Viaggio in moto on/off road Tunisia
Il nostro tour è stato effettuato visitando dapprima la città di Kairouan, considerata la capitale spirituale del paese, per poi dirigersi verso sud sino a lambire il grande Erg Orientale.
Fantastica è stata la nostra visita agli ksour, ai villaggi berberi e all’oasi di Ksar Ghilane. Indimenticabile e indelebile è il segno lasciato dalle strade percorse nel deserto e nel Chott El Jerid e le oasi di montagna. Insomma motivati da tutti questi presupposti potete leggere il nostro report per poi anche voi cimentarvi nelle strade tunisine…Magari in moto.
Se effettuate il viaggio in moto siate prudenti sulle strade tunisine (soprattutto se andate a sud del paese): non è necessario rammentare che la velocità deve essere moderata per le particolari condizioni delle strade che non offrono la sicurezza degli standard europei. Comunque consigliamo vivamente questo viaggio per chi ha voglia di avere contatti umani con un popolo arabo che ha molto da offrire.
Di seguito vi proponiamo il nostro itinerario e se avete bisogno di chiarimenti e delucidazioni la nostra mail è testori.Stefano@connekt.It 27 dicembre – Partenza da Genova con motonave Carthage della Compagnia di Navigazione Tunisina 28 dicembre Tunisi – Kairouan Le pratiche di sbarco si svolgono abbastanza velocemente dato che i vari permessi sono stati compilati sulla nave.
Arrivando dalla La Goulette percorriamo il viale principale della Ville Nouvelle per poi imboccare una strada secondaria in direzione sud: c’è gente che cammina in mezzo alla strada, traffico disordinato ed arriviamo in una specie di mercatino rionale. Ci affianca un motorino con due ragazzi: ci indicano la strada per Kairouan, la nostra prima tappa.
Dopo circa due ore arriviamo alla meta: subito un ragazzo ci chiede in quale albergo siamo diretti e con il suo motorino ci porta a destinazione…Senza di lui non ci saremmo mai arrivati.
Posiamo i bagagli ci cambiamo velocemente e usciamo alla scoperta della Medina: è bellissima, piena di vicoli stretti e negozi coloratissimi. Purtroppo non ci si può fermare a guardare ciò che espongono perché subito i proprietari cercano di venderti di tutto. Però compriamo dei buonissimi dolcetti ripieni di fichi e datteri: una vera delizia! Troviamo un ristorantino per la cena e assaggiamo il nostro primo brik à l’oeuf, piatto tipico tunisino. Dopo cena facciamo un’altra passeggiata nella Medina: ormai le botteghe sono chiuse e tutto è buio e decidiamo di rientrare in albergo. Così finisce il nostro primo giorno.
29 dicembre Kairouan – Matmata Sveglia presto e visita alla Medina con la luce del sole ed ingresso alla grande moschea. Questa città è molto bella e gli abitanti, anche se insistenti, sono molto gentili. Compriamo anche un tappeto che ci verrà spedito…Speriamo che arrivi! Conosciamo Fabrizio, motociclista solitario di Piacenza: d’ora in poi capiterà spesso che le nostre strade si incroceranno.
Risaliamo sulla moto (che nella notte è rimasta parcheggiata in un magazzino dell’albergo) e ci dirigiamo verso El Jem. Percorriamo strade secondarie dissestate: abbiamo subito modo di constatare il buon lavoro del nuovo ammortizzatore WP e l’affidabilità dei pneumatici Karoo.
Vediamo camioncini carichi di gente e merci e carretti trainati dai muli. All’esterno delle botteghe e lungo la strada sono appese pecore appena uccise e pronte da vendere: è sicuramente caratteristico ma anche molto macabro.
Arriviamo ad El Jem, visitiamo l’anfiteatro, pranziamo e parliamo con alcuni ragazzi che ci chiedono quanto costa la moto. Rimontiamo in sella: dobbiamo arrivare a Matmata. Prendiamo sempre le nostre amate strade secondarie e percorriamo distese di ulivi immersi in una sabbia finissima ondulata dal vento. Sentiamo i primi influssi del deserto.
Passiamo da Matmata Nouvelle dove c’è un mercato: veniamo colpiti da mazzi di carote giganti e dal colore rosso-arancione.
La strada comincia a salire e il panorama si fa bellissimo: rocce dal colore del fuoco e qualche palma solitaria…Il deserto si avvicina sempre più… Dormiamo all’hotel Marhala in un’abitazione troglodita: la nostra stanza è una piccola grotta che si affaccia in un suggestivo cortile scavato nella roccia. Mangiamo in una tavolata “internazionale” con ragazzi tedeschi, inglesi, spagnoli e francesi e poi facciamo due passi prima di andare a dormire.
30 dicembre: Matmata – Tataouine Al mattino ci aspetta una sorpresa: nebbia e una leggera tempesta di sabbia…L’ideale per visitare Matmata e percorrere la strada panoramica verso Toujene. Vediamo ancora qualche casa troglodita, poi decidiamo di salire in moto: la nebbia è veramente fitta e non si vede nulla…Che peccato! Nonostante la velocità ridottissima, quasi senza accorgercene arriviamo a Toujene. Ci fermiamo e un ragazzo uscito da un negozio di tappeti ci offre un the al rosmarino e si propone come guida per una visita al paese. Lo seguiamo e giriamo per un’ora abbondante rammaricandoci di non poter vedere gli scorci che ci vengono descritti. Ci facciamo coraggio e riprendiamo la moto: c’è ancora nebbia, ma scendendo di quota diminuisce e finalmente si vede un timido sole. Rincuorati prendiamo una stradina secondaria che continuerà in una pista. Lungo il percorso la gente ci guarda e ci saluta, i bambini ci corrono incontro: anche nelle zone che sembrano più impervie ci sono persone…E pecore. Attraversiamo Beni Kedache e andiamo verso Ksar Hadada. Ci infiliamo in uno sterrato per provare l’emozione della solitudine. Arriviamo a Ksar Hadada ed entriamo nell’hotel abbandonato dove è stata girata qualche scena di Guerre stellari: è veramente un luogo bellissimo e particolare. Siamo sorpresi da un temporale: incredibile la quantità di acqua che scende fortissima e da ogni direzione per circa venti minuti. Appena accenna a diminuire risaliamo in moto e ci rechiamo a Ghomrassen per pranzare. Poi andiamo a Guermessa: per raggiungere questa cittadella fortificata si imbocca una pista di due km che corre in una valletta bellissima. Ad un certo punto ci troviamo davanti uno spettacolo incredibile: centinaia di metri di montagna scavati come a formare un alveare. E’ meraviglioso: saliamo a piedi e incontriamo alcune persone che abitano ancora in questo luogo impervio e solitario. Con il cuore pieno di meraviglia lasciamo questo luogo affascinante e attraversiamo Tataouine per poi dirigerci verso sud per visitare Ksar Ouled Soltane.
E’ un antico granaio abbandonato e ora ristrutturato: è un piccolo gioiello. Un ragazzo ci vende una cartolina da lui realizzata ad acquerello: sarà un bel ricordo di questo luogo.
Ritorniamo a Tataouine e vediamo due motociclisti italiani in un’officina e ci fermiamo a chiedere se tutto a posto. Ci dicono di aver fatto la pista di collegamento tra Tataouine e Ksar Ghilane e ci sconsigliano di percorrerla perchè piena di tratti sabbiosi. Un po’ atterriti cerchiamo un albergo e, dopo esserci sistemati, chiediamo informazioni sulla pista al gestore dell’albergo (un certo Tarek) che parla benissimo italiano e che ci assicura che è una pista dura con qualche tratto sabbioso.
Andiamo a letto con qualche dubbio.
31 dicembre: Tataouine – Ksar Ghilane Dopo aver fatto colazione ci rechiamo in città per far benzina ed incontriamo Fabrizio: gli proponiamo di venire Ksar Ghilane e ci dice che ci raggiungerà là dopo aver visitato alcuni Ksour. Noi intanto andiamo a visitare Chinini: un ragazzo ci fa da guida in questo villaggio arroccato e ci da molte informazioni sui costumi berberi. La visita è molto interessante e ci permette di scoprire il loro modo di vivere legato alla vita nell’oasi, al bisogno indispensabile dell’acqua e alle difficoltà di coltivare il grano e allevare le pecore per poter far sopravvivere il villaggio. Riprendiamo il viaggio e dopo una quindicina di chilometri, tanto per complicarci un po’ la vita, imbocchiamo la pista storica per Ksar Ghilane (diversa da quella percorsa dalla guide e dalle jeep dei viaggi organizzati) segnata sulle mappe IGN. Ci lasciamo guidare dal GPS e un po’ intimoriti ci avventuriamo nel deserto: si trovano tratti con un po’ di sabbia e Stefano pian piano prende confidenza con essa e li superiamo tutti senza cadere…Il segreto e uscire dalla pista per evitare i solchi prodotti dai fuoristrada e non mollare mai la manetta tenendo un accelerazione costante. Siamo proprio soli in questo percorso: è un emozione fortissima e indescrivibile già in parte vissuto ad agosto nel viaggio compiuto in Islanda sempre in moto. Ci fermiamo più volte per controllare che la pista e il GPS concordino. Ad un certo punto incrociamo la pista più frequentata che percorriamo a ritroso per un centinaio di metri raggiungendo il Cafè Nomade, famoso e suggestivo punto di ristoro nel nulla.
Da questo punto in poi la pista è larghissima e le tracce per la metà sono ben evidenti. Incontriamo di nuovo qualche piccola buca di sabbia, ma ormai ci sentiamo più tranquilli. Raggiungiamo la pipeline e da lì imbocchiamo una pista di una decina di chilometri che con un percorso misto di pista dura e di tratti con piccole dune di sabbia ci diverte tantissimo. Bisogna dire una cosa: la nostra moto con l’ammortizzatore Wp nuovo ci permette di affrontare toule onduleé e tratti di sabbia facendoci godere il percorso e di mantenere una guida sicura e molto più agile rispetto alla mole della moto, i bagagli e la zavorra (Sara). Diciamo questo perché le piste affrontate in Islanda ci avevano messo a dura prova a causa di un mono-ammortizzatore non adatto. Arriviamo all’oasi che è più grande di quanto ce la immaginassimo. Ci sistemiamo al campeggio “Paradise” in una tenda berbera: sotto di noi la sabbia e sopra un semplice telo. Dopo un po’ vediamo arrivare Fabrizio e insieme a lui, con le moto scariche, usciamo dall’oasi in direzione del fortino: invece di seguire la pista di sabbia battuta cerchiamo di cavalcare le dune, ma dopo aver superato con successo alcune di esse ne prendiamo una troppo ripida e ci insabbiamo.
Dopo uno sforzo sovraumano giriamo la moto verso la discesa e riusciamo a sollevarla: il nostro giro sulle dune è finito, ma ci consoliamo con una cavalcata sul cavallo arabo e con un’escursione sul dromedario. Verso l’ora del tramonto ci sediamo sulle dune di sabbia finissima ad aspettare che il sole scenda e man mano il paesaggio si colora di rosso fuoco.
Ritornando al campeggio ci fermiamo ad assaggiare il pane berbero cotto al fuoco.
La serata trascorre tra la cena e le musiche e le danze berbere attorno ad un grande falò. Il cielo è stellato e bellissimo come non si era mai visto.
La notte in tenda è molto fredda (pur avendo il sacco a pelo di medio peso) e al mattino l’uscita dal sacco a pelo non è piacevole.
1 gennaio: Ksar Ghilane – Tozeur Partenza di buon’ora (appena sollevata la solita nebbia che ci dà il benvenuto tutte le mattine) in direzione Douz.
Stavolta percorriamo la pipeline (che è asfaltata) e facciamo una deviazione per Ksar Tarcine percorrendo una pista dura solo in parte sabbiosa: arriviamo allo Ksar ormai utilizzato come ovile.
Intorno il nulla, le pecore e i pastori che abitano in una tenda berbera. Troviamo sempre utile l’uso del GPS appena si esce dalla strada.
Ritorniamo sui nostri passi, ci fermiamo a Bir Soltane e poi cerchiamo l’imbocco di una pista che dovrebbe farci risparmiare qualche chilometro verso Douz. Dopo parecchi chilometri però la pista diventa sempre più dura tratti di sabbia con piccole dune sono sempre più frequenti e, pur essendo facili e divertenti da superare, rallentano la nostra tabella di marcia. Attraverso un fuoripista ci dirigiamo verso nord-est per riprendere la pipeline sempre utilizzando il GPS e prendendo come punto di riferimento un’antenna dell’oleodotto.
Ormai ci siamo abituati a qualsiasi tipo di terreno aiutati alle gomme tassellate che svolgono un ottimo lavoro. Questa è la grande differenza rispetto al viaggio in Islanda in cui avevamo montato le Michelin Anakee che ci hanno creato non poche difficoltà negli sterrati.
Arriviamo a Douz, incontriamo di nuovo Fabrizio, pranziamo insieme e ci salutiamo per l’ennesima volta. Facciamo un giro veloce nel souq e poi percorriamo in moto le strade sterrate dell’immenso palmeto: sono bellissime e da non perdere assolutamente. Ci fermiamo a cogliere qualche dattero e subito veniamo amichevolmente circondati da un gruppo di bambini a cui regaliamo un po’ di caramelle.
Proseguiamo verso Tozeur. Prima di arrivare al Chott el Jerid attraversiamo tanti paesi sorti ai margini delle palmarie che sono la principale risorsa di questa zona della Tunisia.
Dopo Kebili finalmente comincia l’attraversamento del Chott El Jerid, il più vasto lago salato del Paese. La strada che taglia il lago corre a circa due metri dalla sua superficie. Alla prima strada trasversale svoltiamo per provare l’ebbrezza di qualche “sgommata” su questa superficie bianca (cosa pensata da altri motociclisti viste le tracce presenti). Anche qui, come in altri luoghi altrettanto desolati, non si può restare da soli: infatti, come al solito, arriva un uomo tunisino in motorino che non si sa da dove venga e dove sia diretto.
Riprendiamo il viaggio: il colore della superficie del lago varia di attimo in attimo a seconda della luce del sole: siamo quasi al tramonto e gli effetti cromatici sono molto variegati. La strada è costeggiata da piccole zone di estrazione del sale e da caffè che vendono bibite e souvenir.
Arriviamo a Tozeur con il buio. La città è molto animata: suoni e colori dei mercanti creano un’atmosfera festosa. Troviamo un alberghetto semplice ed accogliente (Residence Warda) e per la prima volta abbiamo una camera calda e comoda.
2 gennaio: Tozeur – Tamerza Ci mettiamo presto in moto per fare un giro nel palmeto: è immenso e bellissimo, sembra un eden. Ci fermiamo poi nel centro della piccola città per visitare la parte antica (che è molto suggestiva) e per comprare i datteri che sono tra i più rinomati della Tunisia. Passiamo a ringraziare un ragazzo che ci ha dato preziose indicazioni per la visita alla Medina e per le piste che dovremo percorrere…Infatti oggi sarà la giornata dedicata a diversi tratti di sterrato.
Dopo Nefta ci dirigiamo all’interno del Chott per diversi chilometri dapprima su fondo argilloso e con uno strato compatto di sale, poi con vari tratti sabbiosi. L’atmosfera è irreale, la sensazione di desolazione è estrema. Gli unici segni di vita sono alcuni dromedari che pascolano in lontananza. Arriviamo fino ad un pozzo e poi ripercorriamo la pista in senso contrario perché sulla strada che corre lungo il confine algerino ci sono diversi posti di blocco che non permettono il passaggio ai mezzi privati: abbiamo già trovato uno di questi prima di imboccare lo sterrato.
La sensazione nel percorrere la pista è stranissima: è completamente diversa dall’andata poiché la luce del sole alle nostre spalle la fa apparire completamente bianca e quindi c’è bisogno del GPS per non imboccare qualche pista secondaria. Dopo un totale di 90 km su sterrato rivediamo l’asfalto per lasciarlo immediatamente per imboccare il percorso di sabbia e toule onduleé che porta a Ong Jemal, sito in cui è stato allestito uno dei set di “Guerre stellari”. Questo luogo è bellissimo perché tutto intorno ci sono dune di sabbia quasi bianca alte 6-7 metri. Compriamo uno stock di collanine e braccialetti di legno di palma, facciamo salire sulla moto un poliziotto che vuole una foto in veste da centauro e poi imbocchiamo la pista che ci porterà alle oasi di montagna. Percorriamo circa 40 km su fondo duro con tratti di toule onduleé.
La prima oasi che si incontra venendo da sud è Chebika: l’arrivo verso le montagne ci lascia senza fiato perché la luce del tramonto dà alle rocce colori molto caldi. A piedi risaliamo le gole che si trovano alle spalle del paese abbandonato: ci sono cascatelle e palme. Arrivati in cima il panorama è mozzafiato: dietro di noi montagne infuocate e sotto la veduta del deserto.
Sulla strada verso Tamerza vediamo tantissime jeep di gruppi organizzati che sfrecciano velocemente tra un posto e l’altro senza godersene l’atmosfera. Giunti a Tamerza pernottiamo in una camera nello spartano albergo “Les Cascades” che è costituito da piccoli bungalow ricoperti di cannette. Praticamente siamo gli unici clienti e ci adattiamo con i nostri sacchi a pelo e con i materassi che ci mettono a disposizione.
Per fortuna ci rifacciamo con un ottimo cous cous e con quattro chiacchiere con la famiglia del gestore del ristorante con cui praticamente ceniamo assieme.
3 gennaio: Tamerza – El Kef Di buon mattino ci dirigiamo verso Mides. Data la vicinanza con il confine algerino i controlli della polizia e i posti di blocco si fanno più frequenti.
Arrivati a Mides visitiamo la vecchia città e, dopo aver acquistato bellissimi minerale di quarzo e calcite e collane di osso di cammello, scendiamo nel canyon e lo percorriamo per qualche centinaio di metri. Quello che vediamo è fantastico e ci lascia senza parole.
Ritorniamo alla moto e ripercorriamo la strada fino alle cascate di Tamerza in cui sostiamo per qualche attimo per accorgerci dell’orda di turisti arrivati in fuoristrada. Scappiamo dalla folla e scendiamo fino a Chebika dove imbocchiamo la sterrata che porta all’inizio della pista creata dal generale Rimmel per attraversare le montagne. Proprio all’imbocco della pista (dopo già 30 km di sterrato) ci fermiamo per controllare le direzione indicata dal GPS e una buca di sabbia ci fa cadere praticamente da fermi. Stefano rimane con un piede sotto la borsa laterale sinistra facendosi molto male. Dopo alcuni minuti di sconforto decidiamo di dirigerci verso la strada asfaltata che porta verso Metlaoui. Proprio all’inizio del paese troviamo un pronto soccorso e ci entriamo. All’inizio l’impatto ha provocato molte perplessità per come si presenta la struttura, ma subito la gentilezza e l’accoglienza del personale ci ha tolto qualsiasi dubbio. Dopo la radiografia e la visita del primario (tale Igor Tarassov medico di origine russa) possiamo riprendere il viaggio: non c’è nessuna frattura ma solo una gran botta che provoca molto dolore.
Questa esperienza ci ha permesso di constatare ulteriormente la bontà e la generosità della gente tunisina e questo ci rimarrà come un ricordo indelebile di questo viaggio.
Da Metlaoui a El Kef (dove arriviamo già a sera) la strada è un calvario per il dolore alla caviglia di Stefano e per il freddo che inizia a farsi sentire. Troviamo un albergo in centro (per fortuna con ascensore!) e parcheggiamo la moto in un sottoscala, praticamente all’ingresso del locale più “alla moda” della città.
4 gennaio: El Kef – Tunisi Partiamo presto senza purtroppo visitare la Kasbah della città perché Stefano fatica a camminare.
In poco più di due ore raggiungiamo Tunisi e troviamo un ottimo albergo nella Ville Nouvelle all’ingresso della Medina. Nel primo pomeriggio visitiamo questa parte della città che oggi è insolitamente calma perché è domenica. Il susseguirsi di vicoli, piazzette, strade coperte di volte per difendersi dal caldo estivo, edifici che all’apparenza sembrano abbandonati ci disorienta, ma ci affascina.
La visita alla città prosegue verso un quartiere privo di turisti alle spalle della stazione e che ci fa assaporare gli usi e i costumi degli abitanti di Tunisi. C’è un mercato lungo le strade strette in cui si vendono generi alimentari e vestiti usati. Compriamo frutta e spezie a prezzi irrisori e poi ci lasciamo alle spalle l’atmosfera vociante di questo quartiere per ritornare in albergo.
A cena ci godiamo il nostro ultimo cous cous sconsolati per la fine della nostra vacanza e per la caviglia sempre più gonfia di Stefano.
5 gennaio: imbarco a La Goulette Carichiamo la moto e ci avviamo al porto di La Goulette: la nave Habib ci aspetta per riportarci a casa.