Vienna – bratislava – praga – cracovia 2
Dopo mezza giornata dedicata a Bratislava (più che sufficiente a mio parere), ci trasferiamo a Praga in treno (più costoso, ma molto più comodo). Avevo prenotato 4 notti alla Sprint Pension solo perché era l’unico libero a un prezzo accessibile. Il perché fosse libero lo appuriamo ben presto: lontano dal centro, stanza minuscola (oltre al letto non ci sta praticamente nient’altro) e pulizia inesistente (nel senso che in 4 giorno non rifanno la camera nemmeno una volta!). Decisamente non un affare! La città però ci ripaga di tutte le scomodità subite. Niente da dire, è veramente affascinante e con un ricchissimo patrimonio architettonico. In tre giorni visitiamo le principali attrattive della città, limitandoci alla città vecchia (Staré Město) e a Malá Strana. La piazza della città vecchia è uno dei miei posti preferiti (scelta piuttosto scontata), ricchissima di palazzi, chiese e con un bellissimo orologio astronomico. Ma tanti altri angoli e strade meritano una visita, da Celetná, la più elegante strada pedonale del quartiere, alla Torre delle polveri fino ad arrivare alla Casa Municipale, in stile art nouveau. Mi aspettavo solo qualcosa di più dal quartiere ebraico visto il prezzo pagato per la visita. Passando sul frequentatissimo, ma sempre affascinante, Karlủv Most (ponte Carlo), si arriva a Malá Strana, che è praticamente rimasta intoccata dal XVIII secolo, e mantiene un’unità architettonica barocca veramente ammaliante. Se si devia dalla principale Nerudova (che prende il nome da Neruda, ma non il poeta spagnolo) si incontrano stradine, scale, passaggi romantici, con deliziosi giardini. Malá Strana è dominata dal castello reale con la cattedrale di San Vito, che merita una visita, ma la massa di turisti (in gran parte italiani) ci ha fatto fuggire dopo una rapida occhiata. Praga offre anche delle fantastiche birrerie dove con meno di un euro si può bere una deliziosa birra della casa (solitamente ne è servita solo di un tipo). Tra quelle provate la preferita rimane U Bubeničkủ, dove si mangia molto bene a patto di riuscire a interpretare il menu in ceco (noi ci siamo fatti aiutare da un bizzarro signore francese). Da segnalare anche U Flekủ, turistica ma con una birra scura veramente buona, U Černého Vola e U Kocoura. Abbiamo anche provato un buon ristorante indonesiano (dove abbiamo incontrato un’italiana-indonesiana) e una deliziosa sala da tè (Dobrá čajovna) dove ho scoperto che le varianti di questa bevanda sono letteralmente centinaia. L’abbondante flusso turistico permette anche il proliferare di borseggiatori, tanto che pure io sono stato oggetto di un tentato furto: durante un attraversamento pedonale particolarmente affollato una zingara ha cercato di aprirmi lo zaino, ma fortunatamente me ne sono accorto in tempo (e lo zaino era difficile da aprire).
Abbandoniamo Praga proprio la sera dell’ultimo dell’anno senza nessun rimpianto, immaginando la calca, la confusione e il disagio di un ultimo dell’anno in mezzo a migliaia di persone. Prendiamo un treno deserto che ci porta in una innevata Cracovia. Il primo impatto non è entusiasmante: la stazione alle 6 del mattino è piena dei relitti della notte. Ci muoviamo tra ubriachi, vomito e sporcizia e raggiungiamo il nostro ostello. Mi piace l’atmosfera di questa città, molto a misura d’uomo, tranquilla, con un bel centro storico circondato da un anello di verde, il Parco Planty. E’ una città che è sopravvissuta ai bombardamenti della 2° guerra mondiale che invece hanno devastato Varsavia. E’ una città ricca di storia, con una grande piazza del mercato di 4 ettari, il Rynek Głόwny, dove si trova la bellissima Chiesa di Santa Maria, il cui interno mi ha veramente estasiato. Inoltre ogni ora risuonano dalle sue torri le note dell’Hejnal, una melodia in onore della sentinella che morì trafitta con una freccia in gola mentre nel 1241 stava per avvisare dell’arrivo dei Tatari. Altri edifici degni di segnalazioni sono il Barbacane, un bastione difensivo tra gli ultimi rimasti ancora intatti in Europa, il Collegium Maius dove studiò papa Giovanni Paolo II e precedentemente Nicolò Copernico, il mercato coperto del tessuto e soprattutto il Wawel, il castello che è il simbolo della città. Il quartiere ebraico Kazimierz, dove fu girato Schindler’s List, e ora dichiarato patrimonio dell’umanità da parte dell’UNESCO, mi ha deluso. A parte il valore storico, per il resto c’è poco da vedere ed è pure mal conservato. Una caratteristica di Cracovia che invece ho molto apprezzato è la sua cucina.Vi sono infatti gli economicissimi bar młecznys (le latterie) dove con 2 o 3 euro si possono mangiare le delizie della cucina locale: i Pierogi, ravioli ripieni di formaggio, le eccellenti zuppe tra cui la mia preferita, lo Żurek con farina di segale, salsiccia e patate, e il Bigos, stufato di crauti e carne. Il tutto innaffiato con bevande alla frutta molto particolari e pure una birra con confettura. Su tutto indimenticabile è stato il pranzo al Chłopskie Jadło, un’ottima locanda contadina di montagna dove è indimenticabile il pane fatto in casa su cui si spalma con un grosso coltello lardo e formaggio. Un’ultima segnalazione se la merita il carinissimo Café Larousse minuscolo bar tappezzato dalle pagine del dizionario Larousse edizione 1900, dove ho provato uno squisito infuso all’Irish Coffee. Nei dintorni di Cracovia si trovano due siti dichiarati patrimonio dell’umanità: il tristemente famoso campo di concentramento di Auschwitz, dove però abbiamo deciso di non andare e le miniere di sale di Wieliczka. Anche se in certe cose ricordano un po’ troppo un parco di divertimento nel complesso meritano una visita, soprattutto al museo che è generalmente ignorato: si ha una panoramica interessante sul lavoro in miniera, sulle tecniche estrattive, delle condizioni di vita dei minatori e della vastità di questo giacimento (300 km di gallerie!).
Il viaggio di ritorno è piuttosto massacrante, visto che impieghiamo 19 ore, ma si riesce anche a dormire (male) e a chiacchierare con un bergamasco, uno dei tanti pendolari per amore, che ci spiega un po’ usi e costumi polacchi, tra cui lo strano modo di doppiare i film, con un solo doppiatore che fa tutte le voci mentre in sottofondo si sente l’audio originale. Assurdo! Nel complesso viaggio soddisfacente e spesa piuttosto ridotta (circa 600 €, di cui la metà in trasporti) grazie ai preziosi consigli della Routard, decisamente la miglior guida quando si tratta di locali, ristoranti e alberghi.