Viaggio in Myanmar

Mingalaba, thanakha e Buddha sempre con te
Scritto da: Antonietta Peroni
viaggio in myanmar
Partenza il: 22/10/2012
Ritorno il: 18/11/2012
Viaggiatori: 1
Spesa: 2000 €
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Dopo vari preparativi, itinerario, acquisto biglietto, richiesta visto, cambio soldi e zaino, finalmente è arrivato il giorno della partenza, volo da Roma Fiumicino scalo a Pechino e giorno seguente partenza per Yangon. A bordo dell’aereo tanti cinesi e pochi italiani, nei posti dietro al mio ci sono 2 bambini cinesi, uno ha detto all’altro in romanesco: “Ao qui nun se capisce gente è tutto scritto in cinese!” Mi hanno molto divertito. Dopo circa 10 ore di volo sono arrivata a Pechino, soggiorno in hotel compreso nel biglietto aereo, un giro molto veloce a Piazza Tienanmen e rientro in albergo; la mattina seguente trasferimento in aeroporto e finalmente partenza per Yangon. Arrivata all’aeroporto di Yangon la prima cosa che mi ha colpito sono stati il gran caldo e la gente molto cordiale e molto sorridente. Uscita dall’aeroporto sono andata a prendere un pick-up direzione centro. Salire su un pick-up pieno di passeggeri, con lo zaino, è stato molto eccitante, tutti mi guardavano e mi sorridevano, le donne avevano sul viso la thanakha, capelli neri raccolti, indossavano il lounge colorato o con disegni floreali, maglietta, infradito e borse con merce da vendere, anche gli uomini indossano il lounge ma a quadretti, maglietta e infradito e masticano betel sputando nei sacchetti di plastica o in terra.

Durante il viaggio verso l’albergo mi ha accolto il monsone, sono arrivata bagnata dalla pioggia, tutto rientrava nella vacanza! Ho trascorso la serata nel centro di Yangon e lungo la strada ho fatto amicizia con un ragazzo che era in compagnia di 2 ragazzine, il quale mi ha voluto offrire un tè e mi ha detto che era una guida turistica e che le ragazze studiavano l’inglese, quindi hanno approfittato della mia presenza per dialogare un po’, visto che in Myanmar sono poche le persone che lo parlano.

La mattina seguente sveglia molto presto e inizio percorso nel centro della città. Il Myanmar è un paese multi-religioso, quella Theravada è la tradizione buddhista più diffusa, segue cristiana (battista e cattolica) mussulmana e induista. Lungo il mio giro in centro ho visto templi induisti, sono entrata a visitarli, ho osservato tutti i fedeli in preghiera e che portavano offerte a Shiva. Riprendendo il cammino al termine del percorso sono arrivata alla Sule Pagoda, situata nel mezzo di una piazza molto trafficata nel centro della città, con intorno vari negozietti. Lungo la strada si trovano banchetti ove le donne cucinano con molta passione e qui ho gustato magnifici pasti, la cucina birmana è stata influenzata da quella indiana, cinese e thailandese, la portata principale è il riso oppure noodles accompagnati da verdure, pesce o carne, tutto speziato. Ho continuato il percorso verso Kandawagyi Lake e mi sono ritrovata in un monastero di monaci buddisti del Bangladesh, mi hanno fatto accomodare e abbiamo fatto due chiacchiere, da lì mi sono diretta verso la Shwedagon Paya, ma lungo la strada il monsone mi ha colpito ancora, pertanto mi sono riparata nei negozi di artigianato nei dintorni. Per fortuna dopo circa un’oretta si è placato e sono entrata in questo meraviglioso e luccicante tempio, il più bello e più famoso di tutto il Myanmar. Lo stupa centrale sormontato da una grande cupola dorata arriva ad un’altezza di 98 m., qui i birmani si recano per pregare e fare offerte a Buddha. Mi sono trattenuta fino a tarda sera e al rientro sono andata a prenotare il viaggio in treno, direzione Bago costo del biglietto $ 2.00.

La mattina seguente viaggio in treno vecchio stile, sedili e pavimento di legno, finestrini aperti, affollato dagli abitanti del posto, che mi salutavano e sorridevano in continuazione. Arrivo dopo circa 2 ore, vengo avvicinata nella stazione da una “guida locale” che mi ha proposto di fare un giro per la città in risciò pagando $.10.00, compreso il biglietto d’ingresso nelle pagode. Sono salita sul risciò e sotto un sole bollente quest’omino mi ha portato a visitare, la Shwemawdaw Paya con uno zedi a cupola che arriva a 114 m., il monastero Kyakhatwine dove ho assistito al pranzo delle 10:30 dei circa 500 monaci, un monumento con un Buddha sdraiato sul fianco la cui lunghezza misura 55 m e l’altezza 19 m.; da qui allo Snake Monastery dove si trova un gigantesco pitone birmano di 120 anni, si dice che sia la reincarnazione di un monaco di Hsipaw e per ultima ho visitato anche una piccola azienda dove vengono fabbricati a mano sigari destinati al mercato interno. Dopo circa 3 ore di tour per la città, ho preso il bus destinazione Kyaikhtiyo, attraversando grandi risaie e salendo in mezzo alle montagne al villaggio di Kinpun, con alloggio presso il Pann Myo Thu Guest House.

Golden Rock

La mattina seguente alle 06.00 ero già al campo base da dove partono i pick-up che si arrampicano su una strada lunga 12 km. circa, con un dislivello di 1.000 m., da qui bisogna percorrere un tratto a piedi di circa 50 minuti; lungo la strada ci sono i barellieri, che trasportano chi ha bisogno, s’incontrano monaci in meditazione, pellegrini birmani e ogni tanto qualche turista, banchetti di ristoro e poi finalmente la Golden Rock. Un luogo magico dove si respira un’atmosfera mistica, si vede già da lontano in cima ad una montagna un grande masso dorato sulla cui sommità è stato costruito un piccolo stupa alto circa 7 m. la cui leggenda dice che il masso si tiene in equilibrio grazie ad un capello del Buddha. Il masso dorato, in bilico con la pagoda è di grande effetto, ma le sensazioni più forti si hanno aggirandosi per il tempio tra i numerosi pellegrini che offrono ai Nat (Spiriti ) e al Buddha ricchi piatti di frutta, riso e composizioni floreali. Nel tardo pomeriggio rientro con pick-up superaffollato, serata in albergo, mattina successiva rientro a Bago.

La mattina seguente in ozio per Bago dopo aver prenotato il pullman per Mandalay, con partenza alle ore 20.30, pertanto ho gironzolato ancora un pò. Partenza quasi in orario, arrivo a Mandalay alle ore 05:00, colazione e subito alla ricerca di un mezzo per raggiungere il centro della città. Dopo aver contrattato per 500 Kyat, ho preso un pick-up e mi sono diretta alla Royal Guest House, una doccia veloce e via in giro per la città, consumando sempre i miei pasti ai banchetti. Ho visitato la Sandamuni Paya, formata da un gruppo di stupa bianchi eretti nel luogo in cui sorgeva la residenza temporanea del re Mindon, lo stupa è circondato da 1774 lastre di marmo che recano incisi commenti relativi ai Tripitaka. La Kuthodaw Paya, spesso definita “ il libro più grande del mondo”per le 729 lastre di marmo situate attorno allo stupa, ogni lastra è protetta all’interno di un piccolo stupa dove alloggiano tutti i 15 libri che compongono i Tripitaka.

Lo Shwenandaw Kyaung, un edificio in legno di tek rivestito sia esternamente che internamente da pannelli scolpiti, purtroppo quelli esterni sono stati usurati dalle intemperie, ma quelli interni sono in ottime condizioni e raffigurano le 10 jataka (episodi della vita passata del Buddha). La Kyauktawgyi Paya dove si trova un’enorme statua del Buddha alta 8 m. e pesa 900 tonnellate, scolpita in un unico blocco di marmo, le statue intorno al santuario raffigurano gli 80 arahat (discepoli illuminanti) del Buddha. Ho costeggiato il Palazzo Reale, edificio simbolo di Mandalay giungendo a piedi alla Mandalay Hill che dall’alto dei suoi 236 m di altezza offre un bel panorama sulla città e sulla pianura circostante. La collina è considerata sacra, è accessibile salendo a piedi nudi per un percorso fatto di gradini, terrazze e templi, la passeggiata non è troppo faticosa e merita farla per ammirare un bel tramonto. Qui ho incontrato dei ragazzi che avevano voglia di esercitare l’inglese, quindi mi hanno fatto le solite domande di rito; nome, età, provenienza, professione, prima volta in Myanmar e sapere il mio pensiero sugli abitanti del paese. Il massimo è stato quando ho incontrato un monaco buddista che mi ha chiesto la mia provenienza, alla mia risposta “Italia” lui ha detto “Totti” incredibile! Rientro in stanza, domani andrò ad Amarapura, a circa 30 minuti di viaggio in pick-up. Da qui continuo a piedi attraversando i binari raggiungo il mercato e poi una strada piena di templi, monaci, banchetti di ristoro e souvenir,ed ecco che appare improvvisamente lo spettacolare U Bein’s Bridge, un ponte pedonale lungo più di un chilometro costruito interamente in teak che attraversa le acque del lago Taungthaman. Dopo averlo percorso in entrambi i sensi mi sono recata al mercato ove ho fatto una ricca mangiata di papaya e lungo la strada ho bevuto una buonissima noce di cocco. Mi sono spostata in pick-up strapieno di donne cariche di sacchi, ceste piene di verdure, tra queste c’era una monaca buddista che mi ha pagato il biglietto del trasporto, era molto solare, socievole, ci siamo fatte una foto insieme. Scesa dal pick-up mi sono diretta a Sagaing, situata sulla collina che si affaccia sul fiume Ayeyarwady, è un centro religioso importante che ospita numerosi monasteri e templi. Dopo aver salito moltissimi gradini mi è venuto incontro un monaco che si è offerto di farmi da guida, qui ho visitato il Padamya Zedi e l’Umin Thouzeh che ha 45 statue del Buddha disposto lungo un colonnato a forma di mezzaluna. Dopo aver finito il percorso gli ho fatto un’offerta e ho fatto una passeggiata, imbattendomi in un gruppo di studenti che facevano giochi di gruppo. Da lì mi sono allontanata a piedi, strada facendo sono entrata nel cortile di un’accademia buddista, li ho incontrato un monaco il quale mi ha detto che era un’insegnante e che gli alunni erano in vacanza, cioè erano tornati a casa. Mi sono trattenuta parecchio con il monaco il quale ha voluto sapere come mi trovavo con la gente del posto, per me tutti molto gentili e sempre pronti ad aiutarmi anche se alcune volte avevamo difficoltà a capirci, poiché non tutti conoscono l’inglese. Dopo vari discorsi ci siamo salutati e ho continuato il mio percorso a piedi fino ad arrivare alla fermata del pick-up che mi avrebbe riportato a Mandalay. Naturalmente sul pick-up si fa sempre amicizia, c’è sempre qualcuno che vuole sapere da dove vieni, la tua professione, ma soprattutto cosa pensi della gente del Myanmar. Arrivata a Mandalay sono andata in stazione per acquistare il biglietto destinazione Myitkyina partenza il giorno seguente alle 16:20, con arrivo previsto dopo 24 ore e da lì sarei rientrata a Mandalay con lo slow boat.

La mattina seguente dopo una colazione a base di noodles in brodo, ho fatto un giretto per Mandalay, qualche foto, pranzetto e rilassamento nella guest house. Verso le 15:30 con il mio zaino mi sono recata alla stazione dei treni in attesa della mia partenza per Myitkyina. Il treno è stato puntualissimo, ero circondata da birmani incuriositi come al solito, la curiosità era reciproca, ad ogni fermata c’erano le venditrici di cibo e naturalmente ho mangiato! Durante la serata tutti i passeggeri hanno tirato fuori, asciugami per coprirsi il volto per non avere la luce del vagone negli occhi, coperte per ripararsi dal freddo della notte, il massimo è stato quando ho visto che si sdraiavano in qualsiasi posto libero, addirittura sotto i sedili e nel corridoio. Io, ho dormicchiato sul mio bel sedile di legno, la mattina seguente ero a pezzi! Alle prime luci del sole le donne hanno messo via tutta l’attrezzatura notturna e si sono sistemate per affrontare la nuova giornata, capelli in ordine e thanakha sul viso. Tante fermate prima di arrivare, ma finalmente dopo 24 ore di treno e con vari acciacchi procurati dal viaggio non tanto comodo, sono arrivata a Myitkyina. In stazione sono stata avvicinata da un poliziotto che ha registrato la mia presenza, perché in questo periodo la città è presidiata, causa problemi politici e religiosi. Ho pernottato alla guest house YMCA, qui si sta bene, personale molto gentile; a Myitkyina ci sono diverse pagode la più notevole la dorata Hsu Taung Pye Zedidaw. In un padiglione di fronte allo stupa vi è un Buddha disteso lungo circa 30 m. realizzato con le offerte ricevute dai buddhisti giapponesi, poi ho visitato la grande An Daw Shin Paya, il cui stupa rivestito in argento pare contenga un dente del Buddha. Domani la navigazione dell’Ayeyarwady, purtroppo non si può andare verso Bhamo, poiché acque in secca, quindi ritorno in treno fino a Naba e bus fino a Katha. Viaggio in treno sempre strapieno di gente e autobus verso Katha, no strapieno, di più; persone, bagagli ma tutto perfetto secondo i miei programmi. Arrivata a Katha sistemazione nella Ayeyarwady guest house, albergo carino con camere pulite che condividono servizi igienici con doccia rudimentale. Qui la sera c’è un bel mercato ove si possono gustare noodles, carne, pesce, verdure, frutta e dolci, ho scattato qualche foto in notturna lungo il fiume e poi in stanza.

La mattina seguente un giro per la città, qui c’è poco turismo, pertanto è tutto “incontaminato”; gente semplice, incuriosita ma soprattutto molto ospitale. Mentre camminavo, dopo una ricchissima colazione a base di riso, frittelle e somoza, sono andata verso un monastero, qui i fedeli si occupano dei pasti dei monaci; gli uomini cucinavano in grandi pentoloni e le donne sbucciavano un’enorme quantità di cipolle, mi hanno invitato a sedermi accanto a loro. Mentre ero lì sono stata avvicinata da un fedele il quale mi ha detto che il monaco superiore voleva incontrarmi, mi sono recata all’interno e Lui era lì con gli altri monaci, mi ha fatto accomodare al suo tavolo, che era apparecchiato con riso, verdure varie, ed insieme abbiamo alzato il tavolo in segno di ringraziamento. Un’emozione molto forte, mi ha offerto del gelato con dei dolci, dopo aver scattato qualche foto ed averlo ringraziato sono andata via, ero al settimo cielo! Sono andata ad acquistare il biglietto per il traghetto, partenza ore 17:00. Un altro giro per Katha e altre foto, mangiando riso, verdure e semi di girasoli, finalmente all’orizzonte si vede il traghetto, si parte! Prima di salire sono scesi dei passeggeri con vari acquisti, scarico di merce varia e non mancavano i venditori ambulanti. Via, si va verso Mandalay con una navigazione molto lenta. Il traghetto era strapieno, non sapevo dove camminare, in terra tutti avevano messo le loro stuoie, coperte e quant’altro, era molto difficile trovare un posto ove sistemarmi, poiché le donne anziane mi dicevano che era il loro posto, naturalmente, anche se c’era uno spazietto. Su questi traghetti c’è un posto sollevato da terra, riservato ai monaci, pertanto poiché a bordo non erano presenti, un addetto dell’equipaggio ha fatto sistemare me ed altri viaggiatori stranieri in questo posto. Ho steso la mia stuoia e ho preso la mia coperta nuova acquistata al mercato di Katha e ho iniziato a godermi il viaggio. Dall’alto ho osservato tutti i miei compagni di viaggio, che confusione, chi parlava, i bambini piangevano, gridavano, chi tirava fuori la cena, chi osservava il panorama. Dopo aver cenato, i birmani hanno pregato e tutti giù a dormire, anch’io mi sono sdraiata, ma alla prima tappa in piena notte sono saliti altri passeggeri. Verso le 03:00 tutti svegli, chi andava a lavarsi i denti, chi in piena chiacchiera con le venditrici ambulanti che erano salite approfittando di una tappa dello slow boat. Mi sono sdraiata di nuovo e verso le 06:30 mi sono svegliata e ho fotografato l’alba osservando il risveglio dei vari villaggi attraversati, molto interessante, un paesaggio che va da una fitta vegetazione ad un terreno arido, lavorato con buoi trainanti l’aratro e coltivato. A bordo si possono mangiare pasti caldi ed io ho preso del riso con verdure, ho anche notato che durante la notte era salito un monaco, il quale per non disturbarci, visto che avevamo occupato il suo posto, ha riposato su una panca. Appena fatto giorno il membro dell’equipaggio ci ha chiesto di lasciargli il posto, il monaco si è accomodato ed ha iniziato a pregare insieme a tutti i passeggeri, i quali gli portavano delle offerte, così anch’io gli ho offerto del tè con il latte caldo. Intanto il mio viaggio proseguiva molto lentamente, tra pasti vari, spuntini, foto e chiacchiere, arrivando verso le 18:00 a Mandalay. Ho faticato un po’ per trovare una sistemazione per la notte, ma dopo vari giri in moto taxi ce l’ho fatta, pensando già a domani che partirò per Bagan. Partenza ore 08:30 in autobus, lungo una strada sterrata e attraversando vari villaggi, con arrivo a Bagan alle 14:00, qui si paga una tassa d’entrata di $ 10. Inizia la ricerca di una guest house, tutto pieno, poiché adesso qui è alta stagione, ma finalmente ne trovo una, in zona Nyaung U, mi sistemo ed esco. Vado subito a visitare la Shwezigon Paya, principale sito religioso della cittadina, famoso per il suo legame con i 37 nat, la Paya è molto bella e tutto intorno vi sono bancarelle che vendono tantissimi souvenir; i commercianti conoscono anche qualche parola d’italiano e fanno i simpatici pur di venderti qualcosa. Mentre scatto delle foto e mi guardo intorno, mi trovo davanti l’edificio giallo con i 37 nat, ma purtroppo era chiuso, per fortuna mi vede il guardiano e gentilmente me lo fa visitare, la visita è possibile solo la mattina, poiché c’è molta affluenza di gruppi. Da qui riparto e giro tra bancarelle, negozi, chiedo qualche prezzo delle lacche, cena in un ristorantino con noodles e tofu, biscotti e una bella bibita fresca, con rilassamento sul terrazzo della guest house, perché domani mi aspetterà la valle dei templi.

La mattina seguente dopo la colazione nella guest house, mi sono recata al mercato, un giro veloce per acquistare qualche chincaglieria, lacche, visto che a Bagan ci sono molti laboratori artigianali: scatole, vassoi, bicchieri, centro tavola, quadri e tante sculture in tek intarsiato. Da qui mi sono recata alla volta di Old Bagan, mentre tutti vanno in biciclette o con le carrozze trainati dai cavalli, io ho preferito andare a piedi. Ho iniziato il mio percorso dalla Tharabar Gate, fino alle sponde del fiume, ho proseguito lungo la valle, ci sono circa 2.000 templi e pagode. In alcuni templi è consentito l’accesso, mentre in altri è possibile persino raggiungere la cima e vedere panorami incredibili; in alcuni all’interno vi sono conservate belle pitture murali oppure è custodita qualche reliquia del Buddha. Gli edifici più importanti sono Thatbyubbyu Pahto, i l più alto, la sua struttura a due livelli squadrati dipinti di bianco, con terrazze; Ananda Pahto è uno dei templi più belli, il suo hti (pinnacolo) dorato di 52 m. si vede luccicare da qualsiasi punto della pianura. Dhammayangyi Pahto è il più massiccio, lo schema architettonico è simile a quello di Ananda, in una delle quattro cappelle dedicate al Buddha sono conservate due immagini affiancate di Gautama e Maitreya, il Buddha storico e quello futuro. Pyathada Paya si raggiunge seguendo varie strade sterrate, dall’immensa terrazza panoramica si può osservare tutta la valle. Sulamani Pahto ampio edificio immerso nella vegetazione all’interno di una cinta muraria, l’interno è ricco di elementi decorativi. Finito il giro della valle dei templi, lungo la strada del rientro, mi sono fermata ad acquistare due quadri in lacca, sono stata invitata a vedere il procedimento di lavorazione, forse ci andrò nei prossimi giorni, domani andrò al Mount Popa. Durante la notte verso le 04:00 ho sentito della musica e il suono di campanelli, mi sono affacciata e c’erano le donne del posto che offrivano da mangiare ad una fila di monaci.

Sveglia alle 06:30 partenza per Mount Popa, dopo aver preso un pick-up da Nyaung U fino a Kyaukpadaung e poi una moto taxi. Il Mount Popa è un tempio sulla cima di uno sperone roccioso, dimora dei 37 nat (spiriti) più potenti della religione animista del Myanmar. Luogo molto venerato, si può assistere a canti, danze e offerte varie, si accede al tempio salendo circa 772 gradini accompagnati da simpaticissime scimmie. Nel tardo pomeriggio rientro a Nyaung U, mentre il giorno seguente ho deciso di andare a vedere la lavorazione delle lacche. La tecnica della lavorazione inizia con un intreccio di tessuti, strisce di bambù finemente tagliati, crine di cavallo, legno, miscela di resina con l’argilla e segatura di legno; sono accuratamente lavorate e infine lucidate con la cenere di legno fossile, i disegni vengono poi incisi e dipinti a mano; in questo laboratorio lavorano ragazzi e ragazze. Serata a Nyaung U, acquisto di qualche souvenir, cenetta e passeggiata, domani lascerò Bagan e mi dirigerò verso Kalaw, con partenza alle ore 06:30 in autobus. Durante il viaggio un piccolo guasto, ma il tutto viene sistemato dopo circa un’ora di sosta e alle 16:00 circa sono sul posto. Subito alla ricerca di un alloggio e poi mi sono recata alla Golden Lily Guest House alla ricerca di Rambo Singh per organizzare un trekking tra i villaggi delle tribù Palaung e Pa-O per osservare lo scorrere della loro vita giornaliera. Domani alle 09:00 si partirà a piedi già dalla guest house, ho scelto la formula 2 giorni 1 notte.

Partenza dalla Golden Lily Guest House, qui ho incontrato James la mia guida, il gruppo è formato da 6 persone, iniziamo il nostro precorso su di una stradina che ci conduce fuori dal paese e da qui un sentiero verso il bosco. Abbiamo iniziato a salire lungo il sentiero, c’erano pozzanghere e tanto fango, il paesaggio era spettacolare, il cielo molto ma molto nero! Dopo circa 3 ore di trekking ci siamo fermati ad un punto di ristoro per il pranzo, riprendendo il cammino, ci ha accompagnato un bell’acquazzone, la strada era molto scivolosa e molto difficoltosa da percorrere, ci siamo riparati presso un villaggetto. Siamo riusciti a ripartire e lungo il nostro cammino, nel bosco e lungo i binari del treno (una linea a scartamento ridotto tra le valli) abbiamo incontrato vari abitanti dei villaggi, scalzi, carichi di merce e bambini che tornavano dalla scuola. Nella serata siamo arrivati nel villaggio abitato da contadini, una famiglia ci avrebbe ospitato con cena a lume di candela, non per romanticismo ma per assenza di elettricità, il bagno all’esterno nel campo, e si dorme in terra su dei materassi. La mattina seguente è arrivato Peter, un’altra guida che avrebbe riportato indietro me e un altro ragazzo verso Kalaw, gli altri avrebbero proseguito fino a Inle Lake.

Lungo il nostro percorso, sempre strada con fango e pozzanghere, ma un panorama molto affascinante, ci siamo fermati a prender un tè a casa di una donna di etnia Pao. Dopo un cammino di circa 3 ore abbiamo raggiunto la Shwe Oo Min Paya, molto suggestiva, è ricavata all’interno di una serie di grotte naturali in cui brillano statue del Buddha dorate. Ho scattato tante foto, non sarei voluta andar via, un pranzo veloce e poi via di nuovo altre 3 ore di cammino nel bosco verso la Golden Lily Guest House. Arrivata lì ho ripreso il mio zaino e sono andata a prendere il bus che mi avrebbe portato a Inle Lake. Alle 16:30 ero già a Nyaungshwe alla ricerca di una stanza. anche qui un po’ difficoltoso, ma sono riuscita. Serata in giro a contattare un barcaiolo per l’escursione sul lago, dopo averlo trovato e stabilito orario di partenza, ore 06:30 del mattino seguente, i luoghi da visitare, classico itinerario compreso Inthein. Qui in pochi vi arrivano, ma basta chiedere ed aggiungere una piccola differenza si riesce a raggiungerla.

La mattina seguente, partenza in perfetto orario, siamo usciti dal canale per immetterci nel lago, lungo circa 20 km e largo 11, circondato dalle montagne popolate dalle tribù pa-o; mentre il lago è abitato dall’etnia Intha, tribù che vive in diversi villaggi con case a palafitta. Gli Intha si muovono sul lago utilizzando lunghe imbarcazioni motorizzate; mentre i pescatori usano una tecnica particolare per far scivolare le imbarcazioni sull’acqua, questa tecnica prevede di tenere il remo con una gamba stando in piedi a poppa della barca e facendo forza con la stessa in un movimento tra gamba e anca sul remo, cosi mantengono le braccia libere per la pesca. Nelle acque ci sono dei giardini, orti, mercati galleggianti e poi ancora, monasteri e templi. I più famosi sono : il monastero di Nga Phe Kyaung, dove vive una comunità di gatti, i quali sono stati addestrati dai monaci a saltare dentro dei cerchi e il Phaung Daw Oo Paya sito religioso più sacro, al centro dell’imponente pagoda vi sono quattro antiche statue del Buddha rese irriconoscibili dallo strato spesso di foglie d’oro applicate dai fedeli. Mentre ero in visita a un laboratorio di lavorazione della seta, a conduzione familiare, c’è stato il terremoto, la palafitta si muoveva e tutti gli arnesi che erano appoggiati sui vari telai sono caduti in terra, sia io e la famigliola eravamo alquanto spaventati, quando tutto è finito mi hanno detto che erano passati 10 anni dall’ultimo terremoto, per fortuna da quel momento in poi è tutto andato bene. Ci siamo diretti verso Inthein che si trova in uno stretto canale seminascosto fra la vegetazione e canneti. Qui si può visitare un gruppo di rovine, Nyaung Ohak, con stupa ormai ricoperti dalla vegetazione, mentre una scalinata risale la collina; attraversando bancarelle di souvenir si arriva alla Shwe Inn Thein Paya, con 1054 zedi dei quali alcuni sembrano sul punto di crollare. Rientro nel pomeriggio a Nyaungshwe, giro nel villaggio e alle 16:00 prenderò il bus che mi porterà a Yangon.

Viaggio di notte, con varie tappe di ristoro, arrivo a Yangon alle 05:00 e da lì, prendo un taxi che mi accompagna alla stazione degli autobus direzione Pathein, da lì ho deciso di andare qualche giorno a Chaung Tha Beach. Acquisto il biglietto, partenza ore 08:00, peccato che dopo 10 minuti di viaggio il bus si è guastato, perciò siamo tornati in stazione, dopo vari tentativi di riparazione, l’autista ha deciso di prenderne un altro e siamo ripartiti. Durante il viaggio faceva molto caldo ed ero un pochino stanca visto che viaggiavo dalla sera precedente, però mi aspettava una bella spiaggia per rilassarmi un po’. Alle 13.00 arrivo a Pathein e da lì prendo una moto taxi, che mi accompagna alla stazione degli autobus per Chaung Tha Beach. Parto alle 14:00 in condizioni veramente scomode: minibus con sedili occupati dai sacchi di riso, tenendo le ginocchia piegate fino al mento, sul portabagagli sacchi, ceste contenenti di tutto, perfino galline costrette a viaggiare ammucchiate in una cesta mentre sui finestrini scorrono i loro escrementi. Si attraversano villaggi, chi scende e chi sale, carico e scarico merci, tanto caldo e tanta stanchezza. Naturalmente ci doveva essere un inconveniente, il minibus ha bucato 2 gomme, per fortuna che le aveva di scorta. Ci siamo fermati, la strada è così stretta che le vetture che passavano dopo di noi, erano costrette a fare la gincana. Gli uomini che smontavano le gomme sudavano da morire e facevano una gran fatica, poiché non avevano gli arnesi adatti, in aiuto solo un po’ di betel! Per fortuna si è fermato l’autista di un furgoncino, che ha prestato soccorso a cambiare le gomme con gli attrezzi adatti, evviva si riparte! Ero sempre più sfinita e non vedevo l’ora di raggiungere il mare, ma alla fine ce l’ho fatta sono arrivata a destinazione. Ho cercato una guest house, cena, passeggiata in spiaggia e poi a letto.

La mattina seguente alle 06:00 ero già in piedi, colazione e subito direzione mare, i birmani in vacanza vanno presto in spiaggia, chi va in bicicletta, chi noleggia il motorino, chi passeggia, e c’è chi acquista cibo dalle venditrici, che abitano nel vicino villaggio dei pescatori. Mi sono recata al villaggio, che è circondato da foreste di mangrovie, qui ci sono tante capanne e in un attimo mi sono trovata tanti bambini intorno, tutti mi salutavano e cercavano di fare amicizia. Una donna mi ha invitato a sedermi nella sua capanna e siamo state tutto il tempo a guardarci e a sorriderci, purtroppo non parlava inglese. Ho scattato molte foto con tutti gli abitanti, e quando gliele facevo rivedere erano molto eccitati. Da qui sono andata a farmi un bel giro al mercato, il prodotto più venduto pesce secco e poi frutta, verdura, carne, acqua, bibite, dolci, abbigliamento. Oggi mi sono proprio rilassata!!! Ho visitato la piccola pagoda costruita su un masso calcareo all’estremità meridionale della spiaggia. Domani vorrò andare sull’isola di fronte al villaggio, infatti, eccomi qua, ho preso una barchetta e dopo pochi minuti mi sono ritrovata in un’altra realtà molto suggestiva, natura incontaminata, turismo zero e anche qui vi è un tempietto con 3 monaci, ho fatto un bel giro dell’isola a piedi, tra scogli sabbia e mangrovie. Nel pomeriggio con la bassa marea le donne raccolgono conchiglie e corallo, che poi vendono per ricavarne vari souvenir, collane, mollette per capelli e accessori vari, una ragazza mi si è avvicinata e mi ha regalato delle conchigliette, peccato neanche con lei sono riuscita a parlare, ma tra gesti e sorrisi, ci siamo capite, l’ho ringraziata e ho ripreso la barchetta per tornare sulla costa, più vissuta. Da questa parte ci sono molti alberghi lussuosi, ove i birmani benestanti vengono in ferie per qualche giorno, mentre ero qui ho assistito alle riprese di vari video clip di cantanti birmani, cena in spiaggia e rientro in stanza.

La mattina seguente ho deciso di stare sdraiata in spiaggia a godermi la giornata poiché è il mio ultimo giorno. Dopo un po’ si sono avvicinate delle ragazze, che affittavano le biciclette in spiaggia, per fare amicizia, mi hanno regalato dei fiori che nascono sulla spiaggia, abbiamo parlato un po’ e ci siamo fatte delle foto insieme. Le ragazze qui sono molto belle, hanno tutte capelli neri lucidi, denti bianchissimi, un bel fisico longilineo e in volto sempre la thanakha, ormai anch’io ne usufruisco. Dopo un po’ sono arrivati dei bambini che mi hanno regalato altri fiori, ed anche con loro una bella foto di gruppo. Prima di allontanarmi ho deciso di andarmi a bere e mangiare una noce di cocco, l’omino che le vendeva era molto cordiale, sempre tanti sorrisi e nessuna parola inglese, ma ci siamo capiti. Quando ho pagato e gli ho fatto capire che sarei andata via, mi ha regalato una noce di cocco, questo gesto mi ha molto commosso, poiché ho pensato che lui vive grazie al ricavato della vendita delle noci e se ne è privata di una per donarla a me. Ecco la differenza tra chi sta bene economicamente e chi no! Beh a pranzo 2 pesci cotti alla brace come saluto finale e rilassamento in spiaggia. Mentre ero lì è arrivato un piccolo acquazzone, di corsa in stanza, ma dopo un’oretta circa tutto è passato, allora sono riuscita a godermi le ultime ore di mare, domani tornerò a Yangon, con il pullman delle ore 06:00; alle 08:30 Pathein e 12:30 arrivo a destinazione. Ho preso un bus fino alla Sule Paya e qui ho iniziato a cercare una stanza, trovata dopo vari giri, perché in questo periodo a Yangon c’è molto turismo. Sia oggi che domani (ultimo giorno nel Myanmar), giro al mercato generale (Zei) di Bogyoke Aung San dove si può trovare tutto l’artigianato nazionale dalla giada ai tessuti, per ultimi acquisti, ma soprattutto cerco di far rimanere impresse nella mia mente e nel mio cuore tutte le bellissime immagini che in questo mese il Myanmar mi ha regalato! Preparo bene lo zaino perché ormai domani è alle porte. Eccomi qui in aeroporto, ormai è finita! Sono contenta della bellissima esperienza, ma nello stesso tempo triste: è dura lasciare questi luoghi, queste persone con le quali ho vissuto un mese condividendo le loro abitudini, la loro vita! Aereo per Pechino, scalo tecnico a Kunming e pernottamento a Pechino. Siccome non volevo che la mia vacanza fosse giunta al termine, sono andata a mangiare un piatto di noodles e verdure grigliate alle 24:00 in un’osteria locale nelle vicinanze dell’hotel. Dal gran caldo del Myanmar mi sono ritrovata al gran freddo della Cina, in questo ristorantino c’era una stufa a legna accesa e il locale era tutto invaso dal fumo, dopo di che rientro in albergo.

La mattina seguente una colazione a buffet nell’albergo e poi trasferimento in aeroporto, destinazione Roma-Fiumicino, dove arrivo alle ore 18:00, sono tornata alla mia realtà!

Un mese nel Myanmar ti cambia veramente la vita, in questo Paese i rapporti umani sono sinceri, i birmani trasmettono gioia di vivere e ti fanno capire i veri valori della vita!

Grazie Myanmar, sarai per sempre impresso nel mio cuore e nella mia mente.

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