Incantatori di serpenti, accoglienza a 5 stelle e hammam a ogni angolo. I segreti di un weekend lungo a Marrakech

Marrakech è una città colorata e caotica, travolgente sotto ogni profilo. Contrattare qui è una parola d'ordine. A poche ore di auto ci si può regalare la magia di una notte nel deserto, per passare dal trambusto al silenzio assoluto
Scritto da: Viviaggia
incantatori di serpenti, accoglienza a 5 stelle e hammam a ogni angolo. i segreti di un weekend lungo a marrakech
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Prendete caos, caldo, polvere, merce di ogni tipo in vendita, incantatori di serpenti e vicoli stretti con case in stile orientale e vi troverete a Marrakech. Mi piacerebbe dire che è stata la mia prima esperienza in Africa, ma in realtà è stato un viaggio in Arabia. E, per quanto abbia avuto la percezione di vivere costantemente sotto l’attacco di qualcuno che provava a vendermi qualcosa, direi che è stato un viaggio interessante. Interessante, non indimenticabile, ma si tratta anche di percezioni personali.

Forse ci siamo lanciati a Marrakech senza informarci a sufficienza (il “forse” è perché si è sempre buoni con se stessi), ma la città ci insegna da subito le sue regole. Ovviamente siamo partiti sfruttando una delle benedette offerte a tempo Ryanair (ma quindi vanno anche oltre l’Europa!) e abbiamo concentrato la nostra attenzione sulla scelta del Riad, senza chiederci come sarebbe stato trovarci in Marocco. Probabilmente troppo eccitati per il prezzo basso del volo, non abbiamo pensato neanche al fatto che tra il pick-up e la cena in Riad si sarebbe fatto un po’ tardi. Abbracciando la nostra inconsapevolezza, andiamo nel cuore della vita di Marrakech: Piazza Jemaa el Fna. La Piazza di giorno è semplicemente pazzesca (su questo tornerò dopo), ma noi ci siamo arrivati – sempre in modo inconsapevole – all’1 di notte e in piazza abbiamo incontrato solo gruppi di gente apparentemente poco raccomandabile, spacciatori di ogni tipo e brutti ceffi, con forse una sola auto della Polizia Turistica (che invece di giorno vedremo ovunque). Questo contatto con la realtà ci schiaffeggia al punto che guardiamo l’orologio, ci rendiamo conto che è notte fonda e decidiamo immediatamente di rientrare al nostro Riad (il concetto di notte fonda qui è molto relativo se paragonato a Madrid, ma fidatevi).

Camminando nella Medina Lele ha un’illuminazione: vede un ragazzo che ci si avvicina e spontaneamente lo pago, chiedendogli di scortarci fino al Riad. Anche perché nei vicoli della Medina Google Maps ci fa “ciao ciao” e se la dà a gambe (impossibile ritrovare il Riad perché nel centro la mappa non prende). Il ragazzo coglie al volo l’occasione, afferra i 5 euro meglio investiti della vacanza e ci guida sicuro fino al nostro Riad, facendo segno ai gruppetti di locali che incontriamo che noi siamo sotto la sua protezione. Non spaventatevi: rientrando anche alle 11 di sera è stato tutto tranquillo. Ma cercate di non apparire sperduti di notte, perché non so come va la potrete cavare.

Cosa vedere (e fare) a Marrakech

Il riad

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La prima bellissima esperienza di Marrakech è il nostro Riad (Gallery 49). Il Riad è una abitazione tradizionale del Marocco, con le stanze collocate lungo i corridoi e al centro un cortile solitamente molto curato e accogliente. In molti casi nei Riad è possibile anche fare colazione o cenare sulla terrazza e vedere la città dall’alto (non si incontrano grattacieli o palazzoni a rovinare la vista). Al nostro arrivo al Riad veniamo accolti da una bellissima ed esile ragazza che scopriremo essere in servizio H24 ed essere addetta sostanzialmente a qualunque cosa. La ragazza ci abbaglia con il sorriso caldo delle belle donne arabe e ci porta per le scale le valigie, impedendo a entrambi di aiutarla (!). Ci mostra la nostra stanza cosparsa di petali di rosa e con passo leggero da gatta ci accompagna in terrazza, al terzo piano, per farci cenare (l’aereo è atterrato tardi e nel Riad ormai sono quasi tutti o fuori o a letto).

Per portarci la deliziosa cena marocchina, ottima anche per una vegetariana come me, la povera tuttofare dal sorriso caldo fa le scale dal piano terra al terzo piano, arrivando da noi sempre fresca e sorridente. Dopo aver visto la scena, chiediamo di fare colazione nel cortile, in modo da evitarle le scale la mattina dopo. Ma forse questo andrebbe contro la regola di riduzione in schiavitù di questa poveretta e quindi la colazione resta in terrazza.

Perché racconto questo? Perché viaggiare significa soprattutto riflettere, conoscere realtà diverse e rivalutare ciò che si ha. Chiuderò la triste immagine di questa bellissima nostra tuttofare con questo: una notte non riuscivo a prendere sonno e ho deciso di andare a guardare le stelle. Poi mi sono seduta sul divano del cortile per leggere un po’ e ho sentito un leggero urlo: mi ero seduta sulla poveretta, che dormiva sul divano coperta con un telo (l’escursione termica si sente molto in Marocco). Mi ha comunque chiesto se avessi bisogno di aiuto… l’ho già detto, era in servizio H24.

A parte la parentesi personale schiavizzato che non lo dà a vedere, il Riad è perfetto: camere accoglienti, doccia calda, saponi e bagno schiuma home made, molta attenzione al particolare, cortile ben curato, terrazza con ottima vista sulla città, cuscinoni e aree relax su un terrazzamento a metà. E no, non è né un 5 stelle né una sistemazione lussuosa: è un Riad dal costo contenuto. Credo che l’accoglienza sia per loro un elemento essenziale.

Piazza Jemaa El Fna

jemaa el fna

Se soffrite di crisi epilettiche, non andate a Jemaa el Fna, la più famosa piazza di Marrakech dopo il tramonto! Dall’alto del bar con terrazza che serve solo tè verde con menta e analcolici (analcolici al tramonto, signori, analcolici!) si vede l’estensione sterminata di bancarelle che offrono ai turisti ogni genere di articolo. In mezzo, incantatori di serpenti ammaestrano i rettili a suon di flauto per la gioia dei turisti che fanno la foto da mettere sui social. E non pensate che sia gratis: se non date l’offerta, l’amichevole incantatore inforca il serpente come arma e vi chiede il giusto (a suo giudizio) prezzo. E non ve la caverete neanche dicendo di non avere contanti: sempre serpente alla mano, vi accompagnerà al primo bancomat e vi lascerà stare solo dopo essere stato pagato. In compenso, sono accettate tutte le valute: euro, dollari, dirham, borracce, bracciali, occhiali da sole, magliette (sì, accettano anche il baratto, se gli conviene).

Il venditore marocchino è scaltro, insistente, furbo; è in grado di intercettare ogni sguardo, anche il più furtivo, che sia rivolto alla sua merce e senza che ve ne possiate accorgere sarà già lì a intontirvi trattando (come da copione) sul prezzo. Per questo alla fine ho preferito guardare sempre per terra ed evitare il più possibile di avvicinarmi a una bancarella: io non amo i mercati per turisti, non amo contrattare col venditore e soprattutto non amo questa insistenza nel vendere la qualunque.

Se la piazza non vi ha sfiancati, andate in giro per i souk, negozietti sparsi per i meravigliosi vicoli di Marrakech. Qui i colori e l’atmosfera vi faranno accettare anche la contrattazione sul prezzo e potrete ammirare la bellezza della Medina.

Gli hammam di Marrakech

Che siate o meno amanti di SPA & Co., concedetevi il relax in un hammam. Se fuori è tutto serpenti, venditori e articoli in terracotta, all’interno tutto è accoglienza e tepore. L’olio di argan prodotto in loco è di altissima qualità e vi verrà offerto in vari modi. Anche in questo caso, ci siamo lanciati senza sapere bene a cosa andavamo incontro, ma questa volta la sorpresa è stata nettamente in positivo. Al nostro ingresso una gentile e robusta signora ci accompagna in una stanza interamente piastrellata, dove ci cosparge con un sapone nero (Beldi) che massaggia delicatamente con una Kessa (un guanto ruvido abbastanza deciso). Lele ed io non siamo pronti a questo scrub così efficace e, come già durante il Thai Massage a Bangkok, le ragazze che ci stanno scuoiando ridono anziché rassicurarci. Il ricordo che ho è comunque di una vera pulizia profonda e piacevole, con quell’aria un po’ magica che alcuni posti sanno trasmettere.

Finito lo scrub ci portano in una stanza con lettini in legno in cui beviamo tè (lo si beve ovunque, in Marocco, e ve lo offriranno praticamente sempre) e ci rilassiamo. E il relax è autentico, forse perché realizziamo di essere sopravvissuti al kessa o semplicemente perché l’atmosfera è da sogno. Dopo 15 minuti le ragazze ci accompagnano nell’area massaggi, dove l’olio di Argan a km 0 (che amerete) ci coccola e ci reidrata. Anche in questo caso, non siamo in un Hamman costoso o di lusso. Abbiamo semplicemente chiesto a Trip Advisor un consiglio e ci siamo trovati contentissimi del risultato.

Architettura di Marrakech

Ci sono molti edifici da visitare a Marrakech (Medersa Ben Youssef e Palazzo Bahia, per citare i più famosi), ma anche senza avere una meta precisa la Medina vi farà innamorare.

Nei suoi vicoli si snodano case di stile arabo, colorate con colori accesi e intensi, arricchite da giardini rigogliosi e verdissimi. La passeggiata è perfetta, il panorama bellissimo e finalmente potete gustare un po’ di calma, lontani dallo stress del venditore ossessivo.

Non solo Marrakeck. Come visitare il deserto del Marocco

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Andando a Marrakech abbiamo deciso di passare una notte nel deserto ed eravamo eccitatissimi all’idea. Abbiamo lasciato in consegna i nostri bagagli al Riad e siamo partiti con lo zainetto per questa avventura. Per il tour ci siamo affidati all’esperienza di alcuni amici e non abbiamo affatto raccolto informazioni, per cui non so dire se siano tutti come il nostro o no. Comunque, vi dirò subito che, per quanto dormire nel deserto sia in sé un’esperienza, se non si fanno almeno due notti si resta terribilmente nella scenetta costruita per il turista.

Il nostro autista ha una guida spavalda che ci fa sentire piuttosto male e Lele chiede di potersi sedere avanti, accanto a lui. L’autista acconsente e io mi ritrovo a fare complessive 12 ore di auto accanto a una giovane coppia di spagnoli che passa tutto il tempo ad esorcizzare la paura dell’auto sbaciucchiandosi rumorosamente (nausea al quadrato, in pratica). Per strada passiamo da paesini minuscoli, che forse dovrei chiamare villaggi, in cui tutte le case sono fatte di mattoni costruiti con fango e paglia. Alcune case sono crollate e abbandonate e accanto ne sono sorte altre, sempre di fango e paglia. Nel cammino incontriamo diversi bambini che vanno a piedi da un villaggio al paese principale, per frequentare la scuola. Non ci sono auto o bici per loro e il solo mezzo di trasporto lo hanno ai piedi (e questo secondo me spiega questo loro generale eccellere nell’atletica, un allenamento costante con un’evoluzione di sopravvivenza che rinforza gli arti inferiori). La scena mi regala la stessa tristezza che mi aveva fatto la nostra cameriera del Riad: come sono stata fortunata, quando la cicogna mi ha lanciata giù scegliendo la mia casa!

Il nostro autista ci accompagna a Ksar Ait Ben Haddou, luogo dove un uomo arabo bellissimo e assolutamente intraprendente ci affascina con i racconti sul “passepartout del deserto” e in 10 minuti ci ritroviamo tutti ad aver comprato un foulard che useremo come turbante. La guida ci accompagna poi a Ouarzazate, città conosciuta perché qui sono stati girati svariati film ambientati nel deserto, tra i quali celebri produzioni epiche hollywoodiane del passato come Lawrence d’Arabia e Il tè nel deserto (chi ha la mia età li ricorderà di certo). Per strada troviamo degli uomini intenti a mischiare terra e paglia, a creare mattonelle attraverso una formina rettangolare e a lasciarle seccare al sole. Ecco come vengono fatte le case che ho visto prima!

Alla fine della giornata, verso il tramonto, arriviamo finalmente a Zagora, dove ci accolgono uomini dal viso meno disteso e gentile che ci aiutano a salire sui cammelli. Ovviamente tutti indossiamo fieri il nostro turbante per proteggerci dalla sabbia, coprendo con cura anche la bocca. Il cammello come mezzo di trasporto forse sarà comodo quando devi attraversare il deserto per davvero, ma dove siamo noi la sabbia non è poi così profonda e di fatto il cammello si muove avanti e indietro, sballottandoci in continuazione. Non proprio un sollievo per le natiche, ma gli animali sono molto docili e l’esperienza è comunque interessante. La delusione arriva quando raggiungiamo il campo: all’orizzonte, anche se molto lontano, si scorge la strada e le dune sono vicine, ma non ci circondano. Con l’escursione di due notti si va più in fondo e di certo si arriva a un punto più autentico, in cui ci si sente davvero nel deserto. 

All’arrivo nella nostra tenda, ancora caldi di sole, vediamo un numero impressionante di coperte di cui non comprendo la ragione: a che serviranno mai, in un posto così caldo? La risposta arriva verso le 2 di notte, quando l’escursione termica è tale da farmi rabbrividire e benedico le coperte e chi me le ha portate. Esco fuori per vedere le stelle (spettacolo supremo, in assenza totale di luce artificiale) e scopro che alcuni coraggiosi (bambini inclusi) stanno dormendo vista cielo. La magia del deserto si rinnova all’alba, quando ci svegliamo per godere dello spettacolo del sole che si alza piano piano sulla nostra distesa di sabbia. Inutile dire che facciamo tutti un’infinità di foto salendo fino al punto più alto delle dune, inebriati come se non avessimo mai visto il sole.

L’esperienza è bella, nonostante la pecca della strada all’orizzonte, ed è comunque da provare, per avere un minimo di assaggio del deserto. Al ritorno, superato il valico Tizi n’Tichka, ci portano in una fabbrica di Olio di Argan in cui donne sedute per terra lavorano senza sosta sulle bacche di Argan. Seguono visita guidata e inevitabile acquisto, ma in fondo un olio di argan così puro noi ce lo sogniamo.

Considerazioni finali

Del Marocco mi hanno colpita: la quantità di lavoro fisico cui si sottopongono le persone per fare cose che da noi ormai sono meccanizzate; la tenacia della gente nel chiederti di comprare qualcosa; i grandi sorrisi e l’allegria con cui si contratta sul prezzo; le immense distese in cui ogni tanto spunta un villaggio di case di fango crollate in tutto o in parte; la gente che si sposta a piedi di villaggio in villaggio; la cordialità generale, unita al fatto che cercano sempre di spillarti soldi; l’incantatore di serpenti che si è fatto pagare con un pacco di caramelle; la tuttofare del mio Riad che dorme sul divano e sorride senza sosta pur lavorando H24; l’intensità dei colori; il numero di lingue parlate da chiunque, nei limiti ristretti delle parole che servono per comunicare con i turisti. Bere alcol è molto difficile (si trova per lo più in posti esclusivamente per turisti) e non si può comunque andare in giro con le bevande alcoliche. Il cibo è cotto nel Tajine e può essere anche vegetariano. È un cibo speziato e gustoso. I colori sono la cosa che più mi ha colpita, insieme alla capacità di contrattare senza mai arrendersi.

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