il grande numero di “barboni” o comunque persone che hanno scelto di vivere diversamente. Quasi sicuramente sono ex hippies che non si sono integrati ma che non hanno perso la loro creatività. Uno chiedeva denaro con il seguente cartello: “Perché mentire? Mi servono per la birra”.
Visitiamo il Fisherman’s Wharf mangiando dell’ottimo pesce servito all’interno di un piatto fatto di pane, proseguiamo per Pier 39 bella “trappola” per turisti e poi dedichiamo la nostra attenzione ai vari quartieri della città, ognuno ha la sua marcata personalità.
Chinatown forse il più grande, il quartiere italiano ricco di ristoranti e bar dall’atmosfera allegra e rilassata e dal “profumo” di pesto, Haight Ashbury insediamento hippies degli anni 60 con estrosi negozi e ancora un pizzico di atmosfera psichedelica, Castro quartiere gay, Mission quartiere equivoco ma molto movimentato alla sera grazie ai suoi locali cheap soprattutto messicani. Andiamo anche a Twin Peaks una collina da cui i fortunati possono godere di una splendida vista sulla baia, noi ci godiamo solo una bella nebbia autunnale visitiamo anche la centrale Union Square e la celebre Lombard Street e Sausalito.
Alla sera compriamo i biglietti per una partita di baseball dei Giant che giocano contro i Philadelphia Phillies, la prima impressione è che la gente sia più interessata al cibo che alla partita, come noi del resto. Abbiamo capito a malapena chi ha vinto (i Phillies 5 a 1 per la cronaca) ma non c’è stato nessun dramma e noi ci siamo goduti lo spettacolo di contorno e la spettacolare vista sulla baia.
Riconsegnamo la Toyota Sienna con all’attivo più di 4.500 Km. La macchina si è comportata bene sia nel deserto a 50 gradi sia sui 3 mila metri del Tyoga pass anche se il serbatoio, con i suoi 3 mila benzina, sembrava un vortice di Sedona.
E come dicono da queste parti: Take care.