Viaggio di nozze? Sudafrica e Mauritius!
Ecco la nostra luna di miele all'insegna della cultura, natura e relax
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11/05/2010 Partiamo da Milano Malpensa con un ritardo di 2 ore a causa del traffico aereo, e in conseguenza a ciò, dopo 6 ore di volo con un bambino frignante attaccato alle orecchie che non ci fa chiudere occhio, perdiamo la coincidenza a Dubai per soli 10 minuti. Incavolati neri ci dirottano a Johannesburg, quando in origine dovevamo atterrare a Cape Town. Arriviamo dopo altre 7 ore di viaggio, e piove… Alle 21 arriviamo finalmente all’Hotel Radisson, che si trova esattamente tra l’oceano e lo stadio che ospiterà i mondiali di calcio: la nostra camera è bellissima, c’è persino la macchina per il tè che ci alletta e che prontamente utilizziamo. Come avremo modo di notare in seguito, questo servizio è gratuito e presente in ogni struttura ricettiva da noi visitata. La prima cosa che colpisce giunti in Africa è che chiunque abbia modo di parlarti per prima cosa ti chiede: “How are you?” , una forma di gentilezza che da noi da tempo è andata persa. L’unico inconveniente è che il nostro inglese è piuttosto arrugginito (per usare un eufemismo), perciò non riusciamo a capire un’acca di quel che ci viene detto. Per non fare la figura dei soliti italiani ignoranti sfoderiamo il nostro miglior sorriso e rispondiamo invariabilmente “Yes!” o “Thank you!”, la qual cosa probabilmente ci fa apparire davvero due idioti! 12/05/2010 La nostra guida Claudio (piemontese immigrato 20 anni fa), passa a prenderci di buon’ora per iniziare il nostro giro al Capo di Buona Speranza. Il tempo è decisamente pessimo: piove, fa freddo e c’è un vento antipatico che ci sbattacchia di qua e di là. Della Table Mountain nemmeno l’ombra, come del resto tutte le altre montagne circostanti: grande delusione. Foto di rito a Hout Bay, dove il mare si infrange su una lunga spiaggia meta dei giovani ricconi della città, e proseguimento verso il Capo di Buona Speranza. Nel tragitto incontriamo Sentinel Hill, che si affaccia su una bella baia sferzata da un vento micidiale. Dalla Panoramic Route assistiamo ad un magnifico paesaggio, che cambia in continuazione ad ogni curva. Il parco naturale del Capo di Buona Speranza è mantenuto allo stato naturale; qui la natura è incontaminata e protetta in maniera quasi maniacale, e gli animali vivono liberi e felici. Vediamo eland (grosse antilopi delle dimensioni di una mucca), un irace (una specie di marmotta senza coda) e un gruppo di babbuini che si spulciano sul bordo della strada. Arriviamo al Capo di Buona Speranza: per fortuna non piove più, ed è persino uscito il sole, ma il vento è fortissimo, il mare pieno di onde schiumose e violente e la spiaggia coperta da alghe lunghe qualche metro somiglianti a corde gelatinose. È un luogo magnifico, e ci dispiace andar via. Claudio ci porta allora alla Punta del Capo, dove un faro segnala alle navi il pericolo. Quando Diaz arrivò qui per la prima volta battezzò il luogo come il “Capo delle tempeste”, e non aveva torto se Claudio ci dice che oggi tutto sommato il mare è tranquillo! Continuiamo in nostro viaggio seguendo le coste di False Bay, dove 3 mesi fa un bagnante è stato letteralmente portato via dal grande squalo bianco; per evitare questi episodi esiste un gruppo di volontari che sorveglia la costa dall’alto per tutto il giorno, avvisando del pericolo i numerosi surfisti in caso di avvistamento. Sulla strada incontriamo un gruppo di babbuini: il maschio dominante, una bestia enorme, si trova sulla capote di una macchina di anziani turisti. In men che non si dica scende e apre lo sportello posteriore, spaventando a morte una signora che fortunatamente riesce a richiuderlo. Per niente scoraggiato, il maschio attacca lo sportello anteriore e finalmente il conducente schizza via tra le urla concitate dei passeggeri. Claudio ci spiega che i babbuini, attirati dal cibo che possono facilmente rubare agli umani, hanno imparato ad aprire le macchine semplicemente osservando come si fa. Arriviamo a Boulders Beach, dove i pinguini sono i soli padroni del paese. Su questa spiaggia esiste una grande colonia di questi simpatici e goffi pennuti, che ci conquistano con la loro camminata storta e con il loro “dolce” pigolio asinino. Proseguendo arriviamo ai giardini botanici di Kirstenbosch, notevoli per estensione e varietà di piante. Fortunatamente le nuvole sono sparite del tutto, e ora appare lei, la Tavola! Corriamo a fare un po’ di foto, non si sa mai se la potremo rivedere di nuovo! 13/05/2010 Ci svegliamo con un tempo da lupi, la Table Mountain è di nuovo sparita… Claudio ci porta a visitare il museo di storia naturale, e ci mostra il parlamento che è immerso in un bel parco popolato da simpaticissimi (quanto voraci) scoiattoli grigi americani, fatti portare qui da Cecil Rhodes, che amava particolarmente questi animaletti. Visitiamo inoltre la chiesa anglicana e spiamo la residenza del presidente sudafricano. Facciamo un salto al quartiere malese di Bo Kaap, carinissimo con le sue casette colorate in tinte vivaci. La risalita in funivia alla Table Mountain è da escludere, dato che non si vede neppure la sua base, un vero peccato! Visita al Castello di Cape Town e al relativo museo, dove sono esposti mobili e suppellettili dell’età coloniale. Claudio ci porta poi in un atelier dei diamanti: qui possiamo assistere alle varie fasi della lavorazione di queste pietre, venire a conoscenza dei parametri di valutazione del costo dei diamanti, e ammirare incantati vetrine luminose in cui sono tenuti ben sotto chiave queste splendide gemme. Visita istruttiva, peccato che i prezzi siano un po’ oltre le nostre possibilità finanziarie. Pomeriggio libero, che trascorriamo nell’interessante Museo dei due oceani. Cena a base di brasato di bushbuck, una vera delizia! 14/05/2010 Partenza per Nelspruit: dopo 2 ore atterriamo nel capoluogo della provincia del Mpumalanga. All’aeroporto veniamo prelevati dal ranger Scott, che ci sembra un po’ strano… Altre 2 ore di auto ed eccoci arrivati al Jock Safari Lodge, dove il lusso impera in mezzo alla savana! Il nostro appartamento si affaccia sulla foresta e su un fiume del Parco Kruger, sito di eccezionale bellezza e valore naturalistico. Quella che sarà la nostra casa per i prossimi giorni è formata dal cortile esterno con angolo relax dotato di lettini, doccia e mini jacuzzi, mentre poco più in là si snoda una passerella che porta direttamente ad un gazebo coperto con un grande e comodo materasso per ammirare in completa tranquillità il fiume e gli animali che passeggiano proprio sotto di noi. Il lodge è in stile coloniale, con letto a baldacchino e zanzariere, il non plus ultra del romanticismo. Inoltre usufruiamo di caminetto, salottino e libri fotografici che ci introducono al mondo del safari. Il bagno è dotato di una bella vasca vittoriana, e separato del resto della camera da un separè di bamboo. I muri che danno sul fiume non esistono, o meglio, sono sostituiti da vetrate che permettono di guardare all’esterno anche mentre ci si lava. Alle 15:30 ci prepariamo in fretta per il nostro primi safari, siamo davvero elettrizzati! Siamo dotati di: binocolo, 2 macchine fotografiche, 3 maglie a testa, giubbotto e cerata. Solo quando il sole inizia a calare (verso le 18) ci accorgiamo che gli indumenti che indossiamo non sono ancora sufficienti per difenderci da un’arietta che, in viaggio sul camion scoperto, diventa tagliente e glaciale! Fortunatamente sul camion sono disponibili grosse coperte, alle quali ci avvolgiamo subito. I nostri compagni di viaggio sono una coppia di americani e il ranger James. La partenza è fissata per le ore 16, dopo la pausa the/caffè. All’interno del parco le auto devono tenere una velocità massima di 50 km/h, limite che però non è rispettato da tutti gli automobilisti (specialmente dai turisti che credono di guidare in una normale strada di campagna); il risultato è che talvolta qualche animaletto viene investito. Il primo avvistamento è un gruppetto di zebre e un facocero che sembra appena uscito dal film del Re Leone. In seguito vediamo, lontano lontano, un rinoceronte. E ancora: gazzelle, antilopi delle acque, kudu. Ad un tratto James riceve una chiamata da un collega: da qualche parte nella foresta si aggira un animale feroce che, grazie al nostro eccellente inglese, non riusciamo a identificare. Sembra che il ranger si dimentichi dei limiti di velocità, e tira il camioncino agli 80 km/h su stradine dissestate e crivellate di buche, il che ci fa quasi volare fuori! La corsa è molto divertente e vediamo sfrecciare di fianco a noi giraffe ed elefanti. Io tento di fermare James per poterli immortalare, ma non c’è nulla da fare: il predatore non aspetta! Dobbiamo però inchiodare di colpo quando, subito dopo una curva, la strada ci viene sbarrata da un grosso maschio di elefante, il quale sentendoci arrivare a tutta velocità apre le orecchie in un gesto allarmato che ci convince che non sia proprio il caso di avanzare… Capitoliamo, e aspettiamo con pazienza che il grosso pachiderma raggiunga i compagni nella foresta. Tuttavia è uno spettacolo, grande e maestoso, e le foto sono d’obbligo. Ripartiamo, ma poco dopo ci arriva la notizia che il felino è scomparso dalla vista. Il nostro ranger non si dà per vinto, e una volta arrivato sul posto inizia a battere il territorio avanti e indietro, aiutandosi con un faretto quando cala il buio. Ci mettiamo in ascolto: dal sottobosco ci giunge un rumore, una specie di brontolio seguito da sbuffi. È così vicino che ci viene la pelle d’oca per l’emozione, e il fatto che quasi certamente lui vede noi ma non viceversa aumenta la tensione di noi novelli esploratori! Ad un tratto James punto il fascio di luce sul ciglio della strada, a non più di 3 metri di distanza e… un bellissimo gattone maculato, un leopardo difficilissimo da vedere, ci fa la cortesia di camminare indifferente sul ciglio della strada, strofinandosi sui cespugli, alzandosi sulle zampe posteriori, facendosi seguire da noi, che lo tempestiamo di flash. Continuiamo a stargli dietro in una specie di Grande Fratello africano, in cui lui, protagonista assoluto delle nostre emozioni, ci regala uno spaccato di vita felina che nessun documentario potrà offrirci mai. È il più bello spettacolo a cui abbiamo assistito da quando siamo arrivati. Torniamo al campo felici e al nostro arrivo troviamo la camera cosparsa di petali di rosa, compresa la vasca da bagno e il letto, sul quale è stato disegnato un cuore. Ferrero Rocher e champagne in ghiaccio ci aspettano per un brindisi alla nostra luna di miele nel cuore dell’Africa, un sogno che si è avverato! Ceniamo con gli americani sulla terrazza del ristorante che si affaccia sul fiume, esercitandoci a parlare inglese. Fortunatamente Laura ha vissuto alcuni anni in Italia, e talvolta ci viene in aiuto quando ascoltiamo inebetiti i camerieri che parlano davvero troppo velocemente e con un accento che risente molto del dialetto locale. Il cibo è ottimo, i lumi a petrolio illuminano la tavola elegantemente imbandita e un plaid ci tiene al caldo le gambe. La serata è davvero piacevole, ma purtroppo finisce presto: bisogna andare a letto presto, domattina ci aspetta un altro safari! 15/05/2010 Sveglia alle 4:45, colazione con the e muffin (squisiti) e partenza alle 5:30. Il freddo è intenso, ma le nostre fatiche sono premiate da una coppia di giovani leoni, maschio e femmina, che dopo le fatiche della caccia notturna sonnecchiano sul ciglio della strada! Sono animali magnifici, e lei ha occhi ipnotici da assassina… Ci avviciniamo tantissimo senza che loro si scompongano minimamente: non ci percepiscono come un pericolo (o come prede!) perché non sono mai stati disturbati dall’uomo, o forse perché un po’ grazie al vento contrario e un po’ grazie alla protezione del camion, non percepiscono il nostro odore. Poco più in là ecco una mamma iena con due cuccioli, intenti a poppare, che si alzano impauriti scomparendo sotto un cespuglio quando un’auto di turisti giunge a tutta velocità. Dopo aver visto i leoni, la famigliola di iene appare proprio bruttina! Nel frattempo è sorta l’alba, che incornicia la savana con i suoi colori caldi e dorati. Al ritorno ritroviamo i leoni, che alzano il muso al cielo per fiutare l’aria: sembra proprio che ora ci abbiano sentiti! Appena l’aria diventa più calda James ci fa scendere per una sosta rifocillante: prepara the, caffè e biscotti in modo che noi possiamo bivaccare in compagnia dei vari uccelli che volano sopra la nostre teste (come gli avvoltoi) o che semplicemente ci osservano da debita distanza (quaglie e faraone). Il viaggio continua: ad un tratto ci troviamo nel bel mezzo della boscaglia, su una stradina stretta e coperta di buche. James si ferma accanto a una vera e propria montagna di cacca di rinoceronte bianco spiegandoci che questo animale limita il suo territorio con queste opere d’arte, mentre il suo cugino, il rinoceronte nero, si accontenta di spargerla intorno a sè aiutandosi con veloci e precisi colpi di coda. Ci guardiamo divertiti: nel mondo animale non si spreca niente! Improvvisamente dal folto della vegetazione vediamo sbucare dei teneri musetti affilati: è un branco di impala, che ci attraversa la strada saltando elegantemente. Il branco è composto da un solo maschio e da qualche decina di femmine. Vicino ai fiumi e agli stagni sono immancabili i cervi d’acqua, grosse antilopi grigie con un anello bianco disegnato sul posteriore. Tornati al campo ci aspetta un’abbondante quanto indigesta colazione all’inglese: omelette ai funghi e altre leccornie simili… Verso l’ora di pranzo ci accomodiamo sul terrazzo del ristorante: in questa stagione non ci sono molti turisti, in tutto saremo 5 o 6 coppie, pertanto l’ambiente è tranquillo e silenzioso. Ad un tratto mi sembra di udire un rumore di rami spezzati. Mio marito non ci fa caso, è troppo impegnato a sopravvivere a bocconcini di pollo così piccanti che gli hanno ormai fatto perdere l’uso della parola. Ma non mi sbaglio. Vinta dalla curiosità vado a guardare oltre la balaustra: dalla foresta emerge una grossa elefantessa seguita a poca distanza da altre 3. Ma non è finita! Nel giro di pochi minuti davanti a noi sfila una processione di ben 37 elefanti, tra madri e cuccioli di ogni misura. Questi enormi animali non si curano affatto di noi, brucano e strappano l’erba, si immergono nel fiume e i giovani “combattono” tra loro. È un magnifico spettacolo, e quasi mi spavento quando la matriarca emette un sordo brontolio che mi rimbomba dentro. La causa? Gigi, che le è spuntato davanti all’improvviso per immortalarla. Gli elefanti non hanno una buona vista, ma percepiscono bene i movimenti. Evidentemente si è spaventata quando da dietro un albero è spuntato quel bipede sfacciato! Ore 16, partenza per un altro safari. Il cielo si è annuvolato e gli animali sono spariti! Solo dopo molto viaggiare veniamo premiati: all’inizio vediamo un grosso rinoceronte, poi ne salta fuori un secondo, poi un terzo con un cucciolo. Trovarsi a tu per tu con questi animali fa un certo effetto, dato che conosciamo la loro pericolosità e che sembrano molto agitati. In effetti sono creature molto scostanti, non si fanno avvicinare volentieri e scappano subito, mostrandoci il loro fenomenale sederone. In questi pressi c’è anche un laghetto abitato da un ippopotamo, che appena ci vede in lontananza spalanca la bocca per mostrarci i suoi denti micidiali, per immergersi subito dopo. Riteniamo sia più prudente rimanere lontani, e ci godiamo lo spettacolo di un ippopotamo per niente contento mangiando biltong e guava essiccata. Tornati al lodge ci aspetta una cena a lume di candela sul terrazzo della nostra camera, sotto un cielo stellato che incanta per la moltitudine di stelle presenti. In queste serate ci siamo spesso goduti questo spettacolo, che non ha niente a che vedere con il cielo spoglio di casa nostra. Poco prima di coricarci dalla foresta ci giunge un urlo agghiacciante: il leopardo sta cacciando! 16/05/2010 Piove governo ladro! Vabbè, sono gli imprevisti dell’avventura… coraggiosamente ci vestiamo con maglioni e cerata e ci avviamo per il nostro ultimo safari (sigh!). Partiamo che la pioggia sottile non ci dà poi tanta noia. Un’ora dopo siamo bagnati fradici e infreddoliti, e quel che è peggio non abbiamo visto nient’altro che una genetta! Ma non disperiamo; infatti dopo poco incontriamo 4 iene, probabilmente in caccia, che… sì, ci corrono proprio incontro! Raggiunto il nostro veicolo ci osservano, avvicinandosi sempre più minacciosamente. Non sono ancora del tutto persuasa che non pensassero a noi per un loro eventuale pasto… Per distoglierle da qualsiasi proposito a nostro sfavore James accende il camioncino, con l’effetto di spaventarle per i primi 5 secondi. Infatti le bestiacce ricominciano ad avvicinarsi, pertanto togliamo il disturbo. Nota sul ranger: vento, pioggia e freddo sembrano non avere alcun effetto su di lui. Lo guardiamo esterrefatti aggirarsi in pantaloni corti mentre noi siamo imbacuccati dalla testa ai piedi, continuando comunque ad avere freddo. Rivediamo nuovamente mamma rino con il suo piccolo, che veloci si tuffano nella boscaglia. Dopo 2 ore di fredda pioggia incessante ci si apre questo scenario: un gruppo di zebre e bufali che scacciano a suon di calci le iene di poco fa. Visione bellissima, sembra di essere in un documentario di Superquark! Tornati al lodge Gigi fa la conoscenza di un gruppo di scimmiette grigie che si aggirano sui tetti. Evidentemente l’invadenza di mio marito non piace a queste bestiole: il capo branco, infatti, non esita a fargli la pipì addosso dall’alto di un albero, fortunatamente mancando il bersaglio! Scena divertente anche quella di una scimmietta golosa che, prendendo coraggio, sottrae una bacca dalle mani di Gigi, in paziente attesa. Alle 11 ci trasferiscono all’Hulala Lakesite Lodge, a quasi 2 ore di distanza. Nel tragitto attraversiamo il Kruger, e in lontananza vediamo un grosso maschio di giraffa, poi un’aquila pescatrice e 3 springbock, mentre dopo un po’ un vecchio, enorme bufalo ci attraversa la strada. Imponente. L’Hulala si trova in montagna, e davanti ad esso si estende un grande lago che rende il paesaggio incantevole. La struttura sembra risalire agli anni ’80, con un enorme giardino all’inglese e verdi collinette che armonizzano l’insieme. Si cena presto: dalle 19:00 alle 20:30. Arrivati nella sala ristorante ci fanno accomodare ad un tavolo a lume di candela. Crediamo di capire di essere gli unici ospiti della struttura, o quasi. Ci servono impeccabilmente, ma ci sentiamo a disagio dato che la cameriera staziona a pochi metri da noi, in piedi, aspettando qualsiasi nostra richiesta. Fa molto servitù, e non ci piace. Dopo cena ci rilassiamo nella sala di lettura, arredata con tavolini e comodi divanetti, sfogliando libri sulla vita selvaggia. Alle 21 l’avventore ci dice che è ora di chiudere… quindi non ci resta che andarcene a letto! 17/05/2010 Ore 8: troviamo ad attenderci il ranger pazzoide che ci aveva portato da Nelspruit al Jock Safari Lodge… oggi sarà lui la nostra guida! La sua compagnia ci mette un po’ a disagio, sarà perché alterna momenti di totale mutismo a improvvise battute che gli scatenano grande ilarità…mah! Passiamo per la cittadina di Sabie per raggiungere le MacMac Falls, cascate con un salto di 65 m che devono il loro nome al fatto che in passato questo territorio era stato colonizzato da molti scozzesi, che ad ogni bellezza naturale affibbiavano il loro nome. Da qui MacMac, per accontentare tutti. Shopping ai mercatini etnici, per comprare ricordini vari in legno intagliato. La zona in origine appariva come un’erbosa distesa collinare, poi un esploratore inciampò (nel vero senso della parola) su una pepita d’oro di oltre 3 kg. Cominciò allora la caccia all’oro: fu scoperta una ricca vena aurifera che portò lavoro fino al 1972, quando essa si esaurì. Nel frattempo una vasta comunità aveva fondato il paese di Pilgrim’s Rest, oggi divenuto un’attrazione turistica nel bel mezzo del nulla. È però molto grazioso e caratteristico, perché l’aspetto è stato lasciato tale e quale a quello del 19° secolo: sembra quasi di fare un salto nel passato. Terminato lo sfruttamento dell’oro si pensò di utilizzare questi vasti spazi per la coltivazione del legname: oggi vaste aree sono destinate a questo utilizzo, e più che in Africa sembra di aggirarsi tra i boschi delle nostre Alpi. Il ranger Scott ad un certo punto inforca una strada battuta di sabbia rossa e ciottoli; in questo non ci sarebbe nulla di male se tenesse una velocità normale, ma evidentemente si è adattato all’idea comune che gli italiani guidano come pazzi, e per non farci sentire a disagio tiene l’ago del tachimetro sui 100-110 km/h. In un sentiero colmo di sabbia e ciottoli che saltano ovunque. E poi ha avuto il coraggio di guardarmi storto quando per chiudere ho sbattuto troppo forte la portiera dell’auto! Rally a parte, ci si apre davanti agli occhi la splendida visione di una natura incontaminata, dove le montagne sono ricoperte di verde erbetta interrotta solamente dove affiora la roccia rossa, disposta in strati orizzontali e incrociati che subito attirano l’attenzione di Gigi, che da bravo geologo mi spiega l’evoluzione di questa parte di mondo, una delle più antiche del pianeta. Dopo un bel po’ di strada giungiamo a “The three Rondawells”, tre pinnacoli che si elevano dal Blyde River Canyon, e che assomigliano a capanne africane per via della loro forma cilindrica sormontata da una specie di tetto conico. Non c’è che dire, il paesaggio è notevole, ma il meglio deve ancora venire. Infatti dopo 15 minuti arriviamo al “Bourke’s Luck Potholes”, il luogo in cui il Blyde River si scontra con un altro fiume creando un canyon caratterizzato dall’avere delle grosse vasche naturali tondeggianti, striate in molti toni del rosso, giallo e arancione, formatesi dall’erosione combinata di acqua e piccole rocce, che si sono comportate come se si fossero trovate in grosse lavatrici, contribuendo a dare forme armoniose ai sedimenti. Non si può spiegare l’aspetto complessivo di questa meraviglia, bisogna solo vederla! La meta successiva dovrebbe essere “God’s Windows”, ma data l’abbondante nuvolosità che si è andata accumulando in queste ore, Scott preferisce portarci alle “Lisbona Falls”, due cascate gemelle (scoperte ovviamente dai portoghesi) che precipitano nel vuoto dando una bella visione del paesaggio circostante. È ormai ora di pranzo: Scott ci porta a Graskop, cittadina piacevole che ci offre un buon pranzetto a base di Royal Hamburger, di quelli che fanno venire l’acquolina in bocca perché sono tali e quali alle foto pubblicitarie delle più famose catene di fast-food, ma molto più grandi. Dopo aver mangiato con un appetito degno di una iena a digiuno, riprendiamo la strada per tornare al lodge. Durante il tragitto Scott, che evidentemente ha patito un po’ la fame con il suo doppio cheeseburger, sgranocchia biltong mentre guida con tranquillità ai 120km/h. Una volta arrivati ci rilassiamo affondati nel divano della sala da the, sorseggiando questo infuso che in Sudafrica è veramente ottimo, grazie al lascito inglese di questo rito. Nota: a Graskop abbiamo visitato un negozio specializzato nella produzione e lavorazione della seta. I prodotti esposti sono belli (Mandela compra qui le sue camicie), ma caratteristica è la sala delle tessitrici, dove le donne shangaan tessono il filato con telai a mano, accompagnando il lavoro con canti a più voci, così profonde, armoniche e nostalgiche che non volevo più lasciare quel posto. Davvero emozionante! 18/05/2010 Partiamo alle 9 accompagnati da Scott, e raggiungiamo l’aeroporto di Nelspruit. Qui ci attende le prima sorpresa della giornata: il volo per Johannesburg, da dove dovremo prendere la coincidenza per Port Louis è stato soppresso; tanto per cambiare… Ci sentiamo un po’ abbandonati (nonché sfigati) ma riusciamo comunque a partire, anche se in ritardo. Seconda sorpresa: l’aereo che ci porterà a Jo’burg è una via di mezzo tra un deltaplano e l’aereo di Indiana Jones (quello con il carico di galline che si schianta sull’Himalaya, per intenderci); la portata massima è di 30 persone, personale di bordo compreso. Ci sediamo ai nostri posti, stretti come sardine e parecchio preoccupati. Siamo seduti all’altezza delle ali, munite di eliche che inizialmente girano a turno. Decolliamo barcollando in balia dei vuoti d’aria, pregando di riuscire ad atterrare sani e salvi. Sono comunque paure infondate, dato che arriviamo a Jo’burg in perfette condizioni, anche se con un po’ di nausea. Qui ad attenderci troviamo due gentili signorine che ci “rapiscono”, facendoci fare la maratona per farci arrivare in tempo al nostro gate. Carichi come somari di souvenir di legno e uova di struzzo corriamo a più non posso credendo di essere gli ultimi passeggeri attesi per il volo. Dopo essere quasi morti tra stenti e sofferenze ci imbarchiamo e… siamo in anticipo di mezz’ora! Speriamo solo che le nostre valigie siano state imbarcate con noi, dato che ora il nostro bagaglio a mano consiste solamente dei sopracitati ricordini per parenti e amici. Non siamo nemmeno riusciti a cambiare tutti i rand sudafricani che ci sono rimasti, vedremo di provvedere al nostro arrivo. Dopo 3 ore e 40 minuti di viaggio atterriamo a Mauritius, e contiamo 2 ore in più rispetto al fuso orario italiano. Ci dirigiamo a recuperare i bagagli e, terza sorpresa, ci rendiamo conto che hanno dimenticato di imbarcare la mia valigia; inizialmente la prendo abbastanza bene, mentre Gigi inveisce contro chiunque gli si pari davanti. Manca solo che si metta a rosicchiarsi una tibia dalla rabbia e il quadro è completo. Poi mi rendo conto che attualmente possiedo solo ciò che indosso e un solo cambio: dovrò comprarmi almeno lo stretto necessario nell’attesa che rintraccino le mie cose. E pensare che ci eravamo detti di dividere gli indumenti nelle due valigie nel caso succedesse una cosa del genere, e invece…! Beh, l’esperienza insegna e la prossima volta saremo più attenti… Arriviamo all’hotel La Pirogue, dove veniamo accolti da gente cordiale e amichevole, che ci serve e riverisce persino troppo. Quasi che se lo aspettassero ci omaggiano di una bella borsa da mare in peglia, un pareo, un telo da spiaggia, 2 paia di infradito (hanno persino indovinato i nostri numeri!) e un mazzolino di anturium, che qui sull’isola è una delle maggiori coltivazioni, insieme alla canna da zucchero. Almeno ora ho quasi tutto il necessario per la spiaggia! La cosa che maggiormente stupisce dei mauriziani è la loro ospitalità, per la quale sono a ragione famosi in tutto il mondo. La nostra camera è una specie di bifamiliare, in muratura, vetrate e un bel tetto in paglia dalla forma di piroga rovesciata. Ad attenderci troviamo una bottiglia di spumante e un piatto di frutta, che consumiamo sulla spiaggia alla luce del bellissimo cielo australe. 19/05/2010 Ci svegliamo al canto di numerosi e sconosciuti uccelli, apriamo le tende e… che meraviglia! Siamo immersi in un giardino di palme e frangipane, mentre a poche decine di metri si distende il lungo nastro bianco della spiaggia di Flic en Flac, lambita da un mare azzurro e cristallino. L’hotel è in effetti immerso in un parco di 14 ettari, molto ben curato e verdissimo: è una vista che rilassa. Dopo colazione usciamo per comprarmi almeno un costume da bagno, perché per fortuna la valigia è stata rintracciata ma arriverà solo verso sera. Poi dritti in spiaggia: indossiamo maschera e boccaglio e ci immergiamo per osservare i pesci multicolori e le meraviglie dell’oceano. Che però non ci sono. O meglio, Gigi incontra una murena, ma io più di qualche riccio di mare e pezzi di corallo rotto non riesco a vedere. Forse gli animaletti si trovano più al largo, vicino alla barriere corallina contro la quale si infrangono le onde spumose, e dove l’azzurro chiaro della laguna vira al blu intenso. Andiamo a mangiare dopo aver fatto la conoscenza di alcuni venditori ambulanti che ci propongono di acquistare collane di corallo, statuette di dodo e dame mauriziane. Il pranzo a base di pesce è ottimo e abbondante, ed è servito nel ristorante dell’hotel circondato da una bella piscina balneabile. Dopo aver aggiunto qualche etto alla nostra pancetta, lievitata a causa dell’ottimo cibo degli ultimi giorni, ci sdraiamo all’ombra della palme, sperando che il vento non ci faccia cadere in testa una noce di cocco. Il relax è totale! 20/05/2010 Partenza per l’escursione a Port Louis, la capitale. Ci preleva un pullmino dell’agenzia viaggi, che ci porta in città. Con noi ci sono altri due italiani, mentre la nostra guida è Heidi, una ragazza del posto che parla italiano. La prima tappa è la cittadella, costruita dagli olandesi sul finire del 1700. A dire la verità non è un granchè, così come la vista sulla città. L’unica cosa degna di merito è la vista sulle montagne di origine vulcanica e sull’arcobaleno che si è formato ai loro piedi. In effetti nel giro di un’oretta è piovuto 2 o 3 volte, ma sempre da nuvolette isolate che non hanno mai coperto il sole. Anche la cattedrale cristiana non è un granchè, mentre il tempio tamil è molto colorato e decorato. Ci dirigiamo poi al mercato della frutta, dove è esposto ogni genere di vegetale commestibile, tra cui alcuni a noi completamente sconosciuti. È un insieme di colori e profumi per la verità molto gradevole, e il modo che la gente ha di “rapire” i turisti in cerca di souvenir fa parte della cultura di questo paese, in tutto e per tutto simile ad ogni altro paese orientale. Ci sono anche negozietti di stoffe, gioielli e oggettistica varia: qui compriamo ( o meglio, contrattiamo) un sari e una maglietta col dodo, il disgraziato uccello incapace di volare ma molto gustoso (evidentemente) che per queste sue caratteristiche è stato fatto fuori dagli olandesi dopo il loro arrivo a Mauritius. Per pranzo ci portano in un ristorantino dislocato in una specie di tettoia-garage, contornato esternamente da molte auto d’epoca. Qui gustiamo un pranzo tipico mauriziano che io apprezzo molto, Gigi un po’ meno. Per aiutare la digestione ci rechiamo ai giardini botanici di Pamplemousse, dove possiamo ammirare molte varietà di piante indigene e non, come baobab, manghi, ficus, ninfee giganti, loto ecc…e le buffe tartarughe giganti di Seichelles, bestioni di 150 kg che arrivano a vivere 130 anni brucando erba! Tornati in hotel ci prepariamo per la cena gentilmente offerta dal ristorante per noi coppie in viaggio di nozze. Qui ci aspetta una romantica cenetta a lume di candela a base di pesce, servita sotto un gazebo di paglia affacciato sulle piscina. Al termine della serata ci accoccoliamo su un’amaca a 2 posti, e cullandoci dolcemente ci appisoliamo guardando le stelle. 21/05/2010 Oggi ci siamo svegliati tardi, poi siamo andati in spiaggia per goderci un po’ di sole tropicale. Manco a dirlo, dopo 5 minuti grondavamo di sudore, sicchè ci siamo riparati sotto l’ombrellone. Dopo pranzo passeggiatina digestiva in mare, dove abbiamo sbirciato diversi animaletti proprio sotto il pelo dell’acqua. Gigi ha fatto un po’ di snorkeling, e al suo ritorno mi ha raccontato di visioni meravigliose e di pesci dalle mille forme e colori. Stavolta è riuscito a vederli perché si è spinto verso la barriera corallina: il livello dell’acqua rimane praticamente lo stesso per molti metri dalla riva, ma io ancora non mi fido e preferisco restare dove mi sento più sicura. Praticamente a riva. Drink sulla spiaggia guardando il tramonto. Oggi il sole è nascosto da nuvoloni imponenti, ma non per questo i giochi di luce sono meno belli. La sera ceniamo sulla spiaggia: in riva al mare è stato acceso un allegro falò, i tavoli sono apparecchiati alla perfezione, e il cibo è disposto in buffet invitanti. Al termine di questo viaggio dovremo fare molte sedute in palestra per rimetterci in forma! Si comincia dall’antipasto: ricci di mare, ostriche, ananas che racchiudono gamberetti, cruditè varie, filetti in latte di cocco… iniziamo bene e continuiamo anche meglio: infatti un esercito di chef sta cucinando per noi gamberoni, granchi, canestrelli, calamari e aragoste! Davvero squisiti! E poi non possiamo farci mancare i dolci, uno più buono e calorico dell’altro, seguiti dal caffè flambè all’arancia. L’ambientazione è completata dafuochi artificiali che scoppiettano in lontananza, ballerine che ci intrattengono con il sèga (la danza locale), e un trio di musicisti che intona canzoni con chitarra e violino passando da un tavolo all’altro. Dopo cena, per completare l’alone di romanticismo che ci avvolge, ci lasciamo trasportare in un “ballo del mattone” al ritmo di classiche canzoni d’amore. Felici e sognanti salutiamo il bellissimo giorno appena trascorso e andiamo a dormire. 22/05/2010 Partenza alle 8:40 per la Grande Rivière Noire, dove ci imbarchiamo su un catamarano per iniziare la visita alla baia di Tamerin, alla scoperta dei delfini. Arriviamo che la baia è piena di altre barche di visitatori: i delfini in effetti ci sono e sono simpaticissimi nelle loro evoluzioni, ma la barche a motore li disturbano e li fanno scappare. In particolare mi irritano quei motoscafi pieni di turisti urlanti che corrono alla caccia del delfino. Certo saranno loro i privilegiati che li vedranno meglio, grazie alla velocità dei mezzi di cui dispongono, ma privano tutti gli altri di godersi lo spettacolo a causa del frastuono e del caos che producono. Soprattutto mi fanno arrabbiare per l’arroganza che caratterizza l’essere umano, convinto che gli animali possano essere importunati solo perché non possono controbattere. Lasciamo allora la baia, il capitano spegne i motori e i marinai issano le vele… ora viaggiamo velocissimi sui flutti grazie all’enorme vela triangolare, sull’immensità dell’Oceano Indiano che qui assume una tinta blu scuro che ci lascia a bocca aperta. Ci godiamo lo spettacolo distesi sulla rete a prua, ridendo della velocità e dei pesci volanti che schizzano fuori dall’acqua proprio davanti a noi. Ho anche l’onore di mettermi al timone (ovviamente sotto la supervisione del capitano), con puntato addosso lo sguardo preoccupato di mio marito, che evidentemente non si fida delle mie capacità nautiche. Finalmente provo l’emozione di governare una barca a vela, un’esperienza che da tempo desideravo fare! Gettiamo l’ancora al di fuori della laguna e ci prepariamo per lo snorkeling. Maschere e pinne ci vengono prestaste dall’equipaggio, e data la mia eccezionale perizia di nuotatrice mi faccio legare ben stretto un giubbotto di salvataggio arancione fluorescente… come dire, la sicurezza non è mei troppa! Ci tuffiamo nel nostro elegante “stile ferro da stiro” e dopo aver vinto l’iniziale brivido tuffiamo la testa sott’acqua per esplorare i fondali. Vediamo bellissimi pesciolini a strisce bianche e nere che si precipitano a mangiare i pezzetti di pane lanciati dal nostromo, un bancoo di pesci gialli e neri, altri più grandi azzurri e neri, altri ancora argentati ed estremamente affusolati. Se l’impatto con l’acqua è stato freddino, il riemergere è quasi traumatico per colpa del vento che soffia costante, ma è questione di un attimo: infatti basta mettersi 2 minuti al sole e siamo già asciutti e caldi. Nel frattempo l’equipaggio ha cucinato per noi: barbecue di pesce e carne, riso, couscous, patate e banane alla griglia. Sazi e felici ci stendiamo al sole, ben protetti dalla nostra crema a protezione 30, che ci siamo spalmati ripetutamente e che ci ha salvati da una possibile, epocale scottatura. Nel percorso di ritorno Gigi è preso in ostaggio dall’equipaggio, e sottoposto a un gioco-scherzo insieme ad un signore francese. Arrivati in hotel ci stendiamo di fronte al tramonto con in mano una pinacolada servita in una grossa noce di cocco. Come ci sentiamo coccolati! 23/05/2010 È il nostro ultimo giorno di vacanza, e siamo molto tristi. Passiamo la mattinata in spiaggia facendo snorkeling, e stavolta mi avventuro anch’io nei pressi della barriera corallina. I pesci che ci circondano e sono molto graziosi e simpatici, ad esclusione di un pescetto carogna, tutto nero e con una pinna dorsale irsuta, che continua a mordermi la gamba con fare bellicoso. Scopriamo più tardi che si tratta del pesce chirurgo, il quale non esita a tagliare chiunque stazioni troppo sul suo territorio. Vediamo anche un bellissimo corallo rosso e blu elettrico. La nostra esperienza sottomarina termina nel momento in cui Gigi pensa di scorgere un pesce scorpione nascosto sotto uno scoglio: noncurante del pericolo insiste con il volerlo vedere meglio ma io, terrorizzata, faccio i 100 metri piani a pelo d’acqua a tempo di record trascinandomelo dietro! La sera partiamo con destinazione Dubai – Milano Malpensa, con tanta tristezza per l’avventura appena conclusa ma con gli occhi ancora pieni di meraviglie. Nota: a Dubai non faremo più colazione, per un muffin e 2 spremute ci hanno alleggerito di 18 euro! Eleonora e Gian Luigi