West coast on the road 2

Il nostro viaggio attraverso California, Arizona, Utah e Nevada tra città e parchi nazionali
Scritto da: David Beraldo
west coast on the road 2
Partenza il: 28/04/2012
Ritorno il: 12/05/2012
Viaggiatori: 2
Spesa: 3000 €
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Una vita ad attendere questo viaggio, e finalmente ecco che riusciamo a realizzarlo. Siamo una giovane coppia, e acquistando ed organizzandoci il tour da soli tramite internet riusciamo a risparmiare un bel pò. Nel settembre 2011 compriamo i biglietti (870€) su Alitalia, che successivamente ci crea dei problemi cancellando il nostro volo, e riindirizzandoci su uno con due scali, ma con varie telefonate risolviamo facendocelo cambiare con un solo cambio a Parigi. Ci siamo arrangiati anche per l’assicurazione sanitaria (120€) con Mondial Assistance, per l’Esta (14 $), noleggio Alamo per l’auto (500 $ secondo guidatore compreso,c’erano compagnie meno costose ma questa s’è rivelata affidabile), patente internazionale (60€ e non c’è mai stata richiesta), mentre per gli hotel abbiamo prenotato tutto al momento, tranne che per l’iniziale di Hollywood, e per la suite di Las Vegas. Due settimane sono poche per girare tutta la West coast, ma noi siamo comunque riusciti a vedere l’essenziale. Ecco il nostro diario di viaggio…

28 Aprile

Eccoci ansiosi all’ aereoporto di Venezia: Alitalia ha creato alcuni casini per i nostri biglietti, ma fortunatamente Airfrance (compagnia con la quale effettivamente siamo partiti) ha risolto tutto. Rapido scalo a Parigi, ed eccoci in volo per Los Angeles, impazienti di arrivare visto la lunga durata della tratta. Arriviamo nel tardo pomeriggio, e ci rechiamo subito a prendere quella che sarà la nostra fidata compagna di viaggio: un Ford Mustang convertible, colore blu elettrico, che ha reso il viaggio molto più intenso e mitico. L’hotel che ci attendeva era l’ Hollywood Celebrity Inn, e mentre assaporavamo per la prima volta il gusto della guida americana ci siamo resi conto di quanto immense e colorate fossero le strade del posto, piene di cartelli, luci e tutto ci faceva credere di essere in realtà in uno di quei film americani che vedi alla tv.L’hotel si è rivelato carino e comodo, sia per i servizi che per la posizione (dietro il Kodak Theatre), che ci ha permesso di muoverci semplicemente a piedi per visitare Hollywood. La sera abbiamo fatto una camminata sulla celebre Walk of Fame, visto il Kodak Theatre e il Chinese Theatre, per poi riempire i nostri stomaci in quello che si sarebbe rivelato un posto gradito ai maschietti:Hooters. Prosperose donne, vestite con una divisa parecchio sexy ci hanno servito le specialità della casa e un’ottima Sierra Nevada, utilizzando il loro fascino e la loro simpatia.

29 Aprile

Dopo aver fatto una buona colazione in hotel a base di Muffin e French Toast ci dirigiamo al Griffith Park per una piacevole passeggiata nel verde, nella quale facciamo il primo incontro con uno dei tanti scoiattoli che troveremo nel nostro viaggio. L’osservatorio è parecchio interessante, e in quella zona riusciamo a vedere più vicino la mitica scritta “Hollywood”.Purtroppo il tempo è poco, quindi ci dirigiamo a Beverly Hills, per ammirare la bellezza delle lussuose case che la popolano, e successivamente ci dirigiamo a Rodeo Drive dove la sottoscritta si è tolta lo sfizio di entrare da Tiffany, e sentendosi come Audrey Hepburn s’è comprata i classici orecchini a cuore. La visuale ovunque indica lusso: Lamborgini, Ferrari, e Aston Martin pullulano nei parcheggi, e le boutique delle grandi firme non sono mai vuote. Dopo questo momento “da ricchi” ci dirigiamo al Farmers Market, che ci fa sentire come se fossimo a Camden Town nell’amata Londra. Profumi di cibo speziato alleggiano nell’aria, e non sappiamo dove mangiare in quanto la varietà culinaria varia, ma i prezzi sono altini, e quindi finiamo col mangiare in un locale messicano lì vicino. Facciamo acquisti nelle bancherelle, e successivamente anche al centro commerciale The Grove. Nel pomeriggio siamo ripassati sull’Hollywood Boulevard, ammirando gli artisti di strada che interpretano personaggi che ci hanno accompagnato nel culto cinematografico,da Marilyn a Iron Man per passare a Michael Jackson. Facciamo una cappatina anche all’Hight Voltage Tattoo, dove ci limitiamo ad acquistare t shirt. La sera ci dirigiamo al Pier di Santa Monica, che si rivela magico e divertente, ma rimaniamo alibiti quando notiamo che sono le 9.00 di sera ed affamati non troviamo un locale dove cenare. Gireremo per ore, per poi ritrovarci nuovamente a LA in un quartiere gay, in un ristorante che si definiva brasiliano ma alla fine non lo era. Si rivelerà un’ottima scelta sia per qualità che prezzo.

30 Aprile

Finalmente ci godiamo il Mustang: direzione Grand Canyon. La partenza non è delle migliori, il traffico di LA si rivela pesante, e temiamo di allungare il viaggio che già di sè doveva essere lungo (8 ore); ma fortunatamente dopo parecchi chilometri la strada diventa sgombra e iniziamo a sentire la vera sensazione di guidare in America prendendo la famosa Route 66. Rimaniamo delusi nel vederla non curata, ma i suoi dossi, l’aria tra i capelli, e il paesaggio desertico ci rendono fieri di aver compiuto questo viaggio, e le numerose ore al volante non si fanno sentire. La prima tappa la facciamo su una locanda sulla strada, una di quelle classiche che vedi nei film, dove abbiamo trovato uno staff cordiale come non mai, e a servirci l’imbevibile thè freddo americano (se vi piace non zuccherato e senza limone fa per voi) c’era una nonnina vestita con un’abito che faceva molto epoca Far West. Passando per il deserto del Mojave facciamo la conoscenza di “Carl’s Jr”, un fantastico fast food dove abbiamo mangiato dei deliziosi hamburgher a un prezzo conveniente, scoprendo che una volta che riempi il bicchiere automaticamente puoi farlo sempre senza pagare nulla in più. Ultima tappa la facciamo a Williams, una graziosa città il cui aspetto ricordava molto quello dell’antico far west,dove ho acquistato un favoloso cappello da cowboy. Al tramonto arriviamo finalmente alla meta finale, incontrando delle renne libere sulla strada. Sul Grand Cayon rimaniamo senza parole alla sua vista: e’ immenso, colorato, profondo… i condor volano sopra di noi lasciandoci con l’impressione che sia valsa la pena di fare un lungo viaggio per vedere questo spettacolo. Troviamo al momento una camera al Red Lodge Feather, avendo così un’ottimo posto letto vicino al Parco ad un prezzo ragionevole. Ceniamo lì accanto, in una steak house, assaggiando il manzo americano, accompagnato da fagioli e patate,e la birra Grand Cayon.

01 Maggio

Prova di fatica oggi: escursione sul Grand Cayon. Partiamo presto, dopo aver fatto una pessima colazione in un fast food, e una volta entrati nel parco una navetta ci porta all’inizio della Kailbab trail route. L’inizio si rivela parecchio difficile per me in quanto soffro di vertigini, e sentendo il terreno sabbioso e scivoloso sotto i piedi e vedendo il vuoto a pochi centimetri ho iniziato ad avere parecchia paura. David invece si è divertito parecchio, in quanto un tipo sportivo, e saltava di qua e di là senza problemi. Il cayon si rivela maestoso, bellissimo, e profondo, e quando arriviamo alla tappa prefissata tiriamo un sospiro di sollievo e di apprezzamento, in quanto iniziamo a notare anche degli uccelli particolari e parecchi scoiattoli. La risalita si rivela difficile, sia per la pendenza, che per le forti raffiche di vento che ci accompagnano. Ci sorpassano dei muli che risalgono il cayon senza problemi, lasciando nella stradina dei ricordini alquanto puzzolenti. Nel pomeriggio ripartiamo verso la Monument Valley, incontrando per la strada delle bancherelle indiane, dove i nativi vendono le proprie creazioni. Attorno a noi tutto è deserto, ma finalmente iniziamo a vedere i primi monoliti che ci indicano che la Monument Valley è vicina. Arrivati entriamo nel parco, e col Mustang ci dirigiamo nel percorso rimanendo stupiti della bellezza di ciò che ci circonda. Purtroppo non riusciamo a compiere pienamente il tragitto, ma quello che abbiamo visto ci ha resi comunque felici. Pernottiamo a Mexican Hat, nell’omonimo motel, mangiando la cena più buona della vacanza: della carne cotta su una particolare griglia, accompagnata da una buona birra e verdura. Il posto è veramente tipico, in stile western, e ci fa rilassare dopo cena grazie al giardinetto con divano a dondolo.

02 Maggio

Ci alziamo presto, e per cominciare facciamo colazione in un localino a Kayenta, dove oltre assaggiare un’ottimo pancake ci sentiamo osservati in quanto il posto è frequentato solo dalla gente locale. Ci rechiamo a Page per visitare l’Antelope Cayon, e lungo il tragitto rimaniamo bloccati per l’asfaltatura della strada;su questo gli Americani si dimostrano disorganizzati in quanto per asfaltare 10 miglia di strada bloccano il traffico per ben mezzora. Riusciamo ad arrivare attorno alle 10, e assieme ad un’altra coppia Italiana conosciuta al momento prendiamo una guida privata ($65) trovata su un banchetto della strada,e iniziamo il tour dell’Antelope. Jack, la nostra guida, ci fa assaporare appieno le forme e i colori di questo posto, aiutandoci nello scattare foto, e narrandoci la sua storia. Personalmente rimango parecchio affascinata da ciò, per quanto la natura sia riuscita a creare un capolavoro simile, sia per l’idea spirituale che gli indiani avevano del posto, ovvero era il loro tempio di preghiera, e secondo Jack c’è chi ancora vi si reca per pregare. Peccato solo per i troppi turisti, ma l’Antelope con le sue curve, luci e colori rimane il posto più magico che abbiamo visitato. Ci rechiamo a Page, facendo prima un salto al Lake Powell, rinunciando ad entrarvi in quanto ci secca spendere 15$ per starvi dentro poco tempo, visto quanto ci rimane da fare. Mangiamo in un fast food, e rimaniamo stupiti della città:piccola ma carina, con una via che avrà tutte attaccate 15 chiese di fede differente. Ci rechiamo finalmente all Horseshoe bend dove rimaniamo impressionati nel vedere cosa ha creato il Colorado: questo meandro incorniciato dal fiume. La visita si rivela più rapida del previsto, quindi anticipiamo la partenza per Las Vegas e poche ore dopo eccola apparire, più grande di quello che ci aspettavamo, luminosa ed esagerata. Rimaniamo stupiti nel vedere lo sfarzo esterno dei casinò, e ci rechiamo nell’hotel dove avevamo prenotato per il giorno successivo, il Cosmopolitan, chiedendo di poter soggiornare anche questa notte. La cosa ci costa parecchio, 240 $ a notte, ma la stanza è fantastica: una suite con vista sulle fontane del Bellagio, ed appena arrivati riusciamo a vedere il loro fantastico spettacolo. L’hotel si rivela alla moda, bellissimo, e molto comodo come posizione, ma eccessivo come costi per cibo e wifi (l’unico hotel che lo rendeva disponibile solo a pagamento). La sera ci cibiamo con panini presi al supermarket per diminuire le spese, cosa che è contata ben poco visto i conti salati per due drink al Caesar Palace, e due birre in un altro locale rock lì vicino. I casinò si sono rivelati immensi anche al loro interno, in quanto se volevi passare da un posto all’altro eri costretto ad entrarci, pieni di negozi, ma sopratutto di slot e giochi da ogni tipo che ci hanno, come previsto, fregato qualche soldo. Bello lo spettacolo al Tresure Island, originale il vulcano che erutta, ma sopratutto gratis. Distrutti ritorniamo in albergo, frastornati per la frenesia della città, sperando che il giorno seguente si riveli migliore.

03 Maggio

Eccoci alla camminata mattutina per Las Vegas. Una signorina assonata ci serve la colazione al Mc Donald, ma nonostante ciò la colazione è passabile, apparte un’insipido specie di yogurt con all’interno cereali e mirtilli. Il giro prosegue tranquillamente per la strip, soffermandoci all Harley Davidson Cafè e all’ Hard Rock Cafè. Decidiamo di prendere la monorotaia per fare un giro in quanto stanchi di camminare, e quindi eccoci costretti ad entrare all’Mgm per prenderla, attraversare tutto il casinò e i suoi negozi per fare un minimo giro su questo mezzo, (5 $ a testa solo l’andata)che non ci ha fatto vedere questo granchè, anzi, dopo poche fermate siamo scesi per evitare di pagare il biglietto di ritorno. Soldi buttati. Ci rechiamo per il pranzo nel bellissimo Bellagio, dove approfittiamo del Buffet “All you can eat” spendendo attorno ai 22 $ a testa, ne è valsa la pena: il cibo è buono, l’unico mio errore è quello di ordinare sbadatamente l’imbevibile tè freddo americano. Nel pomeriggio finalmente ci godiamo la piscina dell’hotel, scegliendo quella del 4^ piano (l’hotel ha 2 piscine), e finalmente ci rilassiamo un pò, in questa finta isola caraibica dotata di 2 piscine più un’ idromassaggio. Ci rechiamo poi a comprare dei souvenir presso il “Bonanza gift”, il negozio più grande di LV. Scelta azzeccata sia per i prezzi che per la varietà di gadget che lo popolano.La sera finalmente ci rechiamo a vedere lo spettacolo “Love” del Cirque du Soleil: per me amante dei Beatles è stato bellissimo vedere quest’opera, ma anche chi non lo è lo ha apprezzato totalmente. Gli artisti sono bravissimi, i costumi impeccabili, e la scelta delle coreografie si sposa con queste musiche. Ha valso la pena andare a LV solo per lo spettacolo. Ceniamo in un MC Donalds, e facciamo una camminata per la strip. I miei piedi sono pieni di vesciche ma finalmente siamo contenti.

04 maggio

Rieccoci in auto, destinazione Death Valley. Prima però facciamo una sosta per delle favolose ciambelle al Dunkin Donuts, per poi entrare al Las Vegas Premium Outlet dove acquistiamo dei Levis a 39 – 44 $ al paio..un affare! Il calore verso la Death Valley inizia a salire, ma continuiamo senza problemi. Iniziamo a fermarci a Dante’s view, per poi passare a Zambriskie point, Furnace creek e in finale a Badwater. Tra i primi point e quest’ultimo la visuale cambia parecchio, passi da delle zone che ti sembrano desertiche sabbiose a una distesa salata. A David è piaciuto molto questo particolare spettacolo, ma sarò sincera non mi ha colpito particolarmente. Ed ecco che inizia il nostro momento panico-avventura. Proseguiamo la strada di Badwater, il navigatore va in tilt, la benzina sta finendo, non ci sono altre vetture, né case, né pompe di benzina. Iniziamo a sudare freddo, ma ecco che accade una delle cose più belle: un coyote di attraversa la strada. Ci fermiamo, gli offriamo da bere e lui non si tira indietro;non abbiamo cibo tranne delle patatine, gliene porgiamo una ed ecco che la mangia. David poi prova inconsciamente ad accarezzarlo ma lui credendo gli porga del cibo tenta di morderlo così ce ne andiamo. L’auto è quasi a secco, ma dopo un’ora di angoscia troviamo finalmente il paesino di Shoeshone e oltre a fare benzina pranziamo nonostante sia pomeriggio inoltrato. L’esserci persi modifica in pieno il nostro viaggio perché ci siamo allontanati dalla strada che avremmo dovuto fare per il Sequoia park, per cui esausti dopo un viaggio allungato maggiormente arriviamo a Visalia dove dormiamo in una modesta stanza del Motel 6.

05 Maggio

Sequoia arriviamo! Dopo una veloce colazione nel Motel ci dirigiamo verso Three rivers, e notiamo uno strano mercatino. Ci fermiamo e scopriamo che è un “Garage sales”, dove gli abitanti mettono i vendita le cianfrusaglie che non vogliono più. Buon per me, che con 2 $ acquisto una collana di finte perle risalente presumo agli anni 50. Finalmente entriamo nel parco, e già ci sentiamo a casa, in quanto all’inizio ci ricorda le nostre dolomiti, ma appena vediamo le prime sequoie, e le radici di una di queste che era sradicata ci rendiamo conto che stiamo vedendo qualcosa a noi sconosciuto. La temperatura è fredda, c’è ancora neve; l’escursione a piedi iniziata a Crescent Meadow procede per dei sentierini che ci fanno assaporare i profumi e le visuali naturali del posto, e la nostra speranza di vedere un orso sfuma alla fine della giornata. Dopo la camminata riprendiamo l’auto e ci dirigiamo verso il generale Sherman, l’albero più grande del mondo non per l’altezza ma per la sua grossezza. Rimaniamo senza parole nel vedere lui e i suoi “commilitoni” che lo seguono. Finita la visita al parco affamati ci fermiamo su un motel- ristorante sulla strada fuori il parco, trovando buon cibo del posto (hamburgher per David e per me patate col bacon),e gente cordiale che ci dà qualche consiglio di dove pernottare. Ci rechiamo verso San Francisco e ci fermiamo a Modesto, dormendo al Clairon Inn, dove abbiamo trovato ad un costo onesto (82$) una bella camera, piscina interna e idromassaggio dove ci siamo rilassati la sera . Unico neo non abbiamo potuto cenare perchè il ristorante dell’hotel era totalmente riservato ad un compleanno, per cui ci siamo sfamati con snack delle macchinette.

06 maggio

Dopo una modesta colazione in hotel proseguiamo per San Francisco, facendo breve tappa a Berkeley per visitare la famosa università. Non abbiamo fatto i conti che però è domenica, per cui al nostro arrivo troviamo la zona vuota, qualche studente che sta smaltendo la sbronza della sera prima, e un teatro che ospita uno spettacolo per famiglie. Decidiamo di ripartire per SF, e l’arrivo non si rivela piacevole: il traffico è enorme, il navigatore non prende, e guidare con semafori, collinette etc non è semplice. Lasciata l’auto al Inn on Broadway ci dirigiamo al noleggiarci delle bici. L’hotel al momento non ci entusiasmerà visto l’aspetto vecchio, ma si dimostrerà comodo, pulito, essenziale ed economico( $72 a notte). Le bici si riveleranno una buona ma faticosa idea:le parcheggi dove vuoi, ma le salite sono veramente difficili da fare, e ve lo dicono due persone che praticano sport regolarmente. Abbiamo visitato il Pier 39, visto i leoni marini, assaggiato il granchio, e visitato il museo dei giochi da bar anni 30. Siamo poi andati a Japantown, dove abbiamo trovato tutti i negozi chiusi (alle 17 chiude tutto), e abbiamo cenato con dei noodle. La sera siamo andati all’ Hemlock Taver, dove oltre aver trovato dell’ottima birra, abbiamo assistito a dei concerti indie-rock carini.

07 maggio

Colazione da Starbucks, e dopo una corsa faticosa sulle bici decidiamo di provare la famosa Cable Car per andare nella downtown visitando Union square ed i suoi negozi. Proseguiamo per la Chinatown che si dimostra immensa rispetto alla limitata Japantown, variopinta non solo per i decori, ma anche per la gente, che andava dalla scolaresca agli anziani che litigavano per un incidente automobilistico appena successo. Nuovamente su due ruote ci dirigiamo al Pier 41, dove prendiamo il traghetto per Alcatraz. La gita è veramente interessante($25 a testa), corredata di audioguida in italiano,che c’ha permesso di scoprire la vera storia del posto. Tornati nuovamente a terra ci dedichiamo al Golden Gate Bridge, raggiungendolo facendo tappa nella spiaggetta sottostante, e successivamente attraversandolo. Sfiniti restituiamo le bici, mangiamo dei saporiti burrito in Polk street, e raggiungiamo l’hotel a piedi crollando appena vediamo il letto.

08 maggio

Scelta sbagliata del giorno? Prendere l’auto. Ci ritroviamo con la difficoltà di parcheggiare, e di girare la città, ma riusciamo a raggiungere Alamo street con le sue Painted Ladies, e lì vicino facciamo colazione in un locale dai sentori gamaicani. Raggiungiamo Haights, e parcheggiata l’auto attraversiamo il quartiere per raggiungere il Golden Gate Park. Il quartiere ci delude un pò, ci aspettavamo di trovare hippie per strada, un pò di vita e movimento, e invece ci attendono solo muri colorati, aiuole tributo a cantanti, e vetrine con abiti vintage e oggetti strani. Un bel quartiere, peccato non avergli dedicato più tempo. Arriviamo finalmente al parco, ma è troppo grande da girare, e dopo parecchie ore di marcia, e piedi doloranti decidiamo di abbandonarlo, ma prima visitiamo il giardino botanico e il Japanese Tea Garden($7 a testa). Pranziamo in una specie di fast food,e ci dirigiamo in un veloce giro in auto verso Mission, l’Embarcadero, e la Lombar Street. Ci dirigiamo nuovamente al Golden Gate Bridge, lo attraversiamo e dalle Marine Headlands ammiriamo la visuale, facendo poi un veloce giro per Sausalito. Terminiamo la giornata sulla China Beach, avventurandoci sugli scogli per scattare delle foto. Ceniamo in una pizzeria al taglio,e rientriamo presto, domani si riparte.

09 maggio

Eccoci in nuovo in auto, destinazione Morro Bay. Il viaggio è un piacere per gl’occhi: dopo che la nebbia se n’è andata riusciamo finalmente a vedere l’oceano che ci accompagna lungo la strada, non facendoci rimpiangere quello che stiamo lasciando. Ci fermiamo a Monterey, il cui molo è una cosa fantastica: appena vi arriviamo tutti i ristoranti ci fanno assaggiare la loro zuppa di granchio, e ne abbiamo mangiata talmente tanta che non sarebbe più servito pranzare. Decidiamo di mangiare una pasta con gli scampi in uno di questi, per poi camminare ulteriormente sul molo per ammirare leoni marini, pellicani e gabbiani. Ripartiamo, e finalmente attraversiamo il Big Sur: la costa è più bella che mai, e riusciamo a vedere da vicino i leoni marini in una spiaggetta nascosta. C’è un vento pazzesco che ci raggela, ma abbiamo il cuore caldo grazie a ciò che ci circonda. Arriviamo a Morro Bay verso sera, e lo staff dell’hotel del Sea Air Inn ci pare molto cordiale. Facciamo una camminata in riva alla spiaggia, e notiamo che alle 18 i negozi sono già tutti chiusi, e che i ristoranti alle 20 chiudono, per cui dopo aver ammirato il tramonto decidiamo di mangiare al Burger King dato che i fast food sono gli unici posti ancora aperti. La nostra stanza però non ci lascia soddisfatti vista la poca pulizia, ma per 40$ e la posizione non ci possiamo lamentare.

10 maggio

Altra cosa su cui non possiamo lamentarci è la colazione, modesta ma buona. Ripartiamo così per Malibù, dove arriviamo a mezzogiorno sfamandoci in un Mc Donald. Rimaniamo parecchio delusi. La spiaggia è piccolissima, paghiamo 12 $ per il parcheggio, e non ci sono nè attrazioni nè scuole di surf. Poco male, ci rilassiamo, ma dopo poche ore decidiamo di andare a fare un giro in centro, scoprendo che in realtà le altre attrazioni del posto sono solo negozi. Ripartiamo così per Santa Monica, dove troviamo un traffico pazzesco, ma nonostante ciò riusciamo a goderci il tramonto sulla spiaggia e nuovamente il Pier. Mangiamo proprio lì in un locale di giapponesi, e oltre ad essere stato costoso non era il massimo. Andiamo all’Ocean Park Hotel, la cui posizione non era comodissima, ma era pulito, giovane, economico, ma con bagni in comune e un pò rumoroso.

11 maggio

Dopo una colazione da Starbucks ci ritroviamo a girare per la downtown, ma delusi in quanto i negozi aprono tutti alle 10. Dopo qualche acquisto ci dirigiamo alla spiaggia, e camminiamo fino ad arrivare a Venice Beach. E’ una spiaggia bellissima, e il suo boulevard colorato e divertente, con i suoi artisti di strada, e i vari oggetti in vendita. Assistiamo poi a delle esibizioni sullo skate park rimanendo stupiti dall’abilità di questi ragazzini.Passiamo il pomeriggio in spiaggia, e David decide di provare l’ebrezza del surf, ma non è facile in quanto non troviamo una scuola, e al noleggio gli danno una tavola inadatta a lui. Fortunatamente facciamo amicizia con un surfer professionista, che gli dà qualche consiglio, e così goffamente ma divertendosi riesce a cavalcare un’onda. La potenza di queste è enorme, perchè quando provo a fare il bagno, oltre all’acqua gelida, trovo le onde che mi rispingono fuori con una forza enorme, ed infreddolita rinuncio. La mia pelle ne paga le conseguenze: sebbene la crema a protezione 20 mi prendo una scottatura su schiena e faccia che non se ne andrà prima di 3 giorni. Ceniamo al mitico Subway, e ce ne torniamo in albergo: domani si torna a casa.

12 maggio

Gustiamo le ultime ciambelle con un nodo alla gola, tra poco un aereo ci riporterà a casa. Sentiremo la mancanza del cibo, dei colori, della natura, del deserto, e anche delle persone che si sono dimostrate disponibili come non ci saremmo mai aspettati, e non parlo solo degli inservienti, ma anche di passanti, cittadini comuni che ti venivano in aiuto senza nemmeno chiedere. Facciamo un ultimo giro sui canali artificiali di Venice per poi riportare l’auto all’ Alamo a Los Angeles, per poi andare all’aereoporto, destinazione Parigi e poi Venezia. E’ stato un viaggio emozionante, che ci ha regalato delle emozioni che ci porteremo dietro a vita. America I miss you so!



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