Weekend di Pasqua nel Montefeltro

Week end di Pasqua a Urbino e nel Montefeltro tra storia, cultura e gastronomia
Scritto da: Sabry1969
weekend di pasqua nel montefeltro
Partenza il: 06/04/2012
Ritorno il: 08/04/2012
Viaggiatori: 2
Spesa: 500 €

6/04/2012: San Leo – Pietrabubbia – Sassocorvaro – Urbino

Arriviamo a San Leo e l’atmosfera è davvero magica. Lasciamo l’auto nel parcheggio gratuito nel centro del paese (basta seguire le indicazioni “Parcheggio”). Saliamo la scaletta e ci ritroviamo tra il duomo di stile romanico-lombardo, edificato tra il XII e XIII secolo, e la Pieve del IX secolo, la più antica chiesa del Montefeltro. Pieve deriva dal latino plebs, plebis, che era il popolo più umile, perché in origine questo edificio era anche luogo d’incontro della comunità, dove venivano prese le decisioni importanti. C’è poca gente in giro, è venerdì Santo e qui, nella semplicità ed essenzialità di queste chiese, si respira una spiritualità sobria e primitiva. Vediamo anche la Torre di vedetta del XII secolo, ben ancorata alla roccia, che è diventata poi campanile del Duomo. Ci dirigiamo verso il belvedere e ammiriamo il panorama. Visto che è l’ora di pranzo, facciamo una sosta al bar ristorante vicino al belvedere e assaggiamo un ottimo “crescione”. Poi ci dirigiamo a piedi verso il forte, in cima alla montagna. La passeggiata è piacevole, anche se ripida. Ci si può andare anche in auto, parcheggiando proprio accanto all’ingresso (il parcheggio, gratuito, era pressoché vuoto). Da qui la vista è splendida e spazia a 360 gradi sulle montagne circostanti e sul paese con le chiese e la torre. Visitiamo la fortezza che nella sua storia ha subito varie vicissitudini, ma famosa soprattutto per essere stata la prigione del Conte di Cagliostro, eccentrico avventuriero, vissuto nel secolo dei lumi e dedito all’alchimia, alla massoneria, alla divinazione del futuro (predisse anche la fine della dinastia dei Capetingi in Francia) e per questo denunciato come eretico e condannato al carcere a vita. Nel carcere di San Leo (fortezza inviolabile, celebre per la sua durezza) si può visitare la sua ultima prigione, senza porte, nella quale era stato calato da una botola dall’alto e attraverso lo stesso pertugio gli veniva allungato il cibo.

Dopo aver lasciato a malincuore San Leo, ci dirigiamo verso Pietrarubbia, un piccolissimo borgo antico, presumo non abitato (abbiamo visto solo l’insegna di un ristorante nel quale è entrata una signora, probabilmente la proprietaria), che si trova sotto una vetta con i ruderi di un castello. È stato l’artista Arnaldo Pomodoro ad acquistare alcune case e a restaurarle. L’artista ha lasciato a questo borgo anche due sue opere che appaiono in bella vista sulla collina. Non trascorriamo molto tempo qui, ma siamo soli in questo luogo molto suggestivo e ne assaporiamo l’atmosfera (tra l’altro non è ben indicato sulle frecce, noi abbiamo seguito l’indicazione per il ristorante). Procediamo verso Sassocorvaro e visitiamo la celebre rocca Ubaldinesca, progettata da Francesco di Giorgio Martini che aveva dato un’impronta decisiva anche alla rocca di San Leo e il cui nome incontreremo molto spesso in questi pochi giorni nel Montefeltro. La visita è guidata e dura circa 45 minuti. Veniamo quindi a sapere che questa rocca rinascimentale ha una forma particolare, assomiglia a una tartaruga, e ci vengono mostrati anche i disegni che ci permettono di identificarne le varie parti. La tartaruga per gli alchimisti è simbolo di vitalità e virilità, rappresenta sia il cielo (il carapace) che la terra (il resto del corpo). Inoltre si pensava che le parti curvilinee fossero più adatte per difendersi con una nuova arma introdotta da poco, la bombarda. In realtà è vero il contrario, ma la rocca non verrà mai assediata e si conserva nella struttura originale. Oltre alla rocca, il paese non offre molto e ci dirigiamo verso Urbino. È quasi sera e decidiamo di andare a vedere la città dalla fortezza Albornoz. Come ci aveva già detto la guida per caso del sito, Peppe (che ringraziamo), qui si può parcheggiare senza pagare. E così facciamo. Dai giardini della fortezza, abbiamo il primo sguardo d’insieme della città, che non abbiamo mai visitato prima, ed è una grande emozione. Il sole la illumina a tratti, dandole sfumature sempre nuove mano a mano che si avvicina l’ora del tramonto. È ora di andare, dobbiamo raggiungere l’agriturismo Il Colcello che abbiamo prenotato per la notte. Il luogo è piuttosto fuori Urbino, sulla via delle Cesane. Non ci siamo trovati affatto bene e non lo consiglierei, è molto imbucato (quando si lascia la provinciale 51, c’è un km di strada sterrata piena di buche e estremamente ripida, dura da fare di notte) e molto trasandato e sciatto. Sì, è un vero agriturismo, perché il proprietario lavora i campi e alleva gli animali però, forse, per accogliere gli ospiti, si potrebbero avere maggiori accortezze. Tra l’altro non è neppure economico, lungo i primi km della strada delle Cesane (provinciale 51), ci sono tantissime insegne di agriturismi e B&B, più vicini a Urbino e sicuramente meno difficili da raggiungere e, secondo me, allo stesso prezzo. Ceniamo all’agriturismo, perché siamo lontani da tutto (cena nella media, siamo gli unici clienti. Non possiamo assaporare la famosa porchetta d’oca, così decantata sul sito dell’agriturismo, perché siamo solo in due. Tra l’altro la sala è fredda. Stessa cosa in camera (che però è pulita), 15 gradi, e l’acqua è appena tiepida, quindi niente doccia.

7/04/2012

La mattina successiva, dopo esserci vestiti rapidamente per il freddo, e dopo aver fatto una parca colazione, andiamo a visitare Urbino. La città è bellissima e si può visitare facilmente a piedi. Oggi non si può parcheggiare alla fortezza perché è giorno di mercato (sabato). Quindi, su suggerimento dei proprietari dell’agriturismo (in questo sono stati gentili) mettiamo la macchina nel parcheggio di un centro commerciale (Il Consorzio) appena aperto e che non fa, per il momento, pagare il parcheggio. Ma questo parcheggio chiude alle 9 di sera e, siccome abbiamo intenzione di restare a cena in centro, alle 15 la spostiamo e la portiamo alla fortezza (di sabato non si può parcheggiare fino alle 15, poi le macchine tornano a circolare in questa zona). Visitiamo la cattedrale, il palazzo Ducale, che è sede della galleria nazionale delle Marche e la casa di Raffaello. Tutti i siti meritano la visita e ci permettono di immergerci in un’atmosfera rinascimentale. Nel palazzo ducale vediamo la celebre Muta (Ritratto di gentildonna) di Raffaello, la Madonna di Senigallia di Piero della Francesca, il Miracolo dell’ostia profanata di Paolo Uccello, molte opere di Giovanni Santi (padre di Raffaello) e dell’urbinate Carocci ma, purtroppo, non sono al momento presenti la Città ideale e la Flagellazione di Piero della Francesca. Poi giriamo in lungo e in largo per le vie e le piazze di Urbino, assaggiamo la famosa crescia e, per cena, ci fermiamo al ristorante la Fornarina, dove mangiamo bene.

8/04/2012

Oggi è Pasqua e il tempo non è dei migliori. In bagno è stato acceso un po’ il termosifone, quindi ci si può anche lavare (l’acqua è più calda di ieri!). Dopo la nostra sobria colazione lasciamo senza rimpianti l’agriturismo e andiamo a Urbania. Qui visitiamo la chiesa delle mummie e il palazzo Ducale. Nella chiesa delle mummie la visita è guidata. La guida ci spiega in una mezzora come mai questi corpi, risalenti al 1600 – 1700, si sono mummificati (per effetto di una particolare muffa) e come sono morti. Sono persone umili e malate, accolte e accudite dalla congregazione della Buona morte e, quindi, una volta morti, sono stati sepolti vicino alla chiesa. Ma con l’editto di Saint Cloud (1804) i corpi dovevano essere sepolti fuori dai centri abitati e quindi sono stati dissotterrati per essere sepolti altrove. Si è così scoperto che questi corpi erano mummificati e, in seguito, si è cominciato a studiarli. Nel Palazzo Ducale di Urbania è conservata una celebre opera del Barocci, la Madonna della neve (o delle nuvole). Dopo Urbania ci dirigiamo verso casa, ma lungo la strada ci fermiamo a Gradara, per visitare il celebre castello di Paolo e Francesca, la cui storia è ricordata da Dante nel 5. Canto dell’Inferno. Finalmente cambiamo scenario, non più Federico e i Montelfeltro, ma i Malatesta questa volta, nemici dei Montefeltro. Facciamo anche la passeggiata (a pagamento) sui bastioni delle mura. Il cielo si è schiarito e, in fondo, si vede il mare.

Questi pochi giorni ci hanno permesso di immergerci nella storia, nella cultura, con puntate anche gastronomiche, di una zona, il Montefeltro, a noi sconosciuta ma estremamente ricca, che ci ha colpito anche per la cordialità della sua gente, sempre pronta ad aiutare e a dare informazioni.



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