Viaggio sul tetto del mondo: Tibet
A grandi linee questo è stato il programma: *partenza da Kathmandu per raggiungere Nyalam primo paese tibetano dove ho passato la mia prima notte in Tibet.
* Nyalam Latse * Latse Xigatse * Xigatse Gyantse * Gyantse Kamba-la (4794m.) Karo-la (5010 m.) Yamdrok tso (il lago turchese) * Lhasa – Monastero di Sera e il santuario di Jokhang * il Potala e il monastero di Drepung * ritorno a Kathmandu in aereo.
Il volo per Kathmandu è stato molto lungo per via dei numerosi scali e tempi di attesa tra un volo e l’altro: Milano-Francoforte- Doha-Kathmandu.
Usciti dall’aeroporto e sbrigate le formalità dei visti troviamo una brutta sorpresa: da poco si è insediato il nuovo Re, salito al trono dopo una strana strage e poco amato dalla popolazione. Di conseguenza c’è uno sciopero generale, la nostra guida ci informa di questo ma non ci scoraggia a uscire per passeggiare, dicendoci che la situazione è sicura.
Lasciate le valige in albergo, usciamo! Tutto chiuso, pochissime persone per le strade, conosciamo la bella Kathmandu, sappiamo quanto questa città sia viva, e fa molta tristezza vederla così, sembra una signora ferita che con molta dignità non vuole mostrare il suo dolore! Per poter ottenere il visto per il Tibet dobbiamo restare 3 giorni a Kathmandu, siamo un pochino preoccupati. Ma ci accorgiamo subito di una cosa piuttosto singolare: fermandoci casualmente, per fare almeno un piccolo programma, la situazione,va comunque affrontata e nonostante lo sciopero non dobbiamo buttare via le nostre giornate, ci rendiamo conto di essere davanti a un negozio il cui proprietario evidentemente ci stava osservando e al momento opportuno ha alzato la serranda invitandoci a entrare, lo sciopero c’è ma se capita di fare qualche affare per un momento può essere sospeso! Entriamo nella bottega, scambiamo alcune battute in un inglese incerto con il bottegaio e proseguiamo, man mano altri negozianti fanno la stessa cosa, possiamo parlare tranquilli con tutti e ogni volta che usciamo da un negozio la serranda si richiude. Il bello non è comperare, c’è ovunque la solita “paccottiglia” per turisti, ma il bello è chiacchierare con queste persone, fare domande qualche volta anche un pochino impertinenti e cercare di capire le loro opignioni e i loro pensieri.
In serata incontriamo il sig. Pradep, sarà lui a richiedere per noi i visti e il tour per il Tibet.
Ci incontriamo nel nostro albergo, abbiamo trovato un’offerta FRANCOROSSO che ci ha permesso con un bagget molto basso di acquistare i biglietti aerei e il soggiorno all’Hotel Yak & Yeti un 4 stelle lusso, non si poteva non approfittarne!!! Il sig. Pradep arriva in perfetto orario, molto educato, sembra già un uomo di mezza età (come si diceva una volta) ma parlando ci dice di avere appena 26 anni ! in Italia a quell’età li consideriamo ancora dei bambini..Consegniamo nelle sue mani: il passaporto (abbiamo però con noi una fotocopia) e tutti i soldi circa 1400 $ senza avere in cambio neanche una ricevuta, ci rendiamo conto poi di aver fatto bene a riporre su di lui tanta fiducia, è stata una persona veramente affidabile! Salutato il signor Pradep usciamo per la cena: l’impresa è stata trovare un ristorante aperto, finalmente troviamo una pizzeria, la nostra prima cena in Nepal è stata una pizza margherita e una birra! Però bisogna ammettere che il pizzaiolo ha saputo fare una VERA pizza MARGHERITA, era squisita.
Dopo aver girovagato a Kathmandu per 3 giorni approfittando di rivedere con più calma la bellissima Patan distante circa 3 km. E il bellissimo tempio di Swayambhunath, raggiunti rigorosamente a piedi percorrendo la via dei primi viaggiatori, questi si erano avventurati fin qui nei mitici anni 60, allora il Nepal era un paradiso per tutti coloro che cercavano…
E’ stato molto gratificante visitare questi posti con la dovuta calma, immergersi e osservare senza cercare a tutti i costi di capire, ma vedere e accettare le cose come sono.
Abbiamo incontrato il signor Pradep, in serata ci ha recapitato i documenti e i biglietti, ci ha offerto anche una superba cena in un lussuoso ristorante, molto eccitati prepariamo i nostri bagagli non sappiamo esattamente cosa ci aspetta, il programma menziona solo le città e i passi che dovremo superare. L’appuntamento è davanti alla sede di GREENLINE una società di pullman, ci siamo passati davanti tutte le mattine per raggiungere il centro di Kathmandu è una zona molto trafficata.
Alle 5 del mattino, puntuali arriviamo e sorpresa…Non c’è nessuno! Anche la porta è chiusa! Forse è un pochino presto, cerco di farmi coraggio, aspettiamo, alla spicciolata si comincia a vedere qualche arrivo, prima 2 australiani, poi 1 canadese, olandesi, coreani, malesi, di Taiwan, spagnoli, tedeschi, belgi, francesi e 2 italiani (noi), abbiamo intitolato questa spedizione “the colors of the whord”, in tutto siamo 22! Il nostro pullman è del tipo “sgroppato” cioè è un rottame, e non si capisce come possa viaggiare, comunque fiduciosi prendiamo posizione. Lasciamo quasi subito la strada asfaltata per proseguire su di una strada appena tracciata che ci accompagnerà per circa 900 km. Quasi subito… Una ruota a terra! L’autista non ha l’attrezzatura e neanche la ruota! Piove e fa anche freddo! Ma restiamo tutti calmi, non possiamo fare altro! Dopo circa 2 ore torna l’autista accompagnato da un ragazzo che trasporta la ruota e effettuato il cambio, si riparte.
I panorami che scorrono dal finestrino sono struggenti. La pioggerellina che scende leggera dà al verde delle risaie delle sfumature molto intense. Qua e là dei paesini sbucano, sembrano incantati! I bufali pascolano tranquilli, non sembra possibile vedere questi posti, vederli così vicini! La strada arranca sempre più e finalmente vediamo il famoso ponte dell’amicizia, mette in comunicazione il Nepal con la Cina (Tibet). Bisogna scendere e proseguire a piedi, in fila, con i nostri passaporti bene in vista e in ordine numerico rispettando la sequenza che è stampata sul visto collettivo, noi abbiamo i numeri 18 e 19. Alcuni ragazzi si “offrono” dietro ricompensa di trasportarci le valige, sembra uno sfruttamento, ma questi ragazzi sperano in questo lavoro, se rifiutassimo loro sarebbero costretti per la giornata, alla fame, è una condizione molto triste, ma non spetta a noi di giudicare semmai il nostro dovere è di dare un pochino di lavoro a queste povere persone così che non siano costrette a chiedere l’elemosina! Il controllo nepalese è veloce e ci fa ben sperare! Illusione! I cinesi sono estenuanti, leggono ogni cosa che sia scritta sul passaporto, guardano la foto e ti guardano in volto, parecchie volte, controllano i numeri, controllano la l’autocertificazione nella quale dichiariamo di non avere la S.A.R.S. E ci misurano la temperatura con un termometro digitale!!!!! Non oso immaginare se uno di noi, magari per stanchezza avesse 2 linee di febbre!!! Meglio non pensare.
Dopo circa 3 ore finalmente siamo passati tutti. Si prosegue ancora a piedi, sempre con i nostri bravi portatori, e dopo una salita molto ripida ci sono alcune fuoristrada che ci aspettano, paghiamo i ragazzi per il loro servizio e a bordo. Il primo paese tibetano che ci accoglie è Kodari e non ha proprio niente di Tibetano, anche la popolazione non sembra tibetana! L’occupazione cinese si nota subito, questo è un paese di confine, c’è commercio e quindi ci sono i cinesi! Cambiamo un po di soldi, non siamo però molto convinti del cambio quindi cambiamo poco. Un’altra controllatina ai documenti, non si sa mai, e finalmente siamo liberi di berci una fresca birra cinese per poter mandare giù un assurdo panino al tonno! Ci avevano detto di portare viveri dall’Italia, niente di più sbagliato, mentre noi mangiavamo un triste panino “SANCARLO” con un tristissimo tonno “PALMERA” i nostri compagni di viaggio in un ristorante hanno potuto gustare le specialità della cucina cinese che sappiamo tutti essere squisita! Arrivano i pullman, saranno gli stessi per tutto il tour, e arrivati a Nyalam ci prepariamo a trascorrere la nostra prima notte in terra Tibetana.
L’albergo è enorme, grandissimo, ma senza servizi, non ci sono ne i bagni ne le cucine, niente doccia, la cena la consumiamo in un piccolo ristorante gestito da una famiglia tibetana, molto accogliente e abbastanza pulito, ci portano spaghetti di riso in brodo e annaffiamo tutto con una birra bella fresca e a fine pasto ci offrono un bicchierino di grappa di riso.
La camera è molto spartana, si tratta infatti di un unico salone diviso da pannelli di compensato, questo serve per delimitare una decina di camerette che assicurano un briciolo di intimità!!! Siamo sfiniti ma la gioia è alle stelle! Abbiamo i “voucher” per la colazione! Cosa c’è di strano? Questo è un foglietto, strappato in piccole porzioni, su ogni pezzettino la guida ha scritto: 1 brekfast, poi ha distribuito ogni pezzettino a ognuno di noi! La colazione sarà sempre le stessa tutte le mattine: una porzione di pane non lievitato una frittatina a volte caffè e a volte tè.
La strada è da incubo, Oggi dobbiamo superare 2 passi il LANK-PA-LA e il GYATSO-LA metri 5220! Breve sosta in un piccolo paesino da cui parte la strada per Everest, ne percorriamo un piccolo tratto facendo in una volta sola 2 errori imperdonabili: il primo: dovevamo stare fermi e calmi, bere molto, questi accorgimenti ci avrebbero evitato il mal di quota che è stato molto spiacevole! Tanto mal di testa, nausea, stanchezza esagerata, se avessimo dato retta al signor Pradep!!! Ci aveva raccomandato: “state fermi appena raggiungete la quota, bevete molto e state FERMI”.
Il secondo: senza dubbio più grave: abbiamo percorso solo un piccolo tratto di strada, siamo stati male e abbiamo visto poco, se avessimo preso 3 giorni in più, potevamo riposare e andare almeno fino al campo base, oltre non ne abbiamo né la capacità né la forza, ma dovevamo almeno fare quello che è nelle nostre possibilità!!! Non so se mi verrà concessa un’altra opportunità, c’è troppo da vedere in giro per il mondo e ripercorrere strade già viste anche se in parte, sarebbe uno spreco di tempo! Si avvicina a noi un bimbo tibetano, tenta un dialogo impossibile tra la sua lingua e la nostra, sono un tantino diverse! A gesti poi ci fa capire che vorrebbe un regalo o dei soldi. Soldi assolutamente NO, non devono abituarsi a elemosinare, così decidiamo di invitarlo a mangiare con noi, felice di stare in nostra compagnia,, consumiamo insieme alcuni panini e qualche frutto, al momento di salutarci gli regalo 1 penna, sembra felice, almeno sembra dimostrarlo.
In serata raggiungiamo l’albergo, a Latse, anche questo è enorme, in Tibet sono tutti così, però non c’è luce elettrica, il bagno e fuori praticamente un buco circondato da alcune stuoie, ho avuto la buona idea di portare una torcia elettrica: utilissima e assolutamente indispensabile! Nella nostra camera abbiamo l’altarino con le divinità e le offerte, molto curato, molto…Tipico, la brocca con l’acqua fredda, il thermos con l’acqua bollente e il secchio per potersi lavare! Praticamente tutti i comfort! Ma siamo in TIBET! Il trasferimento verso Xigatse è spaventoso! Le strade sono da incubo, i panorami sono da fiaba. Non si possono togliere gli occhi dal finestrino ma purtroppo insieme alle montagne e ai grandi spazi la strada ha il sopravvento, l’autista è molto pratico, sa prevedere le curve, sa affrontare i tornanti, sembra tranquillo, lui! Ma per tutti noi è difficile non aver paura. Ci fermiamo in questa città per visitare il monastero di TASHILHUMPO residenza del Panchen Lama risalente al 1447, è molto grande con ricchi affreschi alle pareti. Assistiamo alla preghiera dei monaci: si svolge nei loro dormitori, l’atmosfera è mistica e coinvolgente. I monaci sono accovacciati sui loro giacigli, indisturbati numerosi topolini si servono: nei numerosi altari ci sono molte offerte per le divinità, frutti e dolci, i simpatici roditori “banchettano”, rispettati da tutti, infatti qui si difende la vita in tutte le sue forme. La loro preghiera a noi sembra una nenia quasi ipnotica, ripetono all’infinito una frase, apparentemente sempre la stessa, mentre un monaco serve a tutti il te salato al burro di yak (ho voluto assaggiarlo, è solo per stomaci forti!) Il salone dove si svolge la cerimonia è enorme: il soffitto è sorretto da numerose colonne superbamente decorate appesi ci sono molti drappi in seta dai colori sgargianti e dai ricami preziosi, sono raffigurate le varie divinità. I giacigli sono sistemati sulle panche, tante panche, tante file di panche, i tappeti delimitano ogni posto, ogni tappeto è un posto, ci sono circa un centinaio di tappeti!!! Quando si è seduti su questi “letti” con il soffitto così alto, questi drappi lunghissimi ci si sente infinitamente piccoli, penso che questo effetto sia voluto e non sia un caso. Ovunque altarini, lampade alimentate a burro di yak, la cui luce tremolante disegna nel chiaroscuro delle ombre non troppo rassicuranti, l’odore è acre e molto penetrante non è consentito fotografare! Alla fine della cerimonia un monaco anziano distribuisce ai più giovani una piccola banconota e con questa tra le mani, molto ordinatamente, lasciando il mantello ben piegato come segnaposto tutti escono, sarà la nostra impressione ma sembrano molto sollevati, non si capisce se ciò è dovuta al fatto che la funzione è finita, o se le preghiere hanno avuto su di loro un effetto rilassante, di sicuro qui nessuno sembra stressato. Un po’ per l’emozione, un po’ per la quota, siamo veramente a terra. Non riusciamo neanche a pensare, la testa fa male, un senso di nausea ci assale, il tempo di mandare notizie a casa e ci chiudiamo in camera, senza cenare. Anche una ragazza di Taiwan sta molto male, purtroppo per lei il tour finisce, ha dei seri problemi ed è costretta a prendere il primo volo per Lhasa, ci è dispiaciuto anche perché era così entusiasta e felice di essere in Tibet, ma la cosa importante è capire quando è ora di lasciar perdere e non superare i propri limiti, in questo senso lei è stata molto saggia! C’è voluto un’intera notte di riposo per sentirci di nuovo veri viaggiatori, certo ci siamo sentiti scoraggiati, mi sono chiesta, quando la testa mi scoppiava, “ma io che ci faccio qui?”. Ora per fortuna sono di nuovo io e certe assurdità non me le chiedo più. Praticamente tutti, chi più chi meno, abbiamo avuto dei problemi di quota. Bisogna però sottolineare che è stata una bella compagnia, tutti eravamo abituati a viaggiare e a sopportare i piccoli inconvenienti e le piccole scomodità. Sono stati dei simpaticissimi “compagni di viaggio”.
Arrivati a Gyantse visitiamo una struttura risalente al 1414, Palkhor Choide, su 5 livelli: rappresentano gli stadi per raggiungere l’illuminazione e da 13 anelli, simbolizzano il raggiungimento del Nirvana. E’ una struttura molto imponente e siamo entrati nelle zone più intime del monastero: i laboratori dei monaci: qui fabbricano le lampade votive, creano delle vere sculture, unico elemento usato il burro di yak, sono piccole opere d’arte che finiranno ben presto sciolte! I dormitori, molto semplici e…Affollati, le cucine: sono in grado di soddisfare centinaia di persone, i pentoloni e i fornelli sono giganteschi! In serata giriamo per la città, un cuoco dall’aria molto simpatica, ci segnala il suo ristorante, ci convince e approfittiamo del suo invito. Ne valeva la pena: la sua cucina è ottima, la sua compagnia molto piacevole.
Prima di salutarci ci porta un “quaderno di viaggio” sono ricordi di altri viaggiatori, piccole dediche e ringraziamenti, qualche commento. Mi incuriosisce in particolare lo scritto di una ragazza italiana, ha percorso il viaggio al contrario di noi, quindi lei è arrivata a Gyantse da Lhasa che noi invece raggiungeremo il giorno successivo. Mi impressiona la sua descrizione della strada, a me sembrava spaventosa quella già percorsa ma a quanto dice quello che ci aspetta è terrificante! Spero che abbia esagerato, e comunque sia bisogna andare, sarebbe troppo bello restare qui! Il mio primo acquisto: vedo una bancarella e voglio assolutamente un taglio di stoffa, voglio quella usata dalle signore tibetane per confezionare i loro bellissimi costumi tradizionali. La cosa sembra strana, non è certo un souvenir classico, faccio fatica a farmi capire, con gesti vari riusciamo infine a comprenderci. Adesso che ho trovato il tessuto devo chiedere il prezzo al metro e chiederne 3, sembra facile. A questo punto, non riuscendo a farmi capire, il commesso ha una reazione quasi violenta: infatti mi rendo conto che la mia spiegazione è stata fraintesa e lui ha capito che voglio 3 metri di stoffa al prezzo di 1!!! Desolata per averlo fatto alterare, chiedo scusa e cerco di spiegarmi meglio: ha capito e tutto finisce in una bella risata, bene, ho la mia stoffa e lui tutti i suoi soldi, siamo contenti entrambi, salutandomi il tipo sembra comunque chiedersi “cosa ne farà mai di questo taglio di tessuto”, vorrei dirgli che confezionerò dei bellissimi cuscini, faranno un bel figurone sul mio divano, ma è senz’altro troppo complicato, ci rinuncio e ricambio il saluto.
Solita colazione e via! Dobbiamo raggiungere Lhasa, San Cristoforo in società con Bhudda ci hanno protetto: non c’è altra spiegazione!!! Dobbiamo percorrere 260 km. Di una strada che è un cantiere unico. Superare i passi di KAMBA-LA e KARO-LA 5010 m. Tutto molto spettacolare e tutto molto, molto pericoloso! Ci sono dei passaggi in cui il nostro pullman si inclina talmente da sfiorare il punto di ribaltamento, ogni tanto si sentono dei rumori sinistri provenienti dalle ruote, la marmitta è spaccata e il radiatore perde acqua, bisogna continuamente rabboccarlo. Finalmente siamo in vista del magnifico lago YAMDROK-TSO (il lago turchese), qui i cinesi vogliono costruire un enorme centro turistico: grandi alberghi, parcheggi, piscine ecc.Ecc. E hanno aperto un cantiere di 260 km. QUESTI CINESI!!! Costeggiamo il lago, la strada è a picco su di esso, c’è silenzio, forse preghiamo tutti! Anche i due ragazzi belgi, molto simpatici e sempre pronti alla risata…Sono impietriti anche loro.
A ogni buca l’autista scende a controllare le ruote, questo non ci rassicura di certo! Quando finalmente raggiungiamo l’ultimo passo si fa una sosta, come se avessimo le molle schizziamo tutti fuori dal pullman, un attimo e non si vede più nessuno per alcuni minuti! L’autista si sdraia in terra, chiude gli occhi per qualche secondo. Quando infine si alza aggiunge qualche “bandierina di preghiera” alle lunghissime file che già si trovano sul passo: lo capiamo benissimo e siamo solidali con lui. E’ molto suggestivo vedere queste offerte così colorate agitarsi al vento! Ma…C’è ancora tutta la discesa da affrontare, non siamo ancora fuori pericolo! Questa è veramente tremenda i freni si surriscaldano, un pochino di acqua al radiatore e un pochino ai freni, controllatina alle ruote a ogni buca e così fino a Lhasa! Arriviamo che è ormai quasi sera, con la luce calda del tramonto, dopo questa giornata estenuante la vista del POTALA, che meraviglia, ci guardiamo tutti come se ci vedessimo per la prima volta, nei nostri occhi c’è lo stupore di chi ha visto la terra dopo un naufragio! Ci sentiamo felici ma di una felicità autentica e pura. Chiediamo alla nostra guida di fermarci per contemplare questa struttura da lontano, ne abbiamo bisogno, alcuni minuti di raccoglimento sono indispensabili per apprezzare l’elegante bellezza tanto pericolosa da raggiungere.
Siamo arrivati al nostro hotel: hotel Flora, non lo dimenticherò mai, come un oasi nel deserto, dopo tante strutture precarie un albergo con Doccia vera, ora più che mai ci vuole! Durante il tragitto in pullman approfittando di un momento di tranquillità, abbiamo intervistato la nostra guida, un ragazzo di circa 20 anni. Gli abbiamo chiesto:”I cinesi come vi trattano? Siete emarginati? Avete dei problemi o vivete l’oppressione di un popolo invasore?” Certo la domanda non era poi tanto carina, come sono trattati i tibetani lo sappiamo, era però interessante sentire l’opignone di un diretto interessato.
Lui con notevole imbarazzo ci guarda e non sapendo cosa fare inizia a ridere e ridendo farfuglia questa frase:”I don’t speak” (io non parlo, non parlo…) continua a ripetere queste parole sempre più imbarazzato. Ci dispiace volevamo parlare ma ci rendiamo presto conto che non hanno neanche la libertà di parola. Si procede e ormai non ci pensiamo già più. Breve sosta per ammirare il lago turchese, il punto di vista è magnifico. Incontriamo molti operai alcuni lavorano altri sono in pausa, approfittano per pescare, in queste acque ci sono dei pesci molto grandi ci avviciniamo alla guida per sapere il nome di tali pesci, immediatamente lui sorridendo se ne esce con queste parole : “Chinese! The tibetan people don’t eat fish! “ (cinesi! I tibetani non mangiano pesce!) Nelle sue parole e nel suo sguardo si legge tutto lo sdegno possibile verso questo popolo invasore! Non ha potuto risponderci a tono ma al momento giusto ci ha fatto capire il suo pensiero e quello di tutti i tibetani! Lhasa è una città tipica dell’Asia Centrale, piena zeppa di cinesi, sono ovunque.
Il Potala che solo ieri ci aveva commosso oggi alla luce del giorno ci provoca quasi un dolore fisico: solamente il 10% è visitabile, dei monaci neanche l’ombra, ai fedeli è permesso entrare ma la spiritualità non è più di casa qui! Cinesi gestiscono il tutto come un opera storica, come qualcosa che appartiene al passato, una cosa che non serve più ma rende economicamente quindi curano lo stretto necessario, ale intere del complesso hanno l’aria cadente e abbandonata! In un salone molto grande c’è un enorme ristorante…
Altri saloni sono adibiti a musei, per poterli visitare bisogna pagare un secondo ingresso, ci rifiutiamo questo non è un centro archeologico è un posto molto vivo nel cuore di tutti i tibetani, non è giusto che sia trattato così! Finalmente visitiamo il monastero di SERA, qui sentiamo l’atmosfera di sacralità, i monaci gestiscono tutta l’area, sono tanti, anche giovanissimi, molti fedeli liberi di professare la propria fede liberamente, almeno ci sembra! Nel pomeriggio assistiamo a una discussione filosofica. Sono monaci per lo più giovanissimi, alcuni dedicano al monastero solo un paio di anni poi tornano a essere ragazzi normali, certo in questo periodo possono approfondire i loro studi. E’ anche importante per questi ragazzi sentirsi vicini alla loro religione conservare le loro tradizioni e trasmetterle poi ai loro figli! Purtroppo non abbiamo capito una parola e non sapremo mai se parlavano veramente di filosofia, per quello che ne sappiamo potevano parlare di qualsiasi cosa! L’interessante, però è stato osservare: si sono formati molti gruppi, in questi un solo monaco è in piedi, gli altri sono seduti intorno a lui, quasi a formare un semicerchio. Il monaco in piedi lancia una frase e cerca con lo sguardo tra i monaci seduti colui che dovrebbe rispondergli. Finita la frase batte le mani e facendo un passo avanti indica il prescelto. Questi si deve dare da fare per rispondere a senso, a volte è preso di sorpresa e un altro risponde per lui. Quando il primo monaco non ha più argomenti da lanciare viene sostituito da un altro e così via, sono molto presi dalle loro discussioni, alcuni alzano la voce per difendere il loro pensiero, altri osservano molto attentamente senza partecipare…
Mi sarebbe piaciuto molto poter capire…
Peccato ci siano tante lingue diverse su questo pianeta, sarebbe molto bello poter capire tutti e conoscere e far conoscere senza difficoltà, i nostri e i loro pensieri! La nostra visita in Tibet purtroppo volge al termine, la nostra impressione è stata che questo popolo molto mite sia stato sottomesso dai cinesi proprio per il loro attaccamento alla religione. Ci è sembrato che la loro indole pacifica e tranquilla sia stata sfruttata dai cinesi.
Durante il nostro viaggio ci è capitato molte vole di vedere i bimbi andare a scuola. Come tutti i bambini del mondo! Ma abbiamo potuto osservare qualcosa di poco piacevole: tutta la scolaresca forma una fila ordinatissima, fin qui niente di strano, sono cinesi! La cosa triste è che tutta la scolaresca cinesi o tibetani che siano, segue la bandiera “CINESE”, tutti in fila dietro di essa! E la bandiera tibetana dov’è? I cinesi portano il progresso, ancora di più adesso con la ferrovia Pekino-Lhasa, i giovani tibetani perderanno a poco a poco le loro tradizione per diventare “cinesi” anche loro. Certo non sta a noi giudicare, la storia è piena di popolazioni dominanti, anche questo ha accelerato lo sviluppo fondendosi una popolazione dominante con quella indigena si sviluppa una nuova popolazione, di solito questo porta a una crescita economica e artistica, ma quante vite dovranno essere ancora sacrificate in nome del progresso? Ringrazio e saluto tutta la popolazione tibetana che ho incontrato in questo viaggio indimenticabile!