Viaggio alle Seychelles 2

La Digue, Pralin e Mahe. Un viaggio alla scoperta di queste tre perle dell'oceano indiano... tra suoni, colori e profumi
Scritto da: Francesco Padua
viaggio alle seychelles 2
Partenza il: 06/08/2011
Ritorno il: 21/08/2011
Viaggiatori: 16
Spesa: 3000 €
“Acque limpide e cristalline e sabbie color avorio. Lunghi alberi di cocco le cui fronde delicatamente si inchinano a ridosso delle spiagge”. Elementi di un immagine che sono diventati un clichè. Paradisi lontani che rievocano immagini di questo tipo pronunciadone solo il nome. E l’arcipelago delle Seychelles è uno di questi. Una semplice quanto efficace descrizione, sicuramente meglio adatta a uno spot pubblicitario, ma solo la ciliegina di una torta che riserva, a chi ha l’occasione di assaggiarla, esperienze ed immagini che rimarranno impresse a fuoco per tutta la vita.

Un viaggio, quello dell’estate 2011, che inizia con tutte le buone intenzioni del caso. Dalla compagnia aerea al volo, in orario e, soprattutto, ottimi compagni di viaggio già a partire dal check-in. Elementi di non poco conto viste anche le numerose ore di volo che il viaggio comporterà. Unica pausa, uno scalo a metà tratta atto a sgranchire le gambe e non solo, vista la location, ben accetto: Doubai, altro luogo che rimane a lungo nella memoria di chi lo visita. Qualche ora che ci aiuterà a definire per bene anche le differenze che ci attendono nell’arcipelago, già a partire dall’aereoporto. Lontano infatti fallo sfarzo più puro, dall’opulenza, dalla grandezza delle costruzioni dalle superfici brillanti, dal luccichio di oggetti firmati e quant’altro, si viene catapultati davanti ad una costruzione semplice, ad un livello, che si attraversa in 2 minuti e contraddistinta solamente dai colori vivaci e dai volti curiosi (quelli dei turisti in arrivo almeno). E proprio da questo momento, dai primi piedi posati sul suolo di Mahe, ogni visitatore, anche senza volerlo, premerà il suo personale pulsante di “pausa”. Per due settimane ognuno prenderà la propria vita, le proprie abitudini, le proprie routine, le impacchetterà per benino, magari con un bel fiocco, e se le lascierà dietro le spalle (saranno comunque li al ritorno).

L’arcipelago delle Seychelles riserva molte sorprese. Numerose le isole da visitare e ognuna, le più grandi almeno, con abitudini proprie e diverse dalle altre. Un programma di viaggio, in formula standard, che prevede in sequenza: Mahe, la capitale, poi Pralin e infine la piccola La Digue. Un viaggio dal luogo più popolato, quello con le strade a 2 corsie per intenderci a quello meno, in cui una sola strada gira in tondo e attraverso l’isola, per concludere con l’isola in cui di veicoli a motore per strada se ne contano tanti quante le dita delle proprie mani, e a farla da padrona sono delle semplici biciclette. Un viaggio “standard” dunque che, per fortuna mia e dei miei compagni di viaggio viene stravolto completamente. Il motivo? L’alta stagione e i “Giochi dell’Oceano Indiano”, quest’anno ospitati proprio nella capitale creola. Ecco dunque la nostra coordinatrice costretta a ribaltare interamente il programma proiettandoci, come prima meta, sulla piccola La Digue. Una variazione importante che alla fine risulterà, oltre ogni previsione, vincente.

La più piccola delle principali isole dell’arcipelago è il luogo dove, meglio di qualunque altro, ognuno è costretto a ridefinire i propri concetti di spazio e tempo. Catapultati in un mondo la cui terra sotto i piedi misura appena 5×3 kilometri, con una sola strada larga qualche metro che serpeggia tra rigogliosa vegetazione e spiagge paradisiache, il solo passeggiare in bici ci fa assumere naturalmente un volto di stupore quasi infantile, di qualcosa mai visto (o meglio concepito), difficile da descrivere appieno a parole. Giorni, quelli trascorsi a La Digue, in cui anche i suoni assumono connotati diversi, diversi i silenzi; una realtà amplificata e arricchita. Un giorno o poco più sono sufficienti per abituatsi a ritmi, orari e restrizioni. Dall’alzarsi all’alba alle ore di pranzo e cena, dalle ore di luce alle finestre di tempo in cui è possibile utilizzare l’acqua in casa. Si, perchè il viaggio comprende anche rigide regole che cozzano con le comodità a cui di solito siamo abituati. Regole che comunque verranno metabolizzate senza accorgersene; un pacchetto, la dimensione in cui si entrerà a far parte, che comprenderà tante piccole abitudini a cui si ripenserà soltano una volta abbandonato questo luogo. L’isola diventerà da subito familiare, un pò come esserci sempre stati. Armati di bici, costumi e teli mare ci si tufferà giorno dopo giorno alla ricerca di spiagge da visitare, ristoranti da selezionare per la sera e piccoli e immancabili chioschi di frutta e frullati in cui sostare, tra i cui ospiti non è raro trovare tartarughe del peso di qualche centinaio di chili, miti e gentili, pronte anche a lasciarsi ritrarre. Un mix di mare, compagnia e cibo che più genuino è difficile da immaginare, pronto ad imporsi come leit motiv delle prossime settimane. Un mare bellissimo da vivere, certamente tra i punti di forza dell’arcipelago, e pieno di vita e colori quanti mai se ne potranno contare. Qualche giro in barca tra le isole minori e i vari atolli, approfittanto di una guida locale, ci aprirà le porte di questo mondo e non solo. Armati di maschera e pinne in un attimo ci si ritroverà tra le splendide e indescrivibili foreste di corallo e i suoi variopinti abitanti. La nostra guida diventerà subito un nostro amico, pronto a giudarci alla ricerca di una tartaruga marina o a prepararci ottimi banchetti di frutta o grigliate di pesce rigorosamente fresco e, il tutto, direttamente sulla spiaggia. Nei giorni successivi cambieranno le isole e le guide che ci scorteranno nelle uscite in mare, ma certamente non l’ospitalità. All’imbrunire lo sguardo sarà rivolto alle baie del lato ovest dell’isola, pronti a catturare uno di quei tramonti in cui il cielo sopra la nostra testa, le nuvole e il mare sottostante si tingeranno di splendide sfumature rosa, porpora e violetto. Pochi minuti prima di lasciare il posto al buio rischiarato solo da poche luci e da altrettanti riflessi sul mare. All’ora di cena, sempre in sella alle bici e armati di torce e luci varie ci si trasferirà nel ristorante prescelto. Ad attenderci ci saranno degli ottimi piatti pronti a deliziare il nostro palato, pesce, pollo e quant’altro la cucina locale potrà offrire a prezzi mai eccessivi.

Il nostro pensiero sarà certamente rivolto al giorno in cui abbandoneremo questo piccolo paradiso per la destinazione successiva, prevedendone già le differenze. Ma la vicina e più grande Pralin, che ci ospiterà per quasi una settimana, alla fine ci conquisterà con altre caratteristiche. Abbandonati bungalow in legno e una graziosa villa immersa nel verde, veniamo accolti in un piccolo hotel costituito da una dozzina di semplici strutture a un livello quasi tutte orientate verso una piscina quadrata, centro delle serate trascorse sull’isola. Strutture più grandi, supermercati e un piccolo centro commerciale ci permetteranno di ritornare gradualmente ad una realtà più vicina a quella che abbiamo lasciato in patria. Ma Pralin è un isola che offre, oltre alle spiagge, grandi e splendide, di certo tra le migliori dell’intero arcipelago, anche una natura più rigogliosa, un entroterra lussurregiante con una riserva naturale da visitare, la Vallèe de Mai, dove trovare gli alti alberi del cocco simbolo delle Seychelles: il Coco de Mer, di cui il primo ricordo di questo frutto rimarrà sotto forma di timbro sul nostro passaporto. Un isola da vivere comunque con la luce del sole, particolare in comune con le altre visitate. Per gli spostamenti questa volta il riferimento saranno dei piccoli pulmini privati o i vecchi e antiquati, ma oltre ogni modo economici, autobus che scorrazzano fumosi per l’isola per tutto il giorno; un occasione per trascorrere qualche momento a stretto contatto con la popolazione locale. Ma, proprio in quei giorni, un’altra occasione per dare un occhiata alla vita dell’isola, lontano da tutto quello che la parola “turismo” rappresenta, arriva dall’invito fattoci dalla proprietaria della struttura in cui soggiorniamo: assistere ad un matrimonio creolo. Una cerimonia non molto distante dalla nostra, con tutti gli elementi del caso, chiesa, prete, cherichetti e candele, e altri più caratteristici, come la messa nella quasi totalità cantata da un coro, la complicità di un paio di assoli di una splendida cantante solista e la doppia lingua utilizzata per il rito: inglese e francese. Per le serate invece raggiungere dei ristoranti dislocati in giro per l’isola è un problema. I maggiori che si incontrano comunque sono parte di complessi più grandi, strutture ricettive realizzate sempre con stili diversi le une con le altre ma quasi tutte con una buona cucina pronta ad accettare anche ospiti esterni alla struttura stessa.

Gli ultimi giorni vengono trascorsi nella maggiore delle isole: Mahe. Vista la distanza, il collegamento tra quest’ultima e Pralin avviene o con un catamarano, viaggio lungo un oretta e mezza sconsigliato ai deboli di stomaco se il mare è anche solamente agitato, oppure con 15 minuti di volo a bassa quota tramite un piccolo aereo della Air Seychelles, un viaggio interno effettuato con un bimotore ad elica con appena 20 posti al suo interno. Si soggiorna in una struttura un pò datata ma con buoni comfort che dista pochi minuti dalla capitale Victoria. Gli ultimi giorni saranno ancora dedicati al mare, ma anche alla scopera della prima, vera città che incontriamo dell’intero arcipelago. La capitale non è grandissima e si visita facilmente a piedi, vicina ad uno dei principali porticcioli dell’isola e non distante dall’aereoporto internazionale. Costituita da poche strade che si intersecano tra di loro, è praticamente impossibile perdersi. Le zone del centro sono quelle in cui trovare ristoranti e bar aperti, a differenza dei precedenti delle altre isole, fino a tardi, numerosissimi negozi di souvenir con prodotti locali e non e la zona del mercato, un angolo quasi esclusivamente pedonale della città in cui si svolgono le vendite di frutta, spezie e pesce rigorosamente freschi. Il centro delle attività è una struttura in ferro e legno a due livelli, aperta e accessibile da ogni lato. Al piano terra piccole e grandi bancarelle vendono tutti i prodotti che i locali acquistano per il proprio fabisogno, mentre al primo piano, tra strette passerelle, si accalcano numerose piccole botteghe ricolme di ogni tipo di souvenir e altrettanti turisti pronti ad accaparrarsi uno o più articoli come ricordi del proprio viaggio. Ricordi che si affolleranno nella nostra mente proprio in questi ultimi giorni. Ricordi dai vivi colori che la stessa bandiera dell’arcipelago riporta.

Di quest’esperienza rimarranno indelebili le immagini dei luoghi visitati, di tutte quelle splendide spiagge in cui nessun rumore, fatta eccezione della risacca, era udibile dalle nostre orecchie. Le persone e tutti gli animali incontrati, dai coloratissimi pesci alle tartarughe marine fino a quelle di terra. Le ore trascorse su Curieuse Island in compagnia di decine di questi enormi e stupendi esemplari. Alle nuotate tra gli atolli di Coco Island e St. Pierre. Alla sosta tra le piccole isole Moyenne, Ronde e Longue, collegate insieme da una lingua di sabbia e pochi centimetri d’acqua sopra. Al giro in bici nella riserva di Anse D’argent con l’olfatto inebriato dalle coltivazioni di vaniglia. Alle notti trascorsi intorno ad un tavolo a sorseggiare rum al cocco. Alla notte di San Lorenzo trascorsa in spiaggia a guardare stelle di un cielo ben diverso dal nostro.

Ricordi di una torta di cui conoscevo solo la ciliegina, ma di cui ho consumato una buona fetta, e a cui non si negherebbe neanche un bis.



    Commenti

    Lascia un commento

    Leggi anche