Valencia, la Ciudad Encantadora

Coesistono nella città contemporaneità e barocco sembiante, immagine e specchio dei suoi abitanti...
Scritto da: fenice77
valencia, la ciudad encantadora
Partenza il: 15/06/2012
Ritorno il: 19/06/2012
Viaggiatori: 2
Spesa: 500 €
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Coesistono nella città contemporaneità e barocco sembiante, immagine e specchio dei suoi abitanti. Vie immense e poderose rivelano e svelano imprevedibili scorci, arditezze concettose partorite invero da nobili spiriti sognanti, emuli di quel Baltasar Gracian, fenice del gusto, alloro fra i suoi pari, magnifico cortigiano, nonchè indispensabile guida a noi per una città che ammalia, e ammaliando seduce, prodiga di grazie per coloro che fiduciosi volgono a lei lo sguardo.

Il viaggio

Mattino, molto molto presto. Partiamo in macchina, direzione Bologna. Arriviamo che albeggia. Siamo con la Ryanair e l’imbarco bagagli si trova in un edificio un po’ staccato dall’aeroporto, così saliamo su un trenino giallo, un po’ come quello di Gardaland, luminosamente evocativo e davvero buffo. Ci imbarchiamo, ci accomodiamo e l’aereo inizia a rollare. Qualcuno (il mio ragazzo) è nervoso… Cerco di dormire, qualcuno mi disturba; provo a dormire, qualcuno mi parla; tento di dormire, qualcuno mi fissa; mi appisolo e sempre quel qualcuno mi sveglia per chiedermi se sto dormendo; va così per tutto il tempo, risultato: non chiudo occhio e scendo distrutta. Prendiamo la metro fino alla stazione ferroviaria, edificio di un abbagliante stile liberty fiancheggiante la Plaza de Toros. Camminiamo per le calli sotto un sole bruciante, perdendoci e ritrovandoci fino all’albergo. Siamo al terzo piano, solo scale, con bagno comune. Passeggiamo per la Gran Via e trascorriamo la serata tra pub e localini.

Il centro

Colazione alla panaria di fronte all’hotel Russafa a basa di giganteschi croissantes con marmellata a parte, goloso. Visitiamo la cattedrale, prodigioso costrutto di cristallina fattura e le chiese minori smaglianti gioie di concettosa barocca arditezza. Indugiamo nel Bagno del Almirante seguendo la guida che si premura di parlarci in italiano. Si tratta di un antico bagno turco interamente restaurato. Degna di nota la volta, inganno dei sensi, luminoso empireo, scrigno d’astri. Il concetto di cucina tipica valenciana si declina in un’infinita sfilata di pinchos: rondelle di baguette guarnite con passione, nei modi più svariati. Visitiamo il rutilante, odoroso mercato coperto; all’esterno un bar offre la possibilità di farsi cucinare gli acquisti. Assaggiamo l’Agua de Valencia, il cocktail tipico, composto da acqua, spremuta d’arancia e una spruzzata di vino bianco. Da provare? Non saprei, noi non abbiamo gradito molto. Segue la visita al cambio della seta luogo impregnato di stucchi peregrini e ricco di virtuosi scorci.

E’ caldo sotto il sole e nella Plaza de Toros, ombroso all’interno del museo taurino luogo in cui maestosi animali impagliati gareggiano per possanza e fasto con gli sfarzosi indumenti appartenuti a matadores di chiara fama.

Nel luogo in cui si svolge la regata troviamo un trascurabile museo di immagini e suoni. Qui il mare è ventoso, la spiaggia profonda, il caldo assurdo. Bar e localini, chiusi perchè fuori dalla stagione balneare, danno la netta sensazione di essere catapultati in una landa desolata aliena, fortemente estraniante.

Ci muoviamo con la metro. A cena assaporiamo la paella valenciana: un piatto misto di carne, pesce e lumachine. I locali chiudono entro mezzanotte.

Il vero flamenco

Passeggiamo verso l’acquario passando per il parco di Gulliver. C’è un Gulliver gigantesco svenuto, o forse solo addormentato, sul suolo brullo; noi lillipuziani vaghiamo come in sogno sulla sua schiena, lungo le membra, scivolando tra le pieghe degli abiti… Sotto il suo cappello, un Gulliver piccino, è ritratto nella stessa posa.

Il museo oceanografico, pacchetto base, ha un costo di 25 euro a persona. Ci sono uccelli e tartarughine nella voliera, pesci e foche nei padiglioni di superficie, turisti che fanno pasteggiare i pinguini. Percorriamo il corridoio subacqueo, scorgiamo un po’ di pinguini, poi pesci giganti e un altro po’ di pinguini. Assistiamo allo spettacolo di tuffi con delfini, osserviamo gli squali e un altro po’ di pinguini, poi le meduse e una grotta in cui si entra solo carponi murene e pesci tropicali. Entriamo nell’auditorium, tutto è silenzio. Ci sediamo. Pensiamo ad uno schermo ma si tratta di una gigantesca vasca, uno squarcio dell’ecosistema subacqueo del mar rosso. Un continuo muto movimento… All’esterno del museo delle scienze compaiono strani congegni lunari con cui ci si può baloccare e un lungo viale di caramelle giganti simboleggianti gli stati del mondo. Ci fermiamo in un bar in cui promettono cena e spettacolo di flamenco, prenotiamo e torniamo più tardi. Ora, è palese che Valencia non è la patria del flamenco, di fronte ad offerte di simili spettacoli sarebbe preferibile desistere; detto ciò, la cena era ottima.

La paellera

Visitiamo il Museo Nacional de Ceramica y de los Artes Suntuarias Gonzales Marti. La porta d’ingresso, stupore degli astri, è squisitamente istoriata. L’interno contiene carrozze, porte dipinte, suppellettili, un’enorme cucina in ceramica… E’ la giornata de los concertos, realizzata con la collaborazione del conservatorio di Valencia. Ogni luogo risuona di musica. Sinfonie sfumano e si dipanano avvolgendo sale, androni, scale, dissolvendo e ricreando infiniti percorsi sensoriali di sconvolgente trasognante beltà.

Trascorriamo il pomeriggio nell’orto botanico universitario, luogo di un’esposizione temporanea di opere realizzate in materiali naturali biodegradabili che si confondono, integrandosi armonicamente col paesaggio.

Sono spossata sotto il peso della pentola per paella che mi porto in giro da ore, così ci rilassiamo su una panchina, tra fondali di bambù giganti, ad annusare fiori.

Ceniamo in un localino del centro con un po’ di pinchos e tanto vino. Emilio è triste perchè ha i piedi a pezzi e mi fa il broncio, passeggiamo. Assaggio uno yogurt con pezzi di frutta scelta e ho una visione… estoy feliz! Giro estasiata fiancheggiata da un musone. Terminiamo la serata alla lambruscheria, la proprietaria italiana si intrattiene un po’ con noi parlandoci dell’attuale situazione spagnola.

Un volo con un destino

(E’ quello che si legge sui cartelli d’imbarco all’aeroporto, da pensare…)

Facciamo il punto: continuiamo a perderci, privi di punti di riferimento dato che non ci sono orari fissi di apertura/chiusura per gli esercizi commerciali; non desta altresì alcuna sorpresa quando non riusciamo a far colazione in centro perchè è tutto serrato o perchè i camerieri sono talmente lenti da spazientire gli animi più calmi, quindi prendiamo la metro e poi l’aereo. A Bologna prosegue il travagliato rientro. Spendiamo prima 6 euro a testa per il pullman che ci porta in stazione, poi altri 7 euro per il treno fino a Reggio, quindi ancora una lunga attesa per raggiungere casa.



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