Uzbekistan… Il mondo dove finirà mai?

Sono partito seguendo il cuore o forse solo inseguendolo e mi sono perso nelle bellezze di un paese che fino a poco tempo prima non sapevo neanche dove fosse collocato. Finalmente ferie, dopo tante peripezie e tanta stanchezza riesco finalmente a partire. Il mio viaggio è iniziato molto prima della partenza in sé per sé, ho dovuto affrontare il...
Scritto da: Alex Il matto
uzbekistan... il mondo dove finirà mai?
Partenza il: 30/12/2002
Ritorno il: 16/01/2003
Viaggiatori: da solo
Spesa: 500 €
Sono partito seguendo il cuore o forse solo inseguendolo e mi sono perso nelle bellezze di un paese che fino a poco tempo prima non sapevo neanche dove fosse collocato. Finalmente ferie, dopo tante peripezie e tanta stanchezza riesco finalmente a partire. Il mio viaggio è iniziato molto prima della partenza in sé per sé, ho dovuto affrontare il “problema” del visto per ingresso in questo paese alla fine del mondo… Il 29 dicembre scorso ero all’aeroporto di Roma dove (grazie a due persone straordinarie) finalmente ricevevo il mio passaporto con il visto per l’ingresso in Uzbekistan. Per arrivare a Tashkent son costretto a fare tappa a Mosca, dove avrei dovuto aspettare solo sei ore per raggiungere la destinazione finale. Avrei è ancora un termine un po’ troppo generoso… Per problemi ancora non noti il mio volo è partito ben 13 ore dopo… Tredici ore aspettate nel vuoto aeroporto moscovita. Siamo in due ad aspettare la “coincidenza” per Tashkent, il mio compagno di viaggio è un ragazzo americano che per circa 13 ore non ha fatto altro che ripetere Bulls… e chissà quale altra bestemmia in americano… Era vittima di una delle mie più grandi paure aeroportuali: lo smarrimento della valigia! Il nostro aereo sarebbe dovuto partire alle 22.00 del 30 dicembre, alla mezzanotte ci si rende conto che la partenza in orario è solo utopia, intanto fuori nevica e ci sono meno 25°… Unica nostra compagnia sono 6 ragazze Moscovite che lavorano nell’aeroporto con mansioni ancora ignote… Sono in un ufficio in abiti borghesi con le pantofole ai piedi e festeggiano il compleanno di una di loro, fanno breccia nella nostra disperazione offrendoci un bicchiere di spumante e qualche mandarino. Li accettiamo, ringraziamo e chiediamo se del nostro volo si sa qualcosa, ci dicono che per colpa della neve e del cattivo tempo il nostro aereo non è neanche arrivato a Mosca. Vorrei dormire ma il nervosismo è davvero troppo. L’occasionale compagno di viaggio dorme già da un po’ ma è sicuramente meglio così… Dopo estenuanti attese arrivano le 5 del mattino, la sala di attesa è invasa da un centinaio di persone e veniamo svegliati dall’irruenza di questa inaspettata ondata. Iniziamo a pensare che si riesca finalmente a partire e forse ci siamo. Mi alzo e mi metto in coda al check-in, saluto le gentilissime ragazze e sorrido, Tashkent sto arrivando! Macchè! Al check-in c’è una nerboruta signora che controlla un rudimentale metal-detector, i miei piercing suonano, son costretto a sbottonare la camicia per passare ed incontrare il suo sguardo inorridito… Ma serve per passare e con soddisfazione raggiungo un’ulteriore sala d’aspetto. La gente mi guarda, si vede così tanto che non sono russo? I miei lineamenti da Siriano-Libanesi stuzzicano la loro curiosità. Sono Italiano… Ah! Italiano! Spaghetti, Pizza, Mafia, Celentano! Beh, qualcosa del genere… Si avvicina una coppia di ragazzi, lei parla italiano e mi dice che Cementano è un cantante eccezionale, apro il mio zaino e le regalo un cd di Guccini e la invito ed ascoltare “Autogrill”… Mi ringrazia, mi fanno compagnia per le successive due ore. Finalmente si sale sull’aereo passando per i –30° del mattino moscovita, la testa scoppia, in aereo mi abbatto, mi addormento, mi sveglio dopo un’ora ma non vedo cielo fuori ma solo l’aereoporto, siamo ancora fermi ma finalmente si parte.

Quattro ore di volo, solo la passerella mi divide da Tashkent, faccio una fila immane per uscire dall’aeroporto ma prima di farlo devo compilare una dichiarazione su un prestampato di tutti i miei effetti personali (quelli di valore) per poi finalmente respirare l’Uzbekistan. I miei amici mi accolgono all’esterno ed io ancora un po’ stordito li seguo. Mi accomodo in un’auto che mio padre avrebbe giudicato vecchia e mi abbatto sul sedile guardando incredulo il panorama. C’è neve sul ciglio della strada ma si sta bene, i palazzoni in stile Comunista sono da cornice a strade enormi e vuote, non ci sono tante auto in giro. Oksana fa accostare l’amico autista e mi dice che oggi è un giorno speciale e che quindi devono fermarsi al Bazar a prendere qualcosa. Vorrei seguirla ma è già scesa, resto in auto a parlare con il mio nuovo amico. Il Bazar, si. Non ci sono supermercati a Tashkent. L’attività commerciale si svolge attorno e dentro i Bazar, grandi mercati d’altri tempi. Si va a casa, conosco la famiglia di Oksana ed è già festa, sono 14.30 ora locale, le 11.30 italiane, tutti intorno al tavolo e si dà fondo a due bottiglie di vodka locale mangiucchiando lipioska (pane locale) ed altro. Mezzo sbronzo saluto la mamma di Oksana e la sorellina, io e la mia ragazza crolliamo sul letto. Mi dice di riposarmi poiché oggi è l’ultimo dell’anno e si festeggia. Ci svegliamo dopo qualche ora, fuori l’aria è più fredda, mi vesto, mi guardo allo specchio e mi sembro Morpheus (Matrix) ma dovrebbe andare bene per la fredda notte. Non abbiamo l’auto, come fare? Nessun problema, fermiamo la prima auto per strada, contrattiamo il prezzo del trasporto ed abbiamo già assunto un autista. Lo spostamento dura circa venti minuti, la casa degli amici è piuttosto lontana ma arriviamo verso le 22, pago la corsa all’autista ma non ha il resto di 1 dollaro, glielo lascio e mi ringrazia augurandomi un buon anno. Andiamo dagli amici che evidentemente non ci aspettiamo, Oksana mi presenta a questa famiglia numerosissima. Sono la novità, mi offrono da mangiare e bere e mi chiedono di parlargli di me e dell’Italia, la Terra Promessa. La loro compagnia è bella, sincera, non hanno tanto, il lavoro è poco e paga di meno ma danno più di quel che hanno. Sono un popolo ospitale e sono sinceri, non rimpiango neanche per un attimo di essere lontano migliaia di silometri dalle luci e dallo sfarzo occidentale. Continuiamo a bere vodka e un’altra bevanda alcolica distillata dal capofamiglia. Io mi chiedo come farò ad arrivare al 16 di gennaio… Si torna a casa, il Capodanno Uzbeko non è nient’altro che il bellissimo stare insieme alla famiglia e agli amici. A casa ci raggiungono altre persone, la novità Italiana incuriosisce tutti i presenti ed io con il mio rudimentale parlar russo riesco a farmi capire. I giorni seguenti sono stati continue novità, la città è ospitale, la gente mi guarda stupita. Mi rendo conto di essere entrato pienamente in questa realtà, sono circondato da Russi Sovietici dai classici lineamenti conosciutissimi anche da noi e dai Russi Uzbeki dai lineamenti più orientali. Un grosso contrasto in un paese Musulmano che accoglie senza problemi la minoranza Ortodossa. Nei bazar mi fermano chiedendo a me e ad Oksana se io sia straniero, magari un cantante o musicista in qualche rock band. Il mio aspetto forse induce a pensare questo, orecchini, occhiali da sole, abiti in pelle… Non voglio negare ancora una volta le loro idee ed allora mi fingo ottimo amico di Cementano, mi chiedono di salutarlo ed io sorrido, mi chiedono se conosco anche Toto Cutugno, mi canticchiano “L’Italiano”, io quasi piango dall’emozione. No, con Cutugno ci si conosce ma solo di vista. Adesso andiamo, Oksana ride divertita da queste innocenti bugie che per qualche attimo han fatto sorridere un amante della musica Italiana all’estero… Anche le discoteche son diverse dalle nostre, il prezzo è alto rispetto al tenore di vita locale (circa 30 dollari mensili quelli che stanno meglio), insisto per pagare tutte le spese, diversamente tante cose sarebbero state impossibili. In discoteca ci saranno non più di un centinaio di persone ma mi garantiscono che c’è il pienone, l’ottanta per cento delle persone sono ragazze, bellissime e curatissime ragazze. I restanti sono ragazzi dal modo di vestire un po’trasandato ma evidentemente non entrano in discoteca con l’italiana mentalità della conquista femminile. Il Deejay ci saluta come fossimo di casa e mi chiede se sia Russo, rispondo che sono Italiano, un Latino-Meridionale D’Oc… Sorride e mi dice di aspettare il prossimo disco. Si balla su Tiziano Ferro, cantante amato qui in Uzbekistan. Ringrazio nel mio miglior russo e ordino qualcosa da bare. La birra (Piva) qui è molto dolce (slutky) e chiedo al cameriere se ci siano birre estere. HEINEKEIN (Fresh is better). Oksana e l’altra amica mi guardano male, mi dicono che è molto costosa… In effetti non hanno torto, circa 1 dollaro e mezzo a bottiglia… Crepi l’avarizia e beviamo una vera birra! I giorni son passati velocemente, una visita alle chiese Ortodosse e alle moschee Musulmane, musei che ricordano la memoria della maestosa Unione Sovietica e mercatini dove si vendevano cimeli della Gloriosa Armata Rossa. Ogni tanto qualche problema con la polizia, ogni qual volta venivo riconosciuto come cittadino Italiano venivano richiesti documenti impensabili che altro non erano che richieste velate di “tangenti”. Siam riusciti ad evitare il sequestro di una patente per guida in stato di ebbrezza con 10 dollari, in Italia sarebbe costato un po’ di più… Consiglio un viaggio in Uzbekistan, una nazione ai confini del mondo, sicuramente indescrivibile. Ho visto la fame e la voglia di qualcosa di migliore negli occhi delle persone che mi han dato molto di più di quel che avevano, persone che anche solo con la loro presenza hanno reso ai miei occhi questa esperienza Straordinaria… L’aereo per il ritorno solo una formalità, il viaggio non è ancora finito…



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