Viaggio alle origini del mondo!

Il primo viaggio, il piu' difficile e senza dubbio l'INDIMENTICABILE. Aeroporto di Nairobi: eccoci pronte per cercare un autobus per Arusha, Tanzania. Con qualche turista, un paio di locals e un gruppetto di gelologi tedeschi, saliamo in una sorta di furgoncino. Il tratto di strada dura circa 6 ore. A tratti ci appisoliamo e ogni volta, nel...
Scritto da: Ilaria G. 1
viaggio alle origini del mondo!
Partenza il: 01/10/2002
Ritorno il: 15/10/2002
Il primo viaggio, il piu’ difficile e senza dubbio l’INDIMENTICABILE. Aeroporto di Nairobi: eccoci pronte per cercare un autobus per Arusha, Tanzania. Con qualche turista, un paio di locals e un gruppetto di gelologi tedeschi, saliamo in una sorta di furgoncino. Il tratto di strada dura circa 6 ore. A tratti ci appisoliamo e ogni volta, nel riaprire gli occhi, notiamo come il paesaggio cambi velocemente e quanto il cielo sembri incredibilmente vicino: le nuvole sono schiacciate e l’orrizzonte e’ piu’ alto…Come nei disegni dei bambini alle scuole elementari. Richiudo gli occhi…Immagino paesaggi irraggiungibili e incontri magici con capi masai di tribu’ nascoste. Di soprassalto vengo svegliata da un brusco stop del camioncino. Siamo al confine con la Tanzania… La gente locale ci assalta pacificamente, tentando di venderci qualsiasi cosa…Meravigliosi braccialetti e collane masai, ciondoli, ma anche panocchie, banane e acqua…Bambini ci tirano dalla loro parte, signore anziane dall’altra, mentre il driver ci chiede di non allontanarci e di seguirlo per sbrigare i visti di entrata… Sabrina lo fa senza farsi distrarre troppo. Io ci provo, ma qualcosa che non ricordo attrae la mia attenzione e nel giro di 30 secondi perdo tutti…Riguardo e non vedo nessuna faccia conosciuta in giro: sono nel cuore dell’Africa, circondata da gente che mi parla, mi sorride, mi scruta, mi tocca. Cerco di non perdere il controllo… Sto andando dalla parte sbagliata e non me ne rendo conto. Non so quanto tempo sia passato. Davvero, non capisco piu’ nulla. Qualcuno mi chiama, e riconosco il driver e Sabrina. Torno sulla retta via. Dopo una ramanzina (meritata) ripartiamo: un po’ confuse ci poniamo alcune domande…Avremmo forse dovuto prenotare almeno la prima notte?? Arriviamo ad Arusha. Il paese e’ desolato e molto povero. L gruppo di locals che aspetta il pulmino e’ il doppio rispetto a quello al confine. Prima di farci scendere, Il driver ci chiede dove dormiremo.. E con grande stupore, io e Sabrina ci scopriamo le uniche a non avere un nome da dargli. La cinquantina di persone che aspetta fuori continua bussare ai vetri, a chiederci insistentemente di andare con loro… Sabrina mi guarda: “Ila…Scegli tu…” sono le sue parole. Provo a concentarmi e dare una rapida letta alla vecchia Lonely…Niente da fare…Bisogna proprio fidarsi. E cosi’ scelgo Bube. Bube ha 25 anni. Da circa 3 si dedica a “catturare turisti” (come tutti quelli che erano intorno al camioncino). CI porta prima all’ostello, e poi a fare un giro per la citta’. Ci spiega che in bassa stagione, l’unico modo di poter mangiare e’ braccare quei pochi turisti in cerca di alloggio. Ad Arusha l’unica vera attivita’ a cui ogni ragazzo aspira, e’ il SAFARI. Si inizia con il braccare i turisti, poi si passa a fare il cuoco, e se sei bravo e te lo meriti puoi anche diventare Driver. Bube si dimostra davvero dolce e premuroso con noi. Ci sentiamo al sicuro con lui. Ritorniamo all’ostello e veniamo accolte da 3 omoni in una saletta. Con una cartina della Tanzania davanti al naso, io Sabri e JAMBO (…Che poi scopriamo chiamarsi in una altro modo…) studiamo i passi del nostro imminente SAFARI. Contrattiamo un po’ sul prezzo ( che comunque non si abbassa di molto…) e ci affidano a Edgar, il DRIVER…Noi insistiamo affinche’ permettano a BUbe di venire con Noi…Stiamo chiedendo di infrangere le regole…E JAMBO ce la da vinta: BUBE parte con noi. L’indomani mattina, dopo una nottata in giro a bere cognac e a giocare a pull con Bube ed Edgar (sembra essere lo sport nazionale), partiamo con la nostra jeep. Siamo entusiaste… Ci allontaniamo dalla citta’ e inizia una vasta prateria…Vastissima. Rimango scioccata da quanto spazio ci sia. NOi, abituate a pensare in centimetri quadrati e “costretti” nelle nostre misure metropolitane. Sulla strada incrociamo alcuni masai. Sono ragazzini nudi, dipinti a strisce bianche sulla faccia e in alcune parti del corpo. Hanno una ascia. Edgar ci spiega che a quell’eta’, i ragazzini vengono mandati via dalle tribu’ per alcuni periodi per imparare a sopravvivere da soli e a cacciare… Una sorta di ERASMUS locale. Affascinate, non ci sfugge nullla…Entriamo nell’area del lago Manjiara. Iniziano i primi avvistamenti… Per ora qualche uccello, e qualche gazzella. La strada sterrata corre fra quercie secolari, poi gira intorno a innumerevoli Bau bab…Fino ad aprirsi in una vasta palude…E qui vediamo una decina di splendide giraffe al “pascolo”. E poi Elefanti…Madre, padre e cucciolo che si rotolano nel fango. Verso sera ci sistemiamo in una lodge ( quella che sara’ la nostra casa durante tutto il safari), presso un villaggetto di case di fango e legno. Dopo una cenetta a base di uova sode e verdurine cucinate dal nostro James, il cuoco, ci sdraiamo a contemplare il cielo stellato e scambiamo due chiacchere con alcuni ragazzini del villaggio. A scuola alcuni professori parlano inglese: I ragazzi si esprimono bene. Uno di loro ci racconta che si annoia con i coitanei. A lui piace frequentare gente piu’ grande. E’ per questo che la sera e’ solito sedersi con gli adulti e chiaccherare. Chiediamo quali sono gli argomenti di conversazione piu’ comuni e lui ci gela il sangue parlandoci di HIV e AIDS come di un normale raffreddore. Il contagio e’ ormai assimilato dalle gente come “normalita'”. Lui pero’ sa che deve usare il preservativo..Anche se non e sempre facile procurarselo, e soprattutto al momento giusto. Ci racconta di una campagna fatta appositamente da un gruppo di volontari in quella zona. Ci chiedono dell’Europa, dell’Italia e della Spagna e sono sicuri che un giorno anche loro potranno visitarla. Nei giorni seguenti (in totale abbiamo fatto 4 gg di Safari) abbiamo espolorato l’area del parco del Tarangere e il Cratere del Ngorongoro: non credo di avere mai visto niente di simile. Leoni all’ombra di qualche cespuglio, rinoceronti in lontananza, zebre immobili e zebre di corsa, iene… Centinaia di fenicotteri rosa e rinoceronti, elefanti, giraffe, gazzelle…E poi alberi che sembrano star li fermi da miliardi di anni, liane spesse come pali della luce…Mancavano solo i dinosauri. Non posso descrivere a pieno quello che si prova…Non si tratta soltanto di osservare una fauna o una flora insolite alle nostre latitudini…E’ qualcosa di piu’. Io mi sentivo parte di questa terra. Come se fossi appena nata, pero’ 10.000.000 di anni fa. E non c’era bisogno di niente di artificiale per alterare lo stato d’animo. Non si doveva fare per forza qualcosa, quasi non era necessario parlare. Il ritmo delle giornate era scandito naturalmente da una forza superiore. Salutiamo i nostri amici con qualche lacrima. Ci siamo affezionate. All’alba del sesto giorno in Africa, lasciamo Arusha. Prendiamo un pullman che parte per Dar es Salaam. Arriviamo piu’ morte che vive dopo dodici ore di guida furiosa (..Non esagero…) Un po’ spaesate, decidiamo di andare per la nostra strada senza ascoltare nessuno. Ma non ce la facciamo. Ci braccano e nel giro di 40 secondi sono seduta ad un tavolino, in una sorta di agenzia di non so cosa, con un altro omone di fronte che vuole vendermi un passaggio in areo da DAR a Stone Town a tutti i costi… Non mi fido, e non accetto. Il tipo si arrabbia e alza la voce… Al che, inaspettatamente, mi alzo e gli grido di tutto pure io. Esco, e con Sabri ( che faceva la guardia alle valige) ci rechiamo al porto. Compriamo un biglietto con una nave veloce per Zanzibar, Stone Town. Passiamo un paio di giorni in citta’. Davvero particolare. Visitiamo il centro e l’area del porto, mangiamo in un ristorantino meraviglioso e conosciamo Manfred. Il primo fra i personaggi conosciuti in viaggio , l’unico che ci ritorna in mente ogni volta che partiamo per una nuova destinazione per un semplice motivo: “Robocop” Manfred ci illumina con questa frase. “ogni volta che mi trovo in un luogo lontano, chiudo gli occhi e mi immagino un enorme planisfero del mondo. MI piace pensare di indicare con il dito dove sono e rendermi conto di quanto lontano sia…”. Puo’ suonare banale… Ma farlo, e’ stato quanto di piu’ emozionante e divertente, in ogni nostro viaggio. Con un pullmino di turisti la mattina del nono giorno andiamo a Nungwi. Sapete cosa vuol dire vedere per la prima volta una spiaggia bianca e un mare trasparente, vero? A Nungwi passiamo Bellissimi momenti, fra spiaggia, mare, escursioni in barca, delfini e tartarughe giganti. Facciamo amicizia con alcuni locals appartententi di pseudo comunita’ Rasta. Qui non si vive come nel continente. Qui non sanno neanche cosa c’e’ al di la dell’oceano. Sole, dreads e Marijuana… Anche questa e’ Africa! Lasciamo anche il paradiso, per tornare al nostro mondo di plastica e cemento. L’inferno l’abbiamo gia’ visto negli occhi di alcuni, costretti in condizioni di estrema poverta’ o malattia. Non ci scorderemo mai nessun sorriso che ci e’ stato rivolto, nessuna mano tesa per toccarci, nessun disorso intavolato… E’ stato tutto troppo importante e profondo. Ora si, sappiamo perche’ si soffre di Mal d’Africa. Ilaria (cipoca@hotmail.Com)


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