West Stati Uniti 2006

27 Agosto - Torino Caselle – Parigi – San Francisco – Merced. Prendiamo il volo delle 7.10 da Torino Caselle per Parigi da dove ripartiamo con circa 4 ore di ritardo a causa dei controlli di sicurezza molto serrati. Arrivati a San Francisco e superata l’inquisizione della severa doganiera prendiamo possesso della nostra fiammante...
Scritto da: andreale
west stati uniti 2006
Partenza il: 27/08/2006
Ritorno il: 15/09/2006
Viaggiatori: in coppia
Spesa: 2000 €
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27 Agosto – Torino Caselle – Parigi – San Francisco – Merced.

Prendiamo il volo delle 7.10 da Torino Caselle per Parigi da dove ripartiamo con circa 4 ore di ritardo a causa dei controlli di sicurezza molto serrati. Arrivati a San Francisco e superata l’inquisizione della severa doganiera prendiamo possesso della nostra fiammante Chevrolet Malibù,dotata di uno zarrissimo spoiler, con cui ci tuffiamo immediatamente sulle strade della California. E’già sera quando arriviamo a Merced, la prima tappa del nostro viaggio. Miglia percorse : 127. Motel 6 : 55 $ pulito ed essenziale.

28 Agosto – Merced – Yosemite NP – Three Rivers.

Entriamo allo Yosemite dall’entrata Ovest e per prima cosa acquistiamo la National Card Pass che per 50 $ ci consentirà di visitare tutti i parchi nazionali. Passati i controlli dei rangers, subito altissime conifere suscitano la nostra emozione che esplode alla vista del Capitan, una spettacolare falesia che dà il benvenuto ai viaggiatori. Ci dirigiamo subito allo Yosemite Village, lasciamo la macchina per raggiungere con lo shuttle le Yosemite Falls dove una breve camminata ci porta al pittoresco laghetto situato alla base delle cascate stesse. Da qui abbiamo accesso ad una bella visuale sulle vette del parco tra cui si staglia l’Half Dome. Dopo un fugace pranzo è la volta di Tunnel View e Glacier Point che ci regalano suggestivi scorci. La visita del parco si è rivelata piacevole, i paesaggi belli ma le successive tappe ci mostreranno come lo Yosemite sia tutto sommato simile alle nostre Alpi.

Usciamo da Sud e dopo tre ore arriviamo a Three Rivers dove alloggiamo al Best Western.

Miglia percorse: 283. Best Western : 82 dollari.

29 Agosto – Three Rivers – Sequoia NP – Ridgcrest.

Ci svegliamo spontaneamente verso le 5:30, non abbiamo ancora assorbito il fuso! Abbondante colazione con un waffle e poi via verso il Sequoia. Che meraviglia la Giant Forest, rimaniamo subito senza fiato! Ci dirigiamo quindi verso l’imponente Generale Shermann ma la cosa piu’ bella è percorrere i sentieri del Congress Trail. Arrivando presto siamo tra i primi visitatori e così ci ritroviamo noi due soli a camminare in mezzo ai giganti che sembrano quasi prendere vita in un’atmosfera fiabesca. Siamo circondati da picchi e scoiattoli e Alessandra avvista anche un’ orso! Decidiamo di tralasciare il resto del parco e di rimetterci in viaggio poiché la strada sarà lunga fino a Ridgcrest.

Usciti dal parco verso sud, le highway ad una corsia corrono tra sterminati filari di agrumi…Le famose arance della California! Percorriamo strade solitarie, colline destinate a pascoli in un susseguirsi di ranch. Wow…Peccato che l’atmosfera venga rovinata dalla spia della riserva! Confidiamo di trovare un distributore a Glenville, l’unico paese nell’arco di 40 miglia sulla Hwy 155 California. Le nostre speranze crollano quando vediamo il cartello della città: il paese ha 131 abitanti dove l’uno finale corretto a mano saluta una nuova nascita, e naturalmente di un distributore neanche l’ombra! Chiediamo dove poter acquistare carburante dapprima all’ufficio postale poi al polveroso market il cui proprietario ci indirizza dai vigili del fuoco. Il pompiere di turno dopo varie tirate d’orecchie – non si attraversano questi spazi con la macchina a secco… – ci travasa gratuitamente la nostra scialuppa di salvataggio. Un po’ sollevati e un po’ in preda ai sensi di colpa riprendiamo il cammino e così, dopo aver attraversato paesaggi molto diversi tra loro (colline steppose, foreste di sequoie e il deserto della California vicino all’Isabella Lake), arriviamo all’imbrunire alle porte di Ridgcrest. Soffia un vento caldo e piacevole e forse sarà per questo che, rilassati, ci ritroviamo inconsapevoli circondati dai marines all’entrata della China Lake Naval Station. Forse all’incrocio dovevamo girare a destra…! I militari ci chiedono i passaporti e, accertata la nostra nazionalità, ci consegnano un documento tradotto in italiano in cui si comunica che ‘’vista l’attuale situazione internazionale siamo al momento prigionieri ma verremo al più presto rilasciati’’. Dopo i controlli il militare, diventato gentile, ci indica la strada per il nostro motel.

Cena veloce da Carl’s e poi subito a letto..Che giornata ragazzi! Miglia percorse: 234. Motel 6: 46 $.

30 Agosto – Ridgcrest – Death Valley – Las Vegas.

Salutiamo Ridgcrest con il consueto caffè Americano in tazza di polistirolo e ci avventuriamo verso la Death Valley, non prima di aver fatto…Benzina! Il paesaggio si fa via via più arido e aspro.

Entriamo nella Death Valley da ovest e la nostra prima tappa è Sand Dunes. Lasciamo la macchina a bordo strada e camminiamo su queste dune dalla sabbia finissima plasmata dal vento. Fa caldissimo e sono solo le 10 del mattino. Lasciato questo angolo di Sahara statunitense ci dirigiamo verso Fornace Creek. Le nostre guide ci segnalano orde di turisti che fortunatamente noi non vediamo. Al visitor center ci imbattiamo in un road runner, proprio lui, il bee beep dei cartoni animati. Cerchiamo ristoro all’ombra anche se in verità il vento caldo e secco non è affatto fastidioso. Riforniti di viveri ma soprattutto di acqua, ripartiamo alla volta di Zabriskie Point. Che meraviglia!! L’atmosfera si fa incandescente, non solo per i gradi Fareneith che salgono vertiginosamente, ma anche per le emozioni che investono i viaggiatori in contemplazione.

Siamo fortunati, è mezzogiorno, non c’è quasi nessuno e sono tutte per noi queste formazioni rocciose dai colori lunari e modellate dai millenni. Ci facciamo prendere così tanto dalla situazione che riusciamo persino a sederci su una panchina come se fosse una fresca serata di fine settembre.

A malincuore lasciamo Zabriskie Point alla volta della Artist Drive, un percorso a lato della Hwy 178 che si inerpica lungo questi massi collinosi. Riprendiamo la strada principale verso il Devil’s Golf Corse, dove il paesaggio si fa sempre più lunare e il termometro in macchina segna 122 gradi F…Sono 50gradi!! Ci spingiamo in una passeggiata velocissima sulle formazioni saline mentre il vento sferza frustate di fuoco. Qualcuno ha rotto un uovo sulle pietre a riprova della calura da forno! L’ultima nostra tappa è a Badwater, il punto più basso degli USA, siamo infatti a 85.5 metri sotto il livello del mare. Qui si trova un vasto lago di sale dove il caldo si fa insopportabile e così decidiamo di lasciare la valle alla volta di Las Vegas. Arrivati a destinazione e dopo aver preso posto nel nostro albergo-casinò Excalibur (veramente molto kitch), ci buttiamo in una breve ma intensa escursione per Las Vegas by night. Ceniamo al Montecarlo pub dell’omonimo casinò (lo consigliamo); visitiamo il New York New York e il Luxor in un’atmosfera da maestoso luna park.

Luci e colori fanno a gara per attirare l’attenzione di chi passeggia lungo lo strip e gli scatti di fotografie non si contano. Immancabile qualche giocata alle slot (non vinciamo nulla…) e poi a dormire nella nostra camera al 17’ piano.

Miglia percorse: 309. Hotel Excalibur: 73 $.

31 agosto – Las Vegas – Zion N. P. – Springdale Partiamo da Las Vegas intorno alle 7.30 lasciando senza troppi rimpianti la città ai suoi artefìci. Arrivati a Springdale posiamo subito i bagagli al simpatico Terrace Brook Lodge e di corsa entriamo nel parco, dove lasciamo l’auto per servirci dello Shuttle. Immediatamente siamo rapiti dalla sensazione di pienezza creata dalle rocce rosse e bianche che ci circondano. Il parco è piuttosto piccolo, quindi, consultando la cartina, decidiamo di fare un percorso a piedi. Scegliamo, quasi casualmente, il River Side Walk, ignari di quale paradiso stia per accoglierci. Scendiamo all’ultima fermata e ci incamminiamo verso il cuore del canyon. Arrivati alla fine del corso asfaltato che si snoda lungo il Virgin River, notiamo alcune persone che, armate di lunghi bastoni, guadano il fiume. “Che ne dici, andiamo anche noi?” E così ci ritroviamo a proseguire a guado il cammino.. Fantastico! Il canyon si stringe sempre più, le rosse pareti sembrano sempre più alte e ogni curva ci riserva un panorama mozzafiato! Peccato che non siamo adeguatamente attrezzati altrimenti si sarebbe potuto proseguire ulteriormente. Sulla via del ritorno, sempre con i piedi a mollo e in precario equilibrio, incrociamo un giovane americano in vena di conversazione che commenta il panorama con un “Fantastic!”. Ci chiede di dove siamo e così, immersi fino alle ginocchia nella corrente del Virgin River, scambiamo quattro chiacchere con questo estroverso personaggio.

Tornando indietro siamo ormai al tramonto e così ne approfittiamo per scendere alla fermata del Big Bend per fare qualche scatto in questo suggestivo anfiteatro.

Ceniamo in un ristorante di proprietà mormonica e di questo prendiamo consapevolezza quando Andrea chiede una birra: “niente birre qui, mi spiace” ci dice la cameriera dall’aria angelica. Il posto non è male (si trova a fianco dello Zion Market) e concludiamo la giornata con il primo momento di relax seduti all’esterno della nostra graziosa stanza.

Miglia percorse: 168. Terrace Brook Motel 67$.

1 settembre – Springdale – Bryce Canyon NP.

Per uscire dallo Zion percorriamo la bella e panoramica Highway 9. In prossimità del Bryce Canyon ci fermiamo qualche istante al Red Rock Park. Arrivati al Bryce ci dirigiamo subito al campeggio visto che il nostro programma prevede qui due notti in tenda. Siamo curiosi di vedere la nostra piazzola dove passeremo la nostra prima notte sotto le stelle americane. Il campeggio non tradisce le nostre aspettative; è infatti immerso in una vasta pineta e le piazzole, distanti le une dalle altre, sono tutte fornite di tavolo, panchine e barbecue. Peccato per l’aria un po’ troppo fresca e qualche nuvolone che si affaccia minaccioso all’orizzonte. Dopo il solito pranzo frugale ci lanciamo ad ammirare dall’alto lo spettacolare anfiteatro del Bryce: a piedi percorriamo il sentiero che unisce i viewpoints, lasciando per il giorno successivo la discesa tra gli hoodoos. Il nostro percorso inizia da Sunrise Point da dove il nostro sguardo si perde in questo esercito di hoodoos. Man mano che proseguiamo il cielo si rannuvola sempre più fino ad Inspiration Point dove il temporale si scatena in tutta la sua violenza. Grazie allo shuttle del parco troviamo rifugio al General Store dove un caffè caldo tenta di scalfire il freddo pungente (non dimentichiamoci che siamo a 2500 metri di altitudine). Dopo un pomeriggio passato sotto la pioggia ceniamo al fast food del Ruby’s Inn. Quanto usciamo è ormai finito di piovere e corriamo così verso la nostra tenda ormai zuppa d’acqua. Miglia percorse: 129. Sunrise Compground: 10$.

2 settembre – Bryce Canyon NP – Capitol Reef NP – Torrey.

Alle 6 del mattino il rumore della pioggia sulla tenda ci risveglia in modo poco incoraggiante.

Sconsolati ed infreddoliti ci rifacciamo con un’ ottima colazione: bacon, formaggio, croissant… Il vento comincia a cambiare in tutti i sensi e il cielo comincia ad aprirsi; e così passiamo da una timida proposta di una breve passeggiata all’intero Navajo Trail combinato al Queen Gardens.

Che meraviglia! Camminiamo tra gli hoodoos che svettano alti e maestosi sopra di noi. Il sentiero scende ripidamente tra queste rocce dai colori incantevoli e due ore di cammino spazzano via tutta la pioggia del giorno prima. Decidiamo comunque di non passare la seconda notte qui, e dopo un’accurata rassegna dei bagagli (smontaggio, asciugaggio e pulitura tenda; stesura di indumenti e sacco a pelo) ripartiamo. Consultando le guide decidiamo di puntare al piccolo Capitol Reef NP, tappa del tutto imprevista. Per arrivarci prendiamo la splendida Highway 12 che ad ogni curva ci riserva paesaggi diversi: canyon, rossissime montagne, praterie, ranch sconfinati, pascoli e boschi di betulle. Veloce visita al parco che si rivela davvero sorprendente, qui ci sono le rocce più rosse degli States e la visione è vertiginosa: il piccolo Fremont River ha scavato nel tempo un canyon profondissimo e dall’alto è possibile osservare come la sua mansueta potenza abbia modellato la terra. Ne valeva la pena! Per la notte ci fermiamo a Torrey, un piacevole paesino dove troviamo un motel che ha ancora una camera per noi. Ceniamo all’ottimo Capitol Reef Inn, dove finalmente assaggiamo le famose steacks.

Miglia percorse: 145. Boulder Inn: 60$.

3 settembre – Torrey – Moab – Arches NP.

Ripartiamo da Torrey percorrendo la bella Higway 24 che penetra nel Capitol Reef NP e successivamente nel San Raphael Desert, dove facciamo una deviazione alla Goblin Valley per ammirare le strane formazioni rocciose che abitano questo angolo di deserto. Poi verso Moab dove ci attende il nostro resort fatto di piccole casette prefabbricate in mezzo al nulla (siamo a 8 miglia dal centro). La nostra è proprio carina, abbiamo persino il barbecue ed un piccolo giardino.

Dedichiamo la giornata all’Arches NP dove la nostra visita inizia dalle alte pareti di Park Avenue. Subito dopo è la volta della bizzarra Balanced Rock: come dice il nome questa è una grande roccia in perfetto equilibrio sopra un’altra. E’ arrivata l’ora del Delicate Arch: fa troppo caldo per salire fino ai suoi piedi perciò lo osserviamo da un viewpoint che lo inquadra da lontano. Che meraviglia! Ora capiamo perché tanti abitanti dello Utah lo portino con sé imprimendolo sulle loro targhe. Lasciamo a malincuore Delicate Arch per percorrere il sentiero che porta al Landscape Arch, l’arco naturale più lungo del mondo. Il cammino prosegue fino al Wall Arch, al Black Arch e, infine, attraverso una cresta che si staglia tra due vallate di rocce selvagge, al Double O Arch. Stupendo.

Questo sentiero ci è costato 3 ore di cammino ad una temperatura che sfiora i 40 gradi ed ogni nostra energia. Perciò facciamo una visita lampo al resto del parco e poi di corsa (si fa per dire) a casa. Cena niente male al Moab Dinner, l’incarnazione dell’immaginario collettivo sui ristoranti americani. Ed infine il meritato riposo.

Miglia percorse: 285.

4 settembre – Moab – Dead Horse Point – Canyonlands NP.

La giornata non potrebbe iniziare meglio: finalmente la sveglia alle 8, sole e soprattutto super colazione al Moab Dinner a base di uova, bacon e due splendidi pancakes… e la cameriera che passa tra i tavoli a dispensare caffè.

Carburati per bene, ci dirigiamo al Dead Horse Point, un piccolo parco alle porte di Canyonlands, dove ci attende un altro meraviglioso panorama; da qui infatti si osservano le maestose curvature del Colorado River che letteralmente incidono il paesaggio. Riprendiamo la Highway 313 alla volta di Canyonlands, pensando erroneamente di fare una passeggiata riposante e non molto significativa. Ma l’ennesima sorpresa ci aspetta: tra le tante cose da vedere scegliamo Island in the Sky, il nome pare suggestivo… E così dal relativo viewpoint ci addentriamo a piedi verso il paradiso: Island in the Sky è una lingua di terra che sovrasta da una notevole altitudine un ampissimo panorama mozzafiato; alla nostra sinistra il Colorado River e alla nostra destra il Green River architettano migliaia di canyon e picchi rocciosi che si susseguono in un continuo senza fine. Non possiamo che fermarci ammirati a lungo. Fa davvero caldo, siamo un po’ bruciati dal sole, e così a malincuore lasciamo questo posto per dedicarci ad un’attività rarissima per il nostro viaggio: un po’ di relax. Concludiamo la giornata con una cena al Buck’s Grill, dove l’atmosfera elegante (lume di candela sotto la luna piena) stride con lo stile sandalo tedesco degli avventori. Dopo aver degustato uno stufato d’alce niente male, a letto presto… domani ci aspetta la Monument Valley! Miglia percorse: 140. Morris’ Last Resort: 97$ a notte.

5 settembre – Moab – Monument Valley – Mexican Hat Giornata insolita, dettata da ritmi diversi. Salutiamo il Resort di Moab e ci rimettiamo in viaggio. A Monticello ci fermiamo per un’abbondante colazione in un delizioso locale in stile freak. Si riparte sulla 191 battuta soprattutto dai famosi bisonti della strada. Per arrivare a Mexican Hat deviamo prima sulla Hwy 95 e poi sulla Hwy 261 dove, attraverso una strada sterrata, sostiamo a Muley Point: questa volta sotto di noi si staglia all’orizzonte la Monument Valley! Ci siamo solo noi, in compagnia del silenzio rotto dal vento… L’ultimo tratto della Hwy 261 non è asfaltato e scende ripidamente costeggiando le pareti delle falesie. Il panorama che ci accerchia si fa sempre più arido e incandescente fino all’arrivo a Mexican Hat: tre motel e qualche casa situati tra la strada e il San Juan River. Ci sistemiamo al nostro Hat Rock Inn e in noi cresce l’impressione di stare nel vecchio West… Fa veramente caldo e aspettiamo le tre prima di andare alla Monument Valley, sperando in temperature migliori. Passando sulla Hwy 163, le celebri rocce di questa valle iniziano a mostrarsi in lontananza; qua e là i famosi hogans tutt’oggi abitati dai navajo e dai loro cavalli che talvolta fanno persino capolino sulla strada. Già, qui siamo in territorio indiano e anche la gestione del Parco è tutta navajo.

Una sorta di ranger ci fa pagare l’ingresso, consegnandoci la cartina dell’itinerario percorribile in auto senza guida. Tanto per cambiare la strada è sterrata, ma la nostra Chevrolet Malibù, nonostante le nostre preoccupazioni, non fa una piega e ci conduce attraverso questo scenario talmente incantevole e scolpito ad arte da sembrare protagonisti di un film di John Ford.

Le nostre guide ci raccomandano di non uscire dal percorso, visto che i navajo vigilano attentamente sul loro territorio e abbiamo già avuto prova del loro carattere piuttosto asciutto e sbrigativo. Così limitiamo la visita ai viewpoint che riempiono comunque i nostri occhi di meraviglie: rosse rocce dalle geometrie orchestrate, cielo blu costellato di nuvole bianchissime per un insieme di colori degno delle migliori scale cromatiche. Finito l’itinerario (sigh!!) torniamo verso casa, dove ci attendono due fantastiche birre, lasciate in fresco grazie all’onnipresente distributore di ghiaccio.

La serata non può concludersi meglio: cena al Mexican Hat Lodge, e così sotto le stelle e davanti al fuoco del barbecue, aspettiamo le nostre steack circondati da robusti motociclisti attempati che si danno grandi pacche sulle spalle. La carne ottima, il fuochista cowboy fantastico e la cameriera superlativa. Meglio di così…

Miglia percorse: 210. Hat Rock Inn: 85 $ 6 settembre – Mexican Hat – Canyon de Chelly – Gallup Sveglia alle 7.00, colazione fugace in Motel per partire verso il Canyon de Chelly. Per la notte che ci aspetta abbiamo programmato campeggio: ok, il cielo sembra piuttosto azzurro.. Da Many Farms (siamo in Arizona) le case che costeggiano la strada sono accompagnate dal classico Hogan indiano e dalla consueta recinzione per gli animali: siamo davvero in piena riserva indiana! Arrivati al Canyon facciamo un sopralluogo al campeggio, che si mostra carino e tranquillissimo, non c’è quasi nessuno. Al visitor center però un’affissione dei rangers ci informa che per la giornata di oggi c’è il 40% di probabilità pioggia.. In effetti all’orizzonte iniziano a intravedersi nuvoloni davvero poco allettanti per la nostra già provata tenda. Decidiamo di prendere tempo e così ci addentriamo nel Canyon. Scegliamo, tra le due strade percorribili, la South Rim anche perché qui si trova l’unico sentiero che possiamo seguire a piedi senza guida. La sosta al primo viewpoint ci fa scoprire un Canyon decisamente diverso dagli altri paesaggi che abbiamo incontrato sinora.

Qui, invece che maestà e imponenza, regna la grazia e la mitezza che abitano il fondovalle ospite di pascoli verdeggianti. Bello! Peccato che il cielo si chiuda sempre più.. Arrivati al White House Point decidiamo le nostre mosse: a) niente tenda; spostiamoci a Gallup b) proviamo ugualmente a intraprendere il White House Trail. La nostra audacia è premiata dalla mancata pioggia, e scendere ripidamente nel Canyon dà l’impressione di tuffarsi in una dimensione spazio-temporale incantata: i prati, i pascoli, gli Hogans ci trasmettono una delicata tranquillità. Ci spingiamo fino alla White House, una costruzione Hanasazi – l’antico popolo che abitava queste terre e che i Navajo hanno eletto come loro antenato. La struttura, si pensa fosse un’abitazione, è collocata a ridosso della parete del Canyon affinché la comunicazione con le retrostanti grotte fosse più agevole. A malincuore salutiamo la romantica valle bagnata da un piccolo rio e ci apprestiamo a risalire la ripida discesa con una ripidissima salita! A fine cammino un ultimo sguardo al Canyon e poi si riparte, destinazione Gallup! Peccato per il campeggio, che evidentemente non è fatto proprio per noi..

Arrivati a Gallup (New Mexico! Un altro Stato per il nostro viaggio!!) cerchiamo l’ormai conosciuto Motel 6: lo troviamo ad Ovest della città, proprio a ridosso della mitica Route 66. Se non fosse così tardi, per l’immensa gioia di Andrea, avremmo potuto visitare qualche galleria di artigianato Navajo. Cena in un ristorante piuttosto chic, il The Ranch, sulla R. 66 a base di stranissimi piatti indiani, piccantissimi e… niente di speciale. Rientrati nella nostra camera ci concediamo il lusso di un film e poi finalmente si dorme.

Miglia percorse: 270. Motel 6: 47 $ 7 settembre – Gallup – Petrified Forest – Flagstaff Lasciamo con calma Gallup cercando di seguire la Route 66: impresa purtroppo impossibile visto che la madre delle strade è spesso chiusa al traffico, sterrata oppure corre dritta dritta nella proprietà di qualche Ranch. Prendiamo allora la I40. La prima tappa della giornata è la Foresta Pietrificata, dove ci attendono nuovi nuvoloni minacciosi. Breve escursione tra le formazioni del deserto dipinto, dove colline di fango e minerali si vestono di sfumature dai mille colori, che l’assente sole avrebbe reso più sgargianti. Tra le colline giacciono tronchi di alberi che hanno compiuto, ebbene sì, 225 milioni di anni! Siamo ormai preparatissimi: l’azione combinata delle infiltrazioni dell’acqua e del vento ha fossilizzato un intero bosco fino a renderlo minerale puro: suggestivo! Per completare il quadro non dobbiamo dimenticare i petroglifi scolpiti intorno all’anno 1000 da chi abitava queste terre. Non è un caso che una roccia si chiami Newspaper, essendo interamente ricoperta di questi pittogrammi. Il forte vento ci ricorda di guardare l’orizzonte, verso Ovest (direzione Grand Canyon che ci aspetta per domani!) il cielo è carico di pioggia, e ci muoviamo velocemente verso Flagstaff. Arrivati in città passiamo subito dall’hotel, lo storico Weatherford Hotel! Costruito nel 1897 per decenni fu considerato il miglior albergo dell’Arizona. In effetti è un posto particolare e gli antichi fasti restano visibili all’occhio contemporaneo. La nostra stanza è piccola piccola, ma molto carina! I serramenti dimostrano la loro età e il letto sembra uscito dalla Casa nella Prateria.. Andiamo a dare un occhio al Downtown, minuto ma allegro. Ci raggiunge subito l’impressione di un luogo decisamente Freak: negozi di artigianato indiano, abbigliamento anni ’60 e ovunque cartelli “Peace”. Il clima che si respira è decisamente piacevole, ma non nel senso atmosferico! Infatti inizia a piovere, e così – correndo per le strade di Flagstaff – raggiungiamo il ristorante dove ci aspettano chili di patatine. Potremmo concludere la serata con un concerto Blues in albergo, ma la stanchezza la vince.. Domani Grand Canyon!! Miglia percorse: 230. Weatherford Hotel: 72 $ 8 settembre – Flagstaff – Grand Canyon NP.

Wow oggi c’è il sole!! Il cielo è limpido e prima di partire ci concediamo il lusso di una colazione al Cafè Exspress in San Francisco Street. Alle 8 finalmente partenza per il Grand Canyon.

Lungo il tragitto il ciglio della strada è imbiancato di neve fresca. L’arrivo al parco non è dei più entusiasmanti: qui le orde di turisti arrivano davvero! Dopo qualche momento utile ad orientarci decidiamo di passare qui una sola notte in tenda per poi partire verso Nord. Dopo esserci occupati della parte logistica del pernottamento (il Mother Campground è pieno, per fortuna abbiamo prenotato), corriamo a dare il nostro vero primo sguardo al Grand Canyon. Che dire: entrambi rimaniamo colpiti dalla sua grandezza e maestosità, talmente imponenti da risultare difficilmente abbracciabili nella loro interezza. Questo aspetto differenzia il Grand Canyon dagli altri meravigliosi posti che abbiamo visto fin qui, che al contrario ci hanno mostrato uno splendore più concentrato e raggiungibile.

Scegliamo di percorrere un tratto del Bright Angel Trail, il sentiero che ripidamente scende fino al Colorado River. Anche qui c’è tantissima gente, che pero’ si dirada quasi subito al pensiero della risalita. Arriviamo fino al secondo punto di rifornimento acqua scendendo circa di 600 metri e costeggiando le pareti a strapiombo di questo bellissimo posto. Peccato, proseguire sarebbe stato fantastico ma è già tardi ed il pensiero del tramonto sul Canyon ci calamita verso l’alto.

Arrivati di nuovo sul ciglio percorriamo a piedi la West Rim, per poi fermarci a Powell Point, dove, incredibile ma vero, noi due soli riusciamo ad ammirare un infuocato tramonto. Davvero suggestivo come la foschia e le tonalità verdi delle rocce di oggi pomeriggio abbiano lasciato spazio a limpidi ed intensi rossi. Che meraviglia! E pensare che all’ Hopi, il viewpoint successivo, una calca di persone sgomitava per avere uno scorcio della medesima vista. Cena velocissima e poi finalmente riusciamo a dormire sotto le stelle.

Miglia percorse: 95. Mother Campground: 18$.

9 settembre – Grand Canyon NP – Kanab.

Ci sembrava strano! Alle 6 del mattino inizia a piovere e il maltempo accompagnerà a tratti la nostra giornata. Ma iniziamo dal principio. Dopo un’abbondante colazione a base di megabriosche fradice di creme e cannella, partiamo alla volta dei viewpoint della West Rim non ancora visitati.

Il cielo ogni tanto si apre e così il Canyon è sempre baciato da luci diverse: da un lato le nuvole basse cariche di pioggia lo rendono misterioso e sfumato, dall’altro il sole del primo mattino lo staglia nettamente nel blu del cielo, anche se a The Abyss Point, dove le falesie scendono a picco, siamo sommersi da pioggia mista a neve e inevitabilmente siamo soli. Poi passiamo sul versante est e con lo shuttle andiamo allo Yaki Point. Bello, finalmente soleggiato e la ressa di ieri sembra essersi dissolta come per magia. Smontiamo la tenda e in macchina percorriamo il resto della East Rim, sostando a tutti i viewpoints: Grandview, Moran, Lipan, Navajo, Desert View. Su questo lato del canyon si scorge sotto di noi il Colorado River, l’infaticabile scultore di questa meraviglia. A Desert View il Canyon comincia a salutarci con il cielo che nuovamente si incupisce. E’ proprio ora di partire! Un po’ di olio alla nostra esigente Malibù e si riparte! Prendiamo l’uscita est del parco e imbocchiamo la Hwy 89 che ci riporta verso nord. Il paesaggio che ci accompagna si rivela ancora sorprendente e così trascorriamo tre ore di viaggio in silenzio, rapiti dai colori e dalle forme. Ci fermiamo a Kanab: troviamo una camera nel decadente Sun n’Sand Motel dove un personaggio anni 70 ci accoglie informalmente alla reception. Qui tutto avrebbe bisogno di una bella sistemata, ma nel complesso il posto non è male. Il proprietario ha una fiammante Cadillac storica posteggiata in giardino, e quest’aria un po’ Old America regala al motel un’atmosfera accogliente. Andrea si accorge che, essendo tornati nello Utah, bisogna spostare le lancette avanti di un’ora. A proposito di Utah, Andrea a cena ci riprova: beer please, ma la cameriera ancora una volta scuote la testa… Miglia percorse: 213. Sun n’Sand Motel: 42$.

10 settembre – Kanab – Reno.

Eccoci nella piccola reception a spalmare burro sul pane mentre il proprietario ascolta Cat Stevens nel suo ufficio. Salutiamo anche Kanab con una certa sollecitudine, visto che oggi ci aspetta un lunghissimo viaggio: lasceremo infatti lo Utah per avvicinarci il più possibile al nord della California. Raggiungeremo la Hwy 50 che attraversa letteralmente l’intero Nevada per portarci nei dintorni di Reno. Capiamo di essere tornati nel Nevada quando entriamo in un market notando alcune frequentate slot machine; compriamo un caffè e siamo pronti a ripartire. A questo punto è d’obbligo aprire una parentesi sul caffè americano. Noi adoriamo l’espresso eppure non ci dispiace affatto questo beverone servito bollente e trasportabile ovunque grazie ai comodi tappi e alle tazze di polistirolo di ogni misura. L’aroma è gradevole e spesso gli esercizi offrono la scelta tra due o tre qualità. Quindi con il nostro buon caffè riprendiamo il cammino accompagnati dall’elegante volo dei condor che talvolta si buttano in picchiata sulla strada proprio a pochi metri dalla nostra auto. Ed eccoci finalmente sulla famosa Hwy 50! La strada più solitaria d’America si snoda lungo il Great Basin, catene montuose arse dal sole e attraversate da ampie vallate. Ancora gioia per i nostri occhi assetati di paesaggi selvaggi; lungo la strada praterie, ranch, cavalli e mucche in libertà ma neppure un paese per miglia e miglia. Breve sosta a pranzo a Eureka, un piccolo villaggio di poche anime dove però non può mancare il Casinò. La strada continua e qua e là intravediamo qualche villaggio fantasma e persino un’enorme duna di sabbia solitaria. L’autoradio si è sintonizzata su una stazione di vecchi successi e cantando brani indimenticabili ci avviciniamo a Reno dove la Hwy 50 diventa trafficatissima. Arrivati a Reno cerchiamo un motel: ci soccorre il solito Motel 6. Proviamo ad addentrarci in centro per la cena, ma la città – che è il fantasma di Las Vegas – non offre grandi possibilità di parcheggio. Non ci resta che gravitare intorno al Motel. Oggi abbiamo battuto 629 miglia, passato da est a ovest il Nevada e guidato incessantemente per 10 ore, il letto quindi ci chiama a gran voce.

Miglia percorse: 629. Motel 6: 52$.

11 settembre – Reno – Gualala.

Il viaggio continua, destinazione costa della California.

Facciamo colazione nei pressi del lago Thaoe a Truckee, che si trova già in territorio californiano. Ritroviamo un paesaggio simile ai dintorni dello Yosemite: siamo in quota e regnano i verdeggianti boschi di alte conifere abitati qua e là da pittoresche baite di legno. Seguiamo tutta l’intasata Hwy 20, dove il panorama intorno a noi è addolcito da colline coltivate a frutteti, vitigni, campi di grano e il benessere dei suoi abitanti traspare dalle grandi case coloniche che si affacciano ovunque. Sulla strada vivaci cartelli naif invitano i passanti ad acquistare frutta fresca. Costeggiamo il Clearlake, un piccolo lago i cui numerosi moli appaiono come mille braccia protese verso il cuore della distesa d’acqua. L’ultimo tratto di strada che ci divide dal Pacifico torna ad essere montagnoso, e attraversando fitti boschi si alimenta l’aspettativa di vedere l’Oceano; la temperatura scende ad ogni miglio a testimoniare la vicinanza della costa. Ecco il cartello Fort Bragg, abbiamo la macchina pronta per il primo scatto, l’ultima curva.. Sì, ci siamo! Mah.. Ma come, la nebbia?? Nebbia, nebbia fittissima sull’Oceano. Non si vede nulla! Che delusione! A Mendocino passeggiamo lungo il litorale, immersi nelle brume in un clima spettrale eppure molto affascinante; l’Oceano ci ha mostrato uno dei suoi lati portentosi, riuscendo persino a dominare la luce. Continuiamo a scendere verso Point Arena, dove, durante un’altra sosta, scorgiamo intrepidi surfisti che si lanciano all’inseguimento delle grandi onde spumeggianti. A Gualala cerchiamo il posto dove passare la notte e, come per incanto, appare il Whale Watch Inn abbarbicato sulla costa a strapiombo su una spiaggia fantastica. La proprietaria di questo B&B è una simpaticissima signora di mezza età dai tratti orientali, che ci accoglie con un sorriso invitante e musica classica a fare da colonna sonora.

La nostra stanza è meravigliosa, ubicata in un cottage con vista mare, caminetto e sauna. L’Oceano ora si lascia toccare dal sole e noi scendiamo timidi a passeggiare a piedi nudi sulla spiaggia per un tramonto da favola. Ottima cena al Bones Roadhouse a base di roastbeef affumicato; il locale è un museo American Graffiti e un biliardo aspetta di essere messo alla prova.

E che dire di una notte trascorsa tra il fuoco scoppiettante del camino e le onde che si infrangono a riva… Miglia percorse: 371. Whale Watch Inn: 110 $.

12 settembre – Gualala – San Francisco La giornata inizia con una raffinata e deliziosa colazione e a malincuore lasciamo Gualala. Oggi il sole riprende pieno potere e gli scorci sull’Oceano sono meravigliosi. A partire da Gualala l’Hwy 1 si fa sempre più tortuosa, e così non ci dispiace affatto spezzare il viaggio con qualche sosta su queste spiagge ampie come le onde che qui si infrangono. Specialmente tra Jenner e Bodega Bay il paesaggio diviene di una bellezza allo stesso tempo dolce e aspra. In lontananza tra la foschia, che aleggia sul Pacifico, intravediamo il Golden Gate che svetta alto nel cielo! Decidiamo di fare una sosta a Sausalito, dove tutto ci sembra già più europeo. Ora dobbiamo solo percorrere il Golden Gate per raggiungere la meta finale.. San Francisco!! Entrati in città troviamo agevolmente il nostro hotel, l’Union Square Plaza nell’omonimo quartiere. Con un po’ di nostalgia riconsegnamo la fida Malibù, segno che il nostro vagabondaggio si è purtroppo concluso. Subito ci spingiamo in un breve giro a Chinatown. 13 settembre – San Francisco Freddo risveglio! Caspita.. A San Francisco abbiamo definitivamente salutato l’estate americana. Camminiamo tutti coperti per il downtown, iniziando dal quartiere cinese, passando da North Beach per arrivare al Fisherman’s Wharf, pseudoquartiere dove la città viene messa in vendita.

Saluto d’obbligo ai leoni marini che bisticciano per qualche centimetro di sole, e poi si riparte verso Russian Hill dove risaliamo Lombard Street nel suo tratto più tortuoso. A cena siamo in un simpatico ristorante sotto l’hotel, nient’affatto male; qualche spezzone di film e siamo pronti per dormire.

14 settembre – San Francisco Abbondante colazione stile americano e compriamo un pass giornaliero per i mezzi pubblici di superficie. In autobus andiamo al Golden Gate Bridge e lo attraversiamo a piedi, ma che freddo! Qualche corsa sul celebrato Cable Car e infine ci mettiamo alla disperata ed estenuante ricerca di Twin Peacks, senza peraltro riuscire ad arrivarvi. Un taxi sarebbe stato meglio! 15 settembre – San Francisco Ultima supercolazione prima di qualche acquisto di rito a Chinatown. Come vuole la tradizione abbiamo atteso l’ultimo giorno prima di deciderci all’invio delle cartoline. Ci concediamo il lusso di un espresso e un cappuccino in Union Square per incominciare a rientrare nei nostri soliti panni. Infine trascorriamo gli ultimi momenti seduti su una panchina di questa piazza ad ascoltare un concerto di dieci tenori, con il quale la città ci saluta.. Un taxi ci aspetta per portarci in aeroporto.

Totale miglia percorse: 3960 – Union Square Plaza: 72 $ a notte.



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