Venezia non stanca mai

Ennesimo fine settimana lungo a Venezia
Scritto da: BarbaraCera
venezia non stanca mai

Eccoci qui, per l’ennesima volta, a visitare Venezia!

Questa volta partiamo in treno da Brescia, su Italo: alle 10.00 di sabato mattina siamo già alla stazione di Venezia Santa Lucia.

Acquistiamo (alla cifra di 21 eur/persona) il biglietto giornaliero per l’utilizzo illimitato dei traghetti e la nostra prima tappa sono gli Alloggi Barbaria (Alloggi Barbaria – Hotel 2 stelle, a Venezia – SITO UFFICIALE). Siamo loro ospiti per la terza volta e ci sentiamo di consigliarli – ancora e sempre – per la disponibilità e la pulizia, nonché per l’ottimo rapporto qualità-prezzo e per la posizione.

Fausto, sua moglie ed il loro staff ci accolgono come sempre calorosamente e – consegnati i bagagli – partiamo per i nostri tre giorni di esplorazione!

Primo giorno – Le isole

Avevamo già visitato Murano, Torcello e Burano in occasione della nostra precedente permanenza in città, ma abbiamo voluto tornarci per poter passeggiare un po’ di più.

Soffia un forte vento e cade qualche rara goccia di pioggia, ma il meteo così incerto ha un vantaggio: Venezia non è stracolma di turisti come al solito, ma è piuttosto vivibile!

Cominciamo da Murano, dove ci addentriamo in una zona che conosciamo poco.

Dopo una breve passeggiata, ci troviamo di fronte al principale luogo di culto cattolico dell’isola: è la splendida Basilica dei Santi Maria e Donato (https://www.sandonatomurano.it/), uno dei massimi esempi del cosiddetto “romanico lagunare”, che custodisce al suo interno splendidi mosaici, contemporanei a quelli più famosi della Basilica di San Marco. L’entrata è gratuita con offerta libera.

Sul retro della chiesa, una zona industriale abbandonata sta prendendo nuovamente vita per merito di una riqualificazione spaziale davvero notevole. Rientrati a casa, ci informiamo su alcuni canali ufficiali e possiamo confermare che si tratti di un successo: sul retro della Basilica, è la zona delle Fondamenta San Lorenzo e Calle delle Conterie, considerate zona di archeologia industriale. Le Conterie erano un insieme di antiche fornaci e stabilimenti per la produzione di perline colorate di vetro usate per collane, bracciali ed ornamenti. Oggi l’area è stata in parte recuperata e trasformata.

Pranziamo direttamente in Campo San Donato, presso l’antica Osteria Al Canton (http://www.osterialcanton.com/): fra i vari piatti proposti, segnalo le loro meravigliose sarde in saor.

Dopo una breve sosta per gli acquisti, riprendiamo il vaporetto e sbarchiamo a Mazzorbo, isola meno conosciuta, collegata a Burano da un lungo ponte di legno, chiamato appunto Ponte Longo. È sicuramente un’isola più tranquilla e meno turistica, anche se ospita la celebre tenuta Venissa, famosa per il suo vitigno autoctono. La tenuta è visitabile gratuitamente e dista pochi metri dal Ponte Longo.

Attraversato il ponte, riprendiamo il vaporetto alla volta della bellissima Torcello, la nostra isola preferita. Purtroppo nemmeno questa volta riusciamo a visitare il museo, ma abbiamo la possibilità di passeggiare in questo straordinario luogo che sembra riportarti al Medioevo. La piccola piazza centrale è dominata dalla splendida Basilica di Santa Maria Assunta, che questa volta visitiamo solo esternamente.

Rientrati a Burano, ci perdiamo fra le viuzze colorate, senza tralasciare i tre punti simbolo dell’isola: il suo campanile che pende come la Torre di Pisa, la coloratissima Casa di Bepi Suà ed infine il Ponte dell’Amore, dove una giovane coppia straniera in viaggio di nozze ci chiede di scattarle qualche foto.

Prima di rientrare verso il nostro alloggio, chiudiamo la nostra permanenza a Burano con l’acquisto di alcuni biscotti tipici e con l’aperitivo al LAGUNA BAR, dove ci vengono serviti deliziosi cicchetti al baccalà.

Rientriamo su Fondamente Nove e ci fermiamo subito per una cena veloce in una pizzeria delle vicinanze.

Sono le 22:00 circa quando crolliamo sul nostro comodo lettino, per un lungo sonno ristoratore.

Secondo giorno – Ghetto ebraico e la Scuola Grande di San Rocco

Alle 11:30 abbiamo prenotato la visita guidata al Ghetto Ebraico: è la prima volta per entrambi, che emozione!

Purtroppo il museo è in restauro e le visite guidate ti fanno attualmente entrare in una sola sinagoga, ma nonostante queste limitazioni abbiamo deciso per la visita e non ce ne pentiamo!

Francesco, la nostra guida, è un giovane preparatissimo ed entusiasta, che ci affascina con i suoi racconti.

A partire dall’origine del sostantivo “ghetto” – parola internazionale nata a Venezia a denominare il quartiere ebraico, prima che una discriminazione – che viene da “getto/gettare”, perché l’isola del ghetto era anticamente l’isola delle fonderie pubbliche. Il Ghetto Novo (che – a dispetto del nome – è la parte più antica) si trova in effetti su un’isoletta collegata al resto di Venezia da tre ponti, detti Vecchio, Novo ed il più recente Novissimo.

Francesco ci affascina con i suoi racconti, riportandoci a quando gli ebrei veneziani furono appunto ghettizzati dalla Serenissima e poi liberati dagli editti napoleonici, fino ai tragici eventi riconducibili al nazismo.

Le sue storie hanno anche la dimensione della forza e del coraggio degli uomini singoli, quando si trovano a compiere gesti così straordinari da restare immortali.

All’epoca dell’occupazione nazista, gli ebrei veneziani erano circa 1200 e di essi ne furono deportati 246, dei quali solo in 8 rientrarono dai campi di sterminio.

A salvare quasi mille vite ci fu il sacrificio di Giuseppe Jona, presidente della comunità ebraica veneziana, suicidatosi nel 1943 per non consegnare il registro dei componenti della comunità e per timore di parlare sotto tortura. Aveva 76 anni e questo gesto finale fu l’ultimo di una vita fuori del comune; medico e scienziato, fondò un ambulatorio gratuito per tutti i poveri veneziani.

La sua straordinaria vita è ricordata anche all’interno dell’Ospedale dei Santi Pietro e Paolo, dove aveva esercitato prima di andare in pensione.

Lasciato a malincuore il ghetto, ci fermiamo a pranzo nelle vicinanze, A la Vecia Papussa (http://alaveciapapussa.it/): quest’ultimo sostantivo indica sia la babbuccia che l’organo riproduttivo femminile. Pranziamo proprio in riva al canale e ci sentiamo di consigliare questo locale per freschezza e buon prezzo dei suoi prodotti.

Nel pomeriggio avevamo previsto di visitare le Gallerie dell’Accademia, ma cambiamo meta per la Scuola Grande di San Rocco, perché amiamo il Tintoretto e lo abbiamo già ammirato, l’anno prima, alla Madonna dell’Orto.

Abbiamo la fortuna di imbatterci in una visita guidata gratuita – che si tiene tutti i pomeriggi domenicali alle 14:30 – tenuta dalla preparatissima Maria Antonietta, insegnante in pensione ed appassionata di arte.

Per tre ore Maria Antonietta ci svela tutte le informazioni legate a questo luogo, dove il Tintoretto trascorse ben 24 anni a dipingere il suo ciclo pittorico più famoso.

Grazie ancora, Maria Antonietta!

Sono le 20:00 quando varchiamo la porta della nostra camera, dopo esserci fermati a gustare un aperitivo in un baretto lungo la strada.

Stasera prenotiamo il ristorante più vicino (50 metri dall’alloggio), perché non ci abbiamo ancora mai mangiato: è l’Ostaria Santa Giustina, locale molto bello che propone una cucina tradizionale molto curata.

Un orribile pensiero ci sfiora: domani è già l’ultimo giorno, che peccato!

Terzo giorno – Le chiese 

Oggi avevamo pensato di visitare il Guggenheim ma – dopo aver ammirato il Tintoretto alla Scuola Grande di San Rocco – decidiamo di dedicarci a tre famose chiese, nelle vicinanze della stazione.

Depositati i nostri bagagli presso l’apposito servizio alla stazione di Santa Lucia, la prima chiesa che visitiamo è quella annessa alla Scuola Grande di San Rocco: la Chiesa di San Rocco (http://www.scuolagrandesanrocco.org/home/edifici/chiesa-2/), unica chiesa confraternale veneziana pensata anche come sacrario del proprio santo. La chiesa, rimaneggiata nei secoli fino al suo attuale aspetto esterno barocco, ospita altri preziosi capolavori del Tintoretto, della sua scuola e di altri pittori: fra questi, Giuseppe Angeli ne ha affrescato la cupola.

Pochi passi ci separano dalla nostra seconda tappa: la famosissima Basilica di Santa Maria Gloriosa dei Frari – conosciuta dai Veneziani semplicemente come “I Frari” (https://www.basilicadeifrari.it/) – una delle più imponenti chiese veneziane. L’Assunta del Tiziano – che domina l’altare maggiore – è in restauro ed al suo posto se ne può ammirare una copia.

È in restauro anche il monumento funebre ad Antonio Canova, eretto dai suoi discepoli: per nostra fortuna abbiamo visitato la gipsoteca di Possagno, per cui lo conosciamo! Il Canova stesso lo aveva disegnato per Tiziano, nel 1794: si tratta di una delle più famose opere scultoree neoclassiche. Molto interessante comunque il video che evidenzia le fasi del restauro del monumento.

La facciata è in stile gotico francescano, intendendo con questo aggettivo che lo stile è semplice, senza gli sfarzi delle guglie, dei pinnacoli e degli archi rampanti.

Al suo fianco svetta uno splendido campanile, di stile romanico: alto 70 metri, è secondo solo a quello di San Marco.

Mangiamo velocemente in un bar sul percorso, per terminare la nostra permanenza a Venezia con la terza nonché ultima chiesa di oggi: è la Chiesa di Santa Maria di Nazareth, detta “Degli Scalzi”, vista la sua posizione ai piedi dell’omonimo ponte e proprio di fianco alla stazione ferroviaria dalla quale dobbiamo ripartire (https://www.chiesadegliscalzi.it/).

La facciata è in stile tardo barocco, così come il suo interno, molto opulento. Custodisce anche alcune belle opere del Tiepolo, fra cui la famosa Apoteosi di Santa Teresa.

Il tempo è volato anche oggi … ripresi i nostri bagagli, saliamo in treno, ripromettendoci di tornare quanto prima!

Conclusione

Torniamo a casa tristi e sconsolati, perché Venezia ha tanto da offrire e ci mancano ancora tante attività da fare.

Innanzitutto vedere Venezia all’alba: ahimè, il meteo non ce lo ha permesso, visto che al mattino c’era sempre molta foschia.

E poi visitare le Gallerie dell’Accademia ed il Museo Guggenheim: li conosciamo già entrambi, ma non ci andiamo da molti anni.

Ed infine, un amico ci ha consigliato tre chicche di cui lui è innamorato: la Chiesa di San Simeone Profeta (che ospita un’Ultima Cena del Tintoretto), l’Oratorio dei Cruciferi e la Scuola Dalmata.

Insomma, ce n’è abbastanza per tornare a breve per almeno un altro paio di fine settimana lunghi.

Guarda la gallery
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