Viaggione in Iran
Domenica 15 Aprile
Incuriositi da vari racconti di viaggio eccoci qua, pronti a partire per l’Iran, l’antica Persia. Il volo AZ1588 delle 8:10 da Cagliari ci porta a Roma. Imbarchiamo il bagaglio destinazione Teheran, disbrighiamo le formalità doganali e con circa 45 minuti di ritardo alle 14:30 il volo TK1838 della Turkish Airlines decolla alla volta di Istanbul Sabiha Gokcen, dove atterriamo dopo circa 2:30h di volo. Ci rechiamo ai transiti dove alle 19:15 il volo TK898 parte alla volta di Teheran. Costo totale dei biglietti 350 euro a persona A/R.
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Arriviamo puntuali alle 23:45 locali, in circa mezzora disbrighiamo le pratiche per il visto e recuperiamo i bagagli. Abbiamo appuntamento con Fazel, taxista conosciuto tramite il gruppo Facebook “See You in Iran”. Cerchiamo quindi un ufficio cambiovaluta, ma a causa di nuove normative non cambiano soldi, e già inizia male. Proviamo quindi ad acquistare un simcard iraniana, ma anche in questo caso non vendono simcard ai turisti (anche qui nuove normative). Il taxista acquista una simcard per nostro conto. Incontriamo un ragazzo francese in partenza che ha il problema opposto al nostro, ha dei Rial iraniani da convertire in euro, glieli cambiamo noi, almeno abbiamo un minimo di valuta locale… Partiamo quindi alla volta del centro città. Lungo il tragitto di circa 45 minuti Fazel ci parla della attuale situazione in Iran, relativa appunto al cambio, alle simcard, ci racconta un po’ di lui. Si ferma ad un chiosco e ci offre una tazza di tè. Piove e fa piuttosto freddo, non era certo il clima che ci aspettavamo. Tra una cosa e l’altra arriviamo all’Heritage Hostel verso le 2. Ci registriamo e chiediamo alla ragazza alla reception se ci cambia altri 50 euro in Rial, risposta affermativa. Sono ormai quasi le 3 quando ci mettiamo a letto, sfatti.
LUNEDÌ 16 APRILE
Il tempo non promette nulla di buono. Diluvia, e la temperatura è intorno ai 5 gradi. Prepariamo i bagagli per il volo di stasera per Shiraz, li lasceremo in custodia in ostello. Usciamo a piedi, dirigendoci verso il bazar guidati dal gps. Camminiamo lungo viali larghi e alberati, c’è un gran traffico, nella zona del bazar iniziamo a vedere un sacco di botteghe che vendono davvero di tutto, nei pressi ci prendiamo qualche cosa da mangiare, delle ciambelline dolci ed un tè. Poi ci infiliamo nel bazar, che è un mondo a sé, un intreccio di vicoli coperti, con alcuni tratti di tetto a volte, davvero molto bello, regna una gran confusione, una folla si dirama per le viuzze, e noi andiamo senza meta girovagando per le stradine. Decidiamo, visto che il tempo è inclemente, di visitare il Golestan Palace, composto da diverse strutture, visitabili separatamente pagando un ticket di ingresso. Scegliamo di visitarne 4, la prima è la sala delle udienze (Ivan-e Takht-e Marmar), dove spicca un enorme trono in alabastro. Proseguiamo per la sfolgorante sala degli specchi (Talar-e Ayaheh), un enorme salone dove sono esposti i doni che lo scià riceveva dai suoi ospiti, prevalentemente reali e nobili. A seguire l’Emarat-e Badgir, decorasto con specchi, e poi il sotterraneo Aks Khaneh che ospita una mostra di fotografie storiche relative alla vita di corte. Infine la piccola Taras-e Almas (sala dei diamanti) che ospita un’esposizione di oggetti di artigianato. Ci intratteniamo un po’ anche nell’ampio e lussureggiante cortile che presenta una bella vasca centrale, che prima avevamo evitato per la pioggia.
Dopo pranzo ci dirigiamo verso l’ostello, dobbiamo recuperare gli zaini e recarci in aeroporto, abbiamo un volo che ci porterà a Shiraz, nel sud del paese. Verso le 17 usciamo dall’ostello, la fermata della metro Baharestan (linea blu) è a 50 metri. Facciamo il biglietto, costo 10000 rial (circa 20 centesimi). Durante il tragitto iniziamo a notare la gentilezza degli iraniani, che vedendoci consultare la mappa ci danno le indicazioni per scendere alla stazione giusta.
Arriviamo in aeroporto poco dopo le 18,30. Il volo è il W51087 delle 20:00 della Mahan Air (acquistato tramite Edreams, 55 euro/pax), approfittiamo per prenderci un te in uno dei bar presenti all’aeroporto. Contattiamo Ali, il nostro aggancio a Shiraz (conosciuto tramite il gruppo Facebook See You in Iran) che dovrà prenderci all’aeroporto, ci farà da guida e ci affitta una stanza in casa sua e ci ha acquistato online i biglietti per i bus dei nostri prossimi spostamenti. Il volo è piacevole, dopo 1 ora e mezza siamo a Shiraz, Ali è nella hall degli arrivi e ci accoglie molto calorosamente, recuperiamo gli zaini e ci dirigiamo verso casa sua. Arriviamo in circa mezzora, Ali vive nella zona nord di Shiraz, non proprio in centro. Arriviamo a casa, ci illustra brevemente le dotazioni, la camera è preparata all’iraniana, con il materasso direttamente sul pavimento. La nostra stanza ha pure un piccolo balcone. Ali e la moglie domattina andranno al lavoro presto, ci lasceranno la colazione pronta.
MARTEDÌ 17 APRILE
Facciamo una piccola colazione, Ali ci manderà un autista per portarci in centro. Dopo una ventina di minuti di tragitto ci lascia davanti alla cittadella di Karim Khan. Piove leggermente, ma siamo attrezzati. Ci dedichiamo quindi alla visita della cittadella, che esternamente presenta delle mura di fortificazione molto ben tenute, e 4 torri sui vertici, delle quali una pendente, le fondamenta hanno ceduto ed è stato deciso di lasciarla così invece che tentare di raddrizzarla (un po’ come la nostra torre di Pisa). All’interno c’è un bel giardino alberato, ed alcune sale con delle belle vetrate che ospitano un museo dedicato alla vita di corte. Ci rechiamo quindi al Vakil Bazar, veramente molto bello, ordinato e colorato, sicuramente più bello di quello di Teheran. Ci perdiamo senza meta nei vicoli tra negozi di tessuti, spezie, tappeti. Usciti dal Bazar ci troviamo davanti alla Vakil Mosque, che naturalmente visitiamo. L’interno della moschea è molto bello, ma è una caratteristica di tutti gli edifici che stiamo visitando, molto belli architettonicamente. A questo punto è ora di pranzo, lungo strada troviamo una piccola paninoteca che ci ispira, e ordiniamo degli hot dog, finiamo di pranzare e torniamo alla cittadella, dove Ali passerà a prenderci, destinazione Persepoli. Il tragitto è di circa 50 km, prima di arrivare a Persepoli ci fermiamo al complesso funeriario di Naqsh-e Rostam. Arriviamo a Persepolis, e dedichiamo un paio d’ore alla visita del sito, con Ali che ci spiega il significato dei bassorilievi e dell’utilizzo che veniva fatto dei palazzi. Il sito è patrimonio dell’UNESCO. Ci facciamo una bella visita e ci godiamo il tramonto, prima di tornare verso Shiraz.
A questo punto Ali porta a vedere la città da un punto panoramico: parcheggiamo l’auto, e andiamo a vedere la porta della città (Qurat Gate). Saliamo un bel po’ di scalini, troviamo coppiette, persone armate di cavalletti e macchina fotografica, gente che passeggia, arriviamo in alto con fatica, il panorama della città illuminata è molto bello. Torniamo a casa, dove la moglie di Ali, Sadjieh, ci ha preparato la cena. Ci diamo una rapida rinfrescata e ceniamo, poi a nanna, domattina sveglia presto.
MERCOLEDÌ 18 APRILE
Sveglia è alle 6, facciamo una veloce colazione, oggi usciremo presto con Ali che ci darà uno strappo in centro, alla moschea rosa (Nasir Al Molk mosque), con le sue vetrate colorate che riflettono all’interno creando dei fantastici giochi di luce. Cerchiamo di essere lì per le 7:30. orario d’apertura, per evitare affollamento. Arriviamo verso le 7:20, ci sono poche persone che attendono, poco dopo la moschea apre ed entriamo, riusciamo a goderci l’ambiente in relativa tranquillità, pian piano arriva un po’ di gente e man mano che il sole si alza i giochi di luce si ampliano. Ci tratteniamo per circa 45 minuti, poi usciamo fuori a visitare la parte esterna che rimane comunque molto bella. Lì vicino che la Madraseh Ye Khan, una scuola coranica, non sappiamo se sia o meno visitabile, ma ci andiamo. E’ aperta, c’è un gruppo di turisti con una guida, chiediamo al custode se si può entrare, ci risponde affermativamente, previo pagamento di una mancia. All’interno c’è un bel cortile alberato, una grande fontana, e tanti religiosi che chiacchierano sotto gli alberi. Decidiamo ora di andare al Bagh-e Naranjestan (Giardino degli Aranci), lungo strada ci imbattiamo in una cupola che sembra interessante, con un via vai di gente notevole. E’ un Holy Shrine (santuario sacro), il nome è Shah Ceragh, dove si trova la sepoltura di qualche importante religioso. Leggiamo i cartelli all’ingresso e decidiamo di entrare. Paola deve entrare in uno spogliatoio e indossare un chador, la visita necessita di una guida obbligatoria, gratuita. Arrivati davanti al portale di ingresso intravediamo l’interno, sembra maestoso, tutto in mosaici di vetro e cristallo. Proseguiamo il giro nel cortile, poi salutiamo la guida e usciamo. Ci sediamo quindi su una panchina e tiriamo fuori la guida, si ferma una ragazza con la mamma che ci chiede se abbiamo bisogno di aiuto e ci fa un po’ di domande sul nostro viaggio, gli iraniani sono molto curiosi riguardo i turisti. Ci salutiamo e andiamo verso il Bagh-e Naranjestan. Il giardino è davvero incantevole, ci sono alcune fontane e delle sale con specchi e vetrate colorate e variopinte alle quali si può accedere. L’ambiente è molto rilassante e dopo un po’ ci sediamo al chiosco bar ombreggiato dagli alberi per prenderci un te. Contattiamo quindi Ali, con lui dobbiamo andare al Maharloo Lake, lago salato, ci dice che è un po’ in ritardo, ma non siamo affatto dispiaciuti, continuiamo la nostra sosta relax.
Ali arriva dopo circa 45 minuti e ci dirigiamo verso il lago, che dista una 20ina di km. All’arrivo saliamo su delle montagne di sale, di un bianco abbagliante, prima di inoltrarci nel lago. Il primo pezzo è asciutto, ci leviamo le scarpe per proseguire dentro il lago: l’acqua è tiepida . Sulla via del ritorno Ali ci porta in un Holy Shrine più piccolo. Ali Ibn Hamza. Entriamo ed è un bello spettacolo, tutte le pareti ricoperte di mosaici in vetro e cristallo di vari colori che danno all’ambiente un colore e un’atmosfera eccezionale. A casa ci sono la mamma e la sorella piccola di Ali, salutiamo la sorella, la mamma è intenta a pregare e manco ci calcola, poi dopo che finisce abbraccia calorosamente Paola. Ci sediamo nel salotto a prendere un te, mentre le donne smistano una busta di verdure che la mamma ha portato.
Approfittiamo per una doccia per toglierci di dosso il sale, poi con Ali saldiamo i conti e ci salutiamo prima di andare a mettere a posto i bagagli e a dormire.
GIOVEDÌ 19 APRILE
Oggi incontreremo un altro Ali, della tribu Qasqai, per andare al suo villaggio (Kodiyan) sui Monti Zagros. Anche lui contattato tramite la stessa pagina facebook. In qualche minuto siamo alla fermata del bus dove verrà a prenderci: Arriva in auto con il figlio Nemi, un bimbo di 4 o 5 anni. Carichiamo gli zaini nel cofano e partiamo. Ci fermiamo a Garmeh, un antico villaggio semi diroccato, con una bella passeggiata nel bosco che arriva fino a delle cascate. Durante il tragitto vediamo una vecchia chiesa cristiana ormai abbandonata. Nel bosco incontriamo diverse comitive di ragazzi che fanno la scampagnata Il di montagna ce lo aspettavamo un po’ diverso, non è come i nostri villaggi montani ma va bene lo stesso. Ci sistemiamo e usciamo subito per una passeggiata in campagna, andiamo a trovare la mamma di Ali che sta pascolando lì vicino un piccolo gregge di pecore e capre. Dopo di che torniamo a casa per il pranzo. Un leggero riposino e si va nuovamente in escursione, raggiungeremo il campo dove i suoi parenti tengono il gregge e hanno lì le tende, camminiamo per un’oretta buona, prima di arrivare, ci sono due donne che accudiscono delle piccole caprette, alcune di circa una settimana, ci offrono un tè nella tenda poi proseguiamo la camminata fino a un costone dal quale si gode un bel panorama e si vedono giù a valle altri accampamenti di questa tribù Qasqai seminomade. Incontriamo alcuni pastori che pascolano le greggi, coi quali Ali si ferma a parlare. Credo sia una persona influente all’interno della comunità, scopriremo poi che ha scritto dei libri e partecipato a trasmissioni tv in Iran per sensibilizzare sul problema del nomadismo, messo a rischio dall’espansione della città e dallo stile di vita moderno e più comodo che tenta i più giovani. Gli parlo della Sardegna, della civiltà nuragica e si incuriosisce molto. Dopo usciamo per andare ad incontrare uno zio di Ali, all’accampamento visitato nel pomeriggio, dovremo cenare lì. Si allestisce il fuoco e ci sistemiamo nella tenda, Ali e lo zio iniziano a parlare in farsi, ovviamente non ci capiamo nulla (poi ci spiega che stanno parlando delle problematiche della tribù), la cosa si protrae molto a lungo, nel frattempo continua ad arrivare gente, ci servono qualcosa da mangiare, yogurt, pane e non molto altro, intanto inizia a far freddo e siamo puzzolenti di fumo, ci congediamo e torniamo a casa, al calduccio, ci allestiscono i giacigli nello studio di Ali, e ci buttiamo subito sotto la coperta.
VENERDÌ 20 APRILE
Alle 10:30 abbiamo il bus da Shiraz per Yazd. Mi ero assicurato prima di partire che avremmo fatto in tempo a prenderlo, Ali non ci porta al terminal, ma ci accompagna all’ingresso della città dove ci procura un taxi che ci porterà al Karandish Terminal. Essendo venerdi c’è poco traffico. Alle 10:30 il bus parte puntuale, il kit di cortesia comprende un succo d’arancia e due merendine, ci aspettano circa 6 ore di viaggio. Poco dopo l’uscita da Shiraz veniamo fermati ad un posto di blocco di polizia, ci fanno tutti scendere, ci addossano ad un muro e fanno salire un cane sul bus e nel vano bagagli, dopo circa 10 minuti si può ripartire. La strada scorre tranquilla fino a Yazd, dove arriviamo poco prima delle 17. Veniamo subito abbordati da un taxista, il prezzo che ci propone ci va bene e andiamo. Raggiungiamo il Jungle Hotel in circa 15 minuti, molto caratteristico e carino e in pieno centro storico. Ci immergiamo subito nella visita della città. Raggiungiamo la Jameh Mosque, che data l’ora è ormai chiusa, la ammiriamo dall’esterno, proseguiamo la passeggiata fino al Amir Chaqmaq complex, crediamo sia una moschea, invece è una specie di centro commerciale, però la piazza antistante con le fontane illuminate è molto bella. Decidiamo di cenare in uno dei ristoranti suggeriti dalla guida… ne trovassimo uno aperto… per evitare di continuare a camminare per nulla decidiamo di andare al Baam Cafè, sulla strada della moschea, il posto sembra carino e ha pure la terrazza panoramica. Mangiamo Ghorme Zabzi e un kebab. La serata è fresca ma piacevole, e prosegue calma. Rietriamo in hotel, prendiamo un tè caldo e approfittiamo del wifi per chiamare a casa.
SABATO 21 APRILE
Dopo una abbondante colazione decidiamo di seguire il percorso di visita del dentro storico indicato sulla Lonely Planet, ma data l’imprecisione della mappa e tutti gli intricatissimi vicoletti praticamente ci perdiamo subito. Giriamo un po’ tra le viuzze del centro storico, poi ci dirigiamo grazie al gps alla Prigione di Alessandro. Nei pressi del Amir Chaqmaq entriamo nella più famosa pasticceria di Yazd (Haj Khalifeh Ali Rahbar & Shoraka, dove prendiamo due cofanetti di dolci da portare a casa. Mentre consultiamo la guida seduti su una panchina nei pressi della Moschea veniamo “assaliti” da un gruppo di studentesse, che ci circondano e iniziano a farci un sacco di domande sull’Iran, se ci piace, perché abbiamo deciso di andarci, che lavoro facciamo e tante altre, molto calorose ed entusiaste. Poi andiamo a pranzare nella galleria del centro, in un localino frequentato da persone del posto, che serve spiedini e kebab. Dopo pranzo andiamo a visitare il Tempio del Fuoco Zoroastriano, e poi ai giardini Dolat Abad dove ci tratteniamo per un bel pezzo rilassandoci su un divanone coi tappeti tipico iraniano, dopo aver gironzolato un po’ per tutta la struttura (patrimonio unesco, c’è qui la torre del vento più alta di Yazd, circa 35 metri). Per cena andremo al Silk Road, sempre nella zona della moschea.
DOMENICA 22 APRILE
Alle 7 siamo già pronti per partire. Alle 8 abbiamo il bus per Isfahan (ma dovremo scendere prima per andare a Varzaneh). Ci facciamo chiamare un taxi dall’hotel, verso le 7:30 siamo all’autostazione, abbiamo già i biglietti. Individuiamo l’autista, quindi telefoniamo a Roohollah, il proprietario della guest house dove alloggeremo a Varzaneh, e gli passiamo l’autista per prendere gli accordi sul punto preciso in cui dovrà lasciarci. Ci dice quindi che è tutto ok e ci avviserà lui quando sarà il momento di scendere.
Il viaggio scorre tranquillo, mi metto a chiacchierare con una coppia di signori croati. Una volta superata la città di Nain, il bus si ferma, l’autista viene verso di noi e ci fa cenno che siamo al punto concordato per scendere. Ad attenderci c’è Hossein, il fratello di Rohollah. In circa un’oretta siamo a Varzaneh, Passiamo prima in una scuola, deve prendere la bambina, poi ci rechiamo alla guesthouse. Stanotte avremo il camping nel deserto, purtroppo il cielo è nuvoloso, ma c’è ancora tempo. Ci sistemiamo e conosciamo Patricia, una deliziosa signora inglese, docente universitaria in pensione, che vive da tanti anni in Turchia, ci offre un tè e ci racconta che è lì per un mese e sta lavorando ad un progetto di catalogazione di foto storiche relative a Varzaneh e intende preparare una sorta di guida storico turistica. Poi ci propone di andare a fare un giro e vuole portarci in una nuova caffetteria che ha aperto di recente a prendere un caffè. E lo fanno pure buono. L’unico caffè del nostro viaggio in Iran, ormai siamo succubi dalla dipendenza dal tè!
Nel pomeriggio incontriamo Roohollah ed iniziamo a organizzarci per il camping nel deserto, il tempo è inclemente, ma siamo ottimisti. La partenza è prevista per le 18. Quindi ci concediamo una passeggiata per il paese. Alle 18 partiamo con Hossein alla volta del deserto, una ventina di minuti in auto. Il cielo è ancora nuvoloso, scaliamo con fatica un duna altissima, abbiamo una tavola da snowboard, con la quale proviamo il sandboarding. Purtroppo si alza il vento, facciamo un piccolo giro nei dintorni, ma il vento inizia ad aumentare, è quasi una tempesta ormai, aspettiamo un po’ chiusi dentro l’auto. La sabbia vola dappertutto, la visibilità è scarsa. Sarebbe inutile rimanere e quindi decidiamo di andar via, riproveremo domani. Al rientro nella guesthouse c’è un pullulare di persone, la grande famiglia Khalili, bimbi che giocano nel cortile, un bel viavai. Hossein organizza un barbecue per la cena, noi intanto ci facciamo una doccia, siamo pieni di sabbia fin dentro le orecchie. A cena siamo un bel gruppetto, si mangia e si chiacchiera, il tempo passa piacevole. Con Roohollah concordiamo per l’indomani mattina una visita alla cittadella di Ghurtan. Verrà anche Patricia a farci da guida.
LUNEDÌ 23 APRILE
Colazione abbondante prima che arrivi Reza, l’autista che ci porterà a Ghurtan. La cittadella è abitata ormai da poca gente, viene utilizzata prevalentemente come ricovero di animali, ma le porte sono ancora chiuse con lucchetti, la gente nonostante non ci viva ne detiene la proprietà. La struttura venne abbandonata dopo la rivoluzione islamica del 1979, la gente andò a vivere fuori dalle mura come una simbolica scelta di libertà, appunto non stare dentro a delle mura. Le mura di cinta sembrano ben tenute, alcune parti sono ristrutturate di recente, ma l’interno risulta fatiscente in più parti, si sono verificati parecchi crolli. Rientrando Reza ci lascia alla Pigeon Tower, che un tempo era il ricovero di migliaia di piccioni che venivano utilizzati per la produzione di guano. Una bella struttura a livello architettonico. Rientriamo alla guesthouse per il pranzo.
Il tempo purtroppo sembra essere pure peggiore rispetto a ieri, abbiamo il timore che la notte del deserto salterà anche oggi, ed è l’ultima occasione. Dopo pranzo ci concediamo una pennichella, al risveglio troviamo dei nuovi ospiti. Sono due ragazze italiane ed un tedesco. Il tempo sembra peggiorare sempre più, stiamo arrendendoci alla possibilità di non poter fare la notte nel deserto. Proviamo ad uscire a fare una passeggiata, ma inizia a piovere copiosamente e il vento si alza, rientriamo subito. Dopo pochi minuti arriva una clamorosa tempesta di sabbia, il cielo diventa rosso fuoco, e continua a piovere. È proprio uno spettacolo incredibile, una cosa mai vista. Ci ripariamo al coperto, la cosa dura circa 15 minuti. Roohollah ci dice che è da 2 anni che non si verifica un evento simile, e ovviamente capita proprio quando noi dovremmo andare a passare la notte nel deserto… rinunciamo anche solo a provare ad andarci, tra pioggia e vento sarà ridotto ad un pantano. Peccato, comunque sia il soggiorno a Varzaneh si è rivelato molto piacevole oltre che rilassante. Ci prepariamo quindi per la cena, oggi dato il tempo ceniamo al coperto, al gruppo si aggiungono anche due ragazze svizzere non particolarmente loquaci. Proseguiamo le nostre chiacchiere per un po’, prima di ritirarci.
MARTEDÌ 24 APRILE
Oggi abbiamo in programma il trasferimento a Esfahan. Dopo la colazione ci riuniamo con gli altri ospiti della guesthouse e Roohollah, per le foto di rito e i saluti. Poco prima delle 10 Roohollah ci accompagna al terminal dei bus, molto piccolo rispetto a quelli di Shiraz e Yazd, il bus che ci porterà ad Esfahan è uno scassone da circa 15 posti ufficiali (ma ne caricherà qualcuno in più…). Tutto sommato il viaggio scorre, lento, ma tranquillo. L’autista si ferma a caricare gente fino a che nel minibus non entra più neppure uno spillo… arriviamo a Esfahan, e subiamo l’assalto di un paio di tassisti, che per poco non si menano pur di farci salire a bordo, sparando cifre al ribasso… in pochi minuti siamo in hotel, il SABA (sinceramente qui ho proprio valutato male la scelta, pensavo erroneamente fosse molto più vicino al centro, ma va bene lo stesso) un hotel non proprio caratteristico, standard quasi occidentali. Usciamo subito per andare al quartiere armeno, la Jolfa. E per strada fermiamo un taxi, c’è un traffico bestiale, il tassista ci lascia nei pressi della Vank Church ma mentre ci apprestiamo ad entrare, un signore chiude il portone e bruscamente ci dice che è chiuso… cerco di chiedergli se riaprirà il pomeriggio, ma non risponde… allora una ragazza giapponese che sta uscendo ci dice che stanno commemorando il memoriale del genocidio armano da parte dei turchi, avvenuto il 24 aprile del 1915. Torneremo l’indomani. Nel frattempo proviamo ad andare in altre due chiese armene nei pressi ma sono entrambe sbarrate. A questo punto ci sediamo in un piccolo fast food dove ci mangiamo delle ottime patatine fritte e una bibita.
Torniamo verso il centro, passando per il ponte Si-o-Se Pol, un bel ponte ad archi in muratura, sotto al quale dovrebbe passare un fiume ma è completamente secco. Passato il ponte entriamo nel parco del Hasht Behesht Palace, al solito molto ben curato, dove troviamo le solite persone che fanno il picnic e tanti signori che giocano a scacchi in tavoli adibiti appositamente, al fresco. Decidiamo quindi di inoltrarci nel bazar dalla porta di Qeysarieh, che da proprio sulla grande piazza Naqsh-e Jahan, il bazar è davvero molto carino, pieno di articoli di varia foggia, a tratti interessante a tratti un po’ meno, ma molto affollato come tutti i bazar che abbiamo visitato. Ci fermiamo a prendere un tè in un chioschetto di una ragazza simpatica, dai prezzi ci rendiamo conto che Esfahan è sicuramente una città più turistica rispetto alle precedenti, costa quasi tutto il doppio! Lungo le strette vie del bazar raggiungiamo la Hakim Mosque, la più antica moschea di Esfahan. È piuttosto diroccata e non presenta nulla di particolarmente interessante. Proseguendo lungo il percorso arriviamo quindi alla Jameh Mosque, molto più grande e ben tenuta, ma purtroppo le fontane all’interno sono in ristrutturazione e non si gode di tutto il suo splendore. La vediamo solo esternamente, dal grande cortile.
Torniamo quindi indietro per immergerci nella grande piazza: è davvero molto bella, intorno ad essa si affacciano la moschea Sheikh Loftollah, la mosche dello Scià e il palazzo di Ali Qapu. Essendo tarda sera troviamo aperta la mosche dello Scià, esternamente (ma probabilmente è chiusa in quanto l’area interna un cantiere e chiusa da transenne e la cupola è circondata da impalcature), ne vediamo comunque alcune parti. Nella piazza è un pullulare di gente, chi gioca a pallavolo, chi fa il picnic e la cena, altri sono lì a passeggio o a chiacchierare, c’è pure chi dormicchia steso nel prato munito di copertina… ci sono inoltre dei calesse trainati da cavalli che fanno il giro della piazza, e sono usate per la quasi totalità dai locali e non dai turisti. Continuiamo a girellare per la piazza, nel frattempo il sole tramonta, e i monumenti si illuminano, uno spettacolo molto suggestivo. Decidiamo quindi di andare a cena, optiamo per il Little House, poco distante. Il cameriere è anche simpatico e spiccica qualche parola in italiano, mangiamo bene. Torniamo in hotel passando per le stradine deserte del bazar. Un po’ tetre, ma comunque tranquille.
MERCOLEDÌ 25 APRILE
Sveglia con calma e colazione abbondante in hotel. Prepariamo il bagaglio che lasceremo in custodia in hotel, stanotte avremo un bus per Teheran e dobbiamo quindi liberare la stanza. Ritentiamo la visita alle cattedrali armene. Raggiungiamo la stazione della metropolitana Shohada, che si trova vicino all’albergo, facciamo il biglietto, una tessera valida per 4 corse e scendiamo, ci avvicina un addetto al binario che scambia con noi quattro chiacchiere, ci chiede da dove veniamo, se ci piace l’Iran, e se ci piace Esfahan, oltre ad altre varie domande su cosa facciamo in Italia e via dicendo. Gli iraniani sembrano molto incuriositi dai turisti e se possono scambiano volentieri quattro chicchiere. Una decina di minuti di attesa e arriva il treno. Un paio di fermate e scendiamo alla fermata del ponte Si-o-Se Pol. Da qui in circa 10 minuti siamo nuovamente alla Jolfa. Oggi per fortuna la Vank Church è aperta ed entriamo subito all’interno, la cattedrale è relativamente piccola, completamente affrescata, davvero molto bella. Ammiriamo lo spettacolo e usciamo un po’ fuori, anche il cortile si presenta bello, ci sono varie esposizioni riguardanti il memoriale del genocidio del giorno prima. Quindi rientriamo all’interno, la folla è diminuita e riusciamo a goderla un po’ meglio. Nel cortile veniamo fermati da un gruppo di studentesse in visita alla cattedrale, una di loro inizia a tempestarci di domande, hanno 13-14 anni e parlano a raffica, specialmente una che oltretutto parla un ottimo inglese. Poi entriamo all’interno del museo, che racconta la storia armena, con particolare attenzione al genocidio perpetrato dai turchi.
Andiamo quindi a visitare la Behetlem Church, più piccola, meno famosa, quindi ovviamente meno affollata ma altrettanto bella con un cupola spettacolare e tutte le pareti affrescate.
Torniamo alla stazione della metropolitana e raggiungiamo il centro (anche stavolta veniamo interrogati da uno degli addetti al binario). La prossima meta è il Chetel Sotun, il palazzo delle 40 colonne (in realtà sono 20, che si specchiano nella fontana antistante), ci immergiamo nel bel giardino di questo palazzo, per un attimo di relax. Poi andiamo alla piazza Naqsh-e Jahan, dove visitiamo il palazzo di Ali-Qapu, una struttura su più piani dalla quale si gode una bella vista della piazza, oltre alle sale che sono molto belle, la sala del trono e la sala della musica, che presenta sulle pareti degli incavi molto particolari a forma di strumenti musicali, che si dice servissero a fare da cassa di risonanza. Scattiamo un po’ di foto dalla terrazza, si gode davvero di una bella vista.
Dalla parte opposta della piazza invece c’è la Moschea Sheikh Loftollah (che è quella immortalata sulla copertina della Lonely Planet), che ieri abbiamo visto da fuori in quanto chiusa.
La sala interna è spettacolare, con le ceramiche di un color turchese che creano un’atmosfera unica, c’è un gruppo di italiani con guida, quindi “scrocchiamo” una parte di spiegazione. Una rapida visita anche nei sotterranei, ed è ora di pranzo. Ci sediamo in una delle panchine circolari in una strada adiacente Hafez Street, in un chiosco prendiamo degli involtini fritti con verdure e una coca cola.
Dopo pranzo ci dedichiamo alla pennichella sul prato, in pieno iranian style, troviamo una zona d’ombra, ci sdraiamo e riusciamo pure a dormicchiare un po’. Andiamo quindi nel bazar, dove prendiamo qualche regalino, e continuiamo a passeggiare. Ci concediamo un tè in un grazioso baretto proprio nelle gallerie del bazar, e stiamo nella piazza, ad osservare le persone e a passeggiare.
Ceniamo relativamente presto, al ristornate Atigh, mangiamo dizi, specialità locale e carne grigliata accompagnata dal solito riso, accompagnati da una birra analcolica. Un ultimo saluto alla piazza e ci avviamo verso l’hotel, stavolta non passiamo dal bazar, ma scegliamo le vie principali, trafficate e con i negozi ancora aperti.
Una volta in hotel recuperiamo gli zaini e facciamo chiamare un taxi, dobbiamo andare al Kaveh Terminal dove ci aspetta il bus Royalsafar delle 23:59 per Teheran. Ci accomodiamo nella sala d’aspetto, dove trasmettono una partita di Champions League. Poco dopo la mezzanotte il bus parte, ci appisoliamo quasi subito.
GIOVEDÌ 26 APRILE
Il bus arriva a Teheran alle 5:30, facciamo colazione in uno dei chioschi aperti al terminal, prendiamo un taxi che ci porta all’Heritage Hostel dove lasciamo i bagagli e ci diamo una rinfrescata. Prendiamo la metro per Tajrish, estremo nord della città. C’è ancora poca gente in giro, impieghiamo circa 45 minuti, il bazar è ancora praticamente tutto chiuso e non sembra interessante, visitiamo l’Imam Zadeh Saleh Holy Shrine, compriamo dei dolci in una pasticceria e decidiamo quindi di tornare al Gran Bazar, per gli ultimi regali. Nuovamente sulla Metro. Al Gran Bazar c’è gran folla, decidiamo quindi di andare a visitare l’ex ambasciata USA, una cattedrale armena ed un parco che sono tutti vicini tra loro. Studiamo il tragitto in metro e ci avviamo. Scendiamo alla stazione Mejdan e Jahad, arriviamo alla Cattedrale Armena di Saint Sarkis (San Sergio), però non ha nulla a che vedere con quelle di Esfahan, è una struttura moderna di cemento armato, senza nessun affresco, o qualcosa di notevole. Ci sono alcune persone che pregano, ci tratteniamo in silenzio per qualche minuto. Andiamo quindi a vedere l’ex Amabasciata degli USA, dove nel 1979 ci fu un assalto con presa di ostaggi. Oggi ospita il museo di antropologia, i murales sui muri esterni, danno idea dei rapporti tra Iran ed USA (statua della libertà con il volto della morte). Nei pressi c’è un parco, il parco Honarmandan (conosciuto come Artist Park in quanto ospita una struttura dove artisti locali espongono e fanno delle esibizioni), cerchiamo un posto dove mangiare e ci imbattiamo nel ristorante degli artisti, l’Iranshar Cafè Gallery. Approfittiamo per caricare i cellulari, li abbiano in uso da ieri e potrebbero servirci. Lì davanti alla struttura degli artisti bazzicano persone dal look bizzarro (per i canoni del posto).
Riprendiamo la metro dalla stazione Taleghani, per andare all’Azadi Square. Ci tratteniamo un po’ per qualche foto, ma a parte la torre non c’è granchè da vedere, dopo una mezzora siamo di nuovo nella metro, andiamo in ostello a prendere possesso della stanza e rilassarci un attimo, abbiamo anche bisogno di una bella doccia. Rinfrescati, usciamo nuovamente, ci facciamo una passeggiata in zona, Baharestan Square e dintorni. Facciamo un po’ di spesa in un minimarket, nel vicinato ci sono un’infinità di negozi che fanno solo partecipazioni matrimoniali, ma sono un’infinità uno accanto all’altro, finiti quelli iniziano i negozi di scarpe, solo negozi di scarpe per centinaia di metri… alla faccia della concorrenza! Ci sediamo in una panchina a osservare il viavai, nella strada verso l’ostello troviamo una spiedineria molto spartana, ci accomodiamo e ceniamo. Verso l’ostello ci fermiamo e ci prendiamo un gelato che mangiamo seduti nella Baharestan Square.
VENERDÌ 27 APRILE
Ultimo giorno in Iran, stanotte alle 4:10 ripartiremo verso casa. Nel frattempo abbiamo un’intera giornata da trascorrere a Teheran, quindi lasciamo i bagagli in ostello.
Prendiamo la metro e andiamo nuovamente a Tajrish, oggi la prima tappa è Darband, sobborgo a nord della città. È venerdì, giorno festivo, la metro pullula di persone con zaini che si stanno facendo la scampagnata. Usciti dalla metro ci accorgiamo che ieri abbiamo preso la via d’uscita sbagliata dall’altra parte della piazza, forse per quello ci siamo trovati un posto un po’ desolato. All’uscita ci sono taxi e navette per Darband, che dista qualche chilometro. Saliamo sulla prima navetta libera (sono pullmini da 9-10 persone che partono quando raggiungono il pieno carico). Il signore alla guida ci chiede di dove siamo, e quando gli dico che veniamo dall’Italia, da Cagliari, mi dice con mia sorpresa che la conosce per via della squadra di calcio! Qualche minuto e la navetta si riempie, si parte. Sono poco più di 2 chilometri, ma alla fine ci imbottigliamo nel traffico, ma in 10 minuti siamo a Darband, sulla piazza. Il posto è stracolmo di ristoranti molto suggestivi, alcuni hanno addirittura i tavoli in mezzo al torrente che scorre lungo il fianco della montagna. Saliamo per un bel pezzo, ad un certo punto però inizia a piovere copiosamente e ci ripariamo sotto una tettoia, attendendo che smetta. Appena la pioggia si placa scendiamo verso valle e saliamo sulla prima navetta libera in partenza. Pochi minuti e siamo nuovamente sulla Tajrish Square, incredibilmente trafficata e affollata di persone. Mangiamo qualcosa in una focacceria, veramente buona! Assaggiamo una “spremuta di carota” da una bancarella. Entriamo nel bazar, oggi super affollato. Decidiamo quindi di iniziare il riavvicinamento verso il centro, scendiamo verso la metropolitana.
Decidiamo di andare al Laleh Park. In metropolitana chiacchieriamo con un ragazzo di Yazd che studia cinema all’università di Teheran. Si propone di accompagnarci alla fermata dove dobbiamo scendere. Dalla stazione Meydan-e Enghelab facciamo una decina di minuti di camminata e arriviamo, inizialmente ci sediamo su una panchina a rilassarci, poi ci addentriamo nel parco, dove ci sono decine di famiglie che fanno picnic sul prato, qualcuno ha pure il barbecue… il tempo passa, passeggiando e facendo qualche foto, quando veniamo fermati da una famiglia, che inizia a farci domande varie e ci invita ad andare a casa loro… peccato sia l’ultima sera, ci saremmo andati con molto piacere. Riprendiamo la metro e torniamo a Baharestan, è quasi ora di cena, andiamo a cena nello stesso locale di ieri. Verso le 22 andiamo in ostello, ci sediamo un po’ in giardino, verso le 11 arriva il taxi, recuperiamo gli zaini e partiamo per l’aeroporto.
Siamo lì poco prima della mezzanotte, andiamo subito a fare il check in, al duty free spendiamo i pochi rial che ci sono rimasti e appena aprono l’ingresso entriamo nella zona gate. Qui ci sono dei divani letto dove ci accomodiamo in attesa del volo. Intorno alle 3:30 saliamo a bordo, destinazione Istanbul, dove faremo scalo, quindi altro scalo a Roma e alle 18 arriviamo finalmente a Cagliari.