Vietnam del nord e Cambogia
Usciamo dall’aeroporto infreddoliti e frastornati da 15 ore di viaggio, nonostante la Qatar, per una serie di circostanze fortuite ci abbia fatto viaggiare in business.
Non ci sono botteghini per prenotare i taxi e fuori si scatena la caccia all’auto pubblica. Ci si avvicina un ragazzo che ci dice di procurarci un taxi. Non mi fido mai per esperienza di questi procacciatori ed infatti il mio fiuto non sbaglia. Questi comincia a chiedere che lavoro faccio, quanti figli abbiamo, quanto guadagno… Non smette mai di parlare e cerca di distrarmi dal tassametro che non è stato azzerato alla partenza e già segna 280.000 dong. Arriviamo dopo un interminabile viaggio in albergo e il tassametro segna 650.000. A questo punto gli dico che mi sono accorto del trucchetto per cui, se vuole si prende 300.000 Dong (che è il prezzo regolare dall’aeroporto all’albergo) altrimenti chiamo la polizia. Smascherato, prima abbozza un reclamo, poi accetta i soldi e se ne va. L’albergo il Royal Palace Hotel pur essendo economico, dispone di una infinità di comfort ed è abbastanza vicino al centro città. Fa freddo e gli stessi abitanti di Hanoi sembrano poco preparati a quel clima, camminano infreddoliti e piegati su loro stessi. Il cielo è grigio e minaccia pioggia. Passeggiamo lo stesso nei pressi del Lago Hoan Kiem e ci perdiamo nelle strette strade del vecchio quartiere. Sarà il brutto tempo, ma non riusciamo a cogliere nessun aspetto positivo della città. Il traffico è caotico, i marciapiedi sono coperti da uno strato permanente di polvere grigia e quasi sempre sono occupati da auto e motorini in sosta, motivo per cui i pedoni sono costretti a camminare in mezzo alla strada con il concreto rischio di essere investiti.
Troviamo la stessa cortesia di sempre degli orientali quando entriamo nei negozi a fare shopping, sono gentili e prodighi di informazioni riguardo a indirizzi, ristoranti ecc. Una simpatica commessa di un negozio di abbigliamento ci consiglia un ristorante nell’Old Quartier: il “69” in Ma May street al numero 69. E’ una vecchia caratteristica casa vietnamita simpaticamente riadattata a ristorante. Si mangia molto bene, ma bisogna prenotare. Non sapendolo, la prima sera abbiamo aspettato più di un’ora prima di avere il tavolo. Ci siamo ritornati la sera dopo, ma con prenotazione.
La parte vecchia della città, dove fra l’altro si trova questo ristorante, è un vero labirinto e come in tutte le città vietnamite in ogni strada si trovano gli stessi articoli: via delle scarpe, via delle ceramiche, via delle stoffe ecc. Abbiamo visitato la Cittadella, il Tempio della Letteratura e la Pagoda di un pilastro.
Francamente, dopo aver visto la Cittadella e le tombe Imperiali di Hue, i monumenti di Hanoi non reggono minimamente al confronto.
Ripeto, forse dipende dal brutto tempo, ma la città non ci affascina neanche un po’. Meno male che domani andiamo ad Haiphong per imbarcarci per la baia di Halong. Avevamo paura che non prenotando dall’Italia potevamo avere problemi di disponibilità, invece abbiamo visto che ci sono decine di compagnie che organizzano questi tour . Abbiamo scelto per l’escursione di una notte, la Oriental Sails che con 105 dollari a testa (se si prenota da casa i prezzi sono decisamente superiori) ci ha fatto vivere una esperienza indimenticabile.
Siamo partiti dall’hotel con un comodo pulmino e dopo circa tre ore, di cui la metà per uscire dalla città, siamo arrivati all’imbarcadero. Siamo stati trasbordati su una bellissima giunca adattata ad hotel e dopo aver bevuto un drink di benvenuto, ci hanno assegnato la cabina. Comoda, con condizionatore, doccia e una grande finestra che affaccia sulle meraviglie della baia.
I pasti sempre ottimi, abbondanti e soprattutto guarniti e decorati da un cuoco molto fantasioso.
Lo spettacolo della baia, nonostante il cielo nuvoloso, è qualcosa di magico. Una barca più piccola segue la giunca-albergo e trasborda i passeggeri per le escursioni a terra. La giunca nel pomeriggio fa sosta in una rada di un colore verde smeraldo e scendiamo a visitare delle grotte, al ritorno chi vuole può girare con una canoa, pagaiando fra gli isolotti.
La notte la barca si ferma in rada ed è bellissimo vedere nel buio, le luci delle altre barche ancorate vicino. La sveglia offre un incantevole spettacolo di una natura rigogliosa che si affaccia su un mare di un verde stupendo. Dopo la colazione la navigazione riprende e a mezzogiorno sbarchiamo per fare ritorno ad Hanoi. La strada del ritorno è ancora più caotica del giorno prima.
A cena ad Hanoi proviamo il tanto decantato ristorante Quan An Ngon. Lo scorso anno fu un’esperienza terribile al ristorante di Saigon che porta lo stesso nome, qui il cibo e l’atmosfera sono migliori ma non tanto da meritare gli elogi sperticati che si leggono su molti racconti di viaggio.
Ce ne andiamo a letto presto, primo perché la città di notte non offre proprio niente, secondo perché domani ce ne andiamo in Cambogia.
Il volo è breve e comodo. Arriviamo nel piccolo aeroporto di Siem Reap e ci accorgiamo subito che tutte le nostre ansie per il visto d’ingresso erano state inutili. Non fate, come consigliato da molti siti di viaggi, l’errore di comprare da siti specializzati il pre-visto che consiste in un format da presentare all’ingresso in Cambogia. Basta semplicemente una foto tessera. Al momento dello sbarco in aeroporto vi verrà consegnato un prestampato da riempire con le solite informazioni: nome, cognome, data di nascita, sesso, n. del passaporto. Con il modello riempito, il passaporto e la foto, ci si presenta al bancone, si pagano 20 $ e dopo circa un minuto si ritira all’altra estremità del bancone il passaporto con tanto di visto. A me personalmente l’impiegato dopo aver guardato a destra e a sinistra, ha chiesto: non c’è niente per me? La stessa richiesta è avvenuta al controllo passaporti.
Anche per quanto riguarda il pass per l’ingresso al complesso di Angkor Wat alcuni viaggiatori consigliano di portare delle foto tessera. No! La prassi è la seguente: basta presentarsi davanti allo sportello con la cifra corrispondente all’abbonamento che si vuol fare, l’impiegato vi farà una foto polaroid che verrà direttamente stampata sulla tesserina che dovrete mostrare al personale dei templi.
Alloggiamo in un grazioso resort: il Central Boutique Angkor ad un chilometro dal centro, le stanze sono pulite e affacciano tutte su di una bella piscina circondata da piante e fiori.
Il mercato, fulcro della vita cittadina, si raggiunge comodamente a piedi. I più pigri se la possono cavare con un dollaro per il moto-cyclo. Gli articoli più interessanti sono le caratteristiche sciarpe, le vecchie pipe da oppio in ceramica, alcune lanterne e gli argenti. Le magliette da portare come souvenir non sono di buona qualità, meglio il mercato di Phomn Penh. Le strade adiacenti il mercato brulicano di ristoranti e bar. Si mangia praticamente sulla via o al massimo affacciati al terrazzo del primo piano di qualche ristorante. Il cibo cambogiano è molto buono, meno piccante di altre cucine asiatiche e piuttosto variato. Contrariamente alle nostre abitudini una sera ci siamo fermati in un ristorante italiano, “Il Forno”. Eccezionale: gnocchi alla sorrentina e parmigiana di melanzane cucinate alla perfezione, il tutto condito dalla gentilezza del proprietario e di tutto lo staff. E’ piacevole girare in questa zona fra localini e negozi e poi poco più avanti c’è il night market (stesso genere del mercato diurno).
Prenotiamo l’escursione al lago Tonle Sap, ci imbarchiamo insieme ad altri sei o sette turisti su una specie di long tail boat e navighiamo sulle acque marroni del canale fino ad arrivare al lago, passando davanti a villaggi galleggianti, scuole e venditori ambulanti. A pranzo ci accostiamo ad una barca molto grande con una piattaforma annessa sulla quale è allestito un ristorante e un allevamento di pesci e coccodrilli.
Il giorno seguente compriamo dall’hotel un’escursione ai siti archeologici, con 35 dollari abbiamo guida, autista e tuktuk per l’intera giornata. Decidiamo di acquistare il biglietto per una sola giornata al prezzo di 20 $ a testa. Fa molto caldo e concentrare tutto in un giorno è veramente faticoso, ma abbiamo poco tempo a disposizione per cui decidiamo di vedere le cose più importanti come Angkor Thom, il Bayon e Ta Prohm. Dopo aver pranzato ci riserviamo il meraviglioso Angkor Wat, ma la stanchezza e il caldo si fanno sentire e siamo veramente provati.
La mattina successiva con un comodo pullmann ci trasferiamo a Phnom Penh. L’arrivo alla stazione degli autobus è caratterizzato da un vero e proprio assalto al turista da parte di tassisti e procacciatori di alberghi. Scegliamo un conduttore di motociclo che sarà il nostro fedele accompagnatore per tre giorni in quanto, una volta che ci ha lasciato davanti all’albergo, non si è più mosso di là e ci ha atteso ogni volta che uscivamo. Il nostro hotel, il “252” era un po’ decentrato, ma molto bello, seppure molto minimalista, ma c’è a chi piace così…
Il nostro tassista ci ha spiegato che a Phnom Penh bisogna fare attenzione al prezzo della corsa in tuk tuk. Se alloggiate in centro, qualsiasi località che vogliate raggiungere si paga 2 $. Il Russian Market, ingiustamente sconsigliato da molte guide, è un po’ più distante e merita 3$. Se il driver insiste nel volere di più, girate le spalle e andatevene, si accontenterà di riscuotere ciò che è il giusto. In questo mercato è facile trovare degli articoli migliori rispetto a Siem Reap e anche i prezzi sono più bassi, inoltre mentre la qualità delle magliette di cotone di Siem Reap è piuttosto scarsa, qui se ne trovano decisamente migliori. Migliori e a più buon mercato sono anche gli orologi falsi, ben fatti e più economici rispetto a Bangkok, Hanoi o Siem Reap, ma solo al mercato moderno Psar Tmei, che vale la pena visitare per la bella architettura, per l’ordine e la pulizia. Sempre a proposito di mercati, quello serale non vale la pena. Si vendono articoli, soprattutto magliette e jeans di gusto prettamente locale, caratteristico invece è l’ingresso dove per terra vengono stese delle stuoie e i locali, una volta comprate delle cibarie alle apposite bancarelle vi improvvisano dei picnic.
Riguardo ai prezzi, nei mercati funziona così: ti chiedono 20? Dividi a metà e rimani fermo nella contrattazione, al massimo aumenta di un dollaro, il commerciante ti dirà che non può, allora ringrazi e te ne vai. Nove volte su dieci, dopo tre passi sentirai: Ok!, Ok!
La capitale cambogiana è una grande città, molto più bella nella zona vicina al fiume, che nell’interno. La sera è piacevole cenare o solo soffermarsi al tavolo dei tanti caffè che si affacciano sulla strada che costeggia il fiume, respirando finalmente la leggera brezza serale.
Il nostro viaggio volge al termine, arriviamo all’aeroporto accompagnati dal nostro fido driver che ci saluta emozionato. Sentiamo anche noi un’emozione e proviamo tenerezza per questo ragazzo gentile, affabile e sempre sorridente, come il suo meraviglioso popolo.
Ciao Cambogia!