Vento, castelli e nuvole: Galles e Inghilterra
2° giorno – LONDRA.
Oggi ci attende la visita guidata di Londra. A colazione facciamo la nostra prima “english breakfast”: pancetta abbrustolita, uova strapazzate, crocchette di patate, fette di pomodoro e funghi; nei giorni successivi la ricetta base rimarrà questa, con l’aggiunta di sanguinaccio (molto diverso dal nostro, preparato con sangue, fiocchi d’avena, pezzetti di grasso e spezie) in un paio di hotel e, talvolta, la sostituzione delle crocchette con patate al forno; naturalmente, per chi preferisce una colazione più tradizionale, ci sono sempre anche cornetti, affettati, cereali, yogurt e marmellate, ma spesso le dosi sono razionate… La visita inizia puntualmente alle nove; dopo un ampio giro panoramico, ci fermiamo a St. James Palace per assistere ad un piccolo cambio della guardia (dato che quello principale a Buckingham Palace si tiene solo in alcuni giorni): il tutto si trascina per circa mezz’ora e, pur non potendo fare a meno di apprezzare la serietà con cui questi soldati prendono il loro compito, la sensazione di avere perso tempo è molto forte… Ci spostiamo poi alla cattedrale di St. Paul, che visitiamo internamente ma da soli, senza riuscire ad apprezzare le sue numerose opere d’arte. Tappa successiva Buckingham Palace, un’altra mezz’ora trascorsa a fotografare i cancelli dorati della residenza della regina, e la fontana lì di fronte… Essendosi fatta ora di pranzo (spesso la sosta pranzo verrà effettuata tra mezzogiorno e l’una, max. Una e mezza) veniamo accompagnati nella zona di Covent Garden; è questa una zona animatissima, fatta di localini, chioschi, bancarelle, negozi di souvenir e abilissimi artisti di strada (che in realtà sono ingaggiati dall’amministrazione del Covent Garden): purtroppo però qui abbiamo trascorso solo un’ora… Per pranzo abbiamo mangiato una tipica specialità londinese, la “jacked potato”, una patata di grosse dimensioni, cotta con la buccia, riempita in vario modo e passata al forno: noi abbiamo assaggiato quella con formaggio e bacon e quella con i fagioli in umido, e le abbiamo trovate entrambe molto buone. Nel pomeriggio, dopo esserci fermati (brevemente, è ovvio) davanti al Parlamento (dove abbiamo fatto la foto con i gentilissimi poliziotti inglesi) e vicino al “London Bridge”, andiamo alla Torre di Londra: si tratta di vari edifici, torri, abitazioni, aree verdi, rinchiusi da mura, che ospitano varie collezioni di armi e cimeli medievali; ma la più interessante è senza dubbio l’esposizione dei gioielli della corona: dopo aver fatto una breve fila, entriamo in varie sale, dove sono indicati i nomi di tutti i re inglesi, e vengono proiettate immagini dei gioielli stessi e dell’incoronazione della regina; infine, entriamo in una sala fornita di porte blindate degne del caveau di una banca, dove si trovano i gioielli più preziosi: le corone, gli scettri e pochi altri oggetti sono custoditi in alcune piccole teche una dietro l’altra, fiancheggiate da tapis roulant su entrambi i lati per evitare che la gente si fermi troppo ad osservarli; gli altri oggetti, comunque preziosissimi, sono custoditi in grandi vetrine incassate alle pareti. Noi, come suggeritoci dalla guida, abbiamo fatto il percorso da entrambi i lati, per gustarci queste meraviglie da ogni angolazione, e poi abbiamo ammirato gli oggetti di tutte le bacheche: nonostante fossi piuttosto scettica, ho apprezzato molto la visita; anche l’esterno della Torre non delude: avendo tempo libero, girovaghiamo un po’ tra gli edifici, scattando foto negli angoli più belli, con i “beefeaters”, molto gentili, nel luogo dove avvenivano le decapitazioni (ricordato da un particolare monumento in cristallo) ed ai grossissimi corvi della Regina, che, per garantire la prosperità della monarchia inglese, sono trattati come pascià e possono scorazzare liberamente sui prati (naturalmente, hanno fatto in modo di non farli volare via spuntando loro le ali di qualche centimetro). Una volta usciti dalla Torre, la visita guidata è finita, ma decidiamo di approfittare della possibilità di vedere i grandi magazzini “Harrods”: sapevo che erano molto belli e lussuosi, ma non immaginavo quanto; i vari reparti, profumeria, pelletteria, gioielleria, abbigliamento,ecc., erano allestiti come eleganti boutiques; il reparto dei cibi, tutti divisi per tipologie (macelleria, pescheria, pasticceria, ortofrutta…), erano ospitati in saloni elegantemente decorati in stile liberty, ed offrivano prelibatezze di ogni genere ed ogni parte del mondo (ad esempio, pane non semplicemente italiano ma toscano, pugliese e di molti altri tipi, pistacchi di Bronte e fichi d’india siciliani a poca distanza da frutti dell’estremo oriente, prosciutti e salumi di ogni tipo tagliati non con l’affettatrice ma manualmente da salumieri superesperti…), e non mancavano neppure delle sale fastosamente allestite in stile egizio. L’unico neo sono i prezzi a dir poco esorbitanti, ma non possiamo resistere a qualche piccolo acquisto: prendiamo una confezione di tè ed una di biscotti al burro confezionati in scatole di metallo con il logo dei grandi magazzini. Vediamo anche il monumento dedicato a Diana e Dodi, e la sorprendente statua di cera del proprietario Mohamed Al-Faied, realizzata dal museo delle cere di Madame Tusseaud e periodicamente sostituita per essere somigliante al massimo; anche i bagni sono fuori dal comune, molto eleganti e con una scelta di profumi a disposizione delle clienti. Usciti dai magazzini (che chiudono alle 18) ritorniamo in hotel; essendo molto stanchi per la giornata, decidiamo di restare nelle vicinanze e di cenare in una “steak house” a poca distanza dall’albergo: spendiamo circa 40 sterline per due bistecche (peraltro molto buone) con patatine e insalata scondita, pane e burro più due birre e un’acqua minerale… La giornata ci ha soddisfatto solo in parte, perché la visita di Londra ci è sembrata un po’ approssimativa e priva di logica; fortunatamente, nei giorni successivi l’organizzazione sarà migliore.
3° giorno CASTELLO DI WARWICK – CHESTER.
Lasciamo Londra e ci dirigiamo verso il Galles, ma prima ci attendono due tappe inglesi. La prima sosta è al castello di Warwick: si tratta di un castello di antica origine ma abbandonato nei secoli, acquistato circa vent’anni fa da un gruppo facente capo a Madame Tusseaud, completamente ristrutturato e trasformato in un vero parco divertimenti a tema. L’atmosfera è un po’ quella della nostra Mirabilandia, ma la ricostruzione è perfetta: visitiamo le antiche prigioni, la galleria delle attività artigiane medievali e l’ala vittoriana, e in tutti gli ambienti sono ricostruite scene di vita e lavoro quotidiano, dal medioevo fino a fine 800, con tanto di perfette riproduzioni/statue di cera degli artigiani o dei proprietari; c’è addirittura una statua della regina (inavvicinabile) che accoglie i suoi ospiti in una sala del suo palazzo; si può fare il giro delle mura, o assistere a dimostrazioni di tiro con la balestra, o ascoltare i racconti dei cantastorie (tutto in inglese). Visitiamo liberamente il complesso per circa due ore (noi, ovviamente, ci siamo limitati agli appartamenti, ma per i bambini ci sono anche la torre della principessa e l’ “ala delle torture”, sicchè si può trascorrervi tranquillamente una giornata) e poi usciamo nel vicino paesino: questo non offre molto, a parte una bella chiesa (gratuita, a differenza di molte altre nel paese) non particolarmente interessante all’interno ma con un’architettura notevole ed un cimitero molto suggestivo. I cimiteri che vedremo in questi giorni sono tutti prati verdissimi da cui emergono delle lapidi di pietra anche molto antiche, per noi decisamente macabri, ma che non disturbano minimamente gli inglesi, i quali spesso passeggiano, giocano con figli e cagnolini, consumano spuntini al loro interno senza minimamente scomporsi… Nel pomeriggio, proseguiamo per Chester e facciamo una passeggiata per il suo centro storico, fatto di case a graticcio la cui particolarità è quella di ospitare, all’altezza del primo piano, dei portici in legno, delle vere e proprie balconate, che ospitano anch’esse dei negozi; visitiamo inoltre la cattedrale (anche qui siamo entrati gratuitamente, anche se la biglietteria era presente, ma non c’era nessuno, né qualcun altro a cui chiedere se e come si doveva pagare). La visita è piacevole ma non richiede più di due ore.
Ed eccoci, finalmente, in Galles. L’albergo dove soggiorniamo è una struttura moderna e confortevole, ma la cosa più bella è certamente la posizione: una baia lunga e stretta, interessata dal fenomeno delle maree, dalle sponde verdissime, con le mura di un castello che si scorgono dall’altro lato della costa, e vicino un molo pieno di belle imbarcazioni con qualche cigno che gironzola qua e là … sicuramente uno dei panorami più belli di tutta la vacanza.
La cena, a base di pesce, è più che discreta, l’unico neo sono le verdure (ma sarà così per tutto il viaggio), poche, scondite e solo appena sbollentate come cottura (perché così mantengono tutte le vitamine): i fagiolini sono talmente duri che ci si potrebbe giocare a shangai… Dopo cena facciamo una passeggiata nei dintorni, ma il paese è un assoluto mortorio, e di notte il panorama non si vede, facendo perdere al posto gran parte della sua bellezza: decidiamo così di andare a letto presto.
4° giorno CASTELLO DI CAERNAFON – SNOWDONIA N. P. – BETSW-Y-COED – CONWY.
Iniziamo con la visita del Galles del Nord. La prima sosta, secondo il nostro programma, è al paese dal nome più lungo del mondo (ve lo risparmio…), ma in realtà veniamo accompagnati in un grande magazzino che ha sopra l’entrata una targa con il suddetto nome e davanti una signora (peraltro simpaticissima) in abito tipico gallese, che ce lo legge e ci saluta in lingua gaelica. Siamo delusi di questo, ma quando si tratta di acquisti non ci tiriamo indietro… L’oggetto di artigianato tipico è il cucchiaio di legno scolpito, che in passato era il pegno d’amore dei marinai per le loro mogli o madri; oltre a questo, ci sono tante statue e rappresentazioni, normalmente di piccole dimensioni, che raffigurano ogni tipo di animale, dai ricci ai gufetti, dagli uccellini di ogni tipo alle farfalle e alle coccinelle, fino ai funghi o fiori, spesso realizzati in materiale naturale (legno o pietra) o in ceramica o vetroresina per essere messi in giardino; completano il quadro tutti gli oggetti possibili e immaginabili (magliette, borse, ombrelli, piatti…) con il drago rosso (simbolo del Paese e presente pure sulla bandiera) ma anche con le pecore (che sono onnipresenti e rappresentano il vero simbolo di questa parte di Inghilterra). Un’altra costante di questi negozi è la presenza di biscotti (quelli tipici gallesi sono piatti e rotondi, con l’uvetta in mezzo e ricoperti di zucchero a granelli, i più diffusi sono quelli al burro), caramelle (bastoncini di zucchero colorato sicuramente pienissimi di coloranti ma molto belli da vedere, e morbide caramelle “toffee” vendute anche in barrette) e marmellate, soprattutto frutti di bosco e agrumi. Un po’ dovunque, infine, si trovano ciondoli e monili con la foggia dei simboli celtici, Ci spostiamo quindi al castello di Caernafon, che è del tutto vuoto, e quasi del tutto all’aperto, ma merita comunque una visita; bellissimo soprattutto il panorama dall’alto della torre, nonostante le strettissime scale a chiocciola (buie, strette, scivolose, a doppio senso di marcia, e per di più si rischia di pestare le manine ai tanti bambini che ci sono); il tour guidato è decisamente troppo lungo, anche in considerazione del vento gelido che soffia incessantemente per tutto il tempo, e anche all’interno, dove gli ambienti sono umidi e bui e le molte feritoie creano delle forti correnti; grazie alla guida, comunque, veniamo a sapere che è proprio qui che gli eredi al trono d’Inghilterra ricevono la loro investitura, e ci affacciamo al balcone da dove il principe Carlo e Lady Diana salutarono per la prima volta insieme i loro sudditi.
Usciti dal castello, assaggiamo la nostra prima “cornish pastry”, una sorta di calzone farcito con vari ripieni perlopiù a base di carne e verdure, economica e gustosa; passeggiamo un po’ per il paesino, e facciamo qualche acquisto, ma il brutto tempo ci scoraggia non poco… Nel pomeriggio, ci attende un piacevole tour in pullman attraverso lo “Snowdonia N. P.”: davanti ai nostri occhi scorrono le immagini delle cave di ardesia di un grigio scurissimo ma lucente, delle distese di erica, dei verdissimi pendii, dei piccoli paesini e delle onnipresenti pecore; anche la scelta della guida di mettere come sottofondo della musica celtica è più che azzeccata. Facciamo un paio di soste panoramiche, una in particolare in un punto da cui si vede un bel lago incastonato in fondo ad una valle, e ci fermiamo a visitare le cascate Swallow, non molto imponenti ma che offrono comunque un bello spettacolo: per circa mezz’ora ci dedichiamo al percorso che si snoda lungo il corso di queste cascate fino ad arrivare quasi al livello del fiume; comunque, lo spettacolo che si apprezza dai diversi punti di osservazione è molto simile, se uno non se la sente di farli tutti non perde molto…
Ci fermiamo quindi nel paesino di Betsw-y-Coed, che non offre nulla di particolare, ma è molto grazioso e immerso nel verde, così trascorriamo piacevolmente un’ora e mezza guardando le vetrine e rilassandoci sulle rive del fiumicello locale, finalmente scaldati da un tiepido sole (in genere nel pomeriggio il tempo è sempre un po’ migliore del mattino); due sono le cose che ci colpiscono: i tantissimi bambini che scorazzano liberamente nei prati e sopra i massi del fiume e sguazzano nell’acqua fredda sotto gli occhi benevoli dei loro (molto spesso giovanissimi) genitori inglesi, e di quelli più apprensivi di alcune mamme italiane del gruppo; ed i cani, moltissimi anche questi (numerose famiglie ne avevano due o tre), ma in dieci giorni non abbiamo visto né un randagio, né tracce della loro pupù per terra.
Ultima tappa della giornata è il paesino di Conwy: qui abbiamo modo di visitare una casa piccolissima, grande poco più di uno sgabuzzino, con i letti incassati nella parete ed un soppalco per guadagnare un po’ di spazio, comunque molto graziosa ; ed ammiriamo le mura ed i ruderi del suo castello; il paese, però, non è molto interessante, e la stanchezza comincia a farsi sentire, perciò siamo ben felici di rientrare in albergo. Ceniamo e andiamo subito a letto.
5° giorno. LLANDUDNO – TRENO A VAPORE – ABERYSTWITH Siamo ancora in Galles, ed ancora nello Snowdonia N. P.. Prima tappa della giornata è Llandudno, una piacevole località di villeggiatura, frequentata soprattutto da signori di una certa età e per questo piuttosto elegante: trascorriamo piacevolmente un’ora passeggiando prima sul lungomare e poi sul molo, lungo ed ampio, in legno, pieno di negozietti carini che però data l’ora (prima delle 10) sono ancora chiusi; sullo sfondo, in mezzo al mare e piuttosto al largo, si stagliano delle pale eoliche, sicuramente utilissime date il forte vento e che non rovinano troppo la veduta. Prendiamo quindi un simpatico (anche se strettissimo) trenino a vapore che parte da Blenau e arriva a Portmadog, attraversando per circa un’ora lo Snowdonia N. P. ; il percorso, in realtà, non è interessantissimo, perché non si scorge altro che la verdissima vegetazione già visibile dal nostro pullman: a me personalmente ha colpito solo la palude che abbiamo costeggiato per un tratto brevissimo ma molto da vicino, e che, almeno per una cittadina come me, rappresenta uno spettacolo inconsueto.
A Portmadog il tempo è decisamente brutto, così rinunciamo allo shopping (qui vendono infatti la ceramica, tipica gallese, prodotta nella vicinissima Port Meirion) e ci rifugiamo nel punto ristoro della stazione, dove assaggiamo il nostro primo “fish and chips” (non male): come avremo modo di notare successivamente, la ricetta non è sempre uguale, in particolare cambiano il taglio di pesce utilizzato ed il tipo di impanatura, confrontandoci con altre persone del gruppo anche loro hanno notato queste differenze.
Nel pomeriggio visitiamo la graziosa località di Aberystwyth: se Llandudno era una località per un turismo più “agè”, Aberystwyth è invece piena di ragazzi che giocano a rugby, o in un piccolo e spartano minigolf, oppure si rilassano sui prati che circondano le rovine del locale castello adagiate in splendida posizione sul mare (anche qui il vento è fortissimo); molto gradevole è anche il vicino edificio che ospita una delle più antiche università della Gran Bretagna.
Alla sera arriviamo nel nostro albergo: si tratta di una struttura di età vittoriana, non particolarmente elegante ma situata in posizione isolata vicino ad una scogliera (nulla a che vedere, comunque, con la veduta dell’hotel di Deganwy). Al momento di andare nella nostra camera, ci rendiamo conto che le camere non sono disposte secondo una progressione numerica logica, ma sparpagliate in modo casuale lungo un intrico di scale e di corridoi allucinanti, interrotti senza alcuna ragione (sono infatti sempre dritti) da una porta all’incirca ogni tre metri; inizialmente la cosa ci diverte, ma dopo dieci minuti con le valige da trascinarsi appresso attraverso scale e porte iniziamo a infastidirci; risbuchiamo alla reception e ci facciamo spiegare dove si trova la nostra stanza, ma una volta nei corridoi ci accorgiamo di non saper trovare la nostra stanza né ritrovare la reception; dopo alcuni altri minuti di girovagare folle, finalmente incontriamo un dipendente dell’hotel che gentilmente ci scorta alla nostra stanza; può sembrare incredibile ma è tutto vero, e per di più non siamo stati i soli ad avere di questi problemi; l’accompagnatore ci spiegherà il giorno dopo che la “labirintite” è un aspetto tipico di questo genere di hotel, ed i clienti li apprezzano anche per questo aspetto…Le camere sono bruttine, ma il bagno, con le finiture di legno e due diversi rubinetti (uno da cui usciva l’acqua calda e l’altro da cui usciva quella fredda) ci è sembrato molto carino. La cena non è niente di che (in questo ed in un altro albergo ci è capitato di poter scegliere tra tre antipasti, tre secondi e tre dolci); sembra che la passeggiata sotto la luna fino alla scogliera sia molto bella, ma il tempo è troppo brutto e dobbiamo rinunciare: anche questa sera andiamo a letto presto.
6° giorno. ORTO BOTANICO – CARDIFF.
Oggi la giornata è più rilassante. La colazione è pessima (praticamente c’è solo la “english breakfast”, non ci sono brioches o biscotti, a fronte dell’abbondanza di miele e marmellate ci sono solo due miseri triangolini di pan carrè per persona…); prima di partire facciamo una breve passeggiata per ammirare la scogliera: il paesaggio non è brutto, ma abbiamo avuto modo di vederne di più belli (Tintagel su tutti), ci impressiona di più il cartello “pericolo, serpenti nell’erba alta” che si trova lungo il percorso.
La prima fermata è al Giardino Botanico del Galles, dove restiamo per un paio d’ore: la sosta è piacevole, anche se non siamo rimasti particolarmente colpiti (a giudizio unanime, le piante più belle erano gli enormi bietoloni dell’orto); l’attrattiva principale è la serra, una gigantesca cupola di vetro progettata dall’architetto Norman Foster. Piantina alla mano andiamo in cerca delle varie zone: il giardino giapponese, piccolo e poco curato, l’orto, che invece è la parte meglio tenuta, l’antica farmacia, con la sua collezione di supposte di ogni dimensione, il negozio di souvenir, la grande serra di Foster, e per finire la torbiera (l’ambiente caratteristico di questa parte d’Inghilterra), che però non ci colpisce particolarmente. Vicino all’uscita si trova un altro negozio dedicato al giardinaggio: qui vendono un sacco di piantine e di semi, molti attrezzi per il giardinaggio, e statuine di animali da mettere in giardino, e tutto a prezzi convenienti; non ci lasciamo sfuggire l’occasione e compriamo tre farfalle e una coccinella da appendere al muro, due coloratissimi funghi di ceramica le cui cappelle oscillano se scosse dal vento, ed un paio di guanti da giardinaggio di ottima fattura e molto graziosi; porterei volentieri anche qualche seme, ma non credo che piante adatte ad un clima simile possano crescere al nostro bel calduccio.
Giungiamo a Cardiff in tarda mattinata: la città si presenta molto gradevole, sicuramente una metropoli ma piena di verde e vivibile (pare che Cardiff sia sempre finalista nell’annuale gara tra le città inglesi per gli allestimenti floreali più belli, e, giudicando da quelli che vediamo in giro, la sua fama è certamente meritata). Su suggerimento dell’accompagnatore, ci rechiamo a visitare il Museo Nazionale, accanto al Municipio; pur non essendo il Louvre, è sicuramente molto interessante: ospita infatti una raccolta di opere di impressionisti tra cui diversi Monet e due Renoir, una sala dedicata alla pittura italiana, una alla pittura fiamminga (in esposizione anche un quadro di Rubens), diverse bacheche con oggetti di porcellana e di metallo lavorato di pregevolissima fattura, ed un’interessante sezione dedicata alla preistoria (naturalmente questo è ciò che abbiamo visto noi , ci sono parecchie altre sale), e tutto ciò completamente gratis. Facciamo un veloce salto allo shop (dove non resisto all’esposizione di numerosissimi piccoli peluche che raffigurano uccellini, e né prendo uno che rappresenta un’ upupa) e poi qualche foto davanti al vicino municipio ed alle sue splendide decorazioni floreali.
Per pranzo ci accontentiamo di mangiare una “cornish pastry” passeggiando tra le vetrine, i localini e i centri commerciali della zona pedonale.
Dopo pranzo ci aspetta la visita guidata del “Cardiff Castle”. L’edificio non è molto antico, risale a fine 800, ma è molto bello: si tratta della casa di un ricco magnate del carbone, il marchese di Butt, elegantemente arredata seguendo diversi temi; visitiamo la stanza degli uomini e quella delle donne (o stanza araba), la camera dei bambini, la stanza da letto del marchese con un bagno molto bello e molto moderno per l’epoca, il giardino d’inverno, la sala dei ricevimenti, la stanza da pranzo e la biblioteca. La visita è molto piacevole, soprattutto dopo giorni trascorsi prevalentemente in mezzo alla natura.
Finita la visita al castello, ci dirigiamo nella zona del porto, moderna e piena di ristoranti e negozi (solo uno, però, di souvenir): l’edificio che domina questa zona è il modernissimo teatro dell’opera, un’enorme costruzione marrone scuro che nella forma ricorda vagamente una balena; vicino sorge un edificio più antico, in mattoni rossi, che ospitava la vecchia dogana (o qualcosa di simile) e un po’ più lontano una piccola chiesetta frequentata dai marinai. Finalmente, e sul filo di lana perché il giorno dopo avremmo lasciato il Galles, riesco anche ad acquistare un piccolo bricco in ceramica di Portmeirion.
Il nostro albergo è bellissimo: siamo all’undicesimo piano di un grattacielo e dalla nostra camera riusciamo a scorgere l’avveniristica struttura del nuovo stadio per il rugby; anche la cena è decisamente buona; dopocena usciamo desiderosi di un po’ di vita notturna: purtroppo però non riusciamo a trovare il centro, e così ci limitiamo a girovagare per un po’ tra le strade deserte. Peccato… 7° giorno. BATH – WELLS.
Oggi si rientra in Inghilterra. Attraversiamo il ponte sul fiume Severn, che segna il confine, e ci dirigiamo verso Bath, storica città termale. Bath si rivela molto graziosa; dapprima visitiamo le terme: il giro è piuttosto lungo ma comunque interessante, la parte meglio conservata è l’antica piscina termale, ai bordi della quale due simpatiche signore, nelle vesti di una matrona romana e della sua ancella, illustrano ai visitatori (in realtà, sono più visitatrici…) i profumi e gli unguenti di bellezza che usavano allora, come il profumo alle rose proveniente dalla Gallia; vicino alle vasche interne, che sono in penombra, degli ologrammi proiettano le figure degli antichi frequentatori di queste terme mentre chiacchierano, si asciugano, si fanno massaggiare. Nel negozio delle terme, acquisto una crema per il corpo a base di acqua termale, che si rivelerà buona ed economica (6 sterline per un barattolo da 250 ml.). Usciti dalle terme, giriamo per l’abitato, che si rivela molto bello ed elegante, essendo tutti gli edifici realizzati in una pietra locale (detta appunto “pietra di Bath”) di colore giallo tenue. Ammiriamo la veduta del fiume, attraversato da un ponte che ricorda vagamente il Ponte Vecchio di Firenze, visitiamo la cattedrale, dei giardini molto belli, e la piazza principale dove si esibiscono gli artisti di strada. Per pranzo, entriamo in una sala da the ed assaggiamo gli “scones”, dolci tipici del the inglese e caratteristici di questa regione (il Devon), farciti con la “clotted cream”, una specie di panna molto densa, e marmellata di fragole, accompagnandoli con una tazza di thè. Lasciata Bath, ci dirigiamo a Wells, per visitarne la famosa cattedrale: tutto l’edificio è molto bello, ma la sua caratteristica principale sono gli archi delle navate detti “a forbici rovesciate”, realizzati per rafforzare la struttura della chiesa, costruita sulla base di calcoli errati. Usciti da qui, ci dirigiamo nella cittadina (Wells è molto più piccola di Bath, o almeno così sembra a noi) anch’essa molto graziosa; per restare in tema, acquisto in un negozietto un flacone di acqua di rose, profumatitissima e molto persistente sulla pelle.
Infine, ci dirigiamo verso Plymouth, a metà strada tra Devon e Cornovaglia. La città non è per niente bella, ed anche l’albergo non ci soddisfa: la cena (nonostante ci sia la scelta) è pessima e ci viene servita con notevole ritardo (le nove e trenta, notte fonda per gli orari inglesi, quando di solito le cene sono fissate al massimo per le otto e un quarto).
Dopo cena ci rechiamo al Barbican, il quartiere portuale e centro della vita notturna cittadina: il posto è decisamente animato, ma non del genere di animazione che piace a noi, è sabato sera e ci sono molti ragazzi e ragazze con molte, troppe birre in mano; anche la strada per arrivarci non sembra molto sicura… Proviamo a cercare la targa che ricorda il punto da cui, nel XVII secolo, partì la “Mayflower” per le Americhe, ma non ci riusciamo, e così ritorniamo ben presto in hotel.
8° giorno – CORNOVAGLIA.
Arriva il giorno tanto desiderato da mio marito. Partiamo di buon’ora perché c’è parecchia strada da fare; la prima sosta è a St Michael’s Mountain, l’equivalente inglese di Mont St. Michel, un piccolo isolotto che a seconda della marea è congiunto alla terraferma o circondato dalle acque; rispetto a quello francese è più piccolo ed ospita un bel palazzo signorile (proprietà privata, quindi non visitabile). Quando noi ci arriviamo, c’è ancora la bassa marea, e cerchiamo di avvicinarci il più possibile, ad un certo punto dobbiamo rinunciare perché la sabbia è troppo molle, ma ci divertiamo comunque a passeggiare sul bagnasciuga nonostante il vento e la pioggerellina.
La seconda tappa è la cittadina di St. Ives; purtroppo il tempo è ancora brutto e offusca i colori di questa bellissima località: proviamo ad avvicinarci alla spiaggia dal colore leggermente aranciato, ma fa un freddo allucinante, così facciamo due foto e poi ripieghiamo per la più riparata via principale, dedicandoci un po’ allo shopping; compriamo qualche candela profumata decorata con piccole conchiglie, lo gnomo della Cornovaglia, e alcune saponette a forma di muffin davvero graziose e invitanti. Proviamo a visitare i giardini come l’accompagnatore ci ha consigliato, ma il tempo è brutto e c’è un po’ di strada da fare, sicchè rinunciamo ed andiamo a mangiare in uno dei tanti ristoranti di pesce (che qui è ottimo e viene pescato in abbondanza): mio marito prende delle cozze preparate con una salsetta a base di aglio con contorno di patatine, io invece “fish and chips”, più un’acqua e due birre, per circa 25 sterline. Lasciamo St. Ives nel primo pomeriggio, un po’ dispiaciuti perché il tempo non ci ha permesso di godere appieno della sua bellezza.
Quando arriviamo a Tintagel il tempo è un po’ migliore; questo è il luogo dove, secondo la leggenda, si trovava il castello di re Artù: in realtà ci sono soltanto un po’ di ruderi, e per di più risalenti ad un periodo successivo a quello in cui il mitico re avrebbe vissuto, tuttavia il posto è bellissimo, e nonostante sia piuttosto faticoso inerpicarsi sulla scogliera, il panorama mozzafiato ripaga ampiamente della fatica. Saliamo su entrambi i punti panoramici e poi scendiamo sulla spiaggia ed entriamo nella “grotta di Merlino”, il tutto piuttosto velocemente perché il tempo è sempre tiranno; stremati, ritorniamo nel vicino paesino e ci rifocilliamo con due fette di torta all’ananas, quindi visitiamo un paio di negozietti; qui, naturalmente, la cose celtiche abbondano, anche se noi né abbiamo già parecchie, anche da precedenti viaggi: compriamo comunque un fermalibri che rappresenta Mago Merlino ed uno a forma di drago, e alcuni segnalibri da regalare.
Rientriamo quindi a Plymouth. Prima di tornare in hotel, facciamo un giro per la città, le cui uniche attrattive sono le spoglie di una piccola chiesetta sopravvissuta ai bombardamenti ed ora confinata al centro di una rotonda, ed un parco pubblico (nulla rispetto a quelli che abbiamo visto nei giorni precedenti) che sorge su una collina da cui si vede il mare. Dopo un’altra cena piuttosto scadente, stanchi morti per la faticosa giornata, ce ne andiamo subito a dormire.
9° giorno – STONEHENGE – LONDRA.
Oggi, finalmente, si va a Stonehenge, che ho sempre desiderato visitare. Il sito non delude assolutamente le mie aspettative, ed anche l’audioguida che ci viene data è molto interessante, ma mi è dispiaciuto moltissimo che non ci si possa avvicinare a meno di 20 – 30 m. Dai monoliti: se si riesce ad apprezzare bene il complesso megalitico (ed a scattare belle foto) nel suo insieme, l’atmosfera del luogo non si percepisce minimamente; si nota pure la mancanza di una struttura (considerate che siamo al centro di una pianura) per poter vedere il complesso dall’alto. Anche i servizi offerti ai visitatori sono piuttosto scarsi: un solo snack bar ed un negozio che offre pochi begli oggetti (io ho preso un bel bracciale in “blu stone”, una delle due pietre in cui è realizzato il sito) piuttosto costosi, ed un’infinità di oggetti con l’immagine di Stonehenge. Vicino all’uscita si trovano due massi, uno di granito ed uno di “blu stone”, uno accanto all’altro e perciò soggetti alla medesima esposizione al sole, ma con una temperatura notevolmente diversa (si percepisce facilmente al tatto).
Lasciamo Stonehenge e ci dirigiamo verso Londra. Per pranzo, ci fermiamo nella piacevole cittadina di Salisbury; costeggiando un piccolo ruscello, raggiungiamo il centro e ci facciamo un giro tra i negozi mangiando l’ultima “cornish pastry”: qui troviamo un bel negozio che vende un’infinità di ti sane a prezzi decisamente più bassi di quelli italiani, così né approfitto per fare un po’ di scorta, 6 diverse tisane e due tipi particolari di thè per poco più di 20 sterline.
Giungiamo a Londra più tardi del previsto perché incontriamo un po’ di traffico. La sera, per la stanchezza ma anche per il costo oneroso dei biglietti della metro, rinunciamo ad andare in centro e ci rechiamo in un pub vicino, che è anche uno dei locali storici della città, e ceniamo lì; l’atmosfera è forse un po’ più sofisticata di quella che ci si aspetterebbe, ma è comunque accogliente. Prendiamo un arrosto del giorno servito con carote, piselli, patate novelle e “workshire pudding” (una sorta di focaccina di pasta brisèe), una porzione di agnello con salsa di menta, due fette di “apple pie” e due birre alla spina (diverse), spendendo circa 50 sterline. Piccola passeggiata digestiva e poi a nanna.
10° giorno: LONDRA.
Come ci eravamo ripromessi, andiamo al “London Eye”. Partiamo di buon’ora, facciamo un po’ di fila per i biglietti ed un’altra mezz’ora prima di salire (e quando scenderemo la fila sarà ancora più lunga); saliamo poco dopo le 10: il panorama è molto bello, in particolare colpisce il contrasto tra architetture più antiche e modernissime, l’ampiezza della cerchia urbana cittadina, ed il tanto verde; tutto il giro dura circa mezz’ora, e non sono ancora le 11 quando scendiamo: decidiamo quindi di ritornare verso il Parlamento e la Westminister Abbey per fare qualche ultima foto; per pranzo, ci lasciamo tentare da uno dei tanti baracchini che vendono panini con hot dog e cipolla (due) e noccioline ricoperte di zucchero (uno in due), più due bottigliette d’acqua, per la modica cifra di 10 sterline: entriamo quindi in un parco lì vicino e consumiamo il nostro pasto seduti sull’erba: Ci alziamo verso le due per rientrare in hotel, dove aspettiamo la navetta che, puntualissima, ci aspetta alle tre per portarci in aeroporto. Notiamo subito che i controlli sui bagagli a mano sono molto rigidi, e diversi turisti sono costretti a vuotare i loro bagagli a mano davanti agli addetti; noi fortunatamente passiamo indenni, e ci dedichiamo ad un ultimo giro nei duty free. Il volo decolla poco dopo le sei… Un po’ di tristezza ci assale come ogni volta, ma siamo soddisfatti di questa vacanza, alla scoperta di una realtà diversa dalla nostra che ci ha conquistato.