Vienna, Budapest e le tracce di Sissi
Portiamo i bagagli all’Eurostars Hotel di Ottakringer Strasse, un 4 stelle appena fuori dal ring dove potremmo dire alla fine di esserci trovati bene. L’Hotel fa parte di una catena spagnola e lo staff è composto da simpatici spagnoli.
Iniziamo la visita dal primo monumento che troviamo, la neogotica Votivkirche, eretta nel XIX secolo per commerare un fallito attentato a Francesco Giuseppe, poi ci addentriamo a piedi nel centro, fino alla Kärtnerstrasse, la strada commerciale, dove per la mia salvezza i negozi di domenica sono chiusi, così la mia compagna non può entrarci già il primo giorno. Ci imbattiamo presto nel primo posto aperto che è una minipasticceria dove ci lasciamo tentare da una sfoglia ai lamponi e da uno strudel.
Arriviamo così a metà giornata a Stephansdom, la Chiesa principale dal tetto di tegole smaltate colorate che compongono lo stemma asburgico, e visitiamo all’interno le sue spettacolari navate. Troviamo poi, in una piazzetta discosta, la Kapuzinergruft o Kaisergruft, cripta imperiale dove riposano dodici imperatori, diciassette imperatrici e più di cento altri membri della famiglia imperiale. Nella penultima sala vi sono le tombe di Francesco Giuseppe ed Elisabetta di Baviera. E’ un luogo che mette una certa impressione, ma visitarlo è anche un modo per toccare la storia ripercorrendo in un attimo le generazioni di imperatori, percependo da un lato la volontà di dare un senso di unità alla stirpe asburgica e, dall’altro, una religiosa austerità nella scelta di adottare questa cipta anzichè un solenne sepolcri.
Risalendo al mondo profano, dopo pochi passi in men che non si dica sentiamo i morsi della fame e ci lasciamo tentare dai wurstel di un chioschetto all’aperto. Proseguiamo poi sino all’Opera alla fine della via. Nel frattempo il centro si è animato e, abbassatosi un po’ il sole, iniziano degli spettacoli di strada.
Ci rilassiamo un po’ e poi andiamo a passeggiare nel quartiere del Fleischmarkt, caratteristico quartiere che prende il nome da un antico mercato della carne.
Rientriamo facendo un giro largo con la metro e, da un tratto in superficie, vediamo il fantasmagorico e colorato complesso universitario e la torre dorata dell’inceneritore, decorata dall’artista Hundertwasser.
La sera ceniamo nei paraggi dell’albergo, al n. 48 di Ottakringerstrasse, imbattendoci in un altro locale gestito da spagnoli, che si chiama Saloon e si defnisce grill restaurant, proponendo anche qualche piatto balcanico. In effetti il quartiere sembra abitato da molti balcanici, come si vede anche dall’offerta dei negozi. Io mangio una estiva Sciopska Salad, un piatto di verdure che si presentano simpaticamente imbiancatae da uno strato di ricotta di pecora. Tra palazzo Imperiale
Tra palazzi e musei
Il giorno dopo ci rechiamo all’Hofburg, il palazzo imperiale che sta al centro della città, dove visitiamo la ricchissima collezione dell’argenteria, dei centro tavola e delle porcellane, il Sissi Museum, che racconta la vita dell’imperatrice resa celeberrima dal film biografici, poi le stanze imperiali, quelle di Franz Joseph e quelle di Sissi (dopo i primi tempi i due consorti alloggiavano in stanze separate, pare che Franz Joseph volesse lasciare ad Elisabetta i suoi spazi), lo studio dell’imperatore, la sala delle udienze, la sala da pranzo, i bagni, ecc.
A pranzo decidiamo di spararci di nuovo un wurstel al chiosco della signora grossa, vicino alla Kärtner Strasse. Poi mi concedo un’agognata e buona fetta di Sachertorte, alla faccia del caldo, in una piccola pasticceria in stile che si chiama Heiner, meno vistosa della pasticceria Sacher, dove, però, una fetta costa quasi il doppio.
Saziato l’appettito, ritorniamo verso l’Hofburg ed andiamo alla Schatzkammer, la stanza del Tesoro, che custodisce molti oggetti preziosi e di valore simbolico appartenuti alla casata imperiale asburgica, tra i quali la corona di Rodolpho II, del XVII secolo, la corona imperiale del X secolo e la Lancia sacra, che si dice sia la lancia con la quale Longino trafisse il costato di Gesù. E’ stata una delle visite che più mi hanno affascinato in questo viaggio.
Dopo esserci riempiti gli occhi di tante meraviglie, passeggiamo tutto intorno all’Hofburg e andiamo a rilassarci nel prato Burggarten vicino al Glashaus, la serra con annesso bar.
Volevamo visitare anche la Augustinerkirche, la chiesa dove si sposavano gli Asburgo, ma ha già chiuso. Arriviamo all’Albertina dove c’è una mostra da Monet a Picasso e vediamo un enorme qudro impressionista: una riproduzione è stata applicata sull’alta scalinata, che da lontano sembra una grande tela.
Sulla base delle indicazioni di un precedente Turista per caso ceniamo nei pressi di Karlsplatz dal greco Kostas, ma la serata non si rivela allegra come promesso, il gestore è un vecchietto che si trascina malamente e che sbaglia anche l’ordinazione. La musica è appena udibile, ci aspettavamo di sentirla dal vivo e invece è registrata. La cucina invece ci soddisfa ed è un buono stacco dalla solita carne.
Al ritorno ripassiamo intorno all’Hofburg che è molto bella la sera illuminata, soprattutto la facciata della Biblioteca Nazionale. Rivivo una passeggiata che avevo fatto lì circa 15 anni prima, di notte, ai primi di dicembre, con la neve. In quell’occasione faceva freddo, ma la visione apparsa era estremamente suggestiva.
Vista su Vienna
Il giorno seguente siamo a Schönbrunn, prima casino di caccia, poi residenza estiva imperiale. Come il giorno precedente visitiamo le stanze imperiali, che furono di Maria Teresa prima che di Francesco Giuseppe e Sissi. Anche qui le stanze di Franz Joseph sono sobrie, mentre le altre sono sfarzose e decorate in modo molto prezioso.
Terminata la visita del Palazzo andiamo nel grande parco, dove soffriamo però il caldo africano. E’ un caldo eccezionale per gli austriaci. Siamo venuti d’estate per non soffrire il freddo ma siamo quasi pentiti! Passeggiamo fino alla fontana a cascata e saliamo il colle verso la Gloriette, una costruzione collocata in un punto molto panoramico, da dove si vede non solo il palazzo di Schönbrunn ma anche il centro di Vienna.
Torniamo in centro e facciamo una tappa nel quartiere dei musei, una cittadella con una piazza dove cui sono state collocate delle curiose e colorate panchine curvilinee su cui distendersi. Ci sono inoltre vari bar all’aperto che servono drinks, sandwiches e qualche piatto.
Facciamo poi una passeggiata lungo la vivace Mariahilfer Strasse e arriviamo ad un incrocio dove intravediamo la cupola dorata del Padiglione della Secessione, chiamata anche scherzosamente dai viennesi “testa di cavolo”.
Per la cena andiamo a Grinzing, nel quartiere dei viticoltori. Per arrivarci si prende il tram n.38 da Schottentor, sul ring (non Schottenring), e si scende al capolinea. Lì tra le tante Heurigen, le Osterie, entriamo da Reinprecht, dove mangiamo sotto un pergolato affollato, accompagnati dal suono del violino e della fisarmonica di due musicisti che si muovono fra i vari tavoli. Il giardino è molto grande e c’è anche una enorme collezione di antichi cavatappi di varie fogge.
Prima di andarcene, cerchiamo di fare una foto al banco dove l’anziana inserviente predispone i piatti, ma questa va a nascondersi. Che schivi questi viennesi.
In treno verso est
Il giorno dopo partiamo alla volta di Budapest, con un bel treno moderno e veloce. Dopo tre ore (sul tragitto c’è solo campagna) arriviamo alla sgarruppata stazione Keleti, mi sembra di tornare indietro nel tempo e mi stupisco di non trovare ancora i treni a vapore. Cambiamo alcuni fiorini ungheresi per la metro, ma il cambio in stazione è molto sfavorevole. Inoltre evitiamo accuratamente il cambista abusivo piazzato proprio davanti all’Ufficio cambi che invece effettua tranquillamente le sue transazioni con tre ragazze dall’aspetto americano.
Arriviamo al nostro Alfa Fiesta Hotel, un sedicente quattro stelle che invece non si rivela all’altezza. Carino l’atrio e gentile il personale, buona anche la posizione, moltro centrale e ben collegata, però le stanze sono tristi, la luce proviene da due abbaini sopra la testa ed il bagno è cieco. Inoltre, troviamo le coperte ingiallite e peli e capelli sparsi su di esse e sui cuscini. E capiamo che non si tratta solo della nostra stanza.
La pima sera imbocchiamo Vaci utca, la via commerciale, e cerchiamo un posto per mangiare. Molti locali offrono cucina italiana, ma sembrano anche un po’ esosi. Seguendo la mia guida Michelin troviamo Fatàl, uno scantinato dove si servono porzioni molto abbondanti e dove andiamo subito di gulash e troviamo tanti altri italiani, oltre che asiatici e tedeschi, ecc. Come dessert ordino il tipico somlói galuska (dolce spugnoso) e mi servono una coppona di pan di spagna imbevuto di rhum e farcito di uvetta sotto una montagna di pan di spagna. Le porzioni del locale sono abbondanti. Se ordinate la grigliata arriverà un monumentale vassoio dove le cosce di pollo compongono una piramide sormontata da una mezza salsiccia tagliata come la merlatura di un castello.
Siccome siamo venuti anche per il festival internazionale del tango argentino Danubiando, sperando di digerire in fretta andiamo poi a ballare in una ex-chiesa scozzese, dove però fa un caldo pazzesco e dove la polizia ferma la serata perchè qualche rognoso vicino è stato infastidito nonostante la musica molto tranquilla. Tra gli astanti non manchiamo di individuare il ballerino e coreografo argentino Pablo Veron.
Castelli… e sviolinate
Il giorno dopo, la colazione a buffet offre un po’ di tutto ma la cose finiscono in continuazione e avere una brioche è un terno al lotto.
Fatto il pieno di energie, tentiamo di visitare il Parlamento (Országház), quell’edificio lungo il Danubio che assomiglia a Westminster, ma la coda è troppo lunga ed il sole batte a picco, perciò dobbiamo rinunciare. Avevo inviato una mail al Parlamento prima di partire, come consigliato da un Turista per caso, ma nessuno mi ha risposto. Un cartello dice che bisogna fare una prima fila per registrarsi e poi, il giorno stesso, presentarsi all’ora prefissata per la visita nella lingua prescelta.
Andiamo allora a visitare il castello (Budavári palota) sul colle di Buda (Várhegy), da dove si gode uno stupendo panorama. Anche lì però il sole ed il caldo sono molto forti, siamo sui 35°. Passeggiamo per le viuzze del quartiere della fortezza (Várnegyed) e alla fine visitiamo anche la Chiesa di Mattia (Mátyás-templom), dove nel 1867 l’imperatore d’Austria Francesco Giuseppe ed Elisabetta furono incoronati sovrani d’Ungheria. Per rinfrescarci, altri italiani ci consigliano di ordinare una bella limonata, che viene servita proprio con le fette di limone, abbondante e ben ghiacciata.
La sera ceniamo da Trofea vicino all’albergo, in Kiraly ut., un locale con buffet dove puoi scegliere quello che ti piace, senza dover conoscere l’ungherese, e mangiare a volontà per una cifra fissa di 5000 fiorini (circa 18 euro).
Il giorno successivo ci portiamo sul viale Andrassy, un viale ispirato agli Champs-Elysèes che sfocia nella piazza degli Eroi (Hősök tere), un grande slargo dove sorgono una colonna e due colonnati ad arco di cerchio ornati di statue e di sculture. Oltre la piazza si trova un bel parco dove sorgono il finto castello Vajdahunyad, realizzato intorno alla fine del XIX secolo per le celebrazioni del millenario della conquista magiara, e altre famose terme, le Széchenyi (pron. Szecéni), con uno spazio all’aperto più grande rispetto alle altre. Anche qui troviamo un bell’ ingresso decorato a mosaico come alle Gellért, che abbiamo visitato il giorno prima. Il caldo però non invoglia ad entrare nelle vasche termali con acqua oltre i 30°.
Alle 15 andiamo a visitare l’Opera (gli orari di visita sono le 15 e le 16), gli interni sono belli ma, sebbene la visita sia guidata, a mio avviso 11,5 euro sono un prezzo sproporzionato per quel che c’è da vedere.
Poi alla Sinagoga, che però alle 16,00 ha già chiuso essendo venerdì, giorno prefestivo per gli ebrei. Infine al mercato coperto (Vásárcsarnok), dove non si contano le bancarelle di paprika e di salumi ungheresi. Al piano superiore invece c’è l’artigianato: ceramiche, tovaglie, camicie. E’ il centro commerciale di una volta!
La seconda sera è stato bello salire alla Cittadella sul monte Gellért (da Gerardo, un religioso che venne fatto rotolare giù per la rupe), la terza invece ai Bastioni dei Pescatori, presso la chiesa di Mattia, ed ammirare dall’alto il panorama e i ponti illuminati. In sottofondo c’è sempre qualcuno che con il violino suona il Bel Danubio Blu o altri famosi motivi. Dietro il castello di Buda abbiamo visto un’affollata festa della birra, con ingresso a pagamento, ma stanchi abbiamo fatto dietrofront.
L’ultimo giorno ce la prendiamo comoda, facciamo un giro fino all’Isola Margherita (Margitsziget), sul Danubio, una lunga isola dove non circolano le auto, poi andiamo in centro e ci gustiamo una torta alla pasticceria Gerbaud, dove gli interni ottocenteschi meritano una visita.
Infine ritorniamo in stazione e prendiamo il treno per rientrare in Italia. Sulla via del ritorno costeggiamo tutto il Lago Balaton in lunghezza e sembra un piccolo mare. Purtroppo il treno è vecchiotto, inoltre durante la notte veniamo svegliati per il controllo dei documenti prima al confine ungherese-croato, poi a quello croato-sloveno. Abbiamo voluto gustarci un viaggio via treno come all’epoca delle prime ferrovie, ma ora consiglierei di ripassare per Vienna e restare su treni moderni e in area Schengen, senza noiosi controlli dei documenti. Comunque devo dire che mi è sembrato davvero di ritrovarmi ancora nell’Impero austro-ungarico, incontrando popoli diversi e trovando ancora le barriere doganali! Ancora per poco perché prossimamente cadrà anche quella croata.