Viaggio in Polinesia, passando da Tokyo

Nei mari del sud con tappa nel paese del Sol Levante
Scritto da: angeladima
viaggio in polinesia, passando da tokyo
Partenza il: 18/09/2013
Ritorno il: 06/10/2013
Viaggiatori: 2
Spesa: 4000 €
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La Polinesia da tempi immemori, è sempre stata per me “la meta di viaggio” e per questo ho voluto tenerla da parte, diciamo così, per un’occasione speciale: le mie nozze.

Indice dei contenuti

Premetto che è sicuramente una destinazione importante e impegnativa sia sotto il profilo economico che sotto quello organizzativo, quindi consiglio di iniziare a programmare questo viaggio almeno un anno prima.

Chi sceglie questa zona lontana del mondo, spesso si è già documentato in passato e dunque sa già indicativamente dove vuole andare, cosa vedere ecc., però può accadere anche che “in corso d’opera”, in maniera anche sorprendente e inaspettata, qualcosa cambi e l’itinerario prenda sfumature diverse e questo è quello che è accaduto a noi.

Avevamo più o meno chiaro un budget, la durata del viaggio e il periodo, le isole da visitare, così ci siamo messi a “caccia” di un’agenzia specializzata.

Solitamente io e mio marito, organizziamo i nostri viaggi da soli, ma essendo questa una meta a lunghissimo raggio non abbiamo voluto rischiare e con il senno di poi, abbiamo fatto bene, visti alcuni intoppi capitati (normale direi…) durante il percorso.

Quello che mi ha sorpreso in questa ricerca è la mancanza in Italia di agenzie specializzate davvero su questa destinazione. Tutte ti propongono la stessa cosa, a prezzi da mutuo trentennale, utilizzando semplicemente i patinati cataloghi dei tour operator sui quali si appoggiano; c’è poi stata la ciliegina sulla torta per quanto riguarda una nota agenzia turistica veronese, di cui non faccio il nome, ma è presente spesso anche nelle fiere dedicate agli sposi, che in maniera altezzosa non ha voluto farci nemmeno il preventivo perché l’avevamo richiesto anche ad altri… preferisco non commentare… Poi grazie a vari siti di viaggiatori, primo fra tutti turistipercaso.it, abbiamo trovato la Kia Ora e da lì è iniziato tutto! E’ un tour operator di Spinea (VE) specializzato (l’unico che abbiamo trovato nelle nostre ricerche) su mete a lungo raggio come la Polinesia. Disponibilissimi, pazienti e professionali ci hanno aiutato a costruire il nostro viaggio di nozze, facendoci anche risparmiare rispetto a quanto viene attualmente preventivato dalle classiche agenzie viaggio, il tutto tramite e-mail e telefono.

Per questa meta, consiglio minimo due settimane a disposizione, meglio tre, altrimenti cambiate destinazione, non ne vale la pena vista la lunghezza del viaggio, dove in totale bisogna mettere in conto almeno 24 ore solo di volo sia all’andata che al ritorno, tralasciando le ore per gli scali ed eventuali ritardi; come periodo, noi siamo andati da metà settembre ai primi di ottobre. In teoria siamo ancora nella stagione cosiddetta buona, ma qualche pioggia, anche se breve l’abbiamo beccata…ma si sa che ormai il tempo non è più quello; come riferimenti per documentarsi e organizzare il tutto, consiglio oltre a turistipercaso.it, anche tripadvisor, gullivercrociere.it di Michele Salvatore, la guida della Lonely planet e vari diari di viaggiatori online. Gentilissimi poi sono stati l’Ufficio Turistico giapponese e quello della Polinesia francese, che su mia richiesta, mi hanno mandato a casa un po’ di materiale cartaceo.

Alla fine l’itinerario del viaggio, grazie anche ai suggerimenti e proposte della Kia Ora è risultato il seguente: Tahiti, Tahaa, Bora Bora e Rangiroa, il tutto passando dal Giappone. La novità è stata proprio questa! Invece della solita tratta di volo, passando dagli USA, l’agenzia ci ha proposto un volo conveniente passando da est con sosta a Tokyo di qualche giorno. Così abbiamo avuto l’opportunità di vedere una città che sicuramente ci affascinava, ma che non pensavamo di “toccare” in questo viaggio e allo stesso tempo di risparmiare sul volo: è costato meno passare dal Giappone soggiornando a Tokyo, piuttosto che sostare a Los Angeles, dove le tasse aeroportuali erano piuttosto alte. Se il volo è conveniente, vi suggerisco di provare questa soluzione, perché il Giappone ci ha proprio stupiti. Come strutture di soggiorno poi, l’agenzia ci ha proposto delle pensioni familiari con mezza pensione, anziché i resort a tremila stelle stipati su isolotti. Le compagnie aeree con cui abbiamo volato sono state Emirates, nella tratta Milano/Tokyo andata e ritorno, con scalo a Dubai. Ottima compagnia che all’andata ci ha regalato, essendo in viaggio di nozze, anche una buonissima torta sacker, divorata allo scalo di Dubai. Da Tokyo a Tahiti invece abbiamo volato con Air Tahiti Nui. Sinceramente mi aspettavo qualcosa in più da questa compagnia, come vettori intendo…l’atterraggio a Tahiti poi è stato pessimo, per non parlare al ritorno che hanno fatto un casino con l’imbarco dei nostri bagagli a Tahiti…risolto solo grazie all’efficienza e gentilezza giapponese, una volta ritornati a Tokyo. Tra le isole invece abbiamo volato con Air Tahiti. Suggerisco infine di stipulare un’assicurazione che comprenda l’annullamento viaggio, assistenza medica e altri vari inconvenienti che possono accadere.

Tokyo

Arriviamo a Tokyo, esattamente al Narita Airport nel tardo pomeriggio del 19 settembre, dopo non so quante ore di volo. In aereo abbiamo dovuto compilare la carta di sbarco, documento necessario per poter entrare in Giappone. Se avete poca dimestichezza con l’inglese, vi consiglio di guardare su internet qualche info su questo modulo, così da poter rispondere correttamente e in modo completo alle domande, perché i controlli in Giappone sono molto rigidi e vogliono che sia tutto compilato in ogni parte. C’è da dire però che nonostante i controlli scrupolosi, il personale è molto educato e disponibile e per nulla aggressivo. Dopo una lunga coda per il controllo passaporti, impronte digitali e foto prese, passaggio in dogana con apertura valigie, andiamo alla ricerca del Narita Express. Trattasi di un treno navetta velocissimo che collega l’aeroporto con la città di Tokyo in circa un’ora. Ci sono anche altri mezzi per raggiungere la città, ma questa per noi è stata la soluzione più conveniente. Dal terminal 2 dell’aeroporto di Narita con l’ascensore, scendiamo al piano interrato fino alla stazione dei treni JR. Comunque per qualsiasi problema, anche con un inglese maccheronico, riuscite a farvi capire e ad avere indicazioni dai giapponesi, che si sono rivelati gentilissimi. Appena scesi facciamo il pacchetto SUICA & N’EX (http://www.jreast.co.jp/e/suica-nex/ ), presso il JR Travel Service Center, comunque c’è proprio un cartellone indicativo.

Il SUICA & N’EX è un pacchetto acquistabile solo da stranieri con passaporto straniero (infatti ve lo chiederanno al momento dell’acquisto) che consente di acquistare, risparmiando notevolmente, sia una carta ricaricabile Suica, sia un biglietto per il NEX, cioè il Narita Express. Il costo totale è 5.500 yen (anziché 8000 yen) comprensivo di: biglietto aeroporto Narita – città di Tokyo andata e ritorno (orario e posti vanno prenotati) e la SUICA card con 1,500 yen di credito più 500 di deposito cauzionale. La carta SUICA ve la consiglio perché la potete utilizzare per la metropolitana e per prelevare bibite nei tantissimi distributori presenti nella città di Tokyo. Inoltre è ricaricabile. Ha anche altre utilità di cui potrete leggere informandovi su internet, ma questi sono stati i nostri maggiori utilizzi. Inoltre, se vi rimarranno dei soldi sulla carta, quando ritornerete in aeroporto a Narita, restituendo la SUICA al medesimo ufficio dove l’avete acquistata, vi restituiranno sia il deposito cauzionale, sia i soldi non consumati. Mi sento si suggerirvi di partire dall’Italia con già degli yen (noi in totale abbiamo cambiato in yen circa 500 euro).

Con il Narita Express, arriviamo alla stazione di Tokyo e da lì prendiamo la linea metropolitana per il nostro hotel situato nel quartiere di Ginza. La metropolitana di Tokyo è un vero e proprio labirinto… da impazzire. Noi dall’Italia avevamo pronto tutto il tragitto e le indicazioni per arrivare all’hotel onde evitare di perderci, anche perché in Giappone le vie non hanno nome… Arriviamo comunque all’hotel Monterey Ginza, senza problemi, fermando anche qualche passante, in qualche modo ci capivamo. L’hotel è in una buona posizione, nel bel quartiere di Ginza. E’ pulito, con personale gentile, dotato di tutto quello che serve e c’è anche il collegamento wi-fi gratuito. L’unico neo: una bella scossa di terremoto, ma sinceramente non ci siamo nemmeno spaventati, siamo in Giappone e infatti nessuno si allarma o ci allarma. A Tokyo abbiamo visitato il quartiere di Ginza pieno di negozi lussuosi, Shibuya, il quartiere dei giovani, Asakusa con i suoi templi storici. Per questa visita, abbiamo prenotato dall’Italia, sul sito dell’Ufficio turistico di Tokyo (http://www.gotokyo.org/it) il servizio di guida turistica per stranieri, completamente gratuito e in italiano! In pratica ci sono diversi percorsi turistici offerti, che si possono scegliere e per i quali si richiede la prenotazione compilando online un modulo e specificando anche la lingua; l’unico costo sono solo eventuali spese viaggio vostre e per le guide volontarie o spese d’entrata a musei. Comunque per ogni percorso scelto ti quantificano anche i rimborsi spese da versare. Dopo qualche giorno ti arriva via mail la conferma del servizio prenotato e il punto d’incontro a Tokyo è un enorme grattacielo che altro non è che il Comune di Tokyo o meglio il palazzo del Governo metropolitano, situato nel quartiere di Shinjuku. Suggerisco comunque di recarvi presso questo palazzo, perché potrete salirvi in cima gratuitamente e vedere il panorama di Tokyo dall’alto. Altro posto carino visitato assieme ad una simpatica ragazza giapponese, conosciuta su facebook tramite un collega di lavoro, è stato il Marunouchi cafe, dove abbiamo provato l’emozione di indossare il kimono e farci fotografare! Cosa ricorderò di Tokyo? Sicuramente l’estrema disponibilità e cortesia della gente, il loro rispetto per l’altro e la “cosa comune”, la pulizia, il water giapponese che ti suona l’Ave Maria di Shuber, lo stile kawaii delle ragazze, le mascherine che i giapponesi portano se “ammalati” per non contagiare altri, le tante buffe stranezze dei giapponesi e la voglia di ritornare e vedere con più attenzione un paese che ci ha colpiti e divertiti in così poco tempo.

Polinesia

Con il comodo Narita Express, dalla stazione di Tokyo, ritorniamo all’aeroporto di Narita e dopo aver riconsegnato all’ufficio della JR la nostra Suica card, ci imbarchiamo per Tahiti.

Il volo è in tarda serata, quindi la sua durata ci appare più sopportabile, visto che la Passiamo dormendo. Cosa curiosa è che guadagniamo un giorno passando la “linea del cambio di data” e arriviamo a Tahiti lo stesso giorno in cui siamo partiti dal Giappone! Ad accoglierci in aeroporto troviamo musica e fiori dal profumo di frutta e dopo aver incontrato il nostro corrispondente in loco, cambiato un po’ di euro in moneta locale a degli sportelli automatici, ci rimettiamo in volo per Tahaa, l’isola della vaniglia! Benché non ci siano spiagge, Tahaa è una bellissima isola ricoperta da una lussureggiante vegetazione, profumatissima e circondata da tanti motu (isolotti che spuntano dalla barriera corallina). Per raggiungerla bisogna volare fino all’aeroporto della vicina isola di Raiatea e da qui prendere un taxi boat, di solito però, il personale della pensione o hotel nel quale alloggiate, vengono a prendervi con la loro barca.

A Tahaa abbiamo soggiornato per 3 giorni all’hotel Hibiscus, sul quale non voglio dilungarmi perché purtroppo non è stata un’esperienza ottimale in quanto a ospitalità e servizio, infatti grazie all’agenzia viaggi, una volta tornati in Italia, abbiamo anche avuto un piccolo rimborso. L’unica cosa positiva di questa struttura è che si trova in una delle più belle baie dell’isola, la baia di Haamene, immerso in un giardino favoloso e la sua cucina (devo dire che le colazioni e le cene sono state ottime), ma tutto il resto è stato alquanto frustrante: in poche parole se capitate a Tahaa andate all’Hibiscus solo per cenare e basta!

Cosa vedere a Tahaa? Sicuramente è d’obbligo una gita su uno dei tanti motu, dove pranzare, rilassarsi al sole e fare il bagno tra razze e squali, così come è obbligo vedere le piantagioni di vaniglia; fare un giro dell’isola in 4X4 e fare degli ottimi acquisti alla Love Here Pearl Farm. Di tutte quelle visitate, questa è sicuramente l’azienda produttrice delle famose e bellissime perle nere, più vantaggiosa in termini economici. Le perle vengono classificate in categorie che vanno dalla A, quella più pregiata alla categoria D, che è qualità più bassa, ma non per questo scadente. L’alta qualità dipende dalla forma: la perla più è tonda e liscia, più è pregiata, ma io consiglio di non disdegnare le perle barocche, altrettanto belle.

Sempre con la barca della pensione ritorniamo all’aeroporto di Raiatea e voliamo alla volta di Bora Bora. Apro una parentesi sulla visione dall’alto di queste isole che è spettacolare, così come è stato spettacolare sbarcare a Bora ed essere accecati dai colori della sua laguna, con l’imponente monte Otomanu che la sovrasta. Penso che le foto e i tanti documentari tv non rendano l’esperienza dal vivo. Dall’aeroporto, situato su un grande motu, prendiamo il catamarano/navetta (il prezzo è incluso nel biglietto areo) per Vaitape, sull’isola principale. La traversata è a dir poco meravigliosa. Non pensavo potessero esistere dei colori e una natura del genere. Al porto ci aspetta il personale dell’Hotel Matira per portarci in auto alla nostra prossima sistemazione. L’Hotel, caratterizzato da tanti bungalow, sparsi in un bel giardino, si trova sulla spiaggia pubblica di Matira, l’unica vera spiaggia dell’isola. Penso che soggiornare qui sia stata una buona scelta. La maggior parte degli hotel si trovano sparsi sui tanti motu dell’isola, ma per chi come noi ha voglia di muoversi, camminare e vedere, stare relegati su un motu per quattro giorni sarebbe stato un po’troppo. Da qui invece, puoi fare delle belle passeggiate oppure noleggiare uno scooter e girare l’isola. Compagna di questi 4 giorni è stata una bella cagnona (le isole della Polinesia sono piene di cani) che tutte le sere veniva a trovarci al nostro bungalow oppure ci accompagnava nelle nostre passeggiate. Al Matira Hotel avevamo solo la prima colazione che consumavamo seduti sulla veranda del nostro bungalow con davanti la bellissima laguna. Consiglio per mangiare un ristorantino che è proprio davanti all’Hotel. Si chiama se non ricordo male Roulotte. I proprietari sono molto gentili e sempre lì abbiamo noleggiato lo scooter a un prezzo più conveniente rispetto a quello offerto dall’hotel Matira. Comunque vicino all’hotel ci sono diversi snack bar e ristorantini, mentre per l’acqua e altri beni necessari, potete andare al Tiare Market, situato lungo la strada che porta a punta Matira. Anche a Bora Bora, la natura è superlativa: Tiarè, frangipane, hibiscus, alberi del pane e palme da cocco, ecc. anche se rispetto a Tahaa è sicuramente più turistica e cara. Abbiamo visitato anche qui una Pearl Farm, dove una ragazza italiana ci ha spiegato molto bene la coltivazione delle perle nere, ma i nostri acquisti di perle li abbiamo fatti al villaggio di Vaitape, durante il nostro giro in scooter dell’isola. Vaitape è un piccolo centro pieno di negozietti super cari, ma al negozio Baldini perles, oltre alla gentilezza e disponibilità del negoziante, abbiamo anche acquistato delle perle di qualità a prezzi fattibili. Sinceramente visti i costi spropositati che ha Bora Bora, non pensavo che avrei acquistato perle proprio qui e invece…Quindi ve lo consigliamo! Con lo scooter abbiamo fatto un doppio giro dell’isola andando anche a caccia di resti dell’ultimo conflitto mondiale, ma non abbiamo trovato nulla…probabilmente se ci sono saranno stati inglobati nelle proprietà degli isolani.

Da Bora Bora, sempre con volo interno si parte infine alla volta delle isole Tuamotu e precisamente a Rangiroa, “Cielo senza fine”, questo è il suo significato. Dall’alto questo atollo corallino (uno dei più grandi al mondo) è una cosa spettacolare. Un anello di terra coperto di boschetti di palme da cocco, sperduto nel Pacifico, con all’interno una laguna immensa e all’esterno l’oceano che si infrange sulla barriera corallina. Al piccolo aeroporto troviamo ad attenderci Alain il proprietario della pensione Bounty che è vicinissima alla spiaggia di Kia ora e alla pass di Tiputa. Alain è una persona molto gentile e disponibile che parla bene anche l’italiano. Se andate a Rangiroa lasciate stare i resort super lusso e andate al Bounty, è una garanzia anche per quanto riguarda la cucina. Alain infatti è un ottimo cuoco ed è molto bravo con il barbecue, inoltre c’è wife gratuito e biciclette per gli ospiti gratis. Infatti a Rangiroa ci siamo spostati sempre in bici, anche perché l’isola è piatta. Durante il nostro soggiorno abbiamo avuto anche l’opportunità di assistere a una serata, l’ultima purtroppo, di un festival di danze polinesiane (dunque nulla di turistico) che i locali, provenienti da varie isole, organizzano annualmente, ai margini di un boschetto di palme da cocco.

Appuntamento fisso da non mancare è alla pass del villaggio di Tiputa al tramonto. La pass è un passaggio che collega la laguna interna di Rangiroa con l’oceano esterno. Per chi ama le immersioni questo è un sito bellissimo, così come la laguna interna stessa di Rangiroa, vero e proprio acquario. Verso le 17.00, con il cambio delle correnti, iniziano i salti dei delfini. È stato veramente emozionante vederli liberi di nuotare e saltare da una parte all’altra, sincronizzati nelle loro evoluzioni tra il vento e le onde dell’oceano.

Di Rangiroa sicuramente non dimenticherò, oltre alle passeggiate in bici, così irreali e alle voraci murene, l’escursione alla laguna blu. Un anello di motu nella laguna: una laguna nella laguna. Isolotti di palme, a cui giri intorno a piedi; sabbia bianca e piccoli squaletti che nuotano a riva, tra pesci colorati in un cerchio d’acqua trasparente più di una piscina, il tutto in un silenzio irreale. Qui abbiamo passato una bellissima giornata mangiando anche benissimo. Chi voleva, ha avuto l’opportunità di tuffarsi anche con gli squali. Io, visti i bestioni che nuotavano sul fondo, ho lasciato a mio marito il piacere di quest’esperienza… Alla laguna blu si arriva solo in barca (traversata di un’ora) visto che si trova sulla parte di “anello” opposto al villaggio di Avatoru. Unica nota negativa Marcello, il guidatore della barca, matto da legare, che infrangeva le onde come un matto, divertendosi a far vomitare i turisti (per fortuna che noi non soffriamo di mal di mare…).

Da Rangiroa, ritorniamo a Tahiti. Con il senno di poi avremmo fatto un giorno in più qui e uno in meno a Bora Bora. Questo perché quest’isola viene sottovalutata e si tende a dirottare i turisti solo sugli angoli più stereotipati della Polinesia. Tahiti invece è tutta da vedere, soprattutto l’interno con le sue foreste e le sue cascate, purtroppo visto che vi rimanevamo un giorno e mezzo, abbiamo preferito vedere bene Papeete. Papeete, la capitale è il centro pulsante della Polinesia, da punto di vista amministrativo e commerciale. Il centro l’abbiamo visitato in lungo e in largo, ovviamente immancabile è stata la visita al suo mercato e la cena alle Roulottes, furgoncini che preparano di tutto e dove puoi mangiare comodamente seduto. Da vedere la cattedrale di Notre-Dame, il museo della perla Robert Wan (ingresso gratuito), dove è possibile ammirare anche dei gioielli, che visti i costi vanno solo guardati…e perdersi tra le vie di negozi, i parchetti freschi e lussureggianti e “il lungo mare” della città.

Poi purtroppo tutto è finito e ci siamo rimessi in viaggio per ritornare in Italia, con scalo nuovamente in Giappone, ma destino ha voluto che l’aereo avesse dei guasti e si ripartisse solo in tarda serata. Per fortuna la compagnia aerea ci ha offerto di sistemarci all’hotel Meridien di Tahiti, dove ci siamo riposati e dove abbiamo mangiato benissimo, guadagnando un giorno in più a Tahiti. L’unico neo è stato, visto il cambio di programma nel volo, non aver potuto visitare la città di Narita dove avremmo passato almeno un giorno e mezzo. Peccato, magari la riserveremo per un nuova avventura….

In sintesi vi consigliamo:

  • Programmare con largo anticipo il viaggio di almeno due settimane, meglio tre;
  • Sosta di almeno due giorni nella città scalo (Los Angeles o Tokyo) in modo da spezzare il viaggio areo e abituarvi al fuso orario. A noi ha aiutato molto.
  • Se passate dal Giappone portatevi della moneta locale e controllate già dall’Italia che le vostre carte di credito o bancomat funzionino, così come il vostro cellulare (mal che vada in aeroporto a Narita si può perfino noleggiare il telefonino);
  • Mangiate assolutamente il Mahi Mahi in salsa di vaniglia, in genere comunque la cucina che abbiamo assaggiato è stata ottima;
  • Acquisto perle: se andate a Tahaa andate alla Love Here Pearl Farm, mentre a Bora Bora da Baldini, gentilissimo anche come personale presente (mi ha perfino regalato una perla). A Rangiroa abbiamo acquistato invece alla Gauguin’s perles. Sono venuti a prenderci con il loro mini bus alla pensione e dopo la visita ci hanno riaccompagnati gratuitamente. In qualunque isola andiate, consigliamo comunque di visitare almeno un’azienda produttrice di queste meravigliose perle, per capirne il processo di coltivazione. Personalmente, ho acquistato anche al piccolo aeroporto di Rangiroa su una bancarella un paio di orecchini validi come perle e materiale a prezzi molto inferiori.
  • Lasciate stare i grandi resort e soggiornate nelle pensioni chiedendo la mezza pensione. Risparmierete perché i prezzi al ristorante sono cari.
  • Non soggiornate sui motu, se avete voglia di muovervi o “esplorare”, anzi scegliete piuttosto il motu per un’escursione di una giornata solo per rilassarvi;
  • Se avete dimestichezza con francese e inglese è meglio, rischiate di essere spennati di meno (l’italiano comunque non è una lingua sconosciuta ai locali…);
  • Cosa acquistare: perle nere, monoi, vaniglia, parei, madreperla. Per i parei, ma comunque per gli acquisti in genere controllate che non siano fatti in thailandia (la maggior parte che trovate in circolazione). Io li ho acquistati a Rangiroa da un artista francese che li vendeva e sono stati fatti a Moorea.
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