WEST USA: Un’Avventura Lunga 4.000 Miglia

Dopo il viaggio dello scorso anno sulla East coast abbiamo deciso di ritornare negli Stati Uniti, approfittando anche del Super-Euro, per una nuova avventura nell'ovest del paese. Avendo voluto aggiungere anche lo Yellowstone e non volendo fare tutto troppo di fretta e in malo modo, abbiamo escluso la California rimandandola ad un viaggio...
Scritto da: kri&marc
west usa: un'avventura lunga 4.000 miglia
Partenza il: 05/08/2007
Ritorno il: 24/08/2007
Viaggiatori: in coppia
Spesa: 2000 €
Dopo il viaggio dello scorso anno sulla East coast abbiamo deciso di ritornare negli Stati Uniti, approfittando anche del Super-Euro, per una nuova avventura nell’ovest del paese. Avendo voluto aggiungere anche lo Yellowstone e non volendo fare tutto troppo di fretta e in malo modo, abbiamo escluso la California rimandandola ad un viaggio futuro. Per l’organizzazione del viaggio ci siamo affidati ad Internet, prendendo spunto anche da altri diari di viaggio; per il volo e l’auto abbiamo usato expedia, e abbiamo prenotato, direttamente, la maggior parte dei Motel, non tanto per la paura di non trovare niente ma per essere sicuri di pagare certe cifre e di dormire entro certe distanze dai parchi. La scelta può sembrare vincolante ma strutturando il soggiorno in gruppi lasciando delle giornate jolly in mezzo per eventuali problemi e per il trasferimento ci siamo trovati molto bene e siamo riusciti a vedere praticamente tutto quello che ci interessava anche se non sono mancati gli imprevisti specialmente all’inizio. Raccomandiamo sempre a chiunque voglia andare negli States di sottoscrivere un’adeguata polizza per le spese mediche e gli infortuni.

DOMENICA 5 AGOSTO 2007 Partiamo da Malpensa alle 9,10 diretti a Phoenix con un volo della US Airways (prenotato a febbraio per 850 Euro a testa). A Philadelphia, durante lo scalo, facciamo il riconoscimento bagagli e l’immigrazione. Arriviamo a destinazione con circa un paio d’ore di ritardo a causa del maltempo, ma la sorpresa ben più amara è il mancato arrivo di uno dei nostri zaini!!! Dopo essere passati all’ufficio preposto per la denuncia ci dicono di richiamare l’indomani verso le 10 per avere ragguagli. Prendiamo la navetta gratuita che ci porta al centro degli autonoleggi dove avevamo prenotato presso la Hertz una media (600 Euro compreso il secondo conducente). Abbiamo scelto questa categoria per avere il cruise control, optional indispensabile per rispettare i limiti di velocità (negli USA non si scherza su questo!!), tra l’altro grazie a una offerta il prezzo era lo stesso delle auto più piccole.

Sono ormai le 3 di notte quando ritiriamo una Ford Taurus SE color verdino targata Arizona 460WBS, con tanto di interni in pelle (a dire il vero non comodissimi visto il caldo). Vista l’ora percorriamo solo un breve tratto di strada e ci sistemiamo al MOTEL 6 Black canyon (51 $ comprese le tasse per 2) siamo stravolti e nonostante il jetlag ci addormentiamo subito.

LUNEDI’ 6 AGOSTO 2007 Ci svegliamo presto e dopo una doccia di ripiglio andiamo a fare la spesa: oltre ai prodotti cosmetici che si trovavano nello zaino (maledizione!!!) e a un po’ di provviste, prendiamo un frigo box in polistirolo che una volta riempito di ghiaccio alla ice-machine del motel (rito che si ripeterà ogni mattina) ci terrà in fresco bevande e altro. Telefoniamo alla US Airways ma del bagaglio non c’è traccia, lasciamo quindi l’indirizzo del Motel dove alloggeremo questa sera e partiamo verso nord lungo la I-17. Dopo aver mangiato a un KFC lungo la strada arriviamo a Cameron verso le 14.30. In questo sparuto gruppo di casupole in mezzo al nulla non fatichiamo a trovare il Cameron Trading Post (106 $ 1 notte), un motel gestito dai navajo che sarà il più costoso dell’intera vacanza, comunque molto bello e con mobili in stile. Mollati i bagagli partiamo in direzione del Grand Canyon ma lungo la strada ci fermiamo per una breve sosta al Little Colorado canyon, carino anche se non vale la pena venirci apposta.

Arrivati all’entrata est del Grand Canyon NP facciamo per 80 $ la tessera annuale per tutti i parchi americani, e riforniti di cartina e guida anche in italiano cominciamo la visita. Decidiamo di partire dalla parte Ovest, “l’Hermits rest route”, visitabile solo usando la navetta, lungo la strada per il parcheggio vediamo un coyote che si lascia fotografare tranquillamente. Preso il bus raggiungiamo il Maricopa point dove finalmente vediamo il tanto agognato Grand Canyon che a dire la verità ci delude un po’: è bello ma non ci esalta forse per la foschia o forse per la troppa aspettativa. Facciamo un tratto della camminata lungo il Rim fino al Hopi point per goderci delle viste in solitario, il sentiero è pianeggiante e alla portata di tutti. Al Mohave point aspettiamo il tramonto e veniamo sorpresi dal gelo che ci assale non appena si fa buio. Per fortuna siamo muniti di felpe ma altra gente in maglietta soffre le pene dell’inferno mentre aspettiamo la navetta per il ritorno. Al Villaggio ci fermiamo a cena al Self Service del Maswik Lodge mangiando proprio bene. Sono le 10 di sera ma sembra notte fonda e la stellata è spettacolare. Ci aspettano più di 40 miglia per arrivare fino a Cameron e lungo la strada sembra di essere in un percorso ad ostacoli, ci attraversano nell’ordine una puzzola, un coyote, un cervo e un jack-rabbit!!! MARTEDI’ 7 AGOSTO 2007 Dopo la colazione al market di fronte al motel telefoniamo alla compagnia aerea, pare che e il nostro bagaglio sarà recapitato all’aeroporto di Flagstaff con il volo delle 13 e che dobbiamo passarlo a prendere. La cosa ci rende molto felici anche se dobbiamo sacrificare parte della visita al GC e dobbiamo farci 80 miglia per ritornare indietro…

Rientriamo al parco per vedere la parte est, oggi la vista è più nitida, partiamo dal Desert view point con la torre in pietra, ci spostiamo al Lipan point dove c’è un altro bello scorcio, e al Grandview point dove percorriamo un breve tratto del sentiero omonimo in cui vediamo parecchi scoiattoli. L’ultima tappa è per il famoso Mother point, la vista è eccezionale e anche qui preferiamo fare 2 passi lungo il rim per non essere in mezzo alla ressa dei turisti.

Arriviamo all’aeroporto di Flagstaff verso le 2 ma del nostro bagaglio non c’è , l’impiegato ci rassicura dicendo che per un disguido arriverà con il volo delle 3! Un po’ incazzati andiamo a prendere qualcosa da mangiare per tirare l’ora, il tutto inutilmente perché del nostro zaino continuo a non esserci traccia!! La rabbia monta a mille e “aggredisco” (verbalmente) il tizio di prima che si giustifica dicendo che forse sarà sul volo delle 6, noi comunque dobbiamo partire perché abbiamo il motel prenotato a Mexican Hat, lasciamo per l’ennesima volta l’ indirizzo e lui ci lascia il numero dell’aeroporto. Furiosi riprendiamo l’auto e partiamo per la Monument Valley ma ormai addio tramonto arriviamo abbastanza stremati a Mexican Hat, così chiamata per una roccia a forma di sombrero che c’è poco fuori dal centro, dove alloggiamo al Mexican Hat Lodge (68 $ una notte) abbastanza spartano ma caratteristico e soprattutto con un ristorante fantastico. La carne viene fatta grigliare su una specie di altalena e gli hamburger che mangiamo (26 $ in 2) oltre che enormi sono eccezionali!! MERCOLEDI 8 AGOSTO 2007 Ci svegliamo di buon mattino e dopo la colazione al benzinaio di fronte al motel andiamo a visitare la Monument Valley Tribal Park (5$ a testa). Il parco può essere visitato con le guide navajo che con i loro fuoristrada possono arrivare in punti non accessibili agli altri. Noi però optiamo per il giro libero con la nostra macchinona, la strada è tutta sterrata ma tutto sommato in buone condizioni.

La giornata è stupenda, temevamo che la visuale al mattino fosse tutta controluce ma fortunatamente non è così, ci fermiamo ai vari viewpoint, vediamo le varie formazioni rocciose con i loro fantasiosi nomi: The mittens, Elephant, Three sisters ecc., facciamo un sacco di foto anche se la vista dal John Ford point è la migliore. Sembra di essere in un film, insomma ci è piaciuta tantissimo!!! Dopo aver superato di nuovo Mexican Hat, e ripresi i bagagli al motel, prendiamo una deviazione che ci porta al Gooseneck State Park, un belvedere da cui si può vedere il San Juan River formare tra le rocce una serie di strette curve che ricordano, appunto, la forma di un collo d’oca. A questo punto se non ci fosse stato l’intoppo bagagli avremmo visitato la Valley of the Gods e/o il Natural Bridge National Monument ma purtroppo il destino ci è avverso e sprechiamo una buona ora del nostro tempo a Bluff, a un telefono pubblico, a chiamare prima l’assistenza della US Airways e poi l’aeroporto di Flagstaff. In pratica il nostro zaino è perso chissà dove, forse non è nemmeno mai arrivato a Phoenix, così non ci resta che lasciare i nostri prossimi indirizzi e continuare a sperare. Ripartiamo e lungo la strada ci fermiamo al Four Corners Tribal park (3$ a testa) , l’unico punto di tutti gli Stati Uniti in cui si incontrano i confini di quattro Stati: Arizona, Colorado, Utah e New Mexico. All’interno del piazzale c’è solo la famosa piazzola che segna il punto d’incrocio degli stati, con i loro stemmi e le loro bandiere, effettivamente questa è solo una stupidata per attirare i turisti… Ma come resistere alla tentazione di fare una foto stando in quattro stati contemporaneamente? Dopo aver dato un’occhiata alle immancabili bancarelle di souvenir, ci rimettiamo in macchina e arriviamo a Cortez alle 18 al Nation 9 Inn (54 $ una notte) molto confortevole e con una stanza enorme con l’unico difetto di un rubinetto un po’ capriccioso. Per cena andiamo in una micro-birreria dove servono carne di angus biologica davvero ottima anche se sarà la più cara del viaggio (50 $ in 2) Tornati al motel richiamiamo il centro bagagli di Phoenix dove finalmente parliamo con una persona seria e capace, Chuck che finalmente individua fisicamente il nostro zaino e promette di recapitarcelo nel motel di domani… Speriamo!!! GIOVEDI’ 9 AGOSTO 2007 Dopo la colazione in camera con le nostre immancabili provviste, raggiungiamo il Mesa Verde NP l’unico parco degli States dedicato ad un’opera dell’uomo: costruzioni lasciate da un antico popolo e abbandonate senza una spiegazione precisa secoli fa, insomma qualcosa di storico anche qui!!! La zona è stata colpita dagli incendi qualche anno fa e difatti lungo la strada notiamo varie sezioni del parco bruciacchiate e con un aspetto spettrale. Arriviamo al visitor center dove prenotiamo della visita guidata obbligatoria per il Cliff Palace ad un attempato ranger (3 $ a persona) e siccome abbiamo un paio d’ore di tempo ci consiglia la visita alla Spencer tree house e un giro panoramico in macchina. La Spencer Tree House è una di queste costruzioni abbastanza ben conservata e per raggiungerla percorriamo un breve sentiero. Il giro in macchina invece non è eccezionale a parte un paio di viste panoramiche sul canyon. Arrivati al parcheggio partiamo per la visita al Cliff Palace, che si trova in una posizione spettacolare sotto un costone di roccia . La visita guidata è interessante ma la ranger parla troppo velocemente, anche perché siamo gli unici non americani, e facciamo un po’ fatica a capire. Nota curiosa: tra i nostri compagni di escursione c’è un folto gruppo di motociclisti tutti vestiti di pelle e con molti tatuaggi che come bravi scolaretti seguono la visita guidata e fanno parecchie domande!! Che strano paese!! Tornati a valle passiamo da una zona agricola del Colorado dove vediamo un cimitero delle auto anni 50-60-70 che avrebbe fatto la gioia di chissà quanti collezionisti! Passiamo il confine con lo Utah e raggiungiamo Monticello, dopo essere passati dalla Church Rock prendiamo la deviazione per il Canyonlands NP. Questo parco immenso è diviso in tre parti dal Colorado e dal Green River. Ogni parte ha un suo Visitor Center e una sua particolare conformazione che la distingue dalle altre. Il primo settore è quello chiamato The Maze e si può visitare solo con un fuoristrada in quanto non ci sono strade asfaltate che vi accedono. Il secondo è quello dei Needles che visiteremo ora, mentre la terza e più famosa sezione è Island in the sky che visiteremo domani.

Come dicevo prendiamo la deviazione per il parco, la strada è piuttosto lunga e tra una curva e l’altra ci infiliamo in una specie di conca in cui vediamo apparire i famosi Needles: degli spuntoni di roccia rossa con la cima bianca, un contrasto così forte da sembrare quasi finto. Siamo finalmente arrivati! Percorriamo la strada panoramica in buona parte sterrata e un po’ a malincuore (ma non troppo visto il caldo) decidiamo che non c’è tempo per una camminata, anche perché in questa parte del parco i sentieri sono piuttosto impegnativi. Rifacciamo la strada al contrario, riprendiamo la 191 e, dopo una breve tappa al Wilson Arch che incontriamo sul percorso, arriviamo a Moab nel tardo pomeriggio. Il nostro motel è l’Inca Inn (135 $ per 2 notti compresa la colazione) forse il migliore di tutta la vacanza, e dove riceviamo una bellissima notizia: il nostro zaino è qui che ci aspetta. Festeggiamo il recupero dei bagagli con un tuffetto in piscina (ora che abbiamo entrambi il costume), usciamo per cena e mangiamo all’Eddie Mc Stiff (31$ in 2) un ristorante spartano ma dove non mancano delle ottime bistecche. VENERDI 10 AGOSTO 2007 Facciamo colazione al motel e in pochi minuti raggiungiamo l’entrata dell’Arches NP famoso per la presenza di oltre 2.000 archi di roccia. Decidiamo di iniziare la visita partendo dal fondo e raggiungiamo la zona del Devils Garden. Da qui partiamo per un sentiero di 2,6 km (a/r) che ci conduce al Landscape Arch. Un vero spettacolo, sembra quasi impossibile che una roccia così lunga (l’apertura dell’arco raggiunge i 93 metri) e sottile riesca davvero a restare dov’è. Da qui prendiamo anche le deviazioni che ci portano al Wall Arch, dove qualche idiota italiano ha scritto “panetteria tagliabue” a caratteri cubitali sulla roccia, al Tunnel Arch e al Pine Tree Arch. Durante la camminata abbiamo anche la fortuna di incontrare un cervo-mulo che ci cammina vicino come se niente fosse.

Riprendiamo la macchina, passiamo dallo Skyline Arch e raggiungiamo il parcheggio da cui partono altri due sentieri: il primo ci porta al Sand Dune Arch, un vero paradiso con questo caldo, il sentiero e l’arco sono completamente all’ombra e la sabbia è così morbida che viene voglia di passare il resto della giornata qui a oziare; il secondo è per il Broken Arch, il sentiero è di solo 2 km (a/r) e completamente in pianura, l’unica pecca è che non offre nemmeno mezzo riparo dal sole che picchia inesorabile, ma per fortuna abbiamo una bella scorta d’acqua fresca. La tappa successiva è per la Fiery Fornace, un intricato labirinto di rocce che ci limitiamo a guardare dal belvedere anche perché qui le escursioni si possono fare solo accompagnati da guide esperte. Stanchi e affamati raggiungiamo l’area pic-nic e pranziamo. Il caldo sta cominciando a diventare davvero opprimente, decidiamo quindi di rimandare le altre camminate a domani e di concludere la visita di oggi con una tappa alla Balanced Rock, un enorme masso incredibilmente in bilico sopra un pinnacolo di roccia, e una a Park Avenue, un gruppo di rocce verticali simili a palazzi, poi raggiungiamo il motel dove ci concediamo un riposino per recuperare le forze.

Intorno alle tre del pomeriggio eccoci di nuovo pronti per la visita a un’altra zona di Canyonlands: Island in the Sky. Raggiungiamo il parco che si trova a circa una cinquantina di km da Moab, ci fermiamo al Visitor Center per capire cosa si riesce a vedere con il tempo a disposizione e, dopo altri 10 km, raggiungiamo il parcheggio da cui parte il sentiero che raggiunge il Mesa Arch. La camminata è leggermente in salita ma molto corta e in 10 minuti arriviamo a destinazione. Inizialmente non ci rendiamo conto di quanto sia fantastico questo posto, l’arco è bello ma dopo tutti quelli che abbiamo visto non siamo molto sorpresi. Appena ci avviciniamo di più però, scopriamo che dietro l’arco c’è il nulla, il terreno scende a picco e lo sguardo può così spaziare per miglia e miglia tra i canyon. E’ uno spettacolo così grandioso che riesce a colpirci molto più del Grand Canyon, qui non è difficile rendersi conto delle dimensioni, il fiume scorre sotto di noi, piccolo piccolo ma visibile e i colori sono belli nitidi. E’ talmente bello che si ha davvero l’impressione di essere su un’isola sospesa nel cielo, il nome del parco è proprio azzeccato. Anche il Grand View Point Overlook e il Green River Overlook, che raggiungiamo subito dopo, sono spettacolari ma, sarà per l’effetto sorpresa, il Mesa Arch ci ha colpito di più. Lasciamo il parco e lungo la strada verso Moab ci fermiamo al Dead Horse Point State Park (7 $ per auto). Dall’overlook di questo parco, usato anche per sequenza finale del film “Thelma e Louise”, si ha una vista sui due fiumi, il Colorato e il Green River, che si intersecano tra i canyon. Una bellissima vista ma simile a quelle di Canyolands, inoltre, la presenza di panchine e ringhiere di protezione rende l’ambiente meno selvaggio rispetto a quello in cui eravamo poco fa. Arrivati a Moab ceniamo nel ristorante messicano di fianco al motel: l’Hacienda (35$ in 2). Prendiamo entrambi il burrito suprema, buonissimo e infinito, nonostante gli sforzi ci rassegnamo a lasciare un grosso avanzo. SABATO 11 AGOSTO 2007 Dopo colazione torniamo all’Arches NP per finire la visita iniziata ieri. La giornata di oggi è ancora più calda, decidiamo quindi a malincuore di rinunciare alla salita al Delicate Arch e di accontentarci dei due Viewpoint: il primo è praticamente di fianco al parcheggio mentre per il secondo bisogna salire un po’, l’arco è un po’ piccolino ma con il cannocchiale possiamo rimirarcelo per bene.

Dopo un abbondante rifornimento d’acqua fresca (che caldo, che caldo…) iniziamo l’esplorazione della Windows Section. Da qui in un colpo d’occhio si possono vedere molti archi tutti insieme, noi raggiungiamo per primo il Turret Arch, passiamo alla South Window e, dopo la North Window, arriviamo allo spettacolare Double Arch. Siamo un po’ stanchi ma valeva la pena ammirarli tutti da vicino, la visita all’Arches è ormai conclusa, usciamo dal parco e iniziamo il nostro viaggio verso nord, prossima destinazione Yellowstone! Per pranzo (anche se l’ora è ormai quella della merenda) rischiamo un Pizza Hut dove scopriamo che la pizza è veramente buona, in più è talmente grande che a tutti i clienti con il conto viene portata anche una scatola per portarsi via la pizza non mangiata. Ci rimettiamo in viaggio e, dopo aver superato Salt Lake City, lasciamo lo Utah e raggiungiamo Pocatello nell’Idaho. Avevamo adocchiato questa cittadina come possibile punto tappa e, visto che in effetti è un po’ tardi, ci fermiamo a dormire al Rodeway Inn University (77 $ 1 notte compresa la colazione) dove per cena scaldiamo il resto della nostra pizza nel microonde, siamo così stanchi che non avremmo avuto la forza di cercare un ristorante.

DOMENICA 12 AGOSTO 2007 Facciamo colazione in motel dove scopriamo il waffle: una specie di frittella calda che si prepara al momento con una macchinetta apposita. Con lo stomaco pieno ripartiamo verso la prima veloce tappa della giornata: le St. Anthony Dunes. Curiosamente in questa zona pedemontana si è formata questa serie di dune di sabbia bianchissima, facciamo un giro ma questo è il regno delle Dune-buggy che rischiano di travolgerci in ogni momento, quindi, senza indugi ripartiamo. Dopo un paio d’ore, circondati da foreste di conifere e piccoli paesini in stile western, arriviamo a West Yellowstone, nel Montana, dove abbiamo prenotato al Pony Express motel (121 $ per 2 notti). La struttura è un po’ vecchiotta ma la camera è carina, tutta rivestita in legno, in più siamo così vicino all’entrata del parco che potremmo andarci a piedi. Purtroppo ci dicono che la stanza non è ancora pronta e che quindi dobbiamo aspettare fino alle tre. Ci pensiamo un po’ su ma la curiosità è troppa e decidiamo di entrare subito nel parco. Appena dopo l’ingresso la prima sorpresa: un cervo ci attraversa improvvisamente la strada, meno male che stavamo guidando pianissimo. Ci fermiamo a mangiare i soliti panini e, arrivati al bivio di Madison, procediamo verso sud dirigendoci nella zona della caldera,lungo la strada abbiamo la fortuna di incontrare per ben 2 volte una fila di auto accostate, può voler dire una sola cosa: avvistamento animali! Nel primo caso si tratta di un bel esemplare di cervo maschio, nel secondo di un piccolo gruppo di bisonti nella boscaglia.. Che emozione!!!! La prima vera tappa è per la Lower Geyser Basin in cui percorriamo il Fountain Paint Pot Trail (circa 1 km). Lo scenario è impressionante, ovunque ci si giri si vedono colonne di vapore alzarsi dal terreno, per esplorare la zona si cammina su delle passerelle di legno perché il terreno è così fragile che camminandoci sopra si rischierebbe di finire nell’acqua bollente facendo una brutta fine. Lungo questo sentiero incontriamo la Celestine pool, un’impressionante laghetto di un azzurro intenso; il fountain geyser che erutta in per 25 minuti di fila e raggiunge i 15 metri di altezza; il piccolo Jet geyser con eruzioni brevissime ma molto frequenti e una pozza di fango bianco ribollente di cui non ricordiamo il nome.

Risaliamo in auto ma dopo poco ci rifermiamo per fare il breve sentiero che ci porta alla Grand Prismatic pool. Ma non c’è tempo da perdere l’Old faithful ci aspetta. Al visitor center scopriamo che la prossima eruzione è tra più di un’ora, andiamo così a vedere le altre meraviglie del Upper Geyser Basin. Rimaniamo a bocca aperta davanti alla Morning Glory pool, una pozza di acqua bollente dai diversi colori. Abbiamo la fortuna di vedere il Riverside geyser in azione, siamo rimasti impressionati dalla strana forma del Grotto geyser, e tra i tanti citiamo anche l’Anemone geyser, piccolo e che erutta ogni 7 minuti.

Torniamo all’Old Faithful giusto in tempo per trovare una buona postazione per fotografare questo strabiliante fenomeno naturale che non ci delude (ma come poteva il vecchio fedele?) . E’ ora di tornare in motel, oggi abbiamo commesso un errore che non ripeteremo domani: uscire durante il tramonto. Dovendo andare perfettamente verso ovest il sole radente ci accieca rendendo difficoltosa la guida. La serata è decisamente fresca e ceniamo al Beartooth Barbeque(32 $ in 2) dove mangiamo una specie di arrosto abbastanza buono. LUNEDI 13 AGOSTO 2007 Oggi giornata intera dedicata allo Yellowstone. Rientrati nel parco puntiamo a nord verso l’area delle Mammoth Hot Springs, altra pietra preziosa di questo scrigno delle meraviglie. In questa zona l’acqua calda ha fatto salire in superficie il carbonato di calcio, il quale si è poi solidificato mischiandosi agli altri minerali presenti nel suolo. Si sono formate così innumerevoli terrazzine dalle svariate forme e tonalità. I percorsi da seguire sono due: il primo è l’Upper Terrace Drive, lungo circa 2,5 km e da fare in auto; il secondo è il Lower Terrace Trail, un po’ più corto e da percorrere a piedi sulle immancabili passerelle in legno. Il punto più famoso è la Minerva Terrace che però noi troviamo completamente asciutta. Molto più spettacolare sono state invece la Canary Spring e la Cleopatra Terrace. Qui, tra le sculture di roccia calcarea, vediamo scorrere l’acqua che fa risaltare ancora di più il giallo e l’arancione del suolo, sembra una meravigliosa fontana piena di merletti. Stupefacente! Nella tarda mattinata decidiamo di andarcene, anche perché in questa zona stanno arrivando frotte di turisti, passiamo dal visitor center per chiedere consigli sulle zone dove avvistare gli animali e una gentilissima ranger ci da una cartinetta che fa al caso nostro.

Partiamo in direzione est in una zona abitata dagli orsi e dopo pochi km vediamo molte auto accostate: ci dicono che c’è orso nella radura. Ci armiamo di cannocchiale e macchina fotografica ma dopo un quarto d’ora non vediamo ancora nulla e ripartiamo. Facciamo due soste veloci: una all’albero pietrificato, niente di che, l’altra alla Tower Fall, una cascata alta circa 40 metri che ammiriamo dal viewpoint. Lì vicino scorgiamo di sfuggita qualcosa nella foresta , un’alce o forse una renna, ma ecco che arriva un forte temporale. Completamente lavati raggiungiamo la macchina ed ecco che all’improvviso smette di piovere… Quando si dice la fortuna!!! Ripartiamo un po’ mogi e l’irrinunciabile tappa succesiva è il Grand canyon dello Yellowstone river. Qui il fiume, oltre ad aver creato uno spettacolare canyon dalle rocce giallastre (ora il suo nome ci è chiaro), forma anche due imponenti cascate: la Lower Falls di 93 m e la Upper Falls di 33. Andiamo in auto fino all’Ispiraration point e al Grandview Point, poi scendiamo fino alle cascate a con il ripido Brink trail. Purtroppo non possiamo raggiungere l’Artist Point perché è chiuso per manutenzione. Siamo esausti e rientriamo alla base. Per cena proviamo l’hamburger di bisonte al Buckaroo Bills (22 $ in 2), l’aspetto non è il massimo ma il gusto saporito e deciso ci soddisfa.

MARTEDI 14 AGOSTO 2007 Rientriamo nel parco e dopo poco vediamo un coyote che passeggia lungo il fiume e poi una marmotta. Passiamo il bivio di Madison e arriviamo al bacino di geyser chiamato Norris, che visitiamo ma i geyser emettono solo un po’ di fumo e non c’è nessuna indicazione sull’ora delle eruzioni. Tutto sommato questa zona si poteva anche saltare. Dopo poco raggiungiamo la Hayden valley, zona famosa per l’avvistamento di animali. Infatti, dopo un bisonte isolato, vediamo un grande assembramento di auto: un’intera mandria di bisonti pascola beata nella prateria. Scattiamo una miriade di foto e facciamo un filmato da fare invidia a Piero Angela…

Tutti soddisfatti ripartiamo verso sud. Prima di arrivare allo Yellowstone Lake ci fermiamo a visitare il Sulphare calderon, luogo infernale piuttosto maleodorante, e Mud volcano con delle pozze di fango nero ribollente e una specie di piccolo vulcano gorgogliante. Siamo affamati e ci facciamo il solito picnic e facciamo amicizia con un uccello azzurro con la cresta da punk a cui diamo un pezzo di melone… È vero sarebbe vietato dare da mangiare agli animali ma un po’ di frutta… Insomma!!! Abbiamo quasi finito di visitare questo bellissimo parco (ma volendo ce ne sarebbe da stare una settimana), facciamo una capatina al lago e alla zona di West Thumb. Ci è piaciuta molto dato la particolarità di vedere fumarole e pozze multicolore di acqua bollente a pochi passi da un lago di montagna. Inoltre vediamo delle renne (o alci?) femmine e una particolarmente vanitosa si lascia fotografare anche da molto vicino.

Usciamo da questa meraviglia della natura e dopo poche miglia entriamo nel Grand Teton NP dove ci limitiamo alle aree di sosta lungo la strada. Deve essere un parco molto bello da percorrere a piedi visto le maestose montagne e i laghi che vediamo all’orizzonte, ma il tempo è poco e quindi dobbiamo accontentarci.

Arriviamo a Jackson Hole, cittadina molto turistica e abbastanza elegante dove assistiamo ad uno spettacolo in stile western con pistoleri, sceriffi e ballerine: molto divertente. Fatto il pieno ripartiamo in direzione sud percorrendo la H. 89 e man mano che ci abbassiamo il paesaggio diventa meno boscoso e più agricolo con molti allevamenti di cavalli. Ormai un po’ stanchi ci fermiamo a Afton un cittadina “famosa “ per l’arco di corna di renna più grande del mondo… Eh vabbè. Troviamo posto solo nel confortevole Lazy B motel (80$ per 1 notte), un po’ costoso ma non d’altra parte non c’erano alternative. Per cena ci fermiamo nell’unica tavola calda aperta dove gli hamburger che mangiamo non sono un granché… Forse era meglio fermarsi prima!!! MERCOLEDI 15 AGOSTO 2007 Dopo la colazione in stanza con il coffeemaker lasciamo senza rimpianti Afton alla volta di Salt Lake City. Facciamo una serie di strade secondarie, passiamo accanto al Bear Lake dalle acqua cristalline percorriamo la strada panoramica che scorre nell’Ogden canyon e arriviamo nell’omonima cittadina. Lì prendiamo l’interstate 15 e arriviamo verso le 2 a SLC. Ci fermiamo a mangiare in un Taco Bell e poi andiamo a visitare l’Antelope Island SP (ingresso 9$ ad auto) che è costituito dall’isola più grande del lago salato, popolata da una mandria di bisonti. L’isola è unita alla terraferma da un pontile artificiale da dove vediamo diverse specie di uccelli acquatici. Fa’ molto caldo e nell’aria c’è un profumino non proprio gradevole. Lo scenario è quasi lunare, con spiagge intervallate da distese di sale di un bianco accecante, ma tutto sommato proprio questa desolazione lo rende affascinante. Ritornati sull’autostrada restiamo intrappolati nel traffico della rush hour ma ecco che vediamo che la corsia di sinistra è riservata ai veicoli HOV 2 (ovvero bisogna essere almeno in 2 in auto) e così saltiamo tutto l’ingorgo sarebbe una bella idea da importare sulle nostre tangenziali…

Siamo diretti a Torrey, paesotto alle porte del Capitol Reef NP, ma visto l’esperienza della sera precedente decidiamo di fermarci a mangiare prima di trovare la camera. Ci ispira un localino a Loa un paesino lungo la strada e infatti mangiamo delle bistecche buonissime e spendendo veramente poco (circa 20$). Il proprietario tra l’altro è molto simpatico ma purtroppo il posto non aveva insegna e non ci ricordiamo il nome… Arrivati a Torrey dopo un paio di “no-vacancy” ci sistemiamo al Econo Lodge (78 $ 1 notte compresa colazione) GIOVEDI’ 16 AGOSTO 2007 Dopo colazione partiamo alla scoperta del Capitol Reef NP che a quanto dicono è il parco con la maggiore varietà di colori della roccia di tutti gli States. Arrivati al visitor center abbiamo la brutta sorpresa che una parte del parco non è visitabile per le piogge dei giorni precedenti fortunatamente le cose da vedere non mancano: oltre a particolari formazioni rocciose ci sono anche delle incisioni rupestri degli indiani e delle costruzioni fatte dai mormoni che hanno colonizzato la zona nel secolo scorso e lasciando delle floride coltivazioni di frutta. Si possono ancora raccogliere i frutti dagli alberi lasciando un’offerta. Decidiamo di intraprendere il sentiero per l’Hickman Bridge ma abbiamo toppato l’orario, infatti il caldo è allucinante e anche se la camminata non è lunghissima ci sfianca. Il ponte naturale comunque è bello e si hanno delle belle prospettive per fotografare il White Dome.

Lasciamo il parco e prendiamo la Highway 12, una strada classificata come scenic route e che attraversa il Grand Staircase – Escalante NM. L’emozione è davvero grande, tra salite, discese e tornanti il nostro sguardo spazia lungo gli sconfinati scenari che si presentano ai nostri lati: le rocce hanno formato una serie di collinette dai forti contrasti bianchi e rossi. Verso le 4 arriviamo al Bryce canyon NP.

Il nostro albergo è il Bryce Viev Lodge (88 $ 1 notte) che è una succursale del più famoso Ruby’s Inn e ne condivide in parte le strutture. La camera è molto bella e l’entrata del parco è a un paio di chilometri.

Nonostante il tempo uggioso entriamo subito al parco. Resistiamo alla tentazione di fermarci ai primi viewpoint e ci dirigiamo subito al Bryce Point, quello che offre la visione più completa e spettacolare sull’anfiteatro. Restiamo letteralmente senza parole, quello che abbiamo di fronte è sicuramente lo scenario più spettacolare di tutto il viaggio, e sì che di cose belle ne abbiamo viste a iosa. Nonostante il sole sia ancora latitante, i colori degli spuntoni di roccia (gli hoodoos) spiccano in maniera incredibile, andando dal rosa a un arancione quasi fosforescente con, qua e là, degli spruzzi di giallo e di bianco.

Ci spostiamo poi ad altri punti, tra i quali il Fairwiew e il Rainbow Point il punto più alto del Bryce (2700 mt), da qui oltre alla sfilza di pinnacoli è possibile vedere anche la Dixie National Forest e le Navajo Mountains ma fa parecchio freschino e quindi torniamo in albergo. Per cena dobbiamo accontentarci del fast food perché al ristorante c’è una coda chilometrica. VENERDI 17 AGOSTO 2007 Questa mattina avevamo in programma la discesa all’interno del canyon, il tempo è ancora un po’ incerto così chiediamo consiglio a un ranger del visitor center che ci dice che la possibilità di pioggia è del 50%. Speranzosi partiamo lo stesso, la voglia di vedere da vicino questo spettacolo della natura è troppo grande, così dopo aver raggiunto il Sunrise Point scendiamo per il Queen Garden Trail risalendo poi, lungo il Navajo Loop, al Sunset Point. La camminata di circa 5 km ci porta via ben 3 ore ma non è sembrata per niente faticosa, forse perché con tutte le pause foto e riprese che ci siamo concessi è impossibile stancarsi. Siamo anche stati fortunati e a metà mattina il cielo si è un po’ rischiarato. Questa della camminata è un’esperienza da non perdere assolutamente, il sentiero passa in questo labirinto di pinnacoli ed è possibile vedere punti che difficilmente si riuscirebbero a scorgere dall’alto. Le rocce poi, viste da vicino, sono ancora più incredibili, sembrano fatte di cera fusa o addirittura ricamate da qualche artista, pare impossibile credere che si siano create con le sole forze della natura.

Stanchi ma felici torniamo alla macchina e lasciamo a malincuore questo parco, dopo poche miglia, lungo la strada, troviamo il Red Canyon, con rocce simili a quelle del Bryce, anche se molto più piccole, e di un rosso acceso. Scattiamo un paio di foto e ripartiamo subito verso il Lake Powell, entrando in Arizona guadagniamo un’ora arrivando così alla Marina nel primo pomeriggio. Diamo un’occhiata veloce e successivamente ci spostiamo a Page. Il nostro motel è il Rodeway Inn (68 $ compresa la colazione) non un granché. Visto che abbiamo un pò di tempo andiamo a vedere Horseshoe Bend un’ansa del fiume Colorado raggiungibile con una breve passeggiata molto spettacolare. Sulla via del ritorno notiamo una particolarità della cittadina di Page: lungo una strada in meno di 2 chilometri ci sono 7/8 diverse chiese (evangelista, battista, mormona…) allineate una dopo l’altra… Mah… Vicino al nostro motel c’è un’agenzia ( L’Antelope Slot Canyon Tours) dove prenotiamo la visita dell’antelope (57$ in 2) che non siamo riusciti a prenotare direttamente sul posto perché era già tutto chiuso. Il posto è comunque gestito dagli indiani e anche se ci costerà un po’ di più abbiamo la certezza di poter entrare verso mezzogiorno per avere la luce migliore.

Per Cena andiamo al Glen Canyon steakhouse (47 $ in 2 compresa una mancia del 18% obbligatoria…) posto che sconsigliamo vivamente a tutti per la qualità non eccelsa della carne e, specialmente, per il pessimo servizio SABATO 18 AGOSTO 2007 Alle 10 eccoci pronti di fronte all’agenzia. Veniamo divisi in piccoli gruppi di 8 persone ciascuno e assegnati alle guide Navajo, la nostra si chiama Eugene e con lui partiamo su un furgoncino 4×4. In 10 minuti raggiungiamo l’ingresso di questo canyon a fessura. Essendo dei tour abbiamo la precedenza all’entrata e la guida ci fa andare velocemente verso il fondo in maniera di avere poi più tempo per noi quando i raggi del sole saranno più alti. Dopo mezz’oretta infatti la luce riesce a filtrare, regalandoci sfumature meravigliose. Essendo sabato il canyon è molto affollato ma il nostro mitico Eugene riesce a fermare la gente per permetterci di fotografare le pareti in solitaria. In più si incarica anche di scattarci qualche foto nei punti più suggestivi, che ridere, in una di queste foto ci ha preso dentro un singolo raggio di luce che scende dal cielo e sembriamo due angeli che appaiono all’improvviso. Notiamo invece che quelli del tour non organizzato che stavamo cercando noi ieri vengono mandati fuori un po’ più in fretta, a quanto pare abbiamo speso un po’ di più ma ci è andata bene.

Finito il tour, prendiamo la H89alt verso il Grand Canyon North Rim ma prima passiamo il fiume Colorado sul Navajo Bridge. Arrivati a Jacob Lake prendiamo la lunga deviazione e ci troviamo sulla sponda opposta del Grand Canyon, sembra passata una vita… Questo lato è molto più boscoso e selvaggio e dopo una breve passeggiata raggiungiamo il Bright Angel Point point e ci godiamo la spettacolare vista. Dopo poco si mette a piovere e decidiamo di ripartire.

Arriviamo a Hurricane località vicino allo Zion NP dove avevamo una prenotazione al Days Inn (55$ 1 notte con colazione), un po’ fuori dalla cittadina ma nuovissimo e visto che non è tardissimo ci facciamo un tuffo nella piscina (fredda) e uno nell’idromassaggio (bollente) Ceniamo dietro consiglio del receptionist al ristorante JB’S (33 $ in 2), una piccola catena del south-west dove abbiamo mangiato bene sia la bistecca che il fish&chips.

DOMENICA 19 AGOSTO 2007 Facciamo colazione in motel con i pochi avanzi lasciati da una numerosa e voracissima famiglia mormone arrivati prima di noi. Allo Zion la circolazione delle auto è consentita solo nella parte che collega le due entrate, in tutto il resto dell’area si può girare soltanto con il bus navetta gratuito che passa ogni 10 minuti circa. Noi entriamo da sud e lasciamo l’auto al visitor center. La prima fermata a cui scendiamo è quella dello Zion Lodge, da cui partiamo per l’escursione alle Emerald Pools. Il sentiero è facile e sulla strada incontriamo anche due cerbiatti. In poco tempo arriviamo alla Lower Emerald Pool, il sentiero passa rasente alla parete verticale dando la possibilità di camminare dietro alla cascata che la forma. Durante le altre stagioni dev’essere veramente spettacolare ma d’estate l’acqua è scarsa e la “cascata” dietro cui passiamo si è ridotta a un paio di spruzzi d’acqua. L’insieme è comunque bello e speranzosi ci dirigiamo verso le Middle Emerald Pools. Qui restiamo un po’ delusi perché l’ambiente è meno particolare e la pozza è ancora più in secca della precedente. A questo punto decidiamo di saltare l’Upper Emerald Pool e di riprendere la navetta per la Weeping Rock. Il sentiero è anche in questo caso molto facile e pieno di piante particolari, lungo la strada questa volta ci fa compagnia un gruppo di tacchini selvatici. In poco tempo raggiungiamo questa immensa parete verticale che gocciola acqua, davvero incredibile, mentre camminiamo approfittiamo di questa leggera pioggerella per rinfrescarci un po’. Più in forma di prima riprendiamo la navetta e scendiamo al Temple of Sinawava da cui parte il sentiero più famoso dello Zion: il Riverside Walk. Questa è la parte del parco conosciuta come i Narrows, procedendo per il sentiero la pareti verticali del canyon si avvicinano sempre più tra loro, infatti dopo 10 minuti di cammino il sentiero scompare e per continuare bisogna camminare letteralmente nel fiume fino alle ginocchia. Bellissimo! Noi facciamo solo un breve tratto perché non siamo attrezzati a dovere, per continuare avremmo bisogno di un bastone e di scarpe migliori, la corrente non è fortissima ma un po’ si sente e l’acqua non è proprio così trasparente, quindi si deve camminare un po’ alla cieca rischiando di scivolare su qualche sasso. Ad essere più sinceri non è poi così terribile, il fatto è che siamo un po’ imbranati e non volevamo rischiare di cadere bagnando macchina fotografica, telecamera e documenti. Con le scarpe completamente fradice torniamo fino alla nostra macchina, ci infiliamo qualcosa di asciutto ai piedi e pranziamo.

L’ultima parte del parco la visitiamo in auto, si tratta della strada panoramica che raggiunge l’entrata est, da qui possiamo vedere il Great Arch e la particolarissima Checkerboard Mesa, una roccia piena di insenature verticali e orizzontali, così precise da dare l’idea appunto di una scacchiera. Siamo ormai pronti per abbandonare l’immensa natura che ci ha tenuto compagnia in queste due settimane, la nostra prossima tappa è Las Vegas. Ci arriviamo intorno alle 7 e mezza di sera (abbiamo guadagnato un’ora), all’improvviso la vediamo spuntare in mezzo al nulla, immensa e con, ahimé, un alone di smog che la circonda. Raggiungiamo subito lo Stratospheare (difficile non vederlo…) dove avevamo prenotato un’offerta strepitosa (104 $ per 3 notti!!!! compresi alcuni benefits…), dove in non più di mezz’ora facciamo il check-in. La nostra camera è molto grande e confortevole, pensavamo peggio.

Per cena, dato che la domenica sera non funzionano i buffet, andiamo al Roxi Dinner uno dei ristoranti del nostro albergo in stile anni 50 con i camerieri che ballano e cantano. Iniziamo il nostro tour serale sulla Strip e parcheggiamo l’auto (i parking sono tutti gratuiti) al Tresure Island dove vogliamo assistere allo spettacolo delle sirene, aspettiamo una mezzora buona e poi inspiegabilmente lo show viene annullato. Andiamo a visitare il Venice, ricostruzione molto elegante di Venezia con tanto di Canal Grande al coperto illuminato a giorno, e il Paris con una Torre Eiffel in scala 1:2. Purtroppo non c’è più molto da vedere, i negozi sono chiusi e le attrazioni finiscono a mezzanotte, però lì vicino c’è il Royale un piccolo casinò dove per attirare i turisti vendono il margaritas a 1$ ne beviamo un paio ciascuno prima di tornare in albergo.

LUNEDI’ 20 AGOSTO 2007 Ci alziamo in tarda mattinata e andiamo al Premium Outlet center a circa 2 Km a nord dello Stratospheare e ci scateniamo nello shopping selvaggio visti i prezzi sbalorditivi di marchi molto costosi in Europa.. Ci riempiamo di pacchi e pacchetti e tornati in albergo ci godiamo il “meritato riposo” nelle piscine con tanto di idromassaggio. Prima di uscire per la serata saliamo sulla torre panoramica de nostro hotel pagando solo 7$ a testa (uno dei vari benefits inclusi) per vedere Las Vegas illuminata. Lo spettacolo è sorprendente e oltre alla terrazza ci sono 3 giostre “paurose” preferiamo, però, non beccarci un infarto… Ridiscesi ci dirigiamo verso la parte meridionale della strip e questa volta optiamo per il bus. Raggiungiamo l’Excalibur, un hotel costruito a forma di castello e completamente ispirato alla vita medioevale. Per prima cosa raggiungiamo il buffet per la cena, con 16 $ a testa possiamo mangiare e bere (solo bibite analcoliche of course) tutto quello che le nostre pance possono contenere: insalate, carne, pesce, specialità messicane e cinesi, più una considerevole zona dolci. Usciamo ovviamente rimpinzati a dovere e, così zavorrati, ci dirigiamo al Luxor da cui parte un raggio luminoso che si vede da km di distanza. Questo hotel è ispirato all’antico Egitto e, oltre alla piramide nera da cui è formato, davanti all’entrata ci sono anche una riproduzione della sfinge e un obelisco. Proseguiamo poi per il New York New York, che rappresenta le zone più caratteristiche della grande mela: l’Empire State Building, il Chrysler Building, la Statua della Libertà, il ponte di Brooklyn e, come rappresentanza del parco divertimenti di Coney Island, una montagna russa che gira vorticosamente intorno a tutta la struttura. Subito di fronte al New York New York c’è il Grand MGM, ispirato al mondo del cinema, con una gabbia con dei leoni. Lasciamo momentaneamente gli alberghi per esplorare i quattro piani del M&M store, un negozio in cui, oltre ai famosi cioccolatini in tutte le loro versioni, si può trovare ogni oggetto possibile e immaginabile in versione M&M, c’è veramente di tutto, dai piatti alle borsette, dai vestiti per cani alla cancelleria. La follia degli americani non trova proprio fine.

Ritorniamo al “caro” Casinò Royale dove oltre a brindare ci giochiamo 20 $ alla roulette tanto per provare (siamo caduti nel trappolotto insomma…). Rientrati in albergo ci ricordiamo che tra i benefit abbiamo anche una tessera da 10$ da giocare alle slot e così prima di andare a nanna ci giochiamo i primi 3 dollari che ci durano una vita e incassiamo pure qualcosa.

MARTEDI’ 21 AGOSTO 2007 Ci alziamo molto tardi e andiamo a fare un giro sulla Strip… E dove se no??? Visitiamo l’Aladin con il bellissimo Desert passagge, il Ceaser Palace ispirato al mondo dell’antica Roma e diamo un occhio al Paris e al Venice di giorno, così vediamo i gondolieri in azione. Dopo facciamo un salto al Flamingo, uno dei casinò più vecchi, dove c’è il giardino in cui vivono vari uccelli esotici. Ceniamo al buffet del nostro albergo dove per 13,50 $ a testa mangiamo ancora di più della sera precedente e anche meglio se dobbiamo dirla tutta! Usciamo per la nostra ultima serata a LV e parcheggiamo al Bellagio, dove finalmente assistiamo allo spettacolo delle fontane. Ci piace così tanto che decidiamo di aspettare un quarto d’ora per vederne un altro con una nuova canzone. Questo lussuoso hotel sarebbe ispirato alla cittadina sul lago di Como, ma essendo noi della zona, possiamo dire che non centra proprio niente. Andiamo poi al Mirage dove aspettiamo l’eruzione vulcanica, l’attesa è lunga ma ne vale la pena, prima esce solo un po’ di fumo ma poi lo spettacolo inizia e le esplosioni si alternano ad alte fiammate. Davvero suggestivo. Concludiamo la giornata nel casinò del nostro albergo, dove giochiamo i 7$ che ci sono rimasti sulla tessera vincendo ancora qualcosina, la macchinetta “della geisha” ci ha portato fortuna. MERCOLEDI’ 22 AGOSTO 2007 Andiamo a dare un’occhiata al Bonanza gift shop che dovrebbe essere il negozio di souvenir più grande al mondo… Grande è grande ma è pieno di paccottiglia “made in china” così non compriamo quasi niente. Prima di andare a prendere l’autostrada entriamo una scappata al Circus Circus, ispirato al mondo del circo. Questo albergo era tra le nostre opzioni, meno male che non lo abbiamo scelto infatti ci delude assai, lo troviamo sporco e piuttosto triste.

Partiamo e arriviamo a Boulder City cittadina sul Lago Mead con la particolarità di essere l’unica del Nevada senza casinò. Raggiungiamo poco dopo l’Hoover Dam, l’imponente diga sul Colorado che fornisce di energia LV, facciamo un breve giro ma un caldo infernale ci costringe a rifugiarci in auto con l’aria condizionata a manetta. Facciamo un lungo tratto di strada completamente nel nulla fino alla cittadina di Kingman. Dove prendiamola Interstate 40. Ogni tanto usciamo per percorrere dei brevi tratti della mitica Route 66. Arriviamo così a Williams e dopo un giro ci fermiamo in un negozio di souvenir ben fornito e con oggetti più autentici, dove facciamo un bel po’ di acquisti. Si è fatta ora di cena e veniamo attratti dal profumino proveniente dal Cruiser’s Cafe 66 (45 $ in 2). Ci facciamo una scorpacciata di costolette di maiale alla griglia con una salsina fantastica!!! Nel locale c’è anche un musicista di country davvero bravo. Ripartiamo in tarda serata per la nostra ultima tappa.

GIOVEDI’ 23 AGOSTO 2007 Arriviamo a Phoenix alle 2 di notte e ci dirigiamo alla Hertz per riconsegnare a malincuore la nostra macchinona. Ormai non ci resta che tornare all’aeroporto e fare un sonnellino prima della partenza.

Il viaggio di ritorno si rivelerà una sorta di via crucis, il tizio davanti ha noi continua a stare male ma sembra esserne felice, infatti appena vede che si riprende un po’ mangia tutta la pasta chiedendo anche un bicchiere di vino. E ovviamente il risultato non può che essere una ricaduta… che tristezza.

VENERDI’ 24 AGOSTO 2007 Arriviamo a Malpensa alle 6.30 in perfetto orario e questa volta i bagagli sono arrivati con noi. LIETO FINE Una volta rientrati abbiamo mandato una lettera di reclamo alla US Airways per avere un risarcimento delle spese sostenute (compresa anche la benzina per tornare fino a Flagstaff) e per i disagi che ci hanno procurato. A fine ottobre ci hanno risposto scusandosi e mandando un risarcimento di tutte le spese e anche di 2 buoni sconto da 100 $ cadauno per volare ancora con loro… Come compagnia non mi è sembrata il massimo ma almeno è seria per quanto riguarda il comportamento con la clientela.



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