Viaggio itinerante attraverso Cuba
Indice dei contenuti
1) Siamo arrivate a L’Avana il 3 Febbraio con volo Air France che ha fatto scalo a Parigi. Il prezzo era veramente conveniente. Peccato che per qualche motivo al check-in non ci siano stati assegnati posti l’uno accanto all’altra. Dato che Eli non ama particolarmente volare, abbiamo pregato il personale a bordo di fare in modo di farci sedere accanto, e devo dire che sono stati tutti gentilissimi e il problema si è presto risolto.
Il primo posto che abbiamo deciso di visitare è stato ovviamente L’Avana. Avevamo degli ottimi contatti per una casa particular al Vedado, quartiere residenziale bellissimo, pieno di case coloniali, alberato, “fresco”. Un amico del proprietario della casa è venuto a prenderci in aeroporto insieme alla moglie, sulla sua Ford del 1956, tenuta benissimo! Io ed Eli eravamo a dir poco entusiaste di viaggiare in una macchina così. Dentro sembrava un salotto. Arrivate a casa di Felix e Lidia, siamo state subito invitate ad immergerci nell’atmosfera cubana. Sedute sulle sedie a dondolo del patio, Felix ci ha offerto dell’ottimo rum. Certo, dopo una giornata intera passata a viaggiare magari bere alcolici non è proprio la cosa migliore da fare, ma era così buono e dolce che non abbiamo resistito, e ha contribuito a riscaldarci ulteriormente (non che ce ne fosse bisogno, visto la temperatura). Felix è un gran chiacchierone, un pozzo di scienza. Ha sempre una risposta a tutte le domande, è sempre pronto a dare consigli, e parla anche un po’ di Italiano. Tra il suo Italiano e il nostro Spagnolo non abbiamo avuto problemi a capirci. La casa è splendida, con stanze grandi, ariose, soffitti altissimi, e un giardino rigoglioso. Lidia, la moglie di Felix, è una cuoca fantastica; è dolcissima e materna (ci seguiva sino alla porta per ricordarci di mettere la protezione solare e non stare troppo al sole!).
Abbiamo passato 3 notti a L’Avana. È una città ricca di fascino, profuma di mare e vita. La mattina, appena sveglie, abbiamo fatto un’ottima colazione a casa, con frutta, uova, pane, marmellata e ottimo caffè, fatto con la moka proprio come da noi. Poi, abbiamo iniziato a camminare in direzione Avana Vecchia, passeggiando lungo il Malecon, una sorta di lungomare con tanti frangiflutti, una finestra della città sull’oceano, dove gli abitanti amano passeggiare al tramonto. Il mare era leggermente mosso, le onde infrangendosi sollevavano fantastici schizzi – un’atmosfera a dir poco affascinante, con un profumo di oceano inebriante. Alla destra, l’Hotel Nacional si erge su una collina, è un grande albergo, ma anche un sito storico di grande importanza, e fantastico ritrovo per un cocktail al tramonto. Inutile dire che la sera ne abbiamo approfittato.
Di tutte le capitali latino-americane che abbiamo visto, sicuramente L’Avana è quella che ci è piaciuta di più, la più interessante per il suo mix di storia, tradizioni, musica, gente e anche natura. I musei interessanti sono tantissimi – il museo della rivoluzione prima di tutto. Il Canejon de Cameles è un museo a cielo aperto. La Cattedrale è bellissima. Ma forse quello che più ci ha colpito è la decadenza. Proprio così. In qualsiasi altro Paese, gli edifici che cadono a pezzi sono solo, appunto, “edifici che cadono a pezzi” e in attesa di essere demoliti perché qualche altra cosa venga ricostruita al loro posto. A Cuba, si finisce col fotografarli e pensare che sono affascinanti e ci si domanda se L’Avana sarebbe altrettanto interessante se non fosse così decadente. Capita di trovare, dietro il Capitolio – che proprio ora sta venendo restaurato – e la luccicante Fabbrica di Sigari dei palazzoni pieni di ruggine con le facciate che cadono a pezzi. Sembrano edifici abbandonati, ma magicamente qualcuno compare sul balcone per gettare le chiavi di casa al figlio, per stendere la biancheria ad asciugare al sole, o anche solo per ascoltare musica. Magari è per questo che L’Avana Vecchia si chiama così!
Abbiamo chiesto a Felix, il padrone di casa, come mai gli edifici vengono lasciati in queste condizioni. Mi ha spiegato che a Cuba i materiali per la ristrutturazione, tra cui la tinta, si comprano in pesos convertibles (CUC), mentre i salari dei Cubani sono pagati in moneda nacional (MN). Ad un cambio di 25 MN per un CUC, la maggior parte della gente non può proprio permettersi di comprare i materiali e quindi preferisce spendere i soldi guadagnati in cose più essenziali.
Quel che posso dire è che alla fine a noi vedere questi edifici decadenti non è dispiaciuto.
Oltre a quelli citati, ci sono altri posti che vanno visitati a L’Avana. Saranno anche trappole per turisti, ma noi non abbiamo resistito al fascino della Bodeguita del Medio, e a quello del Floridita, mete di Hemingway. Inutile dire che non abbiamo mai assaggiato un daiquiri migliore di quello del Floridita. Inizialmente volevamo fare le brave ragazze, ma poi, visto che i cocktails a Cuba sono così buoni, non abbiamo saputo resistere e ogni giorno, alle 18:00 in punto, correvamo a farci un aperitivo – pina colada, mojito…
A L’Avana noi abbiamo anche voluto vedere la cerimonia del Canonazo, alla Cabana ovvero un forte che in teoria avrebbe dovuto proteggere la città dagli Inglesi. La cerimonia consiste in una ricostruzione fedele di un cerimoniale che serviva ad avvisare, con un colpo di cannone, che era giunta l’ora di chiudere le mura della città. Lo spettacolo è interessante. Prima che inizi la cerimonia si può visitare il forte, con tutti i musei. Arrivato a L’Avana, inizialmente Ernesto Che Guevara aveva stabilito proprio alla Cabana il suo quartier generale. E poi da lassù la vista della città di notte è davvero bella. I Cubani che visitano L’Avana vanno a vedere la cerimonia, quindi sarà anche turistica, ma c’è anche tanta gente del posto. Secondo noi ne è valsa la pena. Per arrivarci, abbiamo negoziato un taxi. Noi siamo molto brave a barattare: giocate sempre al ribasso, ma mostrate sempre rispetto per la persona con cui state contrattando.
Fate attenzione però, perché ci sono due tipi di taxi, quelli del governo, e quelli “particular” ovvero privati. Quelli del governo sono gialli e neri. Quelli particular sono proprio delle auto private, ma devono esporre la scritta taxi. Inutile dire che i taxi del governo hanno tariffe fisse, mentre quelli particular no, e si può contrattare. Quindi, sono più convenienti.
Piccola parentesi numero uno: a Cuba ci sono mezzi di trasporto per tutti i gusti. Le macchine anni ’50 sono uno dei simboli dell’isola. Ci sono ovunque, e se i primi giorni si sta sempre a bocca aperta per lo stupore nel vedere reperti storici che camminano, poi ci si fa quasi l’abitudine. Non tutti i proprietari sono particolarmente dediti alla manutenzione, così alcune di queste macchine più che auto d’epoca sono semplicemente vecchie e fanno tantissimo fumo nero e rumore. Ma salirci è comunque un’esperienza. Comprare una macchina a Cuba è molto costoso, così alcune delle auto che si vedono in giro sono un curioso mix di pezzi recuperati qui e là, spesso non hanno nemmeno le cinture di sicurezza, hanno gli sportelli in compensato, ma state certi che non manca mai uno stereo nuovo di zecca: i Cubani non possono vivere senza musica!
Oltre alle macchine d’epoca, si vedono in giro tantissime moto con i sidecar. E poi, ci sono i bicitaxi: anche se in teoria gli stranieri non dovrebbero salirci, lo fanno tutti e nessuno controlla. E con un po’ di fortuna, caricheranno anche i vostri zaini. Potete altrimenti optare per i carretti trainati da cavalli. Inizialmente eravamo un po’ sorprese dal vederli in giro anche nelle città. Ma poi abbiamo visto che hanno anche un tariffario! I cocotaxi sono simili a delle motocarrozzelle. Di certo vanno lenti, ma nessuno ha mai fretta a Cuba. Le camionetas sono camion degli anni ’50 riadattati per funzionare come bus. La gente sale sul rimorchio. Non sono il massimo della sicurezza, perché spesso si ribaltano, e oltretutto si sta in piedi e piuttosto stretti. Per i viaggi a lunga distanza noi abbiamo preso i bus della Viazul, ma siete avvertiti: il bus si ferma in continuazione, per caricare e scaricare passeggeri che sono amici dell’autista, per permettergli di fare la spesa e portarla a casa. Oltretutto spesso mantengono l’aria condizionata veramente al massimo e dentro si gela. Per non parlare della manutenzione che magari non viene fatta, col risultato che la gomma esplode e nel mezzo del niente l’autista si deve fermare a cambiarla. Se volete viaggiare un po’ più comodi optate per il Transtur.
6 Febbraio
La mattina abbiamo preso il volo per Santiago de Cuba, con la Cubana de Aviacion. A Santiago abbiamo dormito da Maruchi, una bellissima casa coloniale in centro. Abbiamo trovato il nome sulla Lonely. La cosa che ci ha colpito è che sebbene la città sia molto inquinata e chiassosa, la casa era una vera oasi di pace. Fantastica! Maruchi dev’essere molto conosciuta in città. È una esperta di Santeria, religione sincretica che mischia radici africane ad insegnamenti cristiani, quindi è sempre circondata da un’aura di mistero, e sicuramente non apprezza molto i curiosi che mancano di rispetto alla sua religione. Noi non abbiamo fatto domande, perché comunque la religione resta un aspetto molto privato e non ci siamo sentite di invaderlo. La casa è curatissima nei dettagli, il giardino pieno di piante, e circolano anche due bei gattoni, un cane, un pappagallo e ci sono due acquari. A casa c’era sempre un grande viavai di gente – amici, collaboratori della casa, tra cui un simpaticissimo rastafarian che ha iniziato a chiamare me “la flaca” o “sirena”, le cuoche, le ragazze che facevano le pulizie. Tutti gentilissimi e simpaticissimi.
Appena arrivate da Maruchi abbiamo fatto colazione – e che colazione! La migliore di Cuba, sicuramente. Poi siamo partite alla scoperta della città, a dir poco rumorosa! Santiago è più piccola dell’Avana, ma infinitamente più inquinata. È strapieno di moto, camion, macchine, tutti così vecchi che fanno un fumo terribile e un rumore assordante, e sfrecciano in ogni direzione. È anche pieno di gente per le strade che chiede qualsiasi cosa: penne, matite, sapone, caramelle. E non mancano i famosi “jineteros”, ovvero i procacciatori di affari, persone letteralmente pagate per procurare clienti ai taxi, alle case particulares, ai ristoranti. Per non parlare dei ragazzi che chiedono apertamente se si desidera compagnia o si vuole passare la notte con loro. Noi abbiamo proseguito dritte per la nostra strada, ma ammetto che è stato faticoso dire “no, gracias” ogni pochi secondi e a volte c’è scappato anche un sonoro “lasciateci in pace!” che irrimediabilmente era accolto dalle grasse risate dei locali. Anche i bambini chiedono tante cose, in particolare caramelle e gomme da masticare. E sono davvero teneri. Noi ne avevamo un po’, ne abbiamo portato dall’Italia (lì pare che non si trovino facilmente) e quando ci fermavano per chiederle abbiamo distribuito, per poi trovarci con uno stormo di bambini attorno!
Dopo una mattinata sotto il sole e il caldo cocente di Santiago, l’autista di casa Maruchi ci ha portato a vedere la Cattedrale di El Cobre, che conserva la statua di una madonna mulatta, talmente piccola che a stento si vede, ma ornata di vesti di oro, e molto adorata. La chiesa si erge su una collina in mezzo a una vegetazione rigogliosa, si vede da lontano, e lo scenario è fantastico. Ci siamo fermate a prendere dei girasole da offrire alla madonna, e nella chiesa abbiamo visto tutte le offerte degli ex voto. C’è davvero di tutto: stampelle, tesi di laurea, televisori, e chi più ne ha più ne metta. Per i Cubani è proprio un pellegrinaggio.
7 febbraio
Oggi lo stesso autista ci ha portato alla Gran Piedra, fuori Santiago. Una salita ripidissima, con noi più l’autista l’auto a stento ce la faceva! Ma lo scenario è bellissimo: palme, il mare sul fondo, le montagne. Arrivate alla Gran Piedra abbiamo salito i 479 scalini (siete avvisati!) per arrivare proprio al masso. E in cima c’erano le bancarelle, con simpaticissime signore quasi centenarie che vendevano braccialetti, collanine e altri oggettini. Non abbiamo saputo resistere. Dopo, abbiamo proseguito a piedi per andare verso un Cafetal, dove abbiamo ascoltato la spiegazione su come si coltiva il caffè e sul procedimento per la sua essicazione e tostatura, macinatura etc. Una vera arte. E ovviamente non poteva mancare la degustazione. E dato che siamo amanti del caffè, abbiamo anche acquistato il caffè della piantagione per poterlo assaporare anche in Italia. Spesso, camminando per le città, sentivamo un profumo invitante, come di castagne arrosto, e poi abbiamo scoperto che era l’odore della tostatura del caffè, che molti fanno artigianalmente.
Scendendo dalla montagna, l’autista ci ha lasciato alla Playa Sibonay, dove abbiamo avuto un primo assaggio del mar dei Caraibi. Ci voleva proprio, dato che faceva un gran caldo. Per i cubani sarà anche inverno, ma per noi 30 gradi sono sicuramente estate. Ne abbiamo approfittato per assaggiare il coco frio, ovvero il latte di cocco, bevuto direttamente dalla noce con la cannuccia. È a dir poco delizioso, e ancora ci penso e lo vorrei qui in Italia. Poi, abbiamo proseguito verso Parque Baconao, dove abbiamo visto il criadero de cocodrilos, la laguna (con bellissime farfalle e tanti paguri) e anche un acquario con i delfini. Dobbiamo ammettere che vedere i delfini in un acquario un po’ decadente fa tristezza, ma quando ci hanno chiesto se volevamo nuotare con loro, non abbiamo resistito e siamo corse a cambiarci per tuffarci con loro. Peccato che una volta uscite ci siamo rese conto di non avere nemmeno un asciugamano, ma la guardiana degli spogliatoi (che come tutti i Cubani condivide il poco che ha sempre volentieri) è stata gentilissima e ci ha prestato una sua salvietta, proprio minuscola, e ci siamo arrangiate con quella. Che dire? Ne è valsa la pena. I delfini sono troppo simpatici, carini, e non fanno per niente paura! È stata la ciliegina sulla torta di una giornata praticamente perfetta.
8 Febbraio
La mattina presto siamo partite alla volta di Baracoa, nella provincia di Guantanamo. Per arrivarci si passa dalla Farola, sono 5 ore di bus su una stradina piena di curve, che attraversa prima la regione più secca di Cuba, per poi immergersi nella natura più rigogliosa che si possa immaginare. Sul bus abbiamo fatto tante amicizie, visto che si fermava spesso (anche per cambiare la ruota che era scoppiata!), con un gruppetto di Italiani e anche con una ragazza olandese, e poi alla sera, quando a Baracoa, ci si ritrovava tutti in piazza per raccontarsi le avventure della giornata davanti ad un immancabile cocktail.
Baracoa è la città dei 29 fiumi, letteralmente circondata dall’acqua. È piccola, raccolta, la gente molto accogliente e rilassata, simpatica. Qui abbiamo dormito a casa di Yalina e Gustavo, perché la stanza nella casa particular che avevamo prenotato (Nilson, in realtà prenotata per noi da Maruchi) aveva dei problemi con lo scarico del bagno e Nilson non voleva metterci a disagio. Casa di Yalina è bella, la camera spaziosa e lei è a dir poco gentilissima. Una padrona di casa fantastica, premurosa e mai pressante. La sera siamo andate a mangiare con la nostra amica olandese nel paladar (ristorante privato) che Nilson ha aperto sopra casa sua. Mai mangiato niente di più saporito! I gamberi in salsa di cocco sono piccanti e deliziosi, e daremmo qualsiasi cosa per provarli di nuovo.
Parentesi numero due, stavolta sulla cucina cubana. A Cuba c’è da mangiare per (quasi) tutti i gusti e sicuramente per tutte le tasche. Le opzioni generiche per un pasto completo sono i ristoranti di proprietà dello stato, i paladares (ovvero ristoranti privati) e le casas particulares. Secondo noi, si mangia bene praticamente ovunque tranne che nei ristoranti a gestione statale, che sanno un po’ di mensa con il cibo riscaldato. Se mangiate in paladares o case, sicuramente vi verrà servita la comida criolla, un pasto immenso e da leccarsi i baffi. Vi saranno presentati insalata di stagione (di solito lattuga, pomodori, carote, cavolo e cetrioli), una zuppa, solitamente di yucca (dovrebbe essere una specie di zucca) e altre verdure, riso con fagioli neri, detto anche congrì, tostadas, ovvero crocchette di platano, o platano fritto, e poi una scelta tra pollo, maiale, aragosta, pesce o gamberi, o anche un misto. Il tutto completato da frutta e gelato e tanto abbondante per nutrire una squadra. Io una volta ho anche assaggiato l’agnello in umido, e inutile dire che come tutto il resto era davvero delizioso. Noi abbiamo mangiato tutto, anche le insalate, contrariamente a tutti i consigli di non mangiare verdura cruda per via dell’acqua, e non abbiamo avuto nessun tipo di problema intestinale.
Il prezzo medio di una cena può variare dai 5 ai 15 CUC a testa, a seconda della città. L’Avana e Trinidad sono sicuramente più costose. Se il vostro budget è limitato, il cibo venduto in strada vi soddisferà. Noi abbiamo provato i panini, le pizzette (ad 1 CUC l’una al massimo, non sono niente male: non sono come le nostre, ma sono comunque fatte sul momento e calde e fragranti), succo di frutta fresco, e poi ovviamente la frutta, sempre di stagione e dolcissima – banane minuscole ma dolcissime, patate fritte, e anche i churros. Vendono anche la pina colada fresca – una vera delizia, e i cacauetes, ovvero arachidi vendute in coni di carta. Il gelato di Coppelia, che per i Cubani è un must, è così così – decisamente acquoso. Molto meglio quello fatto in casa. Seguite la gente che vedete in giro coi coni e scoprirete dove lo vendono. Abbiamo provato anche il guarapo, ovvero il succo di canna da zucchero. Per noi è troppo dolce e ci abbiamo messo succo di lime. Ma di certo è ottimo se avete un improvviso calo di zuccheri. In generale, possiamo affermare di aver sempre mangiato benissimo a Cuba. Un’esperienza culinaria irripetibile.
Baracoa è una Avana in miniatura. Anche lei ha un suo Malecon. La differenza è che poco distante c’è El Yunque, una montagna piatta. La città è davvero piccola, si gira tutta a piedi, non c’è traffico e la gente è accogliente. Baracoa è circondata da piantagioni di cacao, cocco e banane. Poco distante dal centro c’è una fabbrica di cioccolato, inaugurata niente meno che da Che Guevara. E in centro ci sono diverse “casa de chocolate”, dove si possono assaporare cioccolata calda, fredda, vari tipi di torte, gelato e cioccolatini. Ovviamente, conoscendo la passone di Eli per il cioccolato, siamo entrare in una cioccolateria. Prese dall’entusiasmo, abbiamo ordinato di tutto un po’: una fetta gigante di torta al cioccolato, una cioccolata fredda (la temperatura sconsigliava il consumo di bevande calde), e vari cioccolatini. I primi ad arrivare sono stati i cioccolatini. E non erano mica tanto buoni. Erano farinosi. Non ci siamo perse d’animo. Sono arrivate poco dopo sia la fetta di torta che la cioccolata fredda. La cioccolata non sapeva di niente, letteralmente. E la torta era secca, nonostante l’apparenza. Abbiamo quindi deciso di pagare e andarcene, ma dato che io mi sentivo in colpa a lasciare tutto, ho chiesto alla cameriera di portarci qualcosa per trasportare via la torta (di cui mi volevo sbarazzare). Lei però ha capito male e ci ha portato un’altra fetta di torta. Avreste dovuto vedere la faccia di Eli quando si è vista arrivare la seconda fetta di torta. In circostanze normali, avrebbe esultato. Qui invece era terrorizzata! Che risate. Peccato non averla fotografata.
9 Febbraio
Accompagnate dall’autista di fiducia di Yalina, siamo andate al Rio Toa, dove abbiamo fatto un bel bagno rinfrescante, e una passeggiata in barca a remi. Poi a Playa Maguana. Che mare, ragazzi! Sabbia bianca, finissima, mare trasparente, barriera corallina in lontananza, palme da cocco ovunque. Si può volere di più? Ci siamo rilassate in spiaggia, insieme agli amici italiani incontrati lì per caso. In spiaggia c’è sempre qualcuno che è disposto a vendere massaggi, dolcetti di mandorle, e che invita a mangiare nel paladar vicino – unica opzione a meno che non vi siate portati qualcosa da mangiare. La cosa curiosa è che in spiaggia – o meglio dietro – razzolano indisturbati maiali e galline, come un po’ ovunque a Cuba. Capita anche di passeggiare per la piazza centrale delle città e di incrociare un gallo che al vostro passaggio inzia a cantare!
10 Febbraio
Abbiamo optato per il trekking del Yunque. Lì si può andare solo con la guida, peraltro necessaria perché in certi punti non si riconosce il sentiero e si attraversano piantagioni di cacao. Si vedono le case dei campesinos, le donne che lavano i panni ad un fiume che è talmente pulito che viene voglia di bere l’acqua. Solo che la scalata non è proprio agevole. Eli sta ancora imprecando per lo spavento. Andateci preparati: il clima tropicale (piove ogni sera) della zona significa che si deve scalare una montagna di fango, e se a salire è quasi facile (a parte il gran caldo), a scendere si scivola, e arrivati in fondo, con la guida che poveretta ci ha salvato la vita non so quante volte, eravamo coperte di fango. A ripensarci ora ci facciamo delle grandi risate, ma lì per lì è stato abbastanza tremendo! Sulla via del ritorno, ci siamo fatte accompagnare alle cascate. Solo che per arrivarci bisogna attraversare il fiume, o a nuoto, o sulla cayucca, imbarcazione fatta di canne di bambù. Eli era talmente demoralizzata dalla discesa dal Yunque che ha preferito stare a guardare me che attraversavo a nuoto per andare a vedere le cascate. Il fiume era fantastico, la corrente forte, ma assolutamente meraviglioso. E al rientro, c’è stato il bonus ovvero il passaggio alla casa del campesino, dove abbiamo potuto comprare cacao e olio di cocco purissimi e naturali per un prezzo veramente conveniente. L’olio di cocco si solidifica col freddo, ma basta metterlo pochi minuti sotto l’acqua calda che si scioglie. E si può usare su tutto il corpo e i capelli: è un idratante davvero ottimo.
Alla sera, come sempre prima di cena, ci siamo ritrovati in piazza con gli altri per raccontarci la giornata e bere un mojito. Passata la paura per le cadute a El Yunque, ci siamo fatte tante risate!
11 febbraio
La mattina siamo andate a visitare il Rio Yumuri, altro fiume della zona, in un canyon bellissimo. Al rientro abbiamo scoperto che in tutta Baracoa mancava la corrente (cosa molto frequente a Cuba, tra l’altro) e non riuscivamo a prelevare soldi. E dato che dovevamo prendere il bus per Camaguey, non era proprio il massimo. Avevamo i soldi giusti giusti. Un ragazzo, che sulla via per la stazione mi ha visto barcollare sotto il peso dello zaino, mi ha chiesto se volevo aiuto e io non avevo una moneta da dargli in cambio, perché avevamo i soldi contati. Ma lui è stato proprio cortese, mi ha aiutata comunque – davvero galante! E arrivate in stazione, la ragazza che ci ha venduto i biglietti stava bevendo il caffè (i Cubani portano sempre con sé dei thermos pieni di caffè che bevono in continuazione) e dato che ha notato che noi apprezzavamo l’aroma ce ne ha offerto un po’.
4) Da Baracoa siamo quindi partite, l’11 pomeriggio, alla volta di Santiago, per fare un cambio e proseguire poi a Camaguey. Qui eravamo prenotate a casa di Caridad: ci ha suggerito di andare da lei Yalina, che ha anche chiamato per noi. Siamo arrivate a dir poco devastate, dopo 11 ore sul bus, le ultime 6 delle quali al freddo e al gelo. A niente sono servite le proteste dei passeggeri perché venisse spenta l’aria condizionata. Quindi, sappiatelo: quando salite su un bus portatevi felpa, sciarpa e se ce l’avete anche il cappotto! Fuori ci saranno anche 30 gradi, ma sul bus ce ne sono 15.
Arrivate alle 2 di notte da Caridad, ci siamo buttate a letto.
Il giorno dopo, abbiamo potuto esplorare meglio la bellissima casa, con un bagno antico bellissimo, i soffitti altissimi, un giardino enorme. Anche qui, colazione ottima. Caridad è stata molto materna con noi, anche troppo forse. Ma in effetti i consigli che ci ha dato sono stati sempre ottimi e bisogna ammettere che ha sempre avuto ragione su tutto. E poi, la zuppa che ci ha preparato la sera ha rimesso in piedi Eli, che il giorno si è beccata un’insolazione per il gran caldo. C’erano 35 gradi fuori e lei ha voluto dormire con 5 coperte!
Camaguey è una di quelle città che odi o ami. A noi non è piaciuta tanto. L’abbiamo soprannominata città-trappola. È labirintica, grande, costruita come una medina tanto che si gira, si gira, ma poi si torna sempre allo stesso punto e anche avendo una mappa della città è difficile venire a capo di tutte le stradine. Camaguey è anche mal collegata. Noi volevamo fare tappa per una sola notte e poi proseguire per Moron, da dove vedere le Cayeras Norte e Playa Santa Lucia, ma era davvero difficile arrivarci (80 CUC di taxi, oppure bus sino a Ciego de Avila e cambio ulteriore per Moron e da lì taxi). Visto che una coppia di Francesi che abbiamo conosciuto a casa di Caridad ci ha detto che oltretutto faceva freddo a Moron, abbiamo deciso di rinunciare e andare direttamente a Trinidad.
L’unico bus per Trinidad però parte alle 2 di notte, orario che secondo noi è assurdo. Abbiamo così deciso di andare alla stazione dei bus per vedere di rimediare un taxi da condividere con altre persone e partire in giornata. Dopo tanto barattare, ci siamo accordate con un taxista perché rimediasse altre persone per andare insieme a Trinidad e dividere così le spese del taxi, pagando 20 CUC a testa. Doveva venirci a prendere alle 13:00 a casa di Caridad, ma alle 14:30 ha chiamato per dire che non aveva trovato nessuno con cui farci condividere il taxi e ha detto che ci avrebbe accompagnate per 30 CUC a testa. Abbiamo accettato, ormai eravamo sfinite dal caldo e dall’attesa e volevamo andare via. Solo che 30 minuti dopo si è presentato a casa un amico dell’autista, dicendo che la macchina si era rotta, e suggerendo di portarci lui per 40 CUC a testa. Visto che la faccia non ci ispirava tanta fiducia, abbiamo deciso di farci accompagnare – per lo stesso prezzo – dal figlio di Caridad: almeno sapevamo di poterci fidare.
5) 13 Febbraio
Alle 22:00 siamo arrivate a Trinidad dopo quasi 4 ore di macchina e senza aver nemmeno prenotato una casa, che abbiamo dovuto cercare bussando di porta in porta. Alla fine ne abbiamo trovata una davvero carina, dietro un atelier di gioielli, una camera enorme, nuova nuova, coi padroni di casa molto gentili e anche riservati (cosa rara a Cuba). Noi eravamo le terze ospiti dalla data di apertura, due settimane prima! La camera era quasi un mini appartamento, con due camere comunicanti, con un bagno in mezzo. I padroni, nuovi al mestiere, hanno fatto tutto il possibile per accudirci.
Trinidad è a dir poco meravigliosa. Appena uscite di casa la mattina dopo, il 14 Febbraio, ci siamo rese conto che c’era un mercatino in strada. Cosa rara a Cuba.
E qui, vale la pena aprire la terza parentesi, stavolta sul consumismo. Di certo, è difficile fare shopping folle a Cuba. Anche avendo molti soldi a disposizione, è difficile trovare negozi! Prima di partire, preparando lo zaino, Eli mi diceva di portare solo un paio di ciabattine, che se si fossero rotte a Cuba ne avrei potuto comprare un paio nuovo. Beh meno male che non si sono rotte, perché non ne ho visto da nessuna parte. Di certo i negozi intesi alla maniera occidentale/capitalista sono rari a Cuba. La merce, sia nei negozi di alimentari che in quelli di abbigliamento, è sempre dietro il bancone, e il negoziante deve sempre assistere i clienti. Addirittura in molti negozi c’è una guardia che fa entrare ed uscire i clienti, e si formano file assurde. I negozi sono al super-dettaglio. In uno si compra acqua e succo di frutta, in un altro birra e rum. C’è un solo tipo di pane. Un solo tipo di carta igienica. Difficile trovare shampoo e inesistente il doccia schiuma. Non c’è per niente scelta. Questo si traduce in un’assenza quasi totale di consumismo. La gente di certo non perde tempo a scegliere cosa comprare, ma compra quello che c’è, e sicuramente ha più tempo da passare con gli amici e la famiglia. Il problema è che poi però si crea un enorme mercato nero, e che anche i negozianti dei negozi di proprietà dello stato non fanno mai gli scontrini, e quindi capita che si intaschino qualche extra. Certo, hanno paghe da fame e magari cercano di arrotondare come possono. La cosa a dir poco bizzarra è che la cosa più commercializzata a Cuba è l’immagine di Che Guevara (peraltro perennemente dipinta in murales che compaiono anche in mezzo al nulla), ovvero il padre della rivoluzione e grande oppositore del consumismo. Inevitabile domandarci cosa penserebbe lui della commercializzazione delle sue foto, immagini, libri etc.
Inutile dire che, avendo visto il mercatino a Trinidad ci siamo buttate nello shopping! Abbiamo fatto incetta di gioielli fatti coi semi, collanine, orecchini, bracciali, stampe, dipinti (ci sono tanti artisti), maglie. E visitato la bellissima città, dove c’è sempre musica e gente che balla. Abbiamo bevuto il cocktail locale – la canchanchara, a base di miele e agua ardiente. Abbiamo ballato la salsa in strada.
E quindi, a proposito di musica e ballo, quarta parentesi! A Cuba c’è sempre musica. Ovunque. A qualsiasi ora. In strada ci sono suonatori. Nei locali e ristoranti c’è sempre un gruppetto che suona. E la gente cammina in strada tenendo radioline o telefoni con la musica a tutto volume. Per non parlare delle auto, che anche se cadono a pezzi hanno impianti stereo perfettamente funzionanti. I Cubani non vivono senza musica. Anche nei posti più sperduti, immersi nel verde e nella natura, si sente sempre il raeggetton, la salsa, il son o altro. A noi a volte avrebbe fatto piacere godere della pace e del silenzio, ma la musica perenne fa parte del fascino musicale dell’isola e ieri sera, sentendo alla radio un programma di salsa, c’è venuto un attacco di nostalgia (l’ennesimo).
Da Trinidad si possono fare tantissime escursioni in giornata. Stanche di barattare, noi siamo andate in una delle tante agenzie locali (tutte di proprietà dello Stato) per comprare una serie di pacchetti. Il primo tour, e anche il più costoso, è stato quello del 15 Febbraio per Cayo Blanco. Noi siamo rimaste un po’ deluse. Sarà che la giornata non era bellissima, sarà che era tutto organizzato in maniera approssimativa, ma noi abbiamo fatto una gita all inclusive con passaggio in catamarano, era prevista un’ora di snorkelling nella barriera corallina che non abbiamo fatto, e alla fine il tutto si è ridotto ad un passaggio sino al Cayo, pranzo, e open bar che gli ospiti tedeschi hanno sfruttato dal primo all’ultimo minuto.
Al rientro, siamo passate in agenzia per dire che eravamo molto deluse, ed è finita che abbiamo litigato con il responsabile, che praticamente non voleva credere che non ci avessero portato alla barriera corallina e non voleva darci nessun rimborso. E dire che dietro a noi c’erano altre persone che avevano fatto lo stesso tour e che confermavano la nostra versione. Vi lascio immaginare cosa vuol dire discutere in Spagnolo. Noi parliamo perfettamente l’Inglese, ma visto che il responsabile non sapeva una parola, abbiamo dovuto sfoderare il nostro Spagnolo (che studiamo da un anno, e con ottimi risultati a giudicare dalla discussione!). Alla fine il responsabile era talmente irritato per il fatto che noi ci stessimo lamentando che diceva di aver chiamato la polizia (ai Cubani fa molto paura la polizia), ma noi non facevamo una piega. Inutile dire che la polizia non è mai arrivata. All’agenzia insistevano nel volerci offrire un’ora di snorkelling alla barriera il giorno dopo, o la domenica. Ma noi avevamo prenotato altri tour, e quindi non potevamo accettare quest’offerta. Il consiglio che vi diamo è quello di informarvi sempre benissimo su quello che offrono i tour organizzati e su eventuali piani di ripiego. Noi, per consolarci della brutta gita, ci siamo buttate sul mojito, cosa che avremmo fatto anche per festeggiarla in caso fosse stata bellissima hehe.
16 Febbraio
Un po’ titubanti visto il tour del giorno prima, abbiamo partecipato a un trekking organizzato al Topes de Collantes. Immediatamente ci siamo rincuorate vedendo che il gruppo era molto omogeneo, composto di giovani simpaticissimi. E la guida davvero premurosa e preparata, ci ha spiegato tantissime cose. Il risultato è stata una giornata bellissima, ci siamo divertite e abbiamo fatto amicizia. Topes de Collantes è un parco nazionale. Il trekking che abbiamo fatto noi, che si chiama Trini-topes, consiste in una discesa di circa 2 ore, nella vegetazione fitta, per arrivare sino al Salto del Caburnì, una cascata con una piscina naturale dove si può nuotare. L’acqua è davvero gelata, ma così trasparente ed invitante, che col caldo che fa non si può fare a meno di approfittarne. E così, ci siamo tutti buttati. E dobbiamo dire che è stata un’ottima idea, visto che risalendo faceva proprio caldo e almeno coi capelli bagnati un po’ abbiamo respirato. E la sera, solito cocktail – sia prima che dopo cena, stavolta – sulla scalinata davanti alla casa della musica, luogo di ritrovo di locali e turisti.
17 Febbraio
Abbiamo fatto il tour della Valle de Los Ingenios, andando a visitare le piantagioni di canna da zucchero. Siamo salite sulla torre chiamata Manaca Iznaga, alta 40 metri e da cui si tenevano sotto controllo gli schiavi che lavoravano alle piantagioni. Ne abbiamo vista anche un’altra, meno conosciuta e non inclusa nei circuiti turistici. E abbiamo imparato il procedimento con cui si prepara il rum. Anche in questa occasione, la nostra guida è stata davvero molto simpatica. Una ragazza molto carina e gentile.
A questo punto, non possiamo fare a meno di fare la nostra quinta parentesi, stavolta sulle bellezze locali e il turismo sessuale. Abbiamo visto davvero tanti uomini, di tutte le nazionalità, accompagnati da ragazze giovanissime. E anche donne visibilmente straniere in compagnia di ragazzi molto giovani. Per quel che abbiamo capito, i cubani hanno un approccio molto più libero al sesso di quello che abbiamo noi. Per loro è normale parlarsi per poco e decidere di dormire insieme. O per lo meno così ci hanno detto. Ma a noi ha fatto comunque tristezza vedere ragazzine che a malapena scambiavano due parole, per via della timidezza, accompagnare uomini evidentemente molto più anziani di loro. Altra cosa che abbiamo notato è che in effetti le donne cubane non sono belle come ci si aspetta in un Paese che purtroppo è nota meta di turismo sessuale. Le ragazzine sono carine, ma crescendo ingrassano tanto, forse perché fanno tanti figli e bevono molti alcolici, e in generale sono poco curate. Non siamo riuscite a capire come mai abbiano tutte le unghie perfettamente curate, ma poi abbiano dei baffoni neri che non tolgono. Gli uomini invece sono tutti molto palestrati, in generale sono bei ragazzi. Altra cosa che ci ha sorpreso è che tutti si salutano mandandosi delle specie di baci. Noi all’inizio eravamo infastidite, perché sentivamo sempre questi bacini e per noi era davvero irritante. Poi abbiamo capito che ci stavano giusto salutando, e lo facevano con tutti. Gli uomini in strada fanno complimenti a tutte le donne che passano. Era un continuo sentire “hola guapa”, “hola linda”, “hola chica”. Inutile dire che è stato un vero tonificante per il nostro ego!
6) 17 febbraio
Il pomeriggio abbiamo preso il bus da Trinidad a Cienfuegos. Più o meno ci vogliono due orette. Arrivate a Cienfuegos, siamo andate dritte alla nostra casa particular, indicata nella Lonely, la casa di Olga y Eugenio. Un prezzo veramente conveniente, e un’accoglienza a dir poco meravigliosa. È la casa che ci è piaciuta di più, perché è quella dove veramente abbiamo assaporato la vita cubana, vedendo che la porta era sempre aperta, che gli amici e i parenti entravano e uscivano in continuazione, e noi siamo state invitate a sederci a tavola con loro e a parlare, condividere la nostra vita e le nostre esperienze. Erano tutti davvero simpatici e gentili. Pensate che una sera avevamo freddo e visto che la coperta che avevamo non ci bastava, Olga è corsa dai vicini per farsene dare una in più.
Cienfuegos è una città tipica cubana: grandi viali, un Malecon dove la gente passeggia al tramonto, ma molto tranquilla. A noi è piaciuta tanto. Abbiamo passato lì tre notti, e per due siamo andate a cena fuori in due diversi paladares e per una cifra di 5 CUC a testa (circa 3,50 euro) abbiamo stra-mangiato! Anche a Cienfuegos la gente ama vivere all’aperto. Nel tardo pomeriggio, tutti i bambini di rientro da scuola, ancora con la divisa addosso, corrono in strada a giocare alla pelota (baseball). Gli adulti si impegnano in infinite partite di domino, backgammon e scacchi. Tirano fuori i tavolini, li mettono sul marciapiede e giocano, con la tifoseria attorno. Ai Cubani basta poco per divertirsi, e non nascondiamo che un po’ li invidiamo. Noi spesso siamo incontentabili.
18 febbraio
La mattina Eugenio ha chiamato il suo autista di fiducia, un ragazzo della nostra età, veramente simpatico, e molto orgoglioso di quel rottame che chiamava auto. Era a dir poco arrangiata, tra pannelli di compensato, buchi sul fondo, etc. Ma a Cuba è la norma. Così, siamo andate a El Nicho. Una meraviglia della natura. Immersa nella montagna, e in una vegetazione fitta e rigogliosa, c’è una serie di cascate che formano tante piscine naturali di varia grandezza. Qui non avevevamo previsto di fare il bagno, perché comunque la sera prima aveva fatto freddino, e così non ci eravamo portate nemmeno costume e telo da mare. Ma alla fine non abbiamo resistito, l’acqua così trasparente era proprio invitante e ci siamo tuffate in mutande! Meno male che poi è arrivato un gruppetto di turisti, tra cui degli Italiani, e uno di loro ci ha gentilmente offerto il suo telo per asciugarci perché l’acqua era proprio gelida. Forse l’essere immersi nella cultura cubana, dove tutti condividono anche il poco che hanno, l’ha indotto ad essere gentile con noi. Ovviamente, fare il bagno è stato fantastico.
Sulla via del ritorno ci siamo fermate al giardino botanico, dove abbiamo potuto ammirare dei canneti di bambù giganti, che mossi dal vento fanno un suono particolarissimo.
Rientrate in città, prima di cena siamo uscite per bere il nostro cocktail di aperitivo (ormai un must!) e qui abbiamo preso una fregatura, cosa che ancora non ci era capitata (il litigio con il tour operator invece si!). Decise ad andare sino a Punta Gorda, abbiamo preso un bicitaxi. Il ragazzo che guidava era davvero simpatico, ci ha raccontato che ad Aprile avrebbe raggiunto la sorella in Italia. Quando siamo salite sulla terrazza dell’hotel dove avremmo preso il nostro mojito, ci siamo affacciate e lo abbiamo invitato a salire su per offrirgli qualcosa da bere. Beh non è stata proprio un’ottima idea, perché noi non abbiamo retto molto bene l’alcol e lui ha approfittato della nostra ingenuità per farci comprare due bottiglie di rum che costavano 3 CUC l’una e facendocele pagare 7! Crediamo si sia intascato i soldi d’avanzo. Che dire? Beh, la colpa è nostra, non avremmo dovuto abbassare la guardia. Peggio per noi. Ci siamo consolate a cena con l’ottima aragosta preparata per noi da Olga.
19 Febbraio
Di mattina, sempre con lo stesso autista, siamo partite alla volta della Baia dei Porci. Non abbiamo parole per spiegare la meraviglia del mare. La prima tappa è stata il criaderos de cocodrilos, riserva dove vengono allevati coccodrilli che poi sono liberati nei loro habitat naturali. Ce ne sono davvero tanti. Poi, non abbiamo resistito e abbiamo voluto fare il bagno nella baia, che è tutta rocciosa, ma le rocce sono praticamente a picco sul mare e l’acqua bassa, quindi l’accesso è facile. Munite di maschere, abbiamo esplorato e visto tantissimi pesciolini e coralli meravigliosi. E il colore dell’acqua era a dir poco fantastico, trasparente, celeste.
La tappa successiva è stata la Cuevas de Los Pesces, un cenote (ovvero un lago sotterraneo) con tantissimi pesci. Ci siamo portate del pane e abbiamo dato da mangiare ai pesci che accorrevano.
Infine, siamo andate a Caleta Buena. E anche qui, siamo restate sbalordite per la meraviglia. Per 5 CUC siamo entrate in una struttura dove ci hanno dato lettini e open bar (e vai di pina colada!). Caleta Buena è un’insenatura naturale, rocciosa. La cosa particolare è che è tonda, quasi completamente chiusa fatto salvo per una piccola apertura sul mare aperto, e dato che ci sono le rocce che la proteggono, anche se fuori il mare è mosso, dentro è tutto calmissimo. Lì ci sono delle passerelle da cui ci si può tuffare in acqua, e noi abbiamo letteralmente passato il pomeriggio a correre e tuffarci, e poi a osservare i pesci sott’acqua. C’erano anche granchi enormi.
7) Il 20 Febbraio
La mattina presto abbiamo preso il Transtur, bus diretto, da Cienfuegos per Vinales. 7 ore di viaggio, comunque abbastanza comode. La cosa divertente è che ad un certo punto, in autostrada, abbiamo incrociato un altro Transtur e allora l’autista si è fermato, ha lasciato il bus in mezzo, e anche l’altro si è fermato, ha attraversato, e hanno fatto pausa sigaretta. A bordo eravamo solo turisti, e quindi la cosa ci ha lasciato di stucco!
Arrivate a Vinales, abbiamo scoperto che la casa particular che avevamo prenotato era in realtà piena, e visto che ci volevano sistemare in una che a noi non piaceva, abbiamo deciso di andare in giro a cercarne una. Abbiamo dormito a Casa Dovales, vicino al panificio, e infatti a tutte le ore si sentiva profumo di pane appena sfornato.
Dopo aver sbrigato le solite cose – prenotazione dei tour della zona all’ufficio del turismo locale – abbiamo iniziato a passeggiare. Vinales è una città piccola e tranquilla. Le galline razzolano nella piazza centrale. La gente è rilassata e gentile. Alla sera, dopo cena, abbiamo trovato un posto dove facevano una pina colada 100% naturale e deliziosa. Poi, seguendo il richiamo della musica, siamo arrivate alla casa della cultura, nella piazza centrale. Peccato che i cantanti fossero stonati! E infatti, si trattava della festa del campesino, ovvero una competizione di improvvisazione che si tiene ogni mercoledì. Abbiamo riso fino alle lacrime, insieme alla gente del posto.
Il 21 abbiamo optato per la gita a Cayo Jutias. Alla fermata del bus che ci doveva portare sin lì abbiamo ritrovato alcuni dei turisti che erano con noi sul bus da Cienfuegos, e quindi abbiamo passato la giornata con loro. Cayo Jutias è un bellissimo isolotto collegato alla terraferma da una stradina. È un paradiso di sabbia bianchissima, mangrovie e mare trasparente. Abbiamo subito deciso di unirci alla gita in barca che portava alla barriera corallina, e dobbiamo dire che è stata un’ottima scelta, visto che abbiamo visto pesci coloratissimi, di tutte le dimensioni. Tornate in spiaggia, un ragazzo si è avvicinato per dirci che se desideravamo, ci avrebbe pescato un’aragosta e ce l’avrebbe cucinata sul momento. Peccato che avessimo il pranzo incluso. Eli in effetti ha detto che potevamo restare tranquillamente lì: avevamo il mare, faceva caldo e avevamo i lettini sulla spiaggia per dormire la notte, e avendo fame ci avrebbero procurato le aragoste. E chi voleva andare via?
Tornate a Vinales la sera, abbiamo fatto una lezione di salsa. O meglio, l’ha fatta Eli visto che io sono un vero pezzo di legno e ho fatto solo disperare il maestro. Visto che la scuola di danza era chiusa per essere ristrutturata, siamo andate a casa del maestro. A fine lezione, gli abbiamo chiesto di consigliarci un posto dove andare a mangiare e la padrona di casa è subito saltata su, dicendo che potevamo restare a cena lì. Solo che quello non era un invito a cena come dei nostri. La signora ci avrebbe preparato la cena, ma ci avrebbe servito e noi avremmo dovuto pagare. Siamo restate un po’ perplesse, e abbiamo deciso di andare a mangiare nella nostra casa. E anche lì, cena pazzesca!
E dopo cena, ci siamo trovate in piazza con le altre ragazze e ragazzi. E ci siamo immersi in una discussione, con le ragazze (noi incluse) a dir poco arrabbiate per essere le prede dei commenti espliciti e degli inviti sessuali dei Cubani, e i ragazzi che invece (e forse un po’ a ragione) difendevano il continuo mercanteggiare e cercare di raccimolare sempre dei CUC extra, perché la povertà lì è tanta.
22 febbraio
Alle 8 di mattina, dovevamo partire per fare il tour in bicicletta della Valle di Vinales. Un tour completo, 10 ore in bici. Solo che Eli non ama particolarmente le bici, e alla fine abbiamo deciso di separarci, così lei ha fatto due trekking e io mi sono avventurata in bici con la guida, un ragazzo di 26 anni un po’ musone, cosa strana per un Cubano. A pensarci bene, meno male che Eli non è venuta in bici – il percorso era abbastanza piano, ma in certi punti molto fangoso, e visto l’esperienza a El Yunque non era proprio il caso di replicare per lei. La prima tappa è stata la piantagione di tabacco, dove tutto il tabacco che si produce è 100% biologico, e con immancabili sigari artigianali. Ho così scoperto che nei sigari artigianali oltre alle foglie di tabacco c’è miele, che tiene incollate le foglie alla fine. Poi, dovevamo andare alla Cuevas de Palmerito e fare un bagno nel fiume sotterraneo, ma era chiusa per manutenzione. Lì ho incontrato un ragazzo messicano, Jorge, che poi è diventato mio grande amico (ci sentiamo anche ora che siamo tornati a casa) e che ho rivisto in varie tappe nel tour di quel giorno.
Alla tappa successiva, non erano nemmeno le 11 del mattino ma già bevevo coco loco, ovvero latte di cocco direttamente dalla noce con una spruzzata di rum. C’era anche Jorge, e dato che lui parla benissimo Inglese mi sono riposata un po’ e ho staccato dallo Spagnolo. La mia guida infatti diceva di parlare Inglese ma in realtà non era così. La cosa a dir poco “bizzarra” (e in effetti infuriante) è stata che la guida ad un certo punto, senza ritegno e davanti a me, ha chiesto a Jorge se avesse intenzione di portarmi a letto, perché altrimenti l’avrebbe fatto lui. Peccato che Jorge mi stesse riferendo tutto e che io in ogni caso capissi benissimo. E da lì, ho cominciato a mantenere le distanze, cercando di godermi al massimo il paesaggio. Abbiamo fatto tappa al murales de la prehistoria, a Los Aquaticos – piccolissima comunità montana convinta che tutto si possa curare con l’acqua – e al mirador de Los Jazmines, da cui si gode di una vista meravigliosa sulla valle.
Al rientro, visto che ancora non avevo ceduto, la guida mi ha invitato a vederci in piazza la sera per offrirmi da bere. E quando ho scoperto che la mia macchina non aveva fotografato niente, ho pensato che visto che lui doveva andare in piazza, gli avrei potuto chiedere di darmi le foto che aveva fatto con la sua. Meno male che c’era anche Jorge, che così mi ha accompagnato a casa della guida a prendere le foto. La guida ha provato in tutti i modi a smarcare Jorge, ma lui ha capito al volo la situazione ed è restato con me. E abbiamo riso alla faccia che ha fatto la guida quando ha infine capito che non avrei di certo ceduto al suo “fascino”.
8) 23 febbraio
La mattina, a malincuore, abbiamo lasciato Vinales. Dopo aver barattato un taxi per 20 CUC ci siamo fatte portare a Las Terrazas, che in teoria dovrebbe essere un eco-villaggio costruito in maniera eco-compatibile, nascosto nella natura, ma che in pratica si rivela essere una serie di palazzoni bianchi, dove vivono circa 1200 persone. Qui abbiamo dormito nell’unica struttura del villaggio, ovvero un hotel in teoria 4 stelle, ma in pratica 3 stelle. Il maletero ci ha portato gli zaini sino alla camera, e ha poi preteso la sua mancia. Eli continuava a dire “gracias” ma lui restava piantato lì, e alla fine ho detto “Eli, vuole la mancia!” e così abbiamo sgangiato. Andando via, ci siamo caricate gli zaini in spalla perché avevamo finito i soldi!
La particolarità dell’albergo è che in bagno c’è un’enorme vasca con una finestrona (si può tirare giù la tenda) da cui ammirare il panorama. Io volevo approfittarne per rilassarmi, ma l’acqua era al massimo tiepida e quindi ho optato per una doccia veloce. E in effetti ci siamo poi rese conto, leggendo il registro dei commenti, che tutti si lamentavano dell’acqua fredda.
E quindi, vi diamo un consiglio con la quinta parentesi: optate sempre per le casas particulares. A un prezzo nettamente inferiore rispetto a quello degli alberghi, avrete camere comode, e a volte a dire il vero anche molto belle, pulitissime (le case dei Cubani sono sempre splendenti), padroni di casa pronti a consigliarvi e aiutarvi, colazioni abbondanti e atmosfera reale cubana.
24 febbraio
La mattina abbiamo esplorato Las Terrazas e la natura circostante. Sinceramente non c’è piaciuta tanto. Sarà che arrivavamo da Vinales, che è fantastica, sarà che ci aspettavamo una cosa completamente diversa. Col senno di poi, non saremmo sicuramente andate ma avremmo optato per un giorno in più a Vinales, magari per andare a Maria La Gorda. Da Las Terrazas siamo riuscite a barattare un taxi particular per 30 CUC (i taxi statali ne chiedono 60) per arrivare all’aeroporto dell’Avana. Lì abbiamo speso gli ultimi CUC bevendo mojitos al bar del terminal e chiacchierando con la barista che era davvero simpatica e ci ha fatto vedere come fare degli ottimi mojitos. Inutile dire che abbiamo già messo in pratica i suoi insegnamenti, con ottimi risultati!
Alla fine del viaggio, possiamo dire che siamo di sicuro tornate più arricchite culturalmente ed emotivamente. L’intrapendenza e l’arte di arrangiarsi dei Cubani, il loro ottimismo e la loro voglia di vivere, nonostante le difficoltà, non possono che essere un ottimo insegnamento per noi Italiani che in questo momento stiamo attraversando un brutto periodo. Certo, dover sempre barattare è faticoso, e a volte anche un po’ irritante, e a fine giornata spesso eravamo esauste emotivamente. Quel che possiamo dire è che a Cuba bisogna fare come i cubani, ovvero rilassarsi e vivere un po’ alla giornata, senza fissarsi con tappe e posti da visitare, ma godendosi quello che viene di volta in volta. Sarà anche banale dirlo, ma Cuba ci è entrata nel cuore, ci manca e prima o poi ci torneremo.