Venezuela fai da te, e’ dura ma…

…ma ne vale la pena! Questo per fugare subito ogni eventuale dubbio dovesse venire nel leggere il nostro racconto di questo viaggio, impegnativo si, ma che, forse anche per questo, ci ha lasciato dentro emozioni fortissime e ci ha permesso di visitare posti davvero magnifici. L’organizzazione del viaggio inizia ad Aprile quando ci mettiamo...
Scritto da: Peppone72
venezuela fai da te, e’ dura ma…
Partenza il: 07/07/2007
Ritorno il: 24/07/2007
Viaggiatori: in coppia
…Ma ne vale la pena! Questo per fugare subito ogni eventuale dubbio dovesse venire nel leggere il nostro racconto di questo viaggio, impegnativo si, ma che, forse anche per questo, ci ha lasciato dentro emozioni fortissime e ci ha permesso di visitare posti davvero magnifici.

L’organizzazione del viaggio inizia ad Aprile quando ci mettiamo su internet a cercare qualcosa su questo Paese che avevamo deciso di visitare. Scaricato di tutto, in primis racconti di altri viaggiatori, il programma prevedeva: una ventina di giorni da dividere tra Canaima e Salto Angel, Delta dell’Orinoco, Los Llanos e Los Roques. Date: 7/24 Luglio. Prendiamo il volo con Iberia a 808 € a testa. Contattiamo la posada a Gran Roque che ci ispirava di più e prenotiamo le ultime 6 notti, 80 € al giorno per persona e i voli A/R Caracas/Gran Roque, 120 € a tratta. Per tutti gli altri tours (Canaima, Delta e Los Llanos) scegliamo l’E. T. 970 $ a testa (compreso l’albergo a C.B. Ed esclusi gli spostamenti in bus).

Prima di iniziare il racconto del viaggio vorremmo dare qualche indicazione che pensiamo possa esser utile a chi volesse visitare questo Paese:  I vari tour da Ciudad Bolivar si possono prendere anche direttamente li, all’aeroporto, sono abbastanza standard e si risparmia qualcosa;  Per i tour (almeno quelli fatti da noi: Canaima, Delta dell’Orinoco e Los Llanos) 3 giorni e 2 due notti è il tempo giusto. In un eventuale giorno in più si farebbero cose già fatte;  Girare il paese con i bus, tra la poca chiarezza di costi e orari e la fatiscenza di alcuni bus, è durissima. Alcuni tratti (es. C.B. – Los Llanos) sono improponibili. Un altro mondo (in peggio) rispetto al Messico (per chi c’e’ stato);  Le città sono pericolore. Tutte! Dopo il calar del sole è sempre meglio rimanere nei pressi della casa o dell’albergo dove si dorme. Fa forse eccezione Merida (noi non ci siamo stati) e ovviamente Gran Roque;  Partire armati di anti zanzare. L’autan plus è quello che funziona meglio. A Los Roques usare sempre protezione molto alte (noi sempre 50, ci siamo abbronzati perfettamente e non scottati);  Conviene cambiare i soldi li e conviene portare dollari. Cambiare in nero e tirare sempre sul cambio;  Avere un indicazione precisa su un posto, un orario o quant’altro è impossibile. Il Venezuelano vive non alla giornata…Ma al minuto! Ma, ripetiamo, se farete questo viaggio vedrete delle bellezze naturali magnifiche, forse uniche al mondo. Per noi vale assolutamente la pena. 7 Luglio Ed eccolo il giorno…Emozionati ed euforici come sempre prima di affrontare un viaggio. Volo puntuale, sia a Roma che a Madrid, e arrivo a Caracas alle 15.30 come previsto. Appena fuori dalle porte del terminal siamo letteralmente assaliti da chi ci offre di tutto: taxi, pulmann, cambio euro, dollari…E la maggior parte sono uomini in divisa! Per un attimo frastornati, evitiamo di dare confidenza e ci dirigiamo al ritiro bagagli. Abbiamo subito una brutta sorpresa perché dei nostri due zaini ne arriva uno solo. Facciamo denuncia comunicando che se fosse arrivato avrebbero dovuto mandarlo a Ciudad Bolivar dove saremmo stati i giorni seguenti. Cambiamo in nero i $ in bolivares a 3.400 e partiamo con un bus per la “stazione centrale”. Pensiamo di arrivare ad un terminal invece siamo scaricati sotto un cavalcavia senza praticamente niente intorno, tranne un paio di taxi. Contrattiamo sul prezzo e da uno di questi ci facciamo portare al Terminal Oriente da dove partono i bus per Ciudad Bolivar. La visione, dalla strada, di Caracas corrisponde in pieno a quello che si racconta di questa città: traffico incredibile, sporcizia, palazzi sporchi o pericolanti (o entrambe le cose!) e gente in giro che ti rende particolarmente felice di stare dietro il finestrino. Il bus non è male e si parte puntuali. La notte è la classica notte in bus con l’aria condizionata “a palla” e cambio di posizione per perdita di sensibilità dei vari arti ogni ora…Non sapevamo però che sarebbe stato di gran lunga il miglior viaggio che avremmo fatto… 8 – 10 Luglio: Canaima e Salto Angel 8 Luglio Arriviamo al terminal di CB alle 4.30 dove, dopo un ora e ½, si presenta Edwin, dell’Energy Tours, con il foglio con i nostri nomi. Ci carica sul fuori strada e arriviamo in un attimo all’aeroporto ma essendo presto facciamo un giro per CB che, all’alba, non è male…Ma fra qualche giorno questa prima impressione andrà decisamente rivista! Alle 7.30 si parte…Su un trabiccolo da 6 posti che non sembra in grado di alzarsi neanche di pochi metri. E invece il viaggio, di un ora, è tranquillo e molto affascinante, prima sopra le ultime case, poi sulla giungla, sempre più fitta, fino alla visione spettacolare della laguna di Canaima dall’alto. Atterrati ci accoglie Enry e, dopo un oretta buona di attesa (meglio abituarsi subito che in Venezuela si aspetta!), ci porta all’accampamento dove conosciamo gli altri componenti del nostro gruppo: 6 Irlandesi, 1 Londinese, 2 Australiani e 1 Spagnola. Ci informano che partiremo subito, e non il giorno dopo come previsto dal tour, per il Salto Angel perché oggi c’e’ il sole, domani non si sa. E quindi, dopo la notte in aereo e quella in bus, la terza notte di vacanza sarà in amaca! Un primo pezzetto a piedi, poi si sale in lancia (una grossa canoa) per una ½ ora e poi un’altra ½ ora a piedi. Già durante questa camminata siamo in un ambiente molto affascinate. Arido e con alcune montagne dalla cima piatta (i famosi Tepui) che si vedono in lontananza. In attesa che la barca ci ritorni a prendere Enry si spoglia e si tuffa nel fiume, il Carrao, e noi lo seguiamo immediatamente. L’acqua, coloro rosso per il tannino delle piante, è calda e piacevolissima. Rimontiamo sulla lancia iniziando la spettacolare risalita del fiume (più di 3 ore!), e quando becchiamo le rapide l’acqua arriva a secchiate. Il panorama è mozzafiato: il fiume davanti, la giungla sulle sponde e tutti intorno i maestosi Tepui dalle cui sommità vengono giù una serie di fiotti d’acqua, alcuni sono vere e proprie cascate altre solo dei rigagnoli (almeno così sembrano da quaggiù). Veramente bellissimo. Fino a quando, finalmente, si vede la regina delle cascate, il Salto Angel. Già da lontano, dalla barca., è maestoso e la sensazione che da è particolare, probabilmente è la consapevolezza di avere di fronte uno spettacolo della natura unico, la cascata più alta del mondo! Scesi dalla lancia si parte alla volta della nostra meta. La camminata non è proprio una “passeggiata”, tra una vegetazione molto fitta, spesso in salita, guadando ruscelli e con una miriade di radici sotto i piedi che non facilitano il passo. La presenza del Salto, quando non si riesce a intravedere al di sopra degli alberi, è rivelata dal suo rumore che, sempre più forte, ci accompagna per tutto il percorso. Ultimo strappo e finalmente ce lo troviamo davanti. Il Salto Angel con tutti i suoi 980 metri di caduta. La sua portata, data la stagione delle piogge, è notevole, con l’acqua che, circa a metà del salto inizia a vaporizzarsi per diventare una grande nuvola bagnata al suo arrivo. Lo spettacolo è imponente. Purtroppo, data appunto la notevole portata d’acqua, non è possibile fare il bagno, come avevamo letto, nei laghetti sotto e non ci si può avvicinare di più (ma siamo già molto vicini) ed allora continuiamo ad ammirarlo dal belvedere. Gli obbiettivi si scatenano, anche se nessuna foto potrà mai rendere realmente il fascino di questo posto. Dopo aver passato su quella roccia tutto il tempo necessario per imprimersi negli occhi e nella mente questo posto unico, si riparte. Quando la stanchezza si inizia a far sentire, guadato il fiume, finalmente siamo all’accampamento, una grossa capanna in cemento vuota, dove fuori è già al lavoro un indio che ha messo su un grande fuoco sfilze di polli. Enry sistema le amache. La cena (piatto unico con pollo, riso, verdure e focacce di mais) scorre veloce…Tra i nostri commenti dell’incredibile prima reale giornata di vacanza. Ci sistemiamo poi sull’amaca di traverso, per evitare il mal di schiena, e coprirsi con la zanzariera e crollare in un sonno profondo è un tutt’uno. 9 Luglio Sveglia intorno alle 6.30. Lo spettacolo dalla finestra dell’accampamento è bellissimo con il fiume di fronte, tutt’intono una giungla fittissima e in lontananza, le imponenti montagne che le nuvole non riescono a coprire interamente, lasciandole visibili solo in parte e rendendole ancora più affascinanti e misteriose. Dopo la colazione (uovo, cipolla e focacce di mais) smontiamo l’accampamento e ripartiamo. Piove come dio la manda ma l’acqua che prendiamo dal cielo è niente rispetto le ondate che entrano nella barca quando attraversa le piccole rapide…È molto divertente! Dopo un paio d’ore ci fermiamo all’altezza di una cascata. E’ il “Salto della Felicidad”, bella, completamente immersa nella vegetazione e ci si può fare il bagno. Fatti bagno, doccia sotto lo scroscio d’acqua, tuffi e foto risaliamo in canoa. All’accampamento ci danno le stanze (finalmente un letto!) e l’appuntamento per il pranzo. La stanza è decisamente spartana, doccia solo con acqua fredda, ma il sapere che ridormiremo su un materasso quella notte ce la fa sembrare una suite a 5 stelle! Dopo pranzo andiamo verso la laguna e le sue cascate. Dalla riva sono imponenti ed avvicinandosi con la barca (gli arriviamo praticamente sotto) fanno veramente impressione. Una portata d’acqua mai vista, nuvole enormi di vapore che si alzano ed un rumore assordante. Enry ferma la lancia a riva proprio a fianco della prima cascata, il Salto Hacha. Arrivati a ridosso ci mostra un percorso scavato nella roccia, dice naturale, che passa sotto tutta la cascata e noi ci passeremo. Lasciamo tutti gli zaini, le borse e le macchinette ed entriamo…Uno spettacolo!! Risaliti in barca si attracca alla spiaggetta dalla parte opposta da dove siamo partiti e si parte per una camminata in mezzo alla giungla per arrivare all’altra cascata, il Salto Sapo. Anche questa è spettacolare. Viene giù forse ancora più forte dell’altra…E anche sotto questa ci si può passare. Lasciamo le nostre cose…E dentro! Qui c’e’ un mini corrimano (altezza caviglie!)…Ma che se si dovesse scivolare o affacciarsi troppo sarebbe completamente inutile! In effetti qui ti fanno fare delle cose che in Italia ti sogneresti, se non (forse) dopo averti fatto firmare 15 liberatorie ed averti infilato dentro uno scafandro e imbracato fino al collo. Appena usciti da sotto questo muro di acqua guadagniamo un piccolo belvedere, da dove la visione è spettacolare. Io ed Enry arriviamo in un punto dove è possibile farsi il “doccione”…E viene giù fortissima! Quando si riparte abbiamo il sorriso di due bambini portati per la prima volta in vita loro al Luna Park. Passiamo in mezzo ad una marea di ranocchiette che fanno un chiasso incredibile…E arriviamo al Salto Sapito (“piccola rana” appunto). E’ carino per il panorama ma niente di che (almeno in confronto alle precedenti!). Il ritorno verso la barca è sotto un acquazzone incredibile …Direi che per oggi di acqua ne abbiamo presa a sufficienza! Arrivati in pochi minuti all’accampamento ci salutiamo, dandoci appuntamento per la cena dove si parla della giornata, di viaggi, di lavoro…E subito dopo a letto che questa grandiosa giornata in fondo è iniziata alle 6.30 nella foresta…E sembra una settimana fa! 10 Luglio La giornata di oggi è dedicata al relax. Chiediamo di anticipare il volo e ce ne andiamo in giro per l’accampamento direzione laguna. Passiamo il tempo a scattare qualche foto e a goderci fino in fondo quello splendido posto. Tornati verso l’accampamento assistiamo a un sorta di torneo di calcetto, tantissimi bambini e bambine, piccoli e piccolissimi. La prima partitella è fra due squadre femminili, la seconda tra bambini che non avranno avuto più di 6/7 anni…E ci diciamo che se fra 8 anni il Venezuela dovesse vincere il mondiale non ci sorprenderemmo, giocavano proprio bene quei nanetti! Il trabiccolo che ci riporterà a Ciudad Bolivar è pronto alle 12. Il volo è sempre affascinante, con quella vegetazione che si estende a perdita d’occhio sotto di noi. Un primo atterraggio è in mezzo alla giungla su una pista di terra battuta, ancora più estremo dei precedenti, ma il nostro pilota se la cava benissimo. Lasciamo la famiglia indio che era a bordo con noi e si riparte. All’aeroporto di CB ci aspetta Edwin che ci porta al Laya Real, il nostro albergo di fronte l’aeroporto. Ci da l’appuntamento con un la guida per il mattino dopo per la partenza per il tour al Delta dell’Orinico e ci avverte che dovremmo cambiare accampamento ma quello che ci darebbe è equivalente. Messa così sembra non ci siano problemi e diamo il nostro ok. La stanza non è male e dopo una doccia e un pisolino andiamo a fare un giro per la città. Prima all’aeroporto ma del bagaglio nessuna notizia, poi al centro di telefonia per rifarsi vivi a casa e quindi alla ricerca di un negozio di abbigliamento che sono tre giorni che non mi cambio! Per strada girano scassoni incredibili, macchine enormi che avranno minimo 30 anni e basta attraversare un paio di volte la strada per rendersi conto che i venezuelani in macchina sono dei pazzi! In giro troviamo solo elettrauto, carrozzieri, meccanici, lavaauto, solo al centro, finalmente, c’e’ qlc negozio di abbigliamento e prese mutande e una maglietta torniamo in albergo. Per cena vorremmo andare al Mirador che la guida dice essere un bel ristorantino sul Paseo Orinoco. Usciti non si vede un taxi e partiamo a piedi. La strada inizialmente è illuminata e abbastanza piacevole, con belle villette da un lato e dall’altro. Inizia a scendere la sera e di taxi ancora zero, continuiamo ad andare avanti non più tranquilli come prima…Siamo comunque in Venezuela. Il colpo di grazia alla nostra serenità lo danno le recinzioni di filo spinato o filo elettrico che notiamo proteggere tutte le villette che superiamo. Tanto tranquilla poi questa cittadina non deve essere se le case sono tutte protette come Fort Nox! Le parole si fanno sempre meno frequenti ed il passo sempre più veloce. Le pochissime auto che girano hanno dentro persone che sembrano decisamente poco affidabili e quando ti passano vicino rallentano come a volersi fermare…E il nostro cuore riprende a battere solo quando, per fortuna, proseguono dritti. Ormai siamo in silenzio totale, ansiosi, anzi veramente spaventati e il centro sembra non arrivare mai. E anche quando lo raggiungiamo, col cuore in gola, però, la situazione non migliora. E’ tutto chiuso ed è completamente deserto, fatta eccezione per sparuti gruppetti di persone che ci costringono ad avanzare per il Paseo Orinoco a zig zag cercando di evitarli. Il Mirador è ancora lontano ed allora si cerca un taxi e si torna in albergo! Non passa nessun taxi “regolare” e siamo costretti a prendere il primo “abusivo” che si ferma…Nella speranza che ci porti veramente al nostro albergo. Per fortuna è così. Questa serata da incubo sembra finita!! Per mangiare qlc ci dirigiamo verso il ristorante “Parrilla da Fernando” vicino all’albergo. Quando lo troviamo non ci pare vero di stare finalmente seduti sotto un bel patio e la prima birretta parte in un attimo insieme all’incredibile tensione accumulata. La carne è ottima e ci fanno anche cambiare i bolivares a 3.700 per $, ma non potevamo venire subito qui?! Tornati in stanza, le macchine nel parcheggio di fronte la nostra stanza hanno smesso di sentire le autoradio a tutto volume, e possiamo goderci il meritato sonno.

11 – 13 Luglio: Delta dell’Orinoco 11 Luglio Alle 8.20 arriva il fuori strada dell’Energy Tours da cui scende Jona, la nostra guida venezuelana che parla bene italiano. Fatte le presentazioni, ci porta all’aeroporto per sentire dello zaino, e delle due valigie arrivate in nottata una è la mia! Esco portandolo sopra la testa come un trofeo e anche Ste salta dalla gioia. Il viaggio in macchina sarà molto lungo, oltre 5 ore. Si chiacchiera un po’di tutto: pallone e coppa America, i posti più belli del Venezuela, il prezzo della benzina (che qui costa 2 cent al litro!!). Ci si ferma a Puerto Ordaz per vedere un parco che non è niente di che eccezion fatta per le scimmie che riempiono gli alberi. Ripartiti, dalle indicazioni per strada ci rendiamo conto che non stiamo andando a Tucupita, da dove sarebbe dovuta partire la barca che ci avrebbe dovuto portare all’accampamento, ma verso l’interno. Jona ci conferma che non siamo diretti verso un accampamento sul fiume ma verso il San Andrea, un ranch ad una mezzora dal fiume. Facciamo presente subito il nostro disappunto. Prima di pranzare, sotto un cavalcavia, Jona chiama un indio che ci fa fare un giro in canoa in un breve tratto di fiume. E’ il nostro primo contatto con le popolazioni indigene degli Warao, i più selvaggi tra le tribù indio presenti in Venezuela. Vivono in questa parte di Paese, su palafitte costruite sull’acqua, spostandosi con delle canoe sul fiume. Quando finalmente arriviamo al ranch Jona saluta due cow-boy suoi amici e prenota un giro a cavallo per noi nel pomeriggio. Gli facciamo presente che la sistemazione non ci va bene, che volevamo stare tra le scimmie e i coccodrilli e ci ha portato tra mucche e cavalli. Dice che farà il possibile. Il ranch è bello, ma non è quello che volevamo. Fatta la doccia siamo pronti per il giro a cavallo. I 3 scalmanati iniziano a correre spingendo al galoppo anche i nostri cavalli e io sono in grossa difficoltà. La bestia va dove gli pare, ossia regolarmente in mezzo agli alberi facendomi sfiorare tutti i rami della zona, e non si cura assolutamente delle mie indicazioni. Quando poi dal mio fondo schiena iniziano ad arrivare dei dolori lancinanti mi attacco alle briglie impedendo al cavallo di fare un solo altro passo che non fosse “al passo”. Finisco il giro sudato come se avessi scalato l’Everest e sconvolto come se mi fossi lanciato da un aereo senza paracadute. Tornato in stanza mi ritrovo una piaga che fa spavento, sembro un babbuino, solo le garze curative mi salvano dal dover passare il resto della vacanza bloccato su una sedia. A tavola chiamiamo il responsabile dell’agenzia che ci dice che farà il possibile per spostarci la mattina successiva al Boca Tigre. La cena è buona e nel dopo cena, mentre tutti i signori del posto vedono la semifinale della Coppa America, noi , unici ospiti del ranch, ci divertiamo facendoci una bella serie di sfide a biliardo.

12 Luglio A colazione arriva la conferma che in mattinata partiremo per il Boca Tigre…Con l’acqua fredda, le zanzare e tutte le sue scomodità che però era quello che volevamo. Partiamo verso San Josè de Buja da dove partono i traghetti per l’interno del delta. Al porticciolo ci attende un simpatico signore sdentato ma prima di partire dobbiamo aspettare altri turisti. Facciamo un giretto tra le case coloratissime del paesino e torniamo al molo. L’attesa è lunghissima ma finalmente arriva la barca e si può partire e dopo un paio d’ore si vede il cartello dell’accampamento. Per il giro nella giungla partiremo dopo pranzo. L’accampamento è bello, passerelle in legno e capanne con la classica copertura di palme. Le stanze sono assolutamente spartane ma con bei letti matrimoniali (finalmente!) con zanzariere e candele da accendere quando la sera si stacca la luce. A pranzo scopriamo che le altre turiste, uniche ospiti dell’accampamento oltre a noi, sono qui per girare un documentario sugli indio che sarà la tesi di laurea di una di loro. Quindi noi gireremo da soli e la cosa ci piace. Puntuali, alle 2 si parte, con il motoscafo, noi, Jona e la nostra guida indio. Dopo un breve percorso in un canale ci accostiamo alla riva da dove inizia un percorso tra la fitta vegetazione. La giungla ha un gran fascino. Camminiamo per un ora e mezza, incontrando appena partiti un serpente velenoso (che spaventa anche la guida), e in cui l’indio ci mostra molte cose delle loro abitudini dal mangiare vermi che crescono nei tronchi, alle radici che vengono usate per fare lavori di intarsio (e ci improvvisa una piccola canoa). Ci costruisce un cesto con una foglia di palme come fanno le donne indio quando vanno a raccogliere la frutta, ci mostra il sistema di comunicazione nella giungla attraverso particolari alberi che, se battuti, producono un suono fortissimo e udibile a grandissime distanze e ci fa mangiare il palmito. Sulla via del ritorno facciamo sosta ad un accampamento indio. E’ costituito da palafitte costruite in riva al fiume completamente aperte su ogni lato e con le amache che penzolano al loro interno. Le donne ci mostrano i loro lavori, ed acquistiamo qualcosa, intanto una marea di bambini ci gioca intorno, saltando da un pontile all’altro, si tuffano seminudi in acqua e si rincorrono in una sorta di quattro cantoni. Non è una visita turistica come temevamo, si riesce a cogliere lo spirito di queste persone che vivono in maniera così infinitamente diversa da noi. Aspettiamo che spiova un po’ e ripartiamo per l’accampamento. Dopo cena andiamo a letto…A lume di candela. E di notte le zanzare, nonostante le zanzariere, c’hanno abbastanza massacrato! 13 Luglio La mattina ci svegliamo prestissimo ma purtroppo non si vede nessuna “spettacolare alba”, come avevamo letto, in quanto il sole sorge dalla parte opposta. Dopo colazione andiamo a pesca di pirana. Vediamo i delfini rosa di fiume e ci facciamo un bel bagno nelle acque “cristalline” dell’Orinoco. A pranzo mangiamo i pesci pescati al mattino ed arriva il momento di partire. Durante il viaggio ci imprimiamo bene nella memoria le acque marroni del fiume, la fitta vegetazione sulle sponde e ogni particolare di questo affascinante posto così lontano e così diverso rispetto la “nostra” parte di mondo. Arrivati al molo ci aspetta sempre lo stesso simpatico vecchietto. Carichiamo tutto in macchina e partiamo per il lungo viaggio che ci riporterà a Ciudad Bolivar. Ci arriviamo in serata e alla stazione dei bus c’e’ la solita confusione. Scopriamo che la tratta diretta C.B. – San Fernando non c’e’ e prendiamo i due biglietti per Dos Caminos dove, ci dicono, in un oretta passa la coincidenza per San Fernando. Prima di partire ci becchiamo anche la perquisizione della polizia. Ci mettiamo comodi, per quanto possibile, ed alle 19 partiamo per quello che sarà un viaggio allucinante! 14 – 16 Luglio: Los Llanos 14 Luglio A Dos Caminos arriviamo verso le 4 del mattina. Dos Caminos consiste in un mega incrocio stradale! C’e’ un grosso distributore di benzina, dove riusciamo almeno a far pipì, e 3 grosse strade che si incrociano con, al centro, una specie di casetta in cemento con dentro dei militari. Ci dicono che l’autobus per San Fernando sarebbe arrivato nel giro di un ora, un ora e ½. In realtà, alle 8 passate, dopo più di 4 ore dal nostro arrivo a quell’incrocio, arriva un bus semi scassato, che sembra vada a San Fernando. Siamo gli unici stranieri su questo autobus, comunque simpatico, con una comitiva di ragazzi venezuelani e gli UB40 sparati a palla. Il viaggio è piacevole. Arrivati alla stazione di San Fernando troviamo la solita confusione e per fortuna ci danno una mano dei ragazzi conosciuti alla fermata a Dos Caminos che ci portano al bus per Espargos, che passa davanti a El Cedral il nostro Hato. C’e’ come al solito la musica altissima ma stavolta anche con la proiezione di video di cantantautori venezuelani agghiaccianti, degni di “Mai dire TV” della Gialappas! A Morrocoy, prima fermata, ci fermiamo quasi un ora e dopo 3 h e ½ buone, finalmente, siamo davanti a “El Cedral”. Sono le 3 del pomeriggio e siamo partiti alle 7 di sera di ieri…Fanno 20 ore!! Decisamente il Venezuela non è il caso di girarlo in pulmann!! Viene un camion (da safari) a prenderci e ci offrono una coca cola che ci rimette al mondo. Sulla strada incontriamo subito i capibara visti tante volte in foto. Dal vivo sono carinissimi, dei criceti enormi, con il loro culone che, quando il camion suona per passare spostano solo quel tanto che basta per non esser messi sotto! E con un muso dolcissimo…È amore a prima vista…Nonostante vedremo un sacco di animali resteranno i nostri preferiti! Arrivati all’accampamento con l’idea era di mangiare qlc ed andarci a riposare ma una guida ci viene incontro dicendo che sta partendo con un gruppo per un giro e andiamo con loro. Vediamo tanti uccelli, qualche alligatore che si ripara all’ombra, mucche, capibara…E una marea di zanzare! Purtroppo sarà difficilissimo incontrare un anaconda perché è la stagione delle piogge e c’e’ troppa acqua. A cena conosciamo due ragazzi belgi appassionati di bird watching e decidiamo di trascorrere i prossimi due giorni insieme. 15 Luglio La mattina sveglia all’alba e insieme a Victor, la nostra guida, percorriamo i corsi d’acqua che solcano numerosi quelle pianure, incontrando uccelli, alligatori, capibara, iguana, e coccodrilli dell’Orinoco. Al ritorno all’accampamento c’e’ un bel sole e aspettiamo il pranzo facendoci un bel bagno in piscina e prendendo il sole. Si riparte verso le 3 e ½ col camion e poi si continua a piedi. E sotto una pioggia a tratti molto forte incontriamo mucche, una specie di civetta, un cerbiatto e un alligatore nascosto tra i cespugli. Quando rimontiamo sul camion il sole sta iniziando a scendere e noi partiamo in direzione opposta a quella da cui siamo venuti. Victor non sembra intenzionato a tornare indietro e noi ci godiamo quegli splendidi paesaggi, con nuvole bellissime e la meravigliosa luce del tramonto. Si ha una sensazione stupenda, veramente di libertà, nello stare li in mezzo al nulla ad ammirare l’orizzonte, senza una sola casa a perdita d’occhio. Ormai nella notte, si continua a cercare uccelli (notturni), mentre la strada di fronte a noi si illumina coi fari del camion. 16 Luglio Oggi è il giorno della partenza. Il giro mattutino non è particolarmente emozionante, molto simile a quello del primo giorno, ma c’è un bel sole e un bellissimo cielo azzurro, una bella mattina di relax. Tornati all’accampamento c’e’ il tempo per il drink di saluto e due signori del posto ci danno un passaggio a Mantecal dove aspettiamo il bus che ci porterà a San Fernando. Fatti i biglietti per Caracas finiamo i bolivares e non c’e’ assolutamente nessuno che cambi i soldi, dovremmo pensarci a Caracas. Sul bus i posti sono praticamente tutti occupati, non c’è quasi spazio per camminare nel corridoio, non c’è aria condizionata…Insomma si capisce subito che pure questo sarà un viaggetto duro. Ste finisce vicino a un Venezuelano ciccione e sudato e io ad un anziana con bambino. I sedili non si reclinano, i posti davanti ti spingono sulle ginocchia e trovare una posizione decente è un impresa. Ma tra la signora anziano che mi parla in Venezuelano stretto non curante che non capisca una parola e il cuscino volato in faccia al Venezuelano ciccione, anche se chiuderemo occhio si e no un paio d’ore, il ricordo di quel viaggio è bello.

17 – 24 Luglio: Los Roques 17 Luglio Alle 4.30 arriviamo finalmente a Caracas e appena scesi da bus ci si fa sotto un tassista. La contrattazione del prezzo in dollari (i bol sono finiti) è lunga e alla fine il viaggio per l’aeroporto ci costa 25 $. All’aeroporto ovviamente siamo subito tampinati dal cambiatore di soldi di turno. Dobbiamo prima informarci per il biglietto visto che i nostri sarebbero per il giorno dopo e vorremmo anticipare. Un ragazzo antipaticissimo al banco dell’Aerotuya dice, solo in Venezuelano stretto, che per la mattina il posto ce lo scordiamo, forse sul volo delle 16.30, mentre la signorina più cordiale, ma sempre monolingua, della Transaven ci dice che dovremmo aspettare le 8 per vedere se ci sono posti liberi. Intanto molti Venezuelani ci iniziano a girare intorno come squali. In particolare un signore è il più pressante, tanto che gli spieghiamo un po’ la nostra situazione, e dopo un po’ inizia a dire che stamattina saremmo partiti per Los Roque. Noi non capiamo. Ma poi la cosa diventa chiara, i posti nel volo della mattina dell’Aerotuya ci starebbero se tiriamo fuori, oltre al prezzo dei biglietti, 100 $ a testa. Trattiamo pure sulla mazzetta e a 50 $ a testa accettiamo, che di passare la notte all’aeroporto non ci sembra il caso. Atterrati a Gran Roque, il mare, i pellicani e il fatto di stare finalmente a Los Roque, dopo tante peripezie, nonostante la stanchezza, fanno tornare il sorriso. La prima notte campeggeremo sulla spiaggia, sull’isola di Fransiqui. Prendiamo il permesso di campeggio (gratis), panini e acqua, affittiamo le maschere e tenda (80.000 bol) e siamo pronti per viverci questo posto! Fransiqui è a 5 min di barca e in attimo siamo su una spiaggia di sabbia bianca abbastanza lunga con pochissime persone e un mare celeste turchese molto bello. Ci scegliamo un angolo che ci sembra adattissimo per passarci la notte. E’ il momento finalmente di goderci il mare. L’acqua, che da molto bassa diventa subito profonda, non è caldissima ma immergersi è un vero piacere. Un po’ di sole e inauguriamo la nostra crema protezione 50, che non smetteremo mai di mettere! Andiamo alla scoperta della nostra isoletta, di quella di fronte dove la guida dice essere possibile fare un bellissimo snorkeling. Ci giriamo tutta la baietta con le nostre maschere ma di questo paradiso di pesci niente. Montata la tenda, il sole tramonta di fronte a noi e dopo il panino ci infiliamo dentro. La guida diceva che “a Los Roques non piove mai” e ovviamente, dopo 10 min inizia un acquazzone che non smetterà per tutta la notte! La tenda barcolla ma non molla e noi ci addormentiamo cercando di non farla volare via. Insomma un’altra notte non proprio riposante… Ma sarà l’ultima! 18 Luglio L’alba non è tanto spettacolare ma quel posto la mattina è bellissimo. Andiamo a cercare di nuovo questo paradiso dello snorkeling e con le indicazioni del ragazzo della spiaggia di fronte finalmente la troviamo. In effetti è molto bello, con un piccolo reef con coralli e tantissimi pesci, sembra un po’ Sharm. Il motoscafo che ci riporterà indietro arriva puntuale alle 10 e al porticciolo di Gran Roque ci aspetta Josè della Lagunita per portarci in posada. La Lagunita si presenta molto bene, le pareti sull’arancio e qua e là conchiglie, lampade e pesci appesi (l’acquario virtuale è geniale). Ci accolgono Enrico e Andrea e ci fanno fare subito una bella colazione. Per la gita della giornata scegliamo l’isoletta di Caio Muerto, piccola, dice, ma carina (mai citata nelle guida), che preferiamo a Madrisqui (di cui non avevamo letto tanto bene). Quindi doccia e si riparte. Il motoscafo, superate le due isole vicine più grandi, Franciqui e Madrisqui, naviga in mare aperto fino a che non appare un mucchietto di sabbia in mezzo a quella distesa azzurra. Non crediamo ai nostri occhi quando punta proprio quella mini isoletta. Ci montano l’ombrellone, ci portano il frigo e ci diamo appuntamento per le 5.30. E’ un posto incredibile, i pellicani volano tutti intorno e alla nostra sinistra parte una passerella naturale di sabbia che, rialzata, percorre un centinaio di metri in mezzo all’acqua trasparentissima e arriva ad un piccolissimo isolotto tondo. Uno spettacolo! Stiamo in questo paradiso tutto il giorno, tra mare, sole, e bagni (uno anche con una razza che ci passa in mezzo ai piedi). Ci vengono a prendere un po’ prima del previsto e a lasciare quel posto ci piange il cuore…Ma tanti altri ne vedremo. Arrivati in posada iniziamo a spiegare i nostri programmi ad Enrico: la doccia, un giro per il paese, informarci al diving per le immersioni… Finchè lui, che ci guardava, ci ferma e ci fa “si, ma prima fate merenda”, e tira fuori un vassoio con tanti pezzi di pizza alta al pomodoro e the freddo. E’ allora che abbiamo capito con che spirito andava vissuta quell’isola! Totale calma e relax!! Ci sediamo, prendiamo i nostri pezzi di pizza, il thè freddo e ci godiamo in pieno quel posto incredibile con tutte quelle persone li apposta per viziarti…Alle 19.30 c’e’ l’aperitivo in terrazza e alle 20.30 la cena in cui la cuoca, Mercedes, si supera (e lo farà per tutto il nostro soggiorno).

19 – 24 Luglio Nei giorni successivi la nostra vita sarà assolutamente in linea con il luogo, in totale relax, a goderci tutti i meravigliosi posti dove Ciccio, la nostra guida, ci porterà e che condivideremo con i nostri amici Andrea, Luisa, Maura e Giacomo.

19 Luglio L’isola di Crasqui ha una bellissima spiaggia, lunga 2 km, con taverne per mangiare il pesce. La passeggiata, da dove ci lasciano con la barca fino alla fine della spiaggia (circa 1 h e ½), è stupenda. Nel percorso incontriamo molti più pellicani che persone. Una sabbia rosa ed un mare che va dal trasparente al celeste al blu scuro. Dalla parte opposta c’è un bel posto dove è possibile fare un ottimo snorkeling, per trovarlo basta seguire il sentiero di conchiglie. 20 Luglio Giorno di immersioni. Scegliamo di farle a Boca de Cotè. Avevamo letto essere il posto più bello dove immergerci, e rispetta in pieno le aspettative. Ci andiamo con la nostra bravissima guida Juan Carlos del diving davanti la posada. Facciamo 2 immersioni (80 $ a testa) di quasi un ora l’una vedendo 2 squaletti (uno per immersione), aragoste, delle bellissime murene verdi e poi tanta vegetazione, coralli e pesci, anche più di quelli che ci aspettavamo. E per aperitivo, in posada, ci offrono il rum bevuto alla venezuelana, ossia, come dice anche la pubblicità del papero con limon, azucar e cafè. Ottimo! Lo riproporremo sicuramente a Roma.

21 Luglio Oggi, con il nostro gruppetto affiatato, è in programma un tour. Prima tappa a Boca de Sebastopol, tra le più lontane 45 minuti di barca. Il posto dovrebbe meritare il viaggio e invece è un po’ una delusione. Due isolette piccolissime, non molto particolari, il mare solito, ma i colori non sono tra i più belli che abbiamo visto e il fondale è pieno di conchiglie che fanno male. La secondo tappa è a Caio Medio, un punto bello per lo snorkeling a ridosso anche questo della barriera. In realtà anche questo non è esaltante, ma ci vediamo un barracuda gigante! Diretti verso Caio Sardinia ci diciamo che potrebbe essere una giornata un po’ così così…Ma non sapevamo dove stavamo arrivando! L’isola è piccola, tipo Caio Muerto, e, appena scesi dalla barca, ci accoglie una stella marina gigante. E’ stupenda, sembra finta, ma in realtà è viva e come! e se la tieni in mano ti si attacca coi dentini sotto le braccia. Ad un’estremità dell’isola c’e’ una lingua di sabbia che sembra la coda di un pesce (da cui Caio Sardinia) e tutte intorno, sott’acqua decine di stelle come quella vista a riva, alcune veramente enormi! Saranno le grandi protagoniste delle nostre foto. Ci vengono a prendere quasi alle sei quando ormai ci stavamo organizzando per passare la nottata li, ma nessuno si lamenta del ritardo! La serata, dopo cena, la passiamo in un locale sulla spiaggia, con i puff giganti fantastici, a goderci, con Andrea e Luisa, la bellezza del posto ed il rum che scorre abbondante.

22 Luglio Oggi è il giorno di Caio de Aqua la più bella! A noi sembra impossibile che ci siano posti più belli di quelli già visti ma non mettiamo limiti. Il viaggio in barca è lungo e quando ci avviciniamo alla riva ci rendiamo conto che questo posto non finisce di stupire. Siamo i primi ad arrivare ed il primo colpo d’occhio è mozzafiato. Sono due isole divise da un piccolo stretto attraversabile a piedi, con un mare incredibile, e Ciccio ci dice che dietro l’atra isoletta c’è una spiaggia ancora più bella. L’illusione di essere soli dura purtroppo pochi minuti, una dopo l’altra iniziano ad arrivare parecchie barche che scaricano altri turisti. Partiamo verso la direzione opposta della spiaggia preferita da tutti e ci troviamo in una baietta magnifica con solo qualche barca ormeggiata. Tornati indietro ci suggeriscono di andare a fare lo snorkeling dietro le dune e anche quello è molto bello (ma non ai livelli di Franciqui). E’ ora il momento di attraversare il piccolo stretto e andare a vedere la parte che dovrebbe essere la migliore…O almeno così dicono. E dicono bene! E’ un vero paradiso con un acqua mai vista che da trasparente diventa celeste chiara e poi blu scura con una linea di demarcazione che sembra fatta con una riga. La sabbia è bianca e fine e non c’e’ anima viva per tutto il tratto di spiaggia…È probabilmente il più bel posto di mare che abbiamo mai visto! Ci staremmo un tempo infinito, ma i programmi prevedono di andare a visitare un’altra isola nel pomeriggio. Torniamo all’ombrellone comunque dopo un bel po’, timorosi che i nostri compagni fossero un po’ arrabbiati, ma non è così, la bellezza di quel posto è una giustificazione assolutamente comprensibile per il nostro ritardo. Anzi c’e’ il tempo per un ultimo bagno. Salutiamo quel paradiso e ci dirigiamo verso l’altra isola: Espenqui. Non è male, ha due estremità grandi, una di mangrovie e una di scogli, che si stringono al centro dove c’e’ la spiaggia. Ma nessuna isola può fare troppo bella figura dopo aver visto Caio de Aqua. Dopo poco si riparte e in testa e negli occhi abbiamo solo quel mare celeste che si incontrava con quel cielo blu con in mezzo una sabbia bianco/rosa mossa solo dalle impronte dei nostri piedi…Ed è un ricordo che conserveremo molto a lungo! 23 Luglio Oggi siamo molti di più in barca, sono arrivati nuovi ospiti in posada. Le tappe del tour sono: lo snorkeling a Boca de Cotè che non è niente di che, tanto più per noi che c’abbiamo fatto le immersioni, la palafitta dei pescatori che pure non regala posti nè bagni particolarmente memorabili, la laguna che sarebbe molto bella ma non ci si può fermare e l’isola, ultima nostra destinazione, che è sicuramente la meno bella vista finora (mi sembra si chiami Caio Pelosa o simili). Comunque ci godiamo la giornata tra il sole, i pellicani (tantissimi) e lo snorkeling.

24 Luglio Oggi è l’ultimo giorno, facciamo colazione, paghiamo le uscite in barca (tutte 130 € in due), salutiamo Andrea e Luisa, con la promessa di rincontrarci in Italia, e ci andiamo a godere gli ultimi minuti in terrazza in amaca. Purtroppo in due non ci regge e si rompe facendoci arrivare all’aeroporto quasi in ritardo…E con un gran mal di sedere! Il tempo dell’ultima raccomandazione di una signora del posto di stare attenti e non muoverci dall’aeroporto a Caracas perché, anche tra i due terminal, ai turisti…E si porta le dita a forma di pistola alla testa. In effetti ci eravamo quasi dimenticati di dove fossimo e di che avevamo passato pochi giorni prima! In aeroporto l’attesa del volo passa veloce, giusto il tempo di consumare l’ultimo pasto in Venezuela al fast food con gli ultimi spicci rimasti, e poi si torna a casa…Cercando di ricordare il più a lungo possibile, magari per sempre, le parole che ti accolgono alla Lugunita…”lavorare, lavorare, lavorare… Preferisco il rumore del mare”.



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