Washington D.C. e il suo sole
Il volo da Londra decolla, tutto sembra più vero, più vicino. La prima tappa del nostro sogno americano è la sua capitale, Washington D.C. Atterriamo al Ronald Reagan e dopo aver realizzato che siamo arrivati, che la realtà è uguale al sogno, ci dirigiamo verso i controlli di routine per solcare il suolo americano. Realizziamo che i nostri bagagli sono giunti a destinazione con noi, li preleviamo e ci avviamo verso l’uscita. Ci siamo documentati prima di partire e sappiamo già che nel grande paese è d’obbligo muoversi in taxi. Soprattutto con i bagagli. Un cittadino afroamericano ci fa salire sul suo cab (nonostante fosse giugno c’era un caldo asfissiante, umidità al 100%) e in lontananza, sulla grande highway che iniziamo a percorrere vediamo i primi monumenti della grande capitale. Siamo alloggiati all’Hilton Capitol Hill. Il tragitto ci costa 60 dollari. Sinceramente non so se dall’areoporto ci sia una via più economica per raggiungere il centro città, ma noi non ci siamo fatti domande perché con le valigie e la smania di arrivare non avevamo voglia di complicarci la vita più di tanto. Ottimo albergo, a 500 m dalla White House, in un’ottima posizione, e con un ottimo rapporto qualià/prezzo. La camera è davvero bella, tenuta molto bene e con mobili nuovi. Se siete alti un metro e mezzo scarso come me e andate negli Usa vi dico subito che dovrete organizzarvi per… salire sul letto. Sono davvero alti, io dovevo saltarci su… naturalmente con il mio maritino che se la rideva in sottofondo. Staremo qui tre giorni e ci organizziamo subito per andare a visitare la prima parte della città: diamo la precedenza alla White House, è tardo pomeriggio e dopo prenderemo qualcosa al take away e mangeremo in camera. Washington dopo una certa ora sembra abbia il coprifuoco: di sera in giro non c’è quasi nessuno e ti passa proprio la voglia di vagabondare.
Il giorno dopo è una splendida giornata di sole e dopo aver provato la nostra prima (carissima) colazione americana al Cafè du Parc (40 dollari, accidenti!) ci incamminiamo ancora verso la White House: vogliamo vederla con il sole e notiamo che sopra il tetto ci sono le guardie armate dotate di telescopi per salvaguardare la sicurezza del Presidente e del suo staff. In Italia certe cose non siamo proprio abituati a vederle. Purtroppo non abbiamo prenotato la visita guidata e tutto quello che possiamo fare è osservarla da fuori nella sua mangificenza, immaginando quante cose siano state decise all’interno delle sue mura. Poi percorrendo la strada della Casa Bianca, ci imbattiamo nel palazzo del Ministero del Tesoro, dove si erge la statua di Albert Gallatin, il segretario del tesoro statunitense nonché uomo politico e diplomatico. Così ci dirigiamo verso il National Mall, una grande distesa erbosa delimitata dal Capitol Hill e dal Lincoln Memorial alle due estremità. In pratica è una grande parco attraversato al suo interno da piste pedonali e ciclabili. Si erge su una collina da dove, una volta arrivati al punto più alto (in pratica dove c’è l’obelisco), si vede tutta la città. Qui potrete anche trovare qualche manifestante, noi non ne abbiamo visti, ma sulle guide molto spesso viene prospettata questa possibilità. Sempre camminando (preparatevi a passeggiate inerminabili se decidete di andare a Washington) ci dirigiamo verso la Reflecting Pool, lo specchio d’acqua che di solito si vede nei film (dove Forrest Gump e Jenny si incontrano suscitando la commozione di tutti i pacifisti che erano li a manifestare) e verso il Lincoln Memorial, la grande statua di Abramo Lincoln anch’essa famosa in tutto il mondo. E’ davvero enorme, Simone è estasiato e si fa fotografare in tutte le pose ai piedi di questa statua. Visitiamo anche il monumento di fronte, commemorativo della seconda guerra mondiale, dove possiamo leggere le frasi celebri scolpite sui muri dei vari personaggi che hanno reso omaggio al Paese durante questo periodo storico. Dopo aver pranzato con l’ennesimo hamburger e l’ennesima Ceasear Salad ci incamminiamo verso il nostro albergo; durante il tragitto ci imbattiamo nell’ufficio postale, un vero e proprio monumento che mi ha lasciato senza parole, avrei voluto entrare ma c’erano le guardie all’ingresso che ti bloccavano se non dovevi fare operazioni e se non eri un cliente. Tappa da Starbucks e torniamo in albergo per la notte.
Il terzo e ultimo giorno ci dirigiamo verso il Capitol Hill, il campidoglio, che si erge su un’altra collina. Vediamo la Supreme Court e la Library of Congress (mi è sembrato di capire che quando è stata costruita era la più grande biblioteca del mondo, ora non lo so se sia questa o la British Library) e rimaniamo sempre più colpiti da questi monumenti impressionanti, sono maestosi e sanno trasmetterti sensazioni che io non ho mai provato, senso della patria, sicurezza, imponenza, storicità. Lo shopping a Washington lo eviterei, non so darvi delle dritte in quanto noi avevamo altre tappe più “adatte” per questo tipo di attività e quindi abbiamo rimandato. Putroppo non abbiamo fatto in tempo a visitare Georgetown, la Washington “bene” e la sua università; vi consiglio di andarci perché tutti mi hanno detto che ne vale davvero la pena.
Dopo aver comprato qualche souvenir (quelli, comunque, non devono mancare) ci dirigiamo verso il nostro albergo dove passeremo la nostra ultima notte nella capitale. La mattina ci aspetta il treno per Philadelphia, ma questa è un’altra storia… di vita!