Viaggio Polinesia isole Marchesi isola di Pasqua
Il viaggio in Polinesia è stato elaborato nei minimi particolari un anno prima. L’entusiasmo è stato grande perché l’itinerario fatto da noi e poi gestito dal tour operator PARADISO, ci ha assicurato tutte le comodità dei luoghi che ci ospitavano.
Partenza il 17 aprile alle ore 13 dall’aeroporto di Genova con volo Air France per Parigi. Dopo una sosta di circa quattro ore siamo partiti per Papeete con sosta tecnica a Los Angeles.
Arrivati a Tahiti alle cinque del mattino ora locale, anche se mezzi addormentati a causa delle circa 30 ore di viaggio, una musica polinesiana ci accoglieva festosa con le loro tradizioni e donandoci le famose collane e ghirlande di fiori freschi.Quindi con un piccolo aereo,siamo partiti alla volta dell’isola Moorea dove siamo giunti dopo circa 10 minuti di volo.Ad attenderci abbiamo trovato la nostra guida Alfredo, un Italiano trasferitosi sull’isola. Al villaggio, l’unico gestito da polinesiani , siamo stati accolti da un’atmosfera festosa e rilassante con aperitivi tropicali che ci hanno rinfrescato.
Dopo,guardandoci attorno, ci siamo resi conto come doveva essere il Paradiso prima dell’avvento dell’uomo.L’isola, di origine vulcanica, è circondata dalla barriera corallina e da una cornice naturale fatta di mare limpido e trasparente, pesci curiosi e variopinti, il tutto contornato da una vegetazione con una infinità di fiori colorati.Ci siamo regalati sei giorni di completo relax con gite in piroga per visitare atolli disabitati e i luoghi più caratteristici come la baia di Cook, le coltivazioni di ananas e le antiche vestigia. Di fronte all’albergo separata da circa un centinaio di metri esiste un piccolissimo atollo ricco di palme delizia delle nostre avventure subacquee e del dolce nostro far niente.
Nei sei giorni trascorsi sull’isola abbiamo conosciuto e apprezzato i loro usi e costumi imparando (si fa per dire) i balli sensuali polinesiani e vestendoci come loro.In nostro onore la domenica è stato imbandito il pranzo delle grandi feste che consiste in carne di maiale comprese le teste,verdure,banane, frutti dell’albero del pane,teste di pesce e altri intrugli. Il tutto cotto in un unico contenitore sotto un metro di sabbia e ricoperto da foglie di palma.La sorpresa è stata a pranzo in quanto il tutto si doveva mangiare rigorosamente con le mani.Sinceramente pochi di noi sono riusciti a fare onore a questo banchetto donatoci con amore e felicità, ma l’odore per noi occidentali era poco invitante e la vista non aiutava a stuzzicare il palato.
Il 24 aprile partenza aerea per l’isola di Huahine,un atollo ancora poco frequentato dai turisti, con una vasta vegetazione, alberi di cocco con grandi radici immerse in una sabbia bianchissima, palme che si protendevano verso il mare e alberi di banane facevano da cornice al nostro villaggio.
L’isola in effetti è divisa in due atolli uniti da un ponte.Nei quattro giorni trascorsi abbiamo girato con una macchina presa in affitto.Il secondo giorno nel nostro esplorare l’isola, ci siamo imbattuti in una barca che ci ha accompagnato gratuitamente,(siamo Genovesi) a visitare la coltivazione delle famose perle nere. Dopo la spiegazione fatta da un’Australiana, ivi trasferitasi, di come avviene la preparazione e la lavorazione delle perle, le nostre mogli non si sono lasciate sfuggire l’occasione per fare acquisti.
Il giorno della partenza un bel temporale ci hà accompagnato all’aeroporto per la mitica isola di Bora Bora.Dal finestrino dell’aereo il panorama dell’isola ci appare in tutto il suo splendore, una barriera corallina avvolge l’atollo che ha un picco vulcanico al centro dell’isola sempre coperto da nuvolette mentre la laguna intorno era contornata da mille variazioni di colori.Appena scesi dall’aereo dopo il tradizionale regalo fatto di collane di fiori o di conchiglie e di ghirlande floreali, questo benvenuto è un rito che ci seguirà anche in futuro, abbiamo conosciuto la nostra guida Agostino un Italiano mandato laggiù dal tour operator.
Dopo averci aiutato con i bagagli ci ha fatto salire su un grosso catamarano a pochi metri dall’aeroporto, portandoci sull’isola. A Bora Bora non abbiamo badato a spese alloggiando nelle magnifiche palafitte alle quali si accede tramite passerelle o direttamente dal mare.Il giorno dopo un catamarano è stato a nostra disposizione facendoci visitare atolli sperduti e isolati regalando ai nostri increduli occhi visioni di rara bellezza (eppure il mondo l’abbiamo girato abbastanza). Purtroppo le foto e le filmine fatte non rendono onore alla realtà.Per fortuna una foto con la spiaggia piu’ bella di Bora Bora ha colori reali e fa sfoggio in camera mia.
Sono stati giorni di coccole sulla spiaggia e immersi nel romanticismo fatto di cene a lume di candela, tramonti, e di albe (poche per la verità).Dopo quattro giorni siamo partiti non senza rimpianto per Rangiroa l’atollo ha la forma di un anello senza l’isola centrale e devo dire che non ha niente da invidiare a Bora Bora, anzi un pezzo del mio cuore è rimasto laggiù .Il villaggio il Kia Ora è molto bello e va oltre le nostre più rosee aspettative e le serate erano allietate da coinvolgenti spettacoli polinesiani. L’isola è un paradiso per gli amanti del sub.Infatti pesci tropicali e multicolori nuotano insieme a noi.Purtroppo anche piccoli (vicino a riva) e grandi (al largo) squali pattugliano la costa . Mentre i piu’ piccoli fanno a gara per venire ai tuoi piedi nuotando a filo d’acqua e non sono pericolosi, cosi’ non si può dire delle inquietanti pinne che si vedono girare piu’ al largo, invece le razze si comportano come cagnolini mangiando il cibo dalle nostre mani..
Dopo due giorni abbiamo affittato un barcone che ci ha trasportato alla laguna blu con i suoi innumerevoli isolotti chiamati motu dove conchiglie giganti attendono il turista per stupirli con la loro bellezza.Un pranzo polinesiano a base di pesce alla brace, un ballo locale e tanta allegria ha fatto di quella giornata un ricordo incancellabile che sarà sempre presente nelle nostre serate invernali Italiane. Il quarto giorno siamo partiti per l’isola di Tahiti. Atterrati a Papeete sono venuti a prenderci per portarci al Royal Tahitienne.
L’albergo ha un grande parco tropicale, una piscina con cascata e spiaggia nera.La permanenza a Tahiti è stata di due giorni giusto il tempo per visitare Papeete e il suo mercato.La sera ci siamo recati in discoteca ballando al ritmo della musica polinesiana. Quello che ci ha colpito è il grande numero di ubriachi che il venerdi e sabato sera girano per strada .La nostra guida, (abbiamo ritrovato Alfredo) ci ha spiegato che è pericoloso camminare sui bordi dei marciapiedi a causa delle auto. Inoltre i mariti, tornando a casa ubriachi picchiano le mogli è per questo che le ragazze sono attirate dagli stranieri. Lasciati i bagagli ingombranti in albergo prendiamo solo lo stretto necessario per i tre giorni da trascorrere alle isole Marchesi, chiamate dai nativi”Te henua enata”( la terra degli uomini).
Dopo circa quattro ore di volo eccoci a Nuku Hiva una delle sei isole abitate sulle dodici dell’arcipelago e centro amministrativo ed economico delle Marchesi.
Turisticamente scoperte nel 1963 l’isola ci accoglie nel peggiore dei modi. 1°) Perché a metà viaggio l’aereo si è guastato e ha dovuto tornare a Papeete dove siamo ripartiti dopo due ore. 2°) Invece dell’elicottero che doveva portarci in albergo ( che consiste in capanne spartane) siamo dovuti arrivarci in fuoristrada con un viaggio durato tre ore su strade non asfaltate che sembravano viottoli. Il cielo plumbeo era gonfio di pioggia, avvolti dalla nebbia, si scorgevano a malapena picchi, precipizi e la vegetazione che cambiava ad ogni curva. Lo scoramento era tale da farci ripetere piu’volte la frase (chi ce lo ha fatto fare a venire qui’?) ma alla fine siamo giunti in vista del paese.
La veduta dall’alto ( intanto era tornato il sereno) è stata emozionante. La vista delle casette, su un’isola sperduta, riunite in villaggio ma distanziate tra loro, seminascoste dalla vegetazione, affacciate su un golfo mozzafiato, dove due isolotti uno di fronte all’altro chiamati (le sentinelle) sembrano di guardia alla baia, ci ha rasserenato.
Lasciati i pochi bagagli in albergo siamo andati alla scoperta del paese.Dopo aver passato il cimitero “rigorosamente sulla spiaggia” ci siamo imbattuti in un centro sociale vicino alle scuole, dove le ragazzine imparavano i loro balli tipici , le donne giocavano al bingo e gli uomini a bocce o a pallone.Più avanti c’era la casa del governatore con la bandiera francese, la banca, la prigione “ c’erano due detenuti per ubriachezza” e l’ospedale.
Le famose piroghe e un piccolo centro commerciale l’abbiamo trovato nella zona del porticciolo ma quello che ci ha colpito di più è stata la chiesa. Per poterla visitare abbiamo dovuto toglierci le scarpe ,L’altare, la fonte battesimale e tutti gli addobbi sono scolpiti su legno . La sera giunge presto a quelle latitudini, cena alle 7 a base di carne ( favolosa solo in America ho mangiato una bistecca cosi’ gustosa) poi ognuno si ritira in casa e anche il nostro albergo non fa eccezione infatti olle 20,30 spengono tutte le luci ,solo i cani girano liberi per strada riunendosi in branchi e se di giorno non fanno paura la sera è meglio girare in macchina.Il buio è quasi totale solo due lampioni illuminano l’albergo, inoltre anche i moschitos non scherzano infatti eravamo torturati da questi microscopici e terribili insetti.Ma alla fine non avendo nulla da fare il nostro sguardo si è rivolto al cielo e qui abbiamo capito quale era il vero protagonista delle isole Marchesi LA NATURA (è sconsolante scoprire che, per colpa della nostra vita frenetica, ci accorgiamo delle bellezze che ci circondano solo quando non abbiamo nulla da fare).
Il candore della via lattea era sopra di noi e stelle brillanti ed enormi le facevano da contorno.Sembravano tanto vicine che bastava allungare la mano per poterle toccare.Eravamo tutti col naso in su a scrutare la volta, lo spettacolo di quel cielo limpido ha cancellato tutto lo stress e la stanchezza accumulata durante il viaggio.
L’indomani ci siamo svegliati con un sole splendente. L’isola ci è apparsa in tutta la sua meraviglia, priva della barriera corallina,dominata da una giungla prepotente coronata da montagne con pareti rocciose alte fino a 1000 mt, e scogliere di lava che precipitano nell’oceano profondo e azzurrissimo.La natura conferisce a questa isola qualcosa di selvaggio, misterioso, intrigante ma anche incantevole con le sue baie fatte a dita di mano.Con una jeep e una guida locale siamo andati a visitarla per poter scoprire le sue bellezze.
Durante il viaggio durato tre ore, velocità massima 30km/h, verso il villaggio di Te Henua, abbiamo scoperto che i cavalli sono lasciati liberi di pascolare e insieme ai cani, maiali e galline la fanno da padroni in questa natura selvaggia. Durante il trasferimento notiamo, in prossimità delle rare e sperdute abitazioni, carri con noci di cocco ad essiccare al sole, la guida ci ha spiegato che una volta essiccati vengono inviati a Tahiti dove saranno lavorate per estrarre l’olio di monoi.Giunti in prossimità del villaggio Te Henua abbiamo notato delle rocce a forma di guglie,la guida ci ha spiegato che laggiù vengono seppelliti, con tutto l’oro, i capi villaggio o le persone importanti, calandoli in quegli anfratti con delle corde.
Il villaggio situato sul mare con una spiaggia nera è molto tranquillo e dopo aver pranzato nell’unico ristorante che faceva anche d’albergo siamo andati in casa di un intagliatore di legno che ci ha mostrato le sue sculture ma le donne sono state attratte da diversi parei sulle pareti che figuravano paesaggi con colori molto forti, dopo alcuni acquisti siamo tornati al nostro albergo.Il giorno dopo ci siamo recati con i cavalli a visitare antichi reperti archeologici nella foresta. E laggiù abbiamo scoperto come vivevano e gestivano il villaggio. Inoltre siamo andati a vedere lo stupendo paesaggio dove si è svolto il film SURVIVAL .
Il terzo giorno abbiamo fatto la nostra pazzia , dato che le isole Marchesi sono famose per l’arte locale del tatuaggio, anche noi abbiamo onorato questa usanza .
Partendo il giorno dopo per l’aeroporto abbiamo rivisto i picchi e precipizi che tanta inquietudine ci aveva fatto all’arrivo e devo dire che tutto ciò era giustificato. Col sole abbiamo potuto notare quanto pericolosa era la strada, e senza un fuoristrada con le ruote motrici inserite, non avremmo potuto metterci in viaggio,infatti la strada o meglio il “viottolo” era uno sterrato con buche enormi.
Appena partiti con l’aereo veniamo avvisati dal comandante che era giunta notizia di una imbarcazione di pescatori che andava alla deriva a causa della rottura del motore e aveva bisogno d’aiuto.L’aereo ha cominciato a volare a bassa quota sul mare,facendo cabrate improvvise per circa 30 minuti (non sto a raccontarvi quello che è successo dentro l’aereo) avvistata l’imbarcazione abbiamo volato in tondo sulla stessa per altri 30 minuti per controllare in quale direzione l’imbarcazione veniva sospinta dalle correnti. Il malessere a bordo si era fatto veramente pesante tanto che sembrava un viaggio dell’Usl. Fatto scalo nell’isola di Hiva Oa per effettuare il rifornimento, siamo ripartiti per Papeete dove siamo giunti con un ritardo pazzesco. Giunti in albergo la sera tardi ci siamo dovuti arrangiare per la cena (omelette patatine e birra circa 25 euro).Il giorno dopo, era di domenica, siamo andati a sentire messa in una chiesa Anglicana , ci ha colpito la cura che ha la gente nel vestirsi, le donne avevano capellini di paglia di varie fogge e vestiti merlati bianchi, mentre gli uomini giacca e cravatta.Il Pastore molto gentilmente ci ha invitato ad assistere alla messa cantata da diversi cori, anche se avevamo pantaloncini corti e camicie con maniche corte. La sera del giorno dopo, lasciati i bagagli ingombranti in albergo e fatto il cambio di biancheria , partenza per l’isola di Pasqua ( non chiamatela cosi davanti agli isolani ma Rapa Nui). Partiti con quattro ore di ritardo e dopo otto ore di volo con un aereo cileno nuovissimo siamo arrivati a Rapa Nui. Lo sapevate che l’aeroporto ha la pista attrezzata per le emergenze degli shuttle?.
Dopo aver sbrigato le formalità con la dogana Cilena, abbiamo fatto conoscenza con la nostra guida un Tedesco ( Hermann Fritsch ) parlante lingua Italiana , stabilitosi sull’isola da diversi anni per divergenze con la moglie.L’isola più isolata del mondo, si è spogliata dei suoi misteri tramite i racconti della nostra guida.In quattro giorni Hermann ci ha aperto gli occhi sulle varie fantasie, fatta anche di extraterrestri, che ruotano attorno alla storia di quest’isola.
Il primo giorno siamo andati a visitare il cratere “spento” Rano kau un picco vulcanico a strapiombo sull’oceano.Poco distante affiorano tra le onde i due isolotti rocciosi,dove la tradizione vuole che i migliori guerrieri dei vari villaggi si affrontassero per diventare l’uomo uccello.La storia racconta che la sfida consisteva nell’attraversare un braccio di mare lungo 2000 mt infestato da squali e percorso da forti correnti, indi giungere sull’isolotto dove l’uccello fregata ha il suo nido, prendere un uovo, legarselo sulla fronte e tornare indietro, colui che arrivava per primo in cima alla rupe da dove era partito senza rompere l’uovo,era dichiarato “uomo uccello “e diventava l’uomo sacro dei vari villaggi. Inoltre doveva sposare una ragazza che era stata segregata per un anno in una grotta affinché la sua pelle diventasse bianca come il latte. .
Le grandi statue chiamate Moai erano a protezione dei vari villaggi infatti sono tutti rivolti verso l’interno. Solo un gruppo di sette statue guardano il mare ed indicano i primi esploratori e la loro provenienza.
Per gli isolani il terreno dove si trovano queste statue è suolo sacro,e non è consigliabile fare foto o riprese tra i Moai ,ma da una certa distanza per non suscitare la loro collera.L’isola ha pochissimi alberi dovuto ad un recente tentativo di rimboschimento,infatti la popolazione lavorando quelle enormi statue, nelle cave all’interno dell’isola, doveva poi trasportarle al mare dove c’erano i vari villaggi, usando i tronchi d’albero come scivolo. Albero dopo albero resero sterile il terreno e dopo aver distrutto tutto ciò che li circondava, cominciarono a diventare cannibali mangiandosi tra di loro.
Per fortuna oggi non è più cosi, il villaggio principale Hanga Roa è povero ma dignitoso pieno di bambini (le scuole fanno tre turni) e la gente è cordiale.Nella piazza principale di fronte alla chiesa si ergono due statue a ricordo del trattato d’annessione con lo stato Cileno del 1888. Si tratta del re “Atame Tekena” in rappresentanza di Rapa nui e del capitano di fregata “Policarpo Toro” in rappresentanza dello stato Cileno.Poco distante c’è l’ospedale e una base militare Cilena. Il centro è disseminato di vari negozietti di souvenir e piccoli centri commerciali. I cavalli le mucche,e galline sono animali che girano liberi nell’isola mentre le terre coltivate sono rare a causa dell’indolenza degli isolani, caratteristica riscontrata anche in Polinesia dove il rifiuto al lavoro è palese e la voglia di libertà è tanta .
L’ultimo giorno a Rapa Nui ci ha regalato un tramonto da togliere il respiro lasciandoci un ricordo che porteremo sempre nel cuore.Tornati a Papeete abbiamo trascorso gli ultimi tre giorni nel riposo più totale.Abbiamo fatto ritorno in Italia con un bagaglio in più ( fatto dei ricordi di paesi lontani con le loro tradizioni e culture che il turista deve sempre rispettare).Grazie ai miei amici ho potuto fare un bellissimo viaggio pieno di conoscenze ed emozioni che spero presto si ripetano andando a visitare la Patagonia e la terra del fuoco.
Augurando che il nostro viaggio possa servire a qualcuno saluto cordialmente. CIAO DA BRUNO e LUCIA