Valencia, il ritorno alla spensieratezza
Partirò dalla fine di questo soggiorno a Valencia: oggi, 16 aprile 2014, mi trovo a scrivere questo diario in totale relax seduta sull’erba del Jardì del Turia, di fronte al Palau de la Musica, il tratto del parco da me preferito. Il Jardí del Turía, con i suoi 110 ettari di estensione, é il giardino pubblico piú grande della Spagna ed uno dei maggiori in Europa. É un serpente verde di 8 km che attraversa Valencia, dalla Cittá delle Arti e delle scienze sino a raggiungere il Bioparco, all’estremitá nord della cittá. Da questa rigenerante oasi verde riavvolgo il nastro del nostro film di Valencia, pieno di momenti estremamente intensi e piacevoli, tutti accompagnati da un clima invidiabile e da una luce del cielo meravigliosa, difficile da ritrovare nelle nostre cittá del nord Italia. Alzando lo sguardo e guardandomi intorno, devo dire che provo un po’ di sana invidia per la qualitá di vita dei cittadini valenciani: il Jardì del Turia é uno spettacolare progetto pensato e progettato dal Comune per dare la possibilitá ai valenciani di fare sport, jogging, passeggiate in bicicletta, realizzare attivitá all’aria aperta, o semplicemente rilassarsi sul prato usciti dal lavoro. Ma poi mi chiedo: se vivessi qui riuscirei ad apprezzare ugualmente le opportunitá che potrebbe offrirmi questa cittá oppure percepisco tutto quello che mi circonda qui “come bello” in quanto vacanziera, distante oltre mille chilometri dalla mia routine quotidiana?
Ma torniamo a noi, non c’è solo il Turia, sono tanti e tutti incantevoli gli spazi verdi di Valencia: il “Jardin de la Glorieta” é un piacevole angolo in pieno centro dove fermarsi a fare una pausa ammirando i magnifici alberi di magnolia secolari. Il “Jardin de Cabacera” invece è il tratto iniziale del Turia, in prossimitá del Bioparco, raggiungibile in bicicletta. E poi ecco un vero e proprio gioiello impressionista avuto in dono da un’amica di un’amica, il “Jardin de Monfort”, un piccolo giardino ornamentale sconosciuto ai più, un susseguirsi di statue, laghetti, sorgenti e viottoli davvero molto suggestivo. Valencia ha un carattere estroverso, la vita è nelle strade, nelle piazze, sui gradini delle Chiese, nei caffè affollati a tutte le ore. Me ne sono accorta subito, quando il 12 aprile ho messo piede per la prima volta in placa Ayuntamiento (piazza del Comune), la più istituzionale e meno festaiola tra le piazze cittadine, ma non per questo meno affascinante ed affollata di gente. Questa piazza mi ha subito colpito per i suoi colori: il bianco dei maestosi palazzi, l’azzurro intenso del cielo, il verde delle palme ed il rosa del pavimento di marmo lucido. Placa Ayuntamiento si trova proprio a due passi dal nostro Hotel Sweet Continental, scelta veramente azzeccata sia per la comodissima posizione, sia per l’estrema gentilezza del giovanissimo staff.
Da questo luogo è cominciata la vera e propria scoperta della città e del suo centro storico. Mi sono sorpresa di quanto siano ravvicinate le distanze tra le principali attrazioni, tanto da rimanere incredula nel ritrovarmi in pochissimi minuti da una piazza ad un’altra che dalla cartina parevano molto più distanti. Ecco quindi arrivati in pochi minuti in placa de la Reina, la più importante di Valencia, sulla quale si affaccia la porta barocca della Cattedrale con a fianco la torre del Miguelete. E via che saliamo con 2 euro i 200 gradini della torre per ammirare il bel panorama della città, ritrovandoci poi, una volta giunti in cima, nel bel mezzo di un allegro rinfresco di una comitiva tedesca in attesa del rintocco delle campane che puntualmente arriva in maniera assordante. Qualche centinaio di metri e ci ritroviamo in placa de la Virgen, la più bella di Valencia, completamente pedonale, il vero cuore pulsante della città, luogo di incontro di tantissimi valenciani che amano chiacchierare senza fretta nei tavolini all’aperto o sulla gradinata che la circonda. Bella la fontana al centro che consente di scattare suggestive fotografie catturando il riflesso nell’acqua dei monumenti che si affacciano sulla piazza. Una curiosità: in questo luogo, di fronte alla porta degli Apostoli della Cattedrale, ogni giovedì a mezzogiorno si riunisce il Tribunal de las Aguas per regolare i conflitti tra i contadini che utilizzano i canali d’irrigazione della campagna valenciana.
Aguas che non è da confondere con l’agua de Valencia, un dissetante cocktail a base di champagne, succo d’arancia, vodka e gin consumato in una bellissima serata trascorsa al Bar Los Picapiedra in calle de Caballeros, animatissima via del Barrio del Carmen, a due passi da placa de la Virgen. Una buona idea potrebbe anche essere quella di rimanere seduti al banco per “farsi” un chinto e tapas (birra da 200 ml ed una tapas a scelta per 1 euro).
E’ qui che Valencia vive di notte: da calle de Caballeros si può partire per un tapas-tour tra placa del Negrito, placa Doctor Collado (dove merita menzione El kiosko, locale nel quale abbiamo gustato ottime patate “alla povera” seduti al centro della piazzetta in totale benessere alle ore 22 di un giorno di aprile… ma che fantastico clima c’è!). Nel week end il quartiere è pieno di vita, molto meno la domenica sera: immagino che anche i valenciani avranno “voglia di casa” nella serata più malinconica dell’intera settimana! Assolutamente da provare l’aperitivo al Tasca Angel (carrer de la Purissima, sempre nel Barrio del Carmen), minuscolo ed affollatissimo locale-istituzione di Valencia nel quale in un clima di condivisione ed amicizia si possono gustare al bancone delle fantastiche alici.
Tasca è semplicemente la denominazione del locale dove si possono consumare le tapas, che si dice siano le antenate iberiche dei nostri modaioli aperitivi. Anche se, osservando con attenzione il modo di frequentare i tapas-bar dei valenciani, ho notato differenze con i nostri happy hour o aperi-cene. Da noi l’aperitivo è quasi uno status symbol, un’occasione da non perdere per far notare la propria presenza nei momenti che contano, più un modo di apparire che di socializzare. In Spagna invece “fare tapas” é profondamente radicato nella cultura e nella tradizione: abituati a cenare molto tardi, gli spagnoli riescono a far coincidere la necessitá di calmare l’appetito usciti dal lavoro con la voglia di stare insieme, chiacchierare e fare nuove conoscenze.
Con il racconto torno a placa de la Virgen che si collega con un’altra piacevole piazza, placa de l’Arquebisbe. Quando riesco fotografo le persone, i volti, un po’ meno i monumenti. Ricordo con molto piacere anche placa del Patriarca, altro angolo ideale per una siesta stando seduti ai bordi dell’omonima fontana.
Ho molto apprezzato le visite mattutine al Mercado Central nei giorni feriali, con l’immancabile degustazione delle coppe di frutta fresca (ananas e fresa) o succo di arancia appena spremuto. Sono circa 950 le bancarelle che propongono frutta, verdura, legumi, uova, carne e pesce. Di qualsiasi prodotto alimentare tu abbia bisogno, al Mercado Central lo trovi. Rispetto al cugino di Barcellona, più “confezionato” a misura di turista, il mercato di Valencia appare molto più autentico, frequentato quasi esclusivamente da persone del luogo. Mentre passeggiavo su e giù per le corsie mi immaginavo di essere una cittadina valenciana “alla ricerca dell’ingrediente perduto”: quanto adoro luoghi come questi! Ricorderò la verdura secca servita in sacchettini a mò di snack, deliziosa!
Abbiamo visitato anche il Mercado Colon, poco fuori dal centro storico, oggi spazio coperto concepito per l’organizzazione di mostre ed eventi. Rispetto al passato ha acquisito un rinnovato fascino modernista ma ha completamente perduto l’aspetto interno originale che lo contraddistingueva. Bellissima l’architettura delle due facciate. Merita una visita anche l’atrio de la Estacion del Norte, con accanto placa de toros che non mi ha certo affascinata.
Non dimentico invece la suggestione del Palacio del Marques de Dos Aguas illuminato dalle prime luci del giorno (oggi sede del museo della ceramica), lungo la via che percorrevamo ogni mattina per recarci a far colazione alla cafeteria Granier (carrer de Sant Vincent Martit), divenuta poi pasticceria di fiducia per l’intera vacanza. Dos pan tostado con mermelada de fresa, cafes con leche e croissant ad euro 4,60, veramente onesto. Tavolini all’aperto e tostada superlativa hanno rappresentato davvero un’accoppiata vincente! Ah, mai ordinare un cappuccino ma sempre e solo cafes con leche, il prezzo è molto diverso! La nostra esperienza alla Ciucad de les artes y las ciencias non ha previsto il turistico ingresso nei musei (probabilmente interessanti ma con troppa fila all’entrata), ma si è limitato alla circumnavigazione delle futuristiche architetture, scattando qua e lá fotografie che speriamo riescano a rendere merito alla particolaritá di questi edifici. Passeggiare in questa cittadella è indubbiamente molto appagante: gli architetti hanno saputo creare scorci straordinari, grazie anche al forte contrasto di colori tra l’azzurro degli specchi d’acqua ed il bianco del cemento.
Da non perdere assolutamente l’Umbracle, una passerella panoramica arricchita da stupende piante ornamentali, dalla quale si può ammirare da una prospettiva diversa l’insieme degli edifici, dei laghetti e dei sentieri del complesso delle arti e delle scienze. La Ciudad si raggiunge abbastanza comodamente dal centro di Valencia con una passeggiata di una ventina di minuti attraverso il Parco del Turìa.
Ed ora finalmente un po’ di mare. Lasciata alle spalle la Ciudad ci dirigiamo ora, sempre rigorosamente a piedi, verso la plaja de Las Arenas, la più importante della cittá, passando per il porto dell’American’s Cup, oggi desolante scheletro di quello che rappresentò nel 2007. La spiaggia è molto lunga, sembra non arrivare mai al mare. Il lungomare, come quello di Barcellona, é pieno di palme e ristorantini turistici, anche se, bisogna ammetterlo, la Barceloneta esprime un fascino diverso. Ottima la paella vegetariana gustata in uno dei locali sulla spiaggia (eur 23 in due).
Il nostro tour a questo punto prevede una fugace incursione nel barrio marinero del Cabanyal, coloratissimo quartiere ormai in totale stato di abbandono. Un tempo borgo di pescatori, oggi zona della città sacrificata dall’amministrazione locale sull’altare dell’espansione edilizia che dovrebbe prevedere, al posto delle pittoresche casette, la costruzione di moderne strutture alberghiere in riva al mare. A questa decisione si sono opposti gli abitanti del quartiere fondando la Plataforma Salvem El Cabanyal, associazione che lotta da quindici anni in modo pacifico, non convenzionale e con mezzi legali per la salvaguardia delle proprie case. Oggi il Cabanyal é frequentato prevalentemente da urlanti gitani.
Ritorniamo in centro attraversando il quartiere universitario che si affaccia sull’avenida de blasco ibanez, senza provare particolari emozioni. Gli edifici universitari sono freddi e moderni palazzoni posti a lato di questa larghissima e trafficatissima arteria stradale.
Il giorno seguente affittiamo le biciclette direttamente dall’hotel (eur 9 al giorno) e decidiamo di esplorare il tratto di mare a sud rispetto al porto. Valencia è una città a misura di ciclista, attraversata in lungo ed in largo da comodissime piste ciclabili che hanno la precedenza su tutte le altre vie di comunicazione. Prima percorriamo tutto il Turia sino al Bioparco, poi scendiamo sino alla Cittá delle Scienze ed imbocchiamo una ciclabile che, prima di arrivare al mare, attraversa un’anonima zona di campagna poco distante dal porto.
La zona marittima di Albufera è in stile retrò, frequentata quasi esclusivamente da locali. Fa parte di un parco naturale protetto con all’interno un grande lago d’acqua dolce separato dal mare da una sottile striscia di sabbia. La superficie del parco è occupata soprattutto dalle coltivazioni di riso grazie alle quali è divenuta famosa in tutto il mondo la paella, il tipico piatto valenciano. Al contrario di playa di Las Arenas, qui ad Albufera l’italiano non lo si sente mai parlare. Abbiamo pranzato in un ristorantino sul mare denominato El Veliero, scaldati da un piacevolissimo sole d’aprile. Il lungomare é pieno di gente.
Vivo, eclettico, cultutale e non scontato è il quartiere Ruzafa, a sud del centro storico, al di fuori dei soliti itinerari turistici. Molte guide nemmeno lo citano ma in realtà è il quartiere più trendy della città, luogo d’incontro dei valenciani alternativi che amano chiacchierare nei numerosi caffè delle sue intricate stradine. Molto piacevole la birretta Ahlambra bevuta all’Ubik cafè (veramente un locale carino, un mix tra ludoteca, libreria e caffetteria) che ha preceduto la migliore cena vegetariana della mia vita al ristorante Copenaghen, proprio di fronte all’Ubik in carrer del Literato Azorin. L’ambiente di questo locale è fashion e molto ricercato, i piatti sono di grande effetto con un abbinamento di sapori superlativo.
Ecco, questa è stata la nostra Valencia.
Il giorno della partenza, prima dell’ultimo momento di relax al Turìa tra le palme e le fontane, abbiamo finito la vacanza nello stesso modo in cui l’abbiamo iniziata, ossia gustandoci l’ottimo yogurt della yogurteria sulla carrer de Sant Vincent Martit, poco prima della pasticceria Granier. Il frullato con l’acaja (frutto brasiliano dal colore cioccolato) è stata una gran bella scoperta!
Cosa avrei ancora voglia di fare qui a Valencia? Vorrei fare jogging al Turìa calcolando il percorso effettuato contando i ponti che lo oltrepassano, vedere una partita di calcio al Mestalla, leggere un libro sulla torre del Miguelette, trovare le risaie nel parco dell’Albufera, ma forse il mio più grande desiderio è rimanere, come in queste bellissime giornate, con la testa leggera.