Usa wedding

INTRO: Coast to coast, On the Road, Hawaii, Manhattan e la Grande Mela …… E ancora: Grand Canyon, Las Vegas, Hollywood, Niagara Falls, ecc…. Termini e luoghi che spessissimo abbiamo sentito nominare e hanno affollato il nostro immaginario. Sino ad oggi li abbiamo conosciuti e ci hanno affascinato solo attraverso i media, ma il sogno...
Scritto da: ilaser2
usa wedding
Partenza il: 09/07/2007
Ritorno il: 05/08/2007
Viaggiatori: in coppia
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INTRO: Coast to coast, On the Road, Hawaii, Manhattan e la Grande Mela … E ancora: Grand Canyon, Las Vegas, Hollywood, Niagara Falls, ecc…

Termini e luoghi che spessissimo abbiamo sentito nominare e hanno affollato il nostro immaginario.

Sino ad oggi li abbiamo conosciuti e ci hanno affascinato solo attraverso i media, ma il sogno di poterli vedere con i nostri occhi finalmente si è avverato (abbiamo dovuto sposarci per poter avere un mese di ferie, ma tutto ha un prezzo…)! Al posto di un viaggio di nozze super coccolati su un atollo (come propinato e rifilato un po’ a tutti), ecco la nostra personale ricetta per un viaggio alla scoperta degli USA: 28 giorni, 6000 km in auto, 9 stati, 9 voli in aereo, 2 voli in elicottero, 3 auto, tanto correre, moltissima curiosità, un filino di incoscienza, un pizzico di inglese maccheronico, esagerato entusiasmo, totale autonomia e libertà …Per una favolosa esperienza ed un viaggio indimenticabili! PREPARAZIONE DEL VIAGGIO: BIGLIETTI E HOTEL DA WWW.EXPEDIA.IT O SITI INTERNET DEI SINGOLI HOTELS.

VOLO INTERNAZIONALE CONTINENTAL AIRLINES VOLO NEW YORK-BUFFALO US AIRWAYS VOLO HONOLULU/KONA A/R ALOHA AIRLINES NOLEGGIO AUTO WWW.THRIFTY.COM MAPPE GARMIN NAVIGATION SYSTEM E CARTINA WEST USA DI WORLD CART STUDIO F.M.B. BOLOGNA + MAPPE DISTRIBUITE DA HOTELS E VISITORS CENTERS VARI.

GUIDE EDT LONELY PLANET NYC E STATI UNITI OCCIDENTALI NESSUN VACCINO, SOLO FARMACIA DA VIAGGIO PASSAPORTO: OBBLIGATORIO A LETTURA OTTICA,IN REGOLA CON I BOLLI, NESSUN LIMITE PER IL VISTO PER CUBA (E’ UNA LEGGENDA METROPOLITANA!!!).

ANCHE LA MARCA DA BOLLO NUOVA VA TIMBRATA ED ANNULLATA, ALTRIMENTI CONTINUA AD ESSERE VALIDA ANCHE SE RIPORTA STAMPIGLIATA LA DATA DI EMISSIONE.

PARCHI NAZIONALI WWW.NPS.GOV CONVIENE FARE LA TESSERA NATIONAL PARK PASS COSTO TOTALE PER 2 PERSONE GADGET E TENOLOGIE COMPRESI: 10.200,00 EURO …E MENO MALE CHE IL DOLLARO OGGI E’ BASSO! CONSIGLI: OVUNQUE SIATE CERCATE SEMPRE NEGLI ALBERGHI O TOURIST OFFICE I COUPON, A FINE VACANZA TRA SCONTI QUI E LA’ ABBIAMO RISPARMIATO UN BEL 200 USD! ANCHE SIETE IN DUE E TROVATE CAMERE SOLO CON QUEEN SIZE (SINGOLO IN TEORIA) NON PREOCCUPATEVI, BASTA E AVANZA! I LETTI KING SIZE SONO ENORMI! CI PUOI DORMIRE ANCHE IN ORIZZONTALE A LAS VEGAS FA UN CALDO MODELLO PHON, IL GIORNO E’ TREMENDO! DORMITE QUINDI FINO A TARDI LA MATTINA, GODETEVI LA GIORNATA IN PISCINA O IN UNA SPA E LA SERA FINO ALL’ALBA VIVETE “SIN CITY” TRA CASINO’, RISTORANTI, NEGOZI DI FAMA, SPETTACOLI…INSOMMA LAS VEGAS CON TUTTE LE SUE ESAGERAZIONI, MERAVIGLIE, PACCHIANATE ED OSCENITA’ COME UN GRAN CARNEVALE QUOTIDIANO.

Pianificare un volo di ripartenza da Buffalo il giorno successivo, ma nel tardo pomeriggio vi permetterebbe di scegliere per il pernottamento un’hotel canadese (molto più bello di quelli USA a Niagara falls). Oppure potete scegliere di atterrare all’aereoporto di Toronto e non di Buffalo.

Non ho ancora capito perché, ma sulle freeway non ci sono distributori di benzina, dovete farla fuori! Inoltre a Los Angeles nelle ore di punta vi conviene programmare il GPS su “escludi freeway”, la struttura dei boulevard che tagliano la città da est a ovest dopo un po’ diventa di facile comprensione e c’è meno traffico che sulle freeway.

pagare in contanti è praticamente vista come un’assurdità, viaggia tutto con carta di credito e la firma va apposta con una penna ottica, wow! Negli alberghi la chiedono sempre al check in creando un impegno come garanzia. Cercate quindi di partire con un massimale alto (io ho 5mila, il maritino idem), altrimenti se l’impegno non viene cancellato subito restate a secco di quattrini! Per le bibite è difficilissimo trovare acqua minerale, se chiedi Water ti danno un intruglio tipo acqua tonica. Se vi va bene trovate e va molto di moda la San Pellegrino che costa come il Moet et Chandon! Vi abituerete a comprare mineral Water al market, a pagarla più della coca e vi uniformerete a bere Diet Coke che non ha calorie, ma vi gonfia come palloni! In alternativa potete scegliere la birra che almeno è un alimento e non una schifezza industriale! In sostituzione, dato il braccino corto di mio marito (che sostiene di aver letto che l’acqua della grande mela è assolutamente potabile e meglio di quella di Milano) potete riempire per i successivi tre giorni la stessa bottiglia da 2 litri tutte le mattine con “sana” acqua del rubinetto! IL VIAGGIO 9 LUGLIO 2007 MILANO – NEW YORK Uffa! Non ho neanche visto le foto del matrimonio, praticamente indosso ancora le scarpe del giorno del sì, sono ancora coinvolta dal turbinio del festeggiamento e dei brindisi vari dai quali non mi sono ancora ripresa … Insomma non capisco più nulla, ma sono già a Malpensa con il fidato set di valigie rosso, il beauty, e i biglietti in mano.

Controlli pochi e veloci, 1 h di ritardo fortunatamente recuperata in volo. Durante la traversata intercontinentale incominciamo l’approccio con il junk food tipico USA: hamburger e patatine (già sento i brufoli sul naso!). Personale Continental e qualità del servizio a bordo ottimi. Film bruttini, quindi finisco di pianificare le ultime tappe del viaggio.

Alle 13.30 locali siamo all’aereoporto di Newark. Fila interminabile al controllo passaporti che contempla anche fotografia e check digit. Fortunatamente nessun problema (sui vari blog trovi di tutto! E pare che siano sempre pronti a farti far la parte del terrorista), nemmeno per Sergio al quale a seguito di un piccolo incidente manca un pezzo di polpastrello dell’indice sinistro.

Altro luogo comune da sfatare: non c’è nessun problema se il tuo passaporto contiene uno o più timbri attestanti la permanenza a Cuba o altri Paesi particolari come lo Yemen. Passiamo tranquillamente la frontiera come benvenuti sposini! Honey moon è un motivo di visita del Paese che fa sempre tenerezza, anche ai robusti poliziotti di frontiera americani.

Con la monorotaia raggiungiamo da Newark la Liberty station dove con 30 USD acquistiamo due biglietti NJ Transit per la Penn Station. Il treno non è condizionato e ci sono 34° gradi…Fortunatamente scopriamo che persone che scendono da altri vagoni non hanno il nostro stesso aspetto sconvolto … effettivamente il nostro vagone ha il condizionamento guasto, incominciamo bene! Attraversiamo una “meravigliosa” periferia degradata, ottima come set di un bell’omicidio di qualche vecchio film di gangster e in 20 minuti siamo sotto la Penn Station (ma quanto sono bassi i corridoi delle metro newyorkesi? Si soffoca e fanno ansia).

Eccoci ora finalmente fuori sugli affollatissimi marciapiedi della Grande Mela. Sulla cartina l’hotel pare lontano, in realtà è a vista a due incroci più avanti … Ma la cosa che lascia senza fiato è la prima impressione della città: affascinante , il nostro naso sempre verso l’alto. I grattacieli paiono quasi non avere fine, con le linee che dal nostro punto di vista giù in basso paiono tremendamente distorte. Mi sembra quasi un dejà-vù di tutti i film, telefilm, riviste che quotidianamente vediamo, ma questa volta è reale, soprattutto il rumore della città: caclson, sirene, scalpitare di migliaia di piedi sul selciato. Stabili nuovi molto fashion dalle linee essenziali ed edifici storici in mattoni rossi del primo 900 con le loro scale esterne in ferro paiono convivere indisturbati. L’hotel Ramada sente un po’il peso degli anni e lo stanno ristrutturando un piano alla volta. Noi siamo in una camera al 34° piano non ristrutturata, ma pulitissima con vista sullo skyline. Dato il prezzo abbastanza economico, la presenza di tutti i servizi alla reception e l’assoluta centralità lo consiglio.

E’ primo pomeriggio, siamo un po’ cotti ed è come se fossero per noi le 22.00, ma non possiamo certo dormire. Dopo una doccia ristoratrice (un getto fantastico nonostante il piano 34°) siamo pronti per il primo giro perlustrativo della città.

Perlustriamo alcuni negozi della midtown Manhattan tra cui B&H, Macy’s e vari lungo la 34°, complice il dollaro basso già ci scateniamo con lo shopping. Il 1 settembre ho un matrimonio e devo assolutamente sfoggiare qualche nuovo capo newyorkese. Peccato le taglie: qui pare che la S sia circa una 44 nostra, mi va tutto largo, uffa! Stabiliamo come prima tappa l’Empire State Building (già acquistati e stampati tickets on-line …In effetti la fila per comprarli è lunghissima).

Prima però dobbiamo mettere qualcosa sotto i denti e dato che il ristorante segnalato dalla guida è dall’altra parte della città teniamo a battesimo un bel fast food (Wendy’s catena che fa concorrenza all’onnipresente M’ e al Burger King).

Impariamo che il menù include sempre patatine e bibita e MAI chiedere medium o big, perché già con lo small ci mangi in 2! Io ho assaggiato un’insalata, strano ma in questo mare di cose supergrasse era fresca e buona.

Finalmente verso le 20.00 entriamo all’Empire… Con tutto il gas delle bibite di Wendy’s quasi quasi non serve nemmeno l’ascensore per salire. Tutto l’interno del grattacielo è in ristrutturazione, poco male poiché quello che ci interessa è la terrazza dell’86° piano! Prendiamo una serie infinita di ascensori velocissimi, per gli ultimi 11 piani però la coda agli elevatori è lunghissima, ma c’è possibilità di salire a piedi cosa che facciamo in 10 minuti bay passando tutta la fila…Arrivati in cima passiamo praticamente 3 ore a guardare il panorama dall’alto della Big Apple, aspettiamo il tramonto e l’accendersi delle luci della notte……FA-VO-LO-SO!!!!! Sembra di essere in una cartolina: L’Hudson River, Brooklin Bridge, Central Park, il Chrysler Building……WOW! Completamente distrutti ma magicamente appagati crolliamo dal sonno verso la mezzanotte ora locale attestandoci al fuso.

10 e 11 LUGLIO 2007 – NEW YORK – 2 giorni e mezzo a New York vi permettono di comprendere solo una cosa: ci dovete assolutamente tornare!!!!! Vedrete a grandi linee le cose principali, ma purtroppo non approfondite la conoscenza della vita locale: Broadway, il jazz, i ristoranti, i musei, il vagare senza meta….. Spero di ritornarci, magari per le festività natalizie.

In ogni caso il 1° giorno grazie al fuso ci svegliamo all’alba agili come grilli! Colazione nella caffetteria must di tutto il viaggio Starbucks! Cake e Cappuccino medium vale anche qui per 2 per circa 6 USD.

Dopo essere stati una mezz’ora da Starbucks (anomali, considerando che le persone bevono il cappuccino mentre camminano lungo i marciapiedi a passo di marcia!). Alle 8.00 prima esperienza in Subway, tutto fuorchè moderna, efficiente ma vecchissima con tunnel bassissimi e marciapiedini mignon , un passo falso e cadi di sotto! Fa un caldo umido tremendo e credetemi: serve una laurea per capire il funzionamento dei treni! Alcune linee fanno servizio sullo stesso binario, molte stazioni sono labirinti, devi stare attenta a non prendere un espresso (perché altrimenti salta le fermate), a volte appena varcata la soglia dei tornelli sei gia’ sulla banchina e per cambiare senso di marcia devi risalire in superficie ed attraversare la strada! Per intenderci se da Soho vuoi andare alla 34° devi dare le spalle a lower Manhattan, tenere la destra e scendere al binario, così sai di prendere il treno diretto verso Nord, altrimenti vai a Sud…La destinazione dei treni spesso è scritta fuori dalla stazione e non “nella” stazione….. Comunque dopo un po’ ci fai il callo! Nella maggior parte delle stazioni non vi è biglietteria quindi vai di carta di credito e macchinetta.

Altra cosa: siccome molti treni sono lunghissimi ed alcune stazioni cortissime (come la south ferry) non state MAI negli ultimi vagoni, altrimenti non scendete! Mentre sono in metro diretta a South Ferry non posso fare a meno di notare che tutte le Newyorkesi hanno una mania comune: le Nails! Mani perfette e soprattutto tutte con lo smalto ai piedi! Meno male che ho ancora il perfetto french del matrimonio, altrimenti mi sentirei davvero fuori luogo.

Alla fermata South Ferry prendiamo il traghetto gratuito per Staten Island per dare un’occhiata generale al panorama dello Skyline e della statua della libertà e per goderci un po’ di atmosfera mattutina di NYC.

La statua della libertà si vede però da molto lontano, nonostante l’ausilio del teleobiettivo, per cui modifichiamo i nostri piani ed acquistiamo un biglietto della circle line per l’isola della statua della libertà. Per nostra fortuna la biglietteria ha appena aperto e facciamo solo mezz’ora di coda. Durante il giorno si fanno anche 3 ore di attesa! Meglio quindi, potendo, alzarsi presto! Poiché la salita/discesa dai traghetti Circle line è lunghissima non abbiamo tempo per Ellis Island che saltiamo così come la salita nel “corpo” della statua della libertà (monumento apprezzato da noi stranieri ed un po’ snobbato dai NewYorkesi). Verso le 13.00 siamo di nuovo al Battery Park dal quale ci incamminiamo per Wall Street passando per la Sfera ricordo della tragedia del WTC. Con una bella passeggiata siamo al toro simbolo di Wall Street, alla Trinity Church, con il suo cimitero quasi irreale nella bolgia newyorkese dell’ora di pranzo, Jp Morgan, S. Paul Chatedral ecc… Pranziamo in una pizza al trancio gestita da palermitani circondati da una folla di operatori di borsa superpanzuti e sudaticci tutti intenti a digitare sulla testiera del loro laptop con una mano mentre lungo l’altra fanno calare l’olietto della pizza. Fare una vera pausa pranzo no? In pochi minuti siamo a ground zero dove, nonostante gli ormai 6 anni trascorsi dal triste 9/11 appaiono ancora evidenti i segni della tragedia: mazzi di fiori, biglietti, monumento ai vigili del fuoco e soprattutto questa profonda voragine che, sfigurato il volto della città, è oggi un immenso cantiere finalizzato alla ricostruzione. Il senso di vuoto ti colpisce osservando il cratere dalle finestre del Word Financial Center (palazzo superstite) appena di fronte.

Da lì ci incamminiamo verso il pier 17 intervallando con una pausa shopping: Rayban per Sergio comprati in un negozio di ottica per 90 USD circa e reflex nuova nuova con tanto di obiettivi e memory card da J&R colosso dell’elettronica gestito da cordialissimi ebrei con tanto di copricapo tipo papalina e ricciolini come basette. Prezzi assolutamente competitivi…Per 560 euro (sms di addebito della carta di credito) acquistiamo ciò che in Italia avremmo pagato circa 850 euro.

Mandiamo quindi in pensione la nostra vecchia Minolta a pellicola e per riprenderci dal tracollo finanziario subito ci dirigiamo verso il pier 17 per bere qualcosa in un clima rilassato su una comoda Chaise luongue con vista sul ponte do Brooklin rinfrescati da una leggera brezza di mare. L’atmosfera fa quasi pensare di non essere in una metropoli, ma in una tranquilla località di villeggiatura della costa pacifica.

Percorriamo con una romantica passeggiata il lungo fiume passando sotto Al ponte del quale cerchiamo l’accesso alla passeggiata pedonale e ciclabile.

Per fortuna troviamo nella zona di two bridges un super poliziotto nero (taglia XXXXL con tanto di stivaloni, manette appese e manganello per dare maggior sicurezza a due scriccioli italiani) che, dopo un follow-me imperativo, prima ci scorta, poi ci mostra un accesso pedonale imboscato al ponte (da soli non l’avremmo mai scovato).

La passeggiata pedonale è sopra al tracciato per le auto e percorrendo il ponte sino a metà è possibile ammirare sia la Lower Manhattan e la statua della libertà, sia midtown con i suoi più famosi grattacieli. E’quasi l’ora del tramonto ed è bellissimo.

Con un’ulteriore scarpinata siamo a Tribeca e da lì a Chinatown e Little Italy. A Chinatown sembra di stare davvero in Asia: dragoni, lanterne rosse, pagode, specialità alimentari super puzzolenti, negozi riempiti di ogni paccottiglia possibile e scantinati con accesso ripidissimo dal bordo strada dal quale riemergono figuri poco raccomandabili con altrettanti sacchi dal contenuto inquietante.

La povera Little Italy in realtà è solo l’ombra del suo passato, sempre più stritolata dalla circostante chinatown: in Mulberry street tantissimi ristorantini, bandiere tricolore, foto di Cannavaro e tanta pizza. Nulla più però fa pensare ai vecchi gangster ed alla Spaghetti-mafia degli anni ’20 che ci ha tanto resi (tristemente) famosi.

A Soho diversi localini ci occhieggiano, ma siamo veramente sfatti, non so quanto ho camminato, ma i miei piedi dicono tanto! Riprendiamo la metro e ritorniamo al Ramada dove dopo una doccia mi impasto secca e mi risveglio alle 22.00. Con la scusa di uscire per un boccone siamo a Time Square, affollatissima, con un sacco di gente che entra ed esce dai teatri , le limousine (con tanto di hummer-limo), le luci, i monitor lcd, pare qui sia giorno! Per ammirare lo spettacolo di Time Square dall’alto ci dirigiamo verso la terrazza-lounge dell’Hotel Marriot (famosa anche per gli ascensori astronave), ma prontamente avvisati da un cartello ci rendiamo tristemente conto di non soddisfare l’elegante dress-code (no sport shoes, no top) richiesto per la serata … uuhm … forse è meglio evitare la figuraccia! Next time! All’una siamo di nuovo in hotel, ma non riusciamo a dormire, l’emozione è troppo forte. Alla finestra osserviamo la vita che 34 piani più giù scorre in continuazione, ogni 2 minuti una sirena rompe il brusio della notte. Le finestre dei grattacieli non hanno tende e in ciascun appartamento pare di assistere ad un telefilm (si tratta di curiosità non vayourismo)…Domani sarà il nostro ultimo giorno, UFFA! 2° giorno: starbucks di fiducia e poi lungo la 5 avenue sino a Central Park passando dalla Public Library (con tanto di sala di lettura esterna allestita nel parco) e dal Rockfeller center. Nel parco della biblioteca sono parecchi anche gli homeless addormentati sulle panchine, ma pare che nessuno vi faccia caso. Molti se ne vanno i giro con carrelli carichi di tutti i loro averi sproluquiando sui danni del sistema, bha! Nel frattempo che aspettiamo che la biblioteca apra la nostra videocamera decide di non funzionare più! Dopo un’oretta di bestemmie e tentativi invano di ripararla capitoliamo, convinti che del nostro viaggio di nozze non avremo altri ricordi filmati…Che palle! Il Rockefeller center è un centro commerciale, ma incazzati per l’accaduto alla videocamera non ho molta voglia di fare acquisti. Passeggio per il centro interrogandomi senza risposta sul seguente quesito: ma dov’è che fanno la pista di pattinaggio? Evitiamo di salire sul top of the Rock 17,5 USD e ci dirigiamo al Sony Building, dove scopriamo con gioia che la nostra macchina fotografica viene venduta a 100 USD in più rispetto a J&R, ma che per nulla al mondo sono disposti a stamparci il manuale in italiano! Anzi ci danno anche un po’ dei matti, carini vero? Non resisto alla Nike e mi compro un paio di scarpe, peccato debba spettare un’ora per averle dal magazzino, perchè il commesso te le ordina sul palmare, poi dopo mezz’ora arrivano dal magazzino, che non ho ancora capito dove sia dislocato. Certo è che se il numero richiesto, per errore è quello sbagliato va ripetuto tutto l’iter! Mio marito sclera per 2 ore in un solo negozio…Cose che capitano! Capatina alla Apple ed eccoci a Central Park! Il primo contatto è con le centinaia di carrozze a cavalli che attendono sotto al sole i turisti da spennare non comprendendo una cosa: se già uno è disincentivato dai prezzi alti, lo sarà ancora di più dalla puzza dei cavalli sudati sotto al sole! Povere bestie! La cosa assurda è che ancor oggi pensando all’odore di NYC ho la sensazione che la città puzzi di cavallo e patatine fritte! A Columbus circle entriamo nel Warner center per vedere Central park dall’altro ed alcune statue di Botero (non ho ancora capito se vere o copie). All’uscita acquistiamo hot dog, bretzel e chicken hot dog più un paio di bibite per il nostro personale pic-nic a Central park. Il titolare del baracchino è un egiziano che ci racconta la sua personale storia di neo-immigrato sempre più spesso scambiato per un terrorista… la storia va troppo per le lunghe, quindi paghiamo i 15 dollari e scappiamo verso la nostra pacifica oasi di relax creata in sheep meadow dove, all’ombra di un olmo ci godiamo il pranzo e la vista sui grattacieli! Per smaltire vaghiamo senza meta per il parco, ci alletta l’idea di un giretto in barca a remi per il famoso laghetto di central park, purtroppo però inizia a diluviare e siamo zuppi e senza ombrello! Al Belvedere Castle mi incasino con la mappa e al posto che dirigermi al MET vado dalla parte opposta e mi trovo al Museo di storia naturale, vabbè! Il MET chiude da lì a mezz’ora, quindi inutile tentare di arrivarci, quindi dato che è gratis buttiamo il naso nel museo di storia naturale, intanto ci asciughiamo un po’…

Mentre ci perdevamo per Central park innumerevoli e deja-vu di diversi film, soprattutto trovandoci di fronte alle basse gallerie ed ai ponticelli…

Nel museo di storia naturale imponenti i dinosauri dell’ingresso ed il Moai dell’area dedicata al Pacifico.

Peccato per il MET, anche qui…Sarà per la prossima volta! Fuori intanto la pioggia è diventata temporale, non si vede nulla e molte stazioni della metro si sono allagate. Inoltre è l’ora di punta e la città è quasi invivibile (per noi! I Newyorkesi hanno già tutti l’ombrellino nero e gli stivali di gomma!). Data la pioggia decidiamo di andare alla Grand Central Station, ma rimaniamo delusi dal tanto acclamato soffito con le costellazioni ed il firmamento, non ci sono nemmeno tutti i segni zodiacali! Con il casino che c’è non ci penso nemmeno di riprendere la metro. Quindi dopo un affarone da 5 USD per un ombrello a scatto nero ci incamminiamo in una folla di ombrelli neri verso l’hotel dove mi accordo per un passaggio in taxi l’indomani mattino alle 4.30 per l’aereoporto di La Guardia (35 usd).

12 LUGLIO 2007 NEW YORK – BUFFALO – NIAGARA FALLS Il nostro taxi è puntuale ed il tassista alle 4.30 ci attende nella lobby. Alle 5.30 siamo a LGA (tip di rito all’autista per la levataccia) con larghissimo anticipo data la mia solita paura di perdere (e non prendere) l’aereo.

Prima esperienza con l’e-checkin ovvero: nessun “omino” al banco check-in, ma solo una macchinetta nella quale devi strisciare il passaporto, il n. Della prenotazione ed il n. Di colli da imbarcare. La carta di imbarco si stampa da sola e nel frattempo un robusto donnone si è già portato via i tuoi bagagli da imbarcare! Efficientissimi, solo che io antitecnologica come sono preferisco gli omini…

Su di un aereo mignon, dopo colazione da Donkin Donuts, alle 9.40 siamo a Buffalo. Appena fuori dal ritiro bagagli un Info-point ci da delucidazioni circa le modalità di trasferimento alle Niagara Falls. Arrivarci con i mezzi pubblici è possibile e molto economico, ma il tempo necessario è troppo poiché richiede di passare da Downtown Buffalo. Optare per questa soluzione richiede: 2 giorni, oppure non vedere le cascate illuminate e tornare in giornata a Buffalo.

Optiamo quindi per un transfer privato in taxi (ma quanto sto spendendo in questo viaggio??) in taxi-limo per 60 USD. L’autista è un simpaticissimo indiano negli USA da 15 anni (nella zona ci sono parecchie famiglie indiane) che, ovviamente, si rende disponibile a darci un “passaggio” anche al ritorno (altra levataccia alle 5.00 dell’indomani mattina) soprattutto con la sua macchina personale, esentasse e da “amico”.

Il tagitto in taxi dura un’ora circa. Alloggiamo nella parte USA delle cascate di nuovo al Ramada per soli 50 USD (Hotel vecchiotto, ma pulito, gestori indiani, camera con vasca idromassaggio e luci per la cromoterapia degli anni ’80) . La parte canadese offre sistemazioni migliori con fantastica vista sulle cascate, ma se avete un solo giorno non è consigliabile perché attraversare in auto la frontiera richiede lunghe spesso lunghe attese.

Dal Ramada le cascate si raggiungono in cinque minuti di cammino. La città di Niagara Falls NY non è che un piccolo agglomerato di abitazioni con non molte attrattive se non l’immenso paesaggio naturale da lì a pochi metri.

Lo spettacolo è indescrivibile e la meraviglia aumenta ancor di più mentre si percorre il ponte pedonale per arrivare in Ontario e man mano si incomincia ad intravedere l’ancor più bella sponda canadese.

Dogana, timbro di rito e siamo in un altro Stato! Strano arrivarci a piedi! In programma avevamo classico giro alla base delle cascate con la ormai famosa nave Maid of the Mist, con tanto di mantella offerta dall’organizzazione. Fa però un freddo tremendo e tira un vento gelido (shock termico parametrato al caldo newyorkese del giorno prima) e quindi optiamo per la più “calda” Skylon Tower sulla cui terrazza-ristorante si pranza a Buffet per 27 CAD e si può ammirare un bel panorama completo delle cascate (WOW finalmente si mangia! Niente fast-food).

Verso le 16.00 ritorniamo in suolo americano appena prima di un tremendo temporale. L’attraversata del ponte al ritorno costa 50 cent, ricordatevi le monetine! Dato il maltempo ci facciamo 4 risate con la vasca idromassaggio dell’anteguerra e le luci della cromoterapia che, tra l’altro, scaldano! Verso le 20.00 per fortuna smette di piovere e ci dirigiamo all’isolotto centrale per vedere lo spettacolo delle cascate illuminate. Le luci si accenderanno però solo alle 22.00, per cui ci rifugiamo nel bar Top of the falls dove non avendo molta fame optiamo solo per un aperitivo a base di birra e french fries. Aperitivo che mi costato una fortuna poiché ho indicato sullo scontrino nello spazio tip 10% … Arrivando in camera ho ricevuto l’SMS della carta … Il caro cameriere ha applicato 10 dollari (per 2 birre e 2 piatti di patatine)! Ok, mi hanno fregata, niente più conti del ristorante pagati con carta di credito, solo contanti! Quando si accendono le luci ci troviamo all’Horseshoe point. Qui lo spettacolo è un po’ deludente. Lo stesso diviene però meraviglioso ed imperdibile se riuscite a raggiungere la piattaforma (tra l’altro la sera l’accesso è gratuito). Vi trovate sospesi a circa 80 metri sopra le cascate e le luci accendono dei colori dell’arcobaleno l’acqua ed il vapore della stessa. (UFFA! Voglio il cavalletto!!) 13 LUGLIO 2007 NIAGARA FALLS – BUFFALO – CLEVELAND – LOS ANGELES – BARSTOW Come promesso di prima mattina il nostro amico indiano Lally si presenta puntuale con la Pontiac di famiglia. Altro check-in elettronico (ormai sono bravissima) e siamo puntuali al gate … Solo che …Manca l’aereo!!!! Tra l’altro a Cleveland avremo solo 30 minuti per la coincidenza per LA. Quindi scoppia il panico (MIO) con alcuni funzionari della Continental che mi rassicurano che tutto andrà bene e che non rimarrò a Buffalo per il resto della vacanza! Insomma l’aereo parte con 30 minuti di ritardo, ma recupera in volo. A Cleveland corriamo per tutto l’aereoporto e quando siamo al gate del volo per LA un altro funzionario della Continental mi ri-rassicura, vuole che mi calmi, perché tutto è a posto e … CI STAVANO ASPETTANDO! (Adoro la Continental!!!!) .

Dopo 4 ore circa di volo siamo a LA e impossibile da credersi, nonostante i transfer tiratissimi, anche i bagagli arrivano subito! Subito fuori dal ritiro bagagli vediamo passare le navette per l’autonoleggio e prendiamo quella della Thrifty dove abbiamo riservato per le prossime due settimane una Dodge Caliber. Dobbiamo un po’ questionare con la tipa ispanica dell’autonoleggio che prima in Inglese e poi in spagnolo tenta di modificarmi il piano tariffario inserendomi altre coperture assicurative (che badate bene non servono!) inoltre mi fa inkazzare dicendomi che ha “finito” i GPS, ma che non c’è da preoccuparsi perché è facile muoversi con la cartina! Ma dico: siamo pazzi! A LA dove le strade hanno 6 corsie? Per 6 Stati? Con i nostri ritmi serrati? Con le buone maniere (cioè strillando come un’aquila e ringhiando come Gattuso perchè già la giornata aerea è stata difficile) riesco a far materializzare da parte di celeri ispano-addetti al garage ben 3 GPS che “giusto in quel momento” sono rientrati! (sarà che prima non avevano voglia di cercarli?). Vabbè sorvoliamo solo perché la Thrifty è molto più economica di altre compagnie … Totale del noleggio 15 gg con GPS e assicurazione base circa 600 euro.

La Dodge Caliber è un’utilitaria negli USA (in Italia da pochi mesi la commercializzano come SUV! Capisci??) immensa, benzina, dalla cilindrata non nota forse 2000, cambia automatico, solo 2 pedali, clima, frigo per 6 lattine, beve come una spugna e nel bagagliaio ci stanno le nostre 2 valige sdraiate (nella mia Y ho dovuto ABBASSARE I SEDILI … Nella MG neanche puoi pensare di AVERE una valigia!) … Insomma la classica americanata mignon! Ma la Mustang costava troppo.

Comunque non ti assegnano una macchina, ma un’area del piazzale con auto della stessa categoria e tu prendi quella che vuoi (grigia ci piaceva).

Capito come si inserisce la navigazione GPS-ON del Garmin (poi in confidenza Garmy) incominciamo con ben 80 km di coda per incendi fin dopo San Bernardino … Voglio suicidarmi! Abbiamo compreso che delle 6 corsie una è dedicata al carpooling, ovvero la puoi usare se sei in macchina in 2 o più persone…Inizialmente non ci par vero, pi scopriamo che in effetti si può saltare un botto di coda e quindi via di car pooling! (Inquietante osservare come davvero ogni auto sia occupata solo dal conducente!) Nonostante il super traffico alle 19.00 arriviamo a Barstow (CA) località della vecchia Route 66, nei pressi di Calico Ghost Town, ma sono le 19.00, è stata una giornata difficile e debbo fare un doccia subito! Calico aspetterà sino a domani.

Pernottamento al Super 8 Motel che è pulito, rilassante, con una piccola piscina e gestito da una simpatica famiglia messicana MOLTO chiacchierona. Il clima è caldo e secco, come un phon, WOW! l’ideale per una bella piega liscia! Fedele alla moda tutta USA dei coupon ottengo dalla mamita messicana una riduzione di USD 8 per la cena (in un restaurant grill poco lontano, 25 USD per 2 T-bone e 2 birre) e un’altra da 2 USd per Calico.

Dopo cena facciamo rifornimento in un supermarket open 24H per colazioni e pranzi al sacco dei giorni successivi del nostro tour auto. Abbiamo un piccolo problema logistico: succo,latte ed acqua son TUTTI venduti non in cartoni tetrapack o bottiglie, ma in taniche da un gallone (3/4 litri)! E come li bevo? Col secchio al posto dl bicchiere? 14 LUGLIO 2007 – BARSTOW – CALICO – OUTLET – ZION N.P. – bryce n.P. – Oggi tappone di trasferimento e approccio ai parchi.

Colazione in camera con coffee maker da tavolino, succo e biscotti.

Il caffè siffatto è una brodaglia, ma il maritino ha sperimentato una tecnica tutta sua, per ottenere una mistura più densa, ovvero aprendo le “bustine” e filtrando direttamente il caffè…BHO? Allafine era buono e caldo e ciò ci può bastare.

Alle 8.30 siamo a Calico. Primi visitatori e un po’ fuori orario siamo accolti amichevolmente. La città mineraria che fu ricca di argento nel 1880, persa la sua redditività, è stata abbandonata ed è divenuta città fantasma come molte altre nella zona più arida della California Nel 1960 l’idea di ricostruirla in parte e farne un parco. A parte le boiate da turisti (trenino a vapore, figuranti in costume, finti gangster e prostitute), le abitazioni, i tunnel delle miniere, la vecchia scuola ed il classico cimitero ricostruiti come gli originali ci riportano proprio al vecchio west.

Considerato il caldo, la penuria d’acqua ed il fatto che molti minatori in miniera non solo vi lavoravano, ma ci vivevano, quella del minatore non era certo una bella vita! Soprattutto perchè su 100 concessioni veramente redditizia ce n’erano circa una decina, gli altri si spaccavano la schiena per nulla.

Sulla strade per Las Vegas, appena dopo il confine, la prima città è Prim. Come da Como quando si arriva in Svizzera ecco subito un mega Hotel Casino (per quelli cui scappa proprio di giocare e non la tengono fino a Las Vegas) ed un mega centro Outlet.

Posso di certo resistere al gioco, ma non allo shopping…E quindi con la scusa di dover far benzina (il caliber ciuccia di brutto!) e pranzare, facciamo una sosta obbligata! Ottimo il take away cantonese per 8 USD in due, ma meglio ancora gli acquisti Ralph L. Polo, camicie ecc… per pochi dollari.

A Las Vegas procediamo (ci fermeremo al ritorno), ma non possiamo non notare il suo aspetto di mega Parco Giochi nel piattume del deserto! Lungo la I15 siamo in Arizona e poi grazie a Garmy la St9 e 89 infine la Hw12 e siamo al Bryce.

In autostrada il Cruise Control ci permette di impostare le miglia massime facendoci evitare più volte di prendere multe salate! (E’ vero, la stradale monitora le autostrade in elicottero e le pattuglie sono appostate dietro ai cartelloni!).

Lungo il percorso una sorpresa inaspettata: la strada si interrompe ed entriamo nello Zion N.P. Avevamo preventivato di saltare il parco (pensavo la strada girasse attorno) ed invece lo attraversiamo proprio potendo ammirarne le bellezze con un semplice giro in macchina! Possiamo già fare anche la tessera annuale per i parchi (80 USD per auto e occupanti, un’ottima proposta date le bellezze offerte!). Il Panorama è stupendo, la strada è spesso ripida tra le rocce e i graniti. Non c’è praticamente nessuno, solo qualche fattoria e casetta sino al Bryce.

Unica pecca? Come cavolo si fa a guidare su una strada del genere e a godersela un po’ con il cambio automatico?? Per noi Italiani dal cuore sportivo è una frustrazione! Complice anche il fuso orario +1H abbiamo fatto tardissimo, ma c’è ancora luce e riusciamo anche a farci una doccia prima di salire al canyon per il tramonto.

Un enorme anfiteatro di pinnacoli, gole, guglie e strettissimi canyon reso ancora più affascinante dalla luce del tramonto sulla terra rossa. Particolare ed originale il Bryce è assolutamente imperdibile! Restiamo sino a quando non c’è più luce. Man mano che le ombre avanzano il Bryce sembra quasi sinistro: fa freddo ed il buio imperversa mentre la strada desolata che riporta agli hotel passando dal bosco fa tanto film tratto da S. King…In ogni caso domattina ci torniamo! COL SENNO DI POI: un giorno in più di sicuro. Il trekking (qui detto Hicking) potrebbe essere fatto su magnifici sentieri tra le guglie anche in mountain bike o cavallo a noleggio.

L’hotel è il Bryce Wiew (72 euro la doppia), vicino all’ingresso del parco con un grill convenzionato dove essendo tardissimo (cenare alle 22.00 nello Utah, stato mormone, è come cenare da noi alle 3.00 del mattino) ci fanno solo una pizza riscaldata (Che oltraggio!), sempre meglio di niente, e ci gonfiamo come palle con bibite free refill (stiamo diventando ciumbroni come i ragazzotti dello Utah…Carini, ma come direbbe mia nonna: Grand, Gross e Ciula!) In ogni caso prenotate per tempo perché hotel e camping al Bryce sono affollatissimi! 15 LUGLIO 2007 – BRYCE CANYON – CAPITOL REEF – DEAD HORSE POINT- ARCHES N.P. – MOAB – Levataccia alle 5.30 per godersi l’alba sul Bryce. Fa freddissimissimo sino allo spuntar del primo raggio di sole. L’anfiteatro si illumina e colora progressivamente con toni ocra e rosati come se qualcuno spostasse una tenda immaginaria poco a poco. L’atmosfera è rilassata, i suoni ovattati. Il nuovo giorno visto nascere da qui non può che essere meraviglioso.

Classica colazione in camera e via verso Moab lungo la Hw12 poi Hw24 infine ci congiungiamo alla I70 sino a Moab. La prima parte sino alla I70 junction è un itinerario panoramico costituito da un ininterrotto susseguirsi i Canyon, Picchi, Valli dove sovrana è la natura e quasi assente l’uomo.

Sull’Interstate, nel nulla più totale, un Subway è la nostra isola per il pranzo. (ma chi ci lavora dove abita? Non ci sono case per chilometri!). Mega litigata con la tipa dei panini: 1 – mi fa ribrezzo perché è grassa tanto quanto è grosso un Porsche Cayenne (e mi sa di una che appena ti volti ti sputa nel panino!), 2- perché nonostante abbia ripetuto 5 volte che non mangio le cipolle, prima mi ha fatto il panino senza e poi mi ha dato quello di un altro colmo della puzzolente verdura! …CA..O ADESSO LO RIFAI! BETONIERA! Sazia e un po’ meno inca..Ata eccoci alla diramazione (40 km! Sembra tutto vicino ed invece…) della HW191, ben indicata, per il Dead Horse Point . Essendo un parco Statale e non governativo occorre pagare il biglietto di 7 USD. Nel parco non c’è molto da vedere ma il View Point non è escludibile. Va visto e basta. Punto. Se a qualcuno sembrasse un dejà-vù non preoccupatevi, è normale dato che si tratta del punto di ripresa del famoso salto di “Thelma e Louise”.

Alle 15.00 siamo nel nostro Super 8 a Moab grande e affollato. Dato il caldo insopportabile prima di dirigerci all’Arches NP ci concediamo un tuffo in piscina ed una doccia ristoratrice.

Peccato! Abbiamo sbagliato in pieno. Siamo all’Arches NP solo alle 18.00, ma rispetto al Bryce qui i punti panoramici (gli archi) sono lontanissimi gli uni dagli altri, quindi il buio ci sorprende prima di aver visto tutto, soprattutto ci perdiamo il Delicate Arch (non prendate la strada per il wiew point ma l’upper trail!) a beneficio dei Twin Archs e del Lendscape Arch il cui sentiero per raggiungerlo richiede, di norma, 40 min, da noi ricoperti in 20 perché ce la siamo fatta tutta di corsa! In ogni caso i giganteschi archi naturali meritano la visita del parco.

Benchè gi abitanti dello Utah vantino Moab come capitale del divertimento dello stato alle 21.30 troviamo buona parte degli esercizi chiusi sia negozi che ristoranti e le strade deserte.

Effettivamente la città è grande! Dato lo standard dello Utah…Ha ben 2 (e dico due) incroci semaforizzati!!!Troviamo aperto solo un ristorante italiano (solo nell’insegna) che offre piatti di pasta un po’ americanizzata con porzioni da gigante! Con le mie fettuccine con funghi e al sapore di salsa BBQ ci si può sfamare in 3 per 9 USD. Sergio ha scelto invece la classica T-Bone per la quale la pasta al sugo è il contorno (qui ci si sfama in 4)! Conto totale 40 dollari, mancia compresa, ma il pancino non brontola più…

16 LUGLIO 2007 – MOAB – MESA VERDE- FOUR POINTS – MEXICAN HUT (MONUMENT VALLEY).

Data la velocità impressa al ritmo dei nostri itinerari, abbiamo deciso di inserire anche la visita alla Mesa verde inizialmente esclusa.

variazione a causa di molteplici cantieri stradali modello Salerno-Reggio Calabria. E’ comunque assurdo perché non c’è nessuno, ma ti fanno fermare per delle mezz’ore perché il traffico è a senso unico alternato! Improvvisamente in mezzo al paesaggio brullo, dal nulla, salta fuori un omino con il cartello STOP (come una candid camera). Dietro a noi nessuno. In senso opposto nessuno. Tutto finchè dopo 30’ arrivano 2 auto in senso opposto, una delle quali contraddistinta dall’insegna Safety Car(???!!) che fa inversione, si posiziona di fronte a noi ed accende un cartello luminoso: follow me! Sì lo so, sembra uno scherzo, ma credetemi, non lo è! Dobbiamo percorrere quasi 20 Km dietro alla safety car a 25 miglia orarie per tutta l’estensione del cantiere (parecchie miglia) fino a che arriviamo all’altro omino con lo stop! La cosa assurda è che nel cantiere non lavorava nessuno e la strada era sufficientemente larga per far procedere comunque il traffico. Bho, sono pazzi questi americani! Da noi sarebbe stata sommossa popolare! Comunque, per farla breve, di cantieri così ne becchiamo 5…Siamo diventati terrorizzati dalla scritta “Road Works Haead” che significava inderogabilmente “ritardo di un’ora sul percorso”.

E poi: siamo in mezzo al nulla, la gente continua a vivere in case di legno con tanto di roulotte di fronte e 4/5 furgoni da rottamare, non prendono i cellulari e c’è tutta ‘sta profusione di uomini e mezzi per i cantieri stradali? Nel nulla? Ma è lo stesso Paese di NYC? Arrivati in Colorado il paesaggio cambia: c’è la gente! E’ verde!e ci sono le fattorie e le case di mattoni senza lamiere e rottami! Passando da Cortez in pochi minuti siamo all’ingresso della Mesa Verde, parco costituito da antichi Pueblos di nativi. Preparatevi perché dall’ingresso principale le miglia da percorrere (in salita) sono svariate prima di arrivare ai punti di principale interesse tra cui la Space Tree House. Essa costruita sotto ad uno sperone di roccia a volta che fa da “tetto naturale” è un’interessante testimonianza ben conservata delle radici dei nativi. Con una scala a pioli potete entrare anche nei Kiwa (sale private interrate che fungevano da sala/cucina). Il colpo d’occhio dell’agglomerato della Space Tree House è particolare, con le piccole casette sovrastate dalla grande roccia che le protegge.

Saltiamo la visita delle altre Mesas perché troppo distanti. Siamo soddisfatti della tappa aggiunta e ci basta un’infarinatura sulle Mesas.

Prossima tappa Mexican Hut (sombrero messicano dal nome di un roccione all’ingresso del Paesino) facendo una piccola deviazione per Four Points. Poiché si tratta di suolo Navajo paghiamo ticket di ingresso di 3 dollari per arrivare in uno spiazzo desertico con un groso cubotto di marmo, modello grande tomba di famiglia, che indica il punto dove convergono 4 stati. A parte l’interesse geografico (forse più la curiosità di avere mani e piedi contemporaneamente in 4 stati) non troverete nient’altro che qualche roulotte sgarrupata con cucina improvvisata per vendere Tacos ai turisti ed e alcune bancarelle Navajo che vendono manufatti di dubbia originalità.

Ancora due ore di nulla (qui il panorama stimola il suicidio o nella migliore delle ipotesi il sonno. Per fortuna la radio dal satellite mi ha permesso di ricevere costantemente i fedelissimi canali 9 e 92!) e finalmente eccoci a Mexican Hut: 3 Hotel, 1 distributore, 4 case, 1 ristorante e 1 ponte sopra al San Juan River, null’altro.

L’Hotel prenotato vi internet è il Mexican Hut Inn che scorgiamo tra la povere e la calura estiva lungo la strada. La premessa è scoraggiante, ma entrando siamo in un ambiente accogliente, in stile country, ma con tutti i confort necessari. La camera è imbiancata di fresco, piccina, pulitissima, con travi a vista. La proprietaria è davvero gentile. Nel prezzo di 100 Usd è compresa la colzione ed internet è gratis.

Alle 17.00 quando il caldo incomincia a farsi sentir meno usciamo per dirigerci alla Monument Valley, concretizzazione di tutte le nostre idee di Ovest USA). Lungo la strada ci fermeremo circa 8mila volte per le “foto di rito” con il nastro di asfalto che si snoda lungo la valle verso i torrioni di roccia.

Arrivati ala riserva Navajo con mio estremo disappunto si decide di evitare il tour a cavallo (uffa!) perché Sergio sostiene ti porti a fare un giro in una mesa in culo ai lupi e non nel paesaggio “tipico”. Nemmeno scegliamo le scalcinate Jeep dei navajo, ma optiamo per affrontare le piste di sabbia con la Dodge. Non godiamo del tradizionale tramonto rosso, ma immortaliamo la valle in una luce suggestiva da temporale, spesso alcuni scrosci veloci di pioggia permettono a parecchi arcobaleno di fare capolino. Davvero bello, selvaggio ed emozionante. (Finora mi è piaciuta ogni cosa, sembrerò monotona?).

Alle 21.00 siamo di ritorno a Mexican Hut dove mangiamo nell’unico ristorante famoso per la cottura delle mega bistecche su una Griglia a dondolo. Camerieri e parecchi avventori sono in stile Cow Boys con capellone e camicia a quadrettini. Abbiamo anche un palchetto con 3 musicisti country. Non capisco molto del genere country ma mi sembrano bravi e rendono piacevole la serata mentre seduti su un grezzo tavolaccio di legno ci sbafiamo la saporitissima bistecca sorseggiando la nostra birra direttamente a canna (i bicchieri sono tabù) e godendoci la stellata.

17 LUGLIO 2007 – MEXICAN HUT – PAGE – LAKE POWELL – ANTELOPE CANYON – GRAND CANYON (TUSAYAN)- Inauguriamo la giornata con un quesito: che ore sono in Arizona? Dopo varie peripezie scopriamo: 1 ora in meno rispetto al fuso delle montagne rocciose quando vige l’ora legale, SALVO per le riserve Navajo. Siamo perciò convinti di far colazione alle 7.00, ma sono le 6.00 (esso perché la tipa dell’albergo ci guarda storto, ma lo scopriremo solo in seguito)!!! Lasciata la Monument Valley prestissimo, dopo il solito alternarsi di roulutte/rottamai/nulla arriviamo a Page sul Lake Powell. Siccome la lonely la dava per località di villeggiatura sul Lago, io mi aspettavo un paesino con i pedalò, il lungolago, i negozietti ecc … invece no! La prima cosa che ci accoglie e si staglia da sola nel panorama desertico è un’orribile centrale elettrica a carbone. Poi a Page il lago non c’è, si trova qualche miglio più a nord, appena dopo la grande diga. Si tratta infatti di un lago artificiale con l’acqua verde in netto contrasto con l’ocra del deserto. Molto solitario. Pochissimo verde. In alcuni punti è possibile noleggiare House Boat, dipende che vacanza volete vivere. Io personalmente sono un po’ delusa.

Tutt’altra esperienza è la visita dell’Antelope Canyon, fotografatissimo fenomeno naturale imperdibile! Poiché anch’esso è riserva navajo (USD 6 l’ingresso) è raggiungibile solo con escursione organizzata dagli stessi navajo su jeep-camionetta (da pagare a parte, non ricordo il prezzo). Poiché i raggi cadono perpendicolari, creando favolosi giochi di luce, solo attorno a mezzogiorno passate per tempo all’ingresso dell’Antelope canyon e prenotate anticipatamente l’escursione per quell’ora. (Ora di massimo afflusso e considerate che i Navajo non sono proprio puntualissimi e che ci vuole un’ora per arrivare al canyon…). Alle 11.30 sono alla partenza dell’escursione, mi inca..O perché mi fanno aspettare un botto. Dopo innumerevoli rimostranze scopro di essere in torto perché essendo riserva Navajo il mio orologio è avanti di un’ora! Che casino! Comunque la fortuna è dalla nostra e tra una cosa e l’altra, dopo innumerevoli botte all’osso sacro sulla camionetta-jeep arriviamo all’ingresso dal canyon, nascosto fra le rocce, all’ora esatta per avere i raggi perpendicolari! Ore 12.00-13.00 solari. Poiché ci sono tantissimi visitatori e con il canyon strettissimo rischiate di avere “ingombranti presenze” a rovinarvi le immagini, sgattaiolate avanti fregandovene della spiegazione (tanto si legge sulla guida) e ruberete immagini favolose, soprattutto se riuscite a dotarvi di cavalletto! Appagati dalla visita ci concediamo una sosta pranzo a Page con una mega Pizza da Pizza Hut davvero buona (strano!). Alle 15.00 (o forse alle 14.00 …Bho forse è il caso di chiedere spesso “do you no what time is it?) ci rimettiamo in viaggio verso il Grand Canyon puntando sull’ingresso di Desert Wiew. Pizza, caldo, panorama monotono generano il solito effetto nanna sia a me che a Sergio al volante. Ci tocca quindi, per evitare il totale collasso del guidatore, fare numerose soste tra Page e Tusayan (circa 320 km) per ripigliaci nei vari “Indian Market Souvenir and Pottery” unici posti in cui sia presente un’essere umano nel nulla totale. I vari vasetti sono venduti a prezzi assurdi e sono pure brutti, ma per pochi dollari compro un’acchiappasogni di cuoio e piume che attacco da vera tamarra allo specchietto della Dodge … speriamo sia di buon auspicio! Verso le 17.00 siamo ai margini del Canyon ed incominciano ad alternarsi i vari View Point. Penso erroneamente “siamo arrivati” in realtà mancano altri 40 Km a Tusayan! Per arrivarci si accede al Parco del Grand Canyon, quindi prima sosta al Mother Point per il primo assaggio del Grand Canyon che ci lascia davvero senza fiato. Arriviamo poi al Red Feather lodge a Tusayan dove abbiamo riservato per 2 notti. Tusayan è un centro sorto alle porte del NP ad esclusivo beneficio delle migliaia di turisti che visitano ogni giorno il grand Canyon e che non vogliono dormire lontano dall’ingresso, c’è addirittura il multisala! Non abbiamo ancora fatto il check-in che Sergio ha già intercettato il coupon della Maverick, escursioni in elicottero sul grand canyon … Ancora non ho le chiavi della stanza che già stanno telefonando per prenotare, comunicare il nostro peso (20 min per spiegare che si tratta di chili, non di libbre!) e riservare due posti per l’indomani alla folle cifra di 230 USD a persona per 50’ di volo!!!! Mio marito è pazzo, ma devo comunque rendergli conto del fatto che se solo avesse aspettato pochi minuti non ci sarebbe stato più posto, tutto pieno! (chi era dietro di noi non ha potuto prenotare).

Non ho ancora metabolizzato il fatto di dover sborsare più di 450 dollari in un botto (ennesimo autoregalo di nozze …) che, come per da sfogo ai miei pensieri scoppia un fragoroso temporale … speriamo domani sia bello! Dato il tempo da lupi cena veloce con insalatona e nanna presto! 18 LUGLIO 2007 – GRAND CANYON – Oggi niente macchina, ma giornata di relax nel parco del Grand Canyon! Abbondante colazione al Red Feather Lodge dove prendiamo anche frutta, yougurt e pane per il pranzo. Di buon’ora siamo al G.C. Village dove lasciamo l’auto per prendere la navetta rossa. Scendiamo a “The Abyss” uno dei numerosi punti panoramici e percorriamo a piedi alcuni chilometri del Rim Trail vedendo le gole e le formazioni rocciose cambiare forma e prospettiva (sentiero facile, tutto in piano, ma attenzione a scivolare perché il passaggio è strettissimo, senza barriere, e passa proprio a filo del dirupo). Nei sentieri ci imbattiamo anche in una famiglia di cervi che, nel silenzio, si lasciano anche avvicinare e fotografare, WOW! Evidenti e ben spiegati nei view points gli strati di sedimenti testimonianza delle diverse ere geologiche.

La giornata è limpidissima, quindi possiamo godere di uno splendido panorama, impossibile qualsisi decrizione verbale. Da vedere. L’unico aggettivo che trovo appropriato è: IMMENSO.

Alle 13.00 siamo puntualissimi ed emozionatissimi all’eliporto dove veniamo pesati e schedati per il volo. La capienza del velivolo è di 8 persone, pilota compreso, disposti in file da 2,3,3,ma la visuale è ottima per tutti. Breve briefing operativo con Aaron il pilota, scatti di rito, cuffia microfonata, cintura allacciata in 4 punti e via! Decollo istantaneo con virate da brivido. In un secondo siamo già sulla National forest. Alla frase “Ready 2 Jump” ho un brivido…Sotto di noi la foresta scompare e saltiamo davvero nel canyon illuminato ora da una strana luce temporalesca. Favoloso! Mi pare di trovarmi in un documentario del National Geographic. Sorvoliamo il Colorado, arriviamo al north Rim ed al Dragon Corridor, poi giù nella gola tanto da vedere chi sta percorrendo il Bright Angel a piedi(3 gg di cammino).

Il volo “vola” e con immenso dispiacere rientriamo all’eliporto.

Per tutto il pomeriggio il maltempo imperversa (grazie a dio la mattina è stato splendido) e ci dedichiamo agli acquisti nel Maket Place (gli stessi vasetti Navajo finti costano 8USD).

Al tramonto le nuvole si riaprono e ci regalano un fantastico tramonto con molteplici arcobaleno che scompaiono nel canyon. WOW, indimenticabile! Ovviamente lo spettacolo naturale ci fa attardare. Siamo pronti per cena alle 22.00 e tutto è chiuso! Recuperiamo una pizza da asporto e un paio di birre che mangiamo in camera. Ma come possono gli americani perdersi i tramonti per cenare presto? 19 LUGLIO 2007 – GRAND CANYON – ROUTE 66 (SELIGMAN, KINGMAN) – HOOVER DAM – LAS VEGAS.

Sveglia all’alba perché, tanto per cambiare, i chilometri da percorrere oggi sono tanti.

Colazione veloce in hotel, poi sulla I40 via Williams, uscita Hystoric Route 66 dove, dopo pochi chilometri, nel nulla dell’Arizona, ci troviamo a Seligman paesino al quale, indubbiamente, si sono ispirati gli autori del cartoon Disney Cars.

A beneficio dei turisti nostalgici: poche case, alcuni negozietti di souvenirs Route 66, alcune auto anni 50 e un’autofficina con vecchie pompe di benzina.

La proprietaria di uno dei negozietti è, guarda un po’, italiana. Classe 1927, padre trentino, madre monzese (come noi), nata in Messico ed emigrata in cerca di fortuna in Arizona. Poiché le chiacchiere vanno per le lunghe, ci offre un caffè (purtroppo americano) nell’attiguo barber shop in stile ‘50 confidandoci con grande rammarico che la sua peggior pena è avere scordato il tanto amato accento italiano della mamma (il padre ovviamente parlava tedesco). E pensare che mi ero fermata solo per comprare una targa! Gli altri paesini lungo la Route66 sono tristissimi, soprattutto Peach Springs, riserva indiana con baracche e roulottes fatiscenti.

Per pranzo siamo a Kingman dove ci fermiamo in un locale stile Happy days MR D’Z che Sergio finisce per adorare. Divanetti rosa shocking e interni verde caramella. Cameriere simpaticissime modello pink ladies, alle quali manca solo la Big Bubble col pallone. Juke box di rito. Ci convincono a tutti i costi bere la birra “Home made” e ci mostrano anche la foto della celebre presentatrice di talk Show Opra (la locale Maria de Filippi) che la beve. Ma è tremendamente dolce, imbevibile, sa di cicca! Optiamo quindi per una più conosciuta coca cola.

Ordiniamo due NY steak. Pessima idea perché ….SONO BUONISSIME!!! Le migliori sino ad oggi. Servite con calamaretti fritti (chissà perché), patatine ed insalata. Pessima idea perché … Diventerò 1000 chili!!! Divoriamo tutto e qui, davvero, la mancia ci vuole e abbondante! Nei pressi della Hoover dam l’autostrada per Las Vegas è in costruzione, e quindi il traffico è deviato sulla diga stessa, che segna altresì il confine tra Arizona e Nevada.

La diga, con i suoi 200 e passa metri di altezza è davvero imponente, ma quando arriverete a Las Vegas scoprirete perché. La città del gioco e del peccato, una cattedrale nel deserto, consuma infatti centinaia di migliaia di litri di acqua e kilowatt di energia forniti appunto dalla Hoover Dam. Dato il periodo di forte siccità il livello del lago è molto al di sotto della linea di media.

A Boulder City il navigatore segna ancora 25 chilometri alla meta, ma in pratica siete già a las Vegas. La città è infatti in continua crescita sia nella periferia fatta da migliaia di prefabbricati identici, sia lungo la Strip con centinaia di cantieri per realizzare Hotel-Casino sempre più abbaglianti. Gli hotel storici old ’50 (come il Frontier che ha chiuso proprio ieri) vengono acquistati dai nuovi colossi del mercato immobiliare e dell’industria del gioco d’azzardo e trasformati in perle di modernità, lusso e sregolatezza.

Scegliamo di alloggiare allo Stratosphere per soli 35 USD a notte. In molte relazioni questo hotel è stato denigrato. Certo non si tratta dell’apice del lusso, ma le camere sono pulite (né più né meno di altre viste sino ad ora) e l’hotel è facile da trovare! La tessera club che consente l’accesso in piscina ed alla torre panoramica con luna park costa 5 USD. Il free parking multipiano è gratis, e nessuno fa caso a voi, nemmeno negli altri hotel della Strip. Se quindi volete sfuggire al caldo massacrante per fare il giro della città potete prendere l’auto e sgamuffare in qualche parcheggio. Il check in è un po’ lungo, ma se si considera che le camere sono migliaia è normale! Passiamo il resto del pomeriggio in piscina al 18° piano, poi al tramonto ci incamminiamo a piedi (suicidio!) per la Strip devo si procede in media con 1 litro (di acqua) al chilometro: bevi e la sudi tutta, pipì niente! Al Venetian ci sono un sacco di spose…Che bello, che invidia! Anch’io avrei voluto portare il mio fantastico abito così da ricelebrare il rito in una delle tante wedding chapel, e poi andare in giro per la strip e fare un figurone (non come alcune coppie che vediamo in giro Lui modello Elvis/Cow Boy e Lei cicciona a meringa) …Ma il vestito faceva troppo volume (e peso) in valigia … UFFA! Dopi il Venetian con tanto di campanile di San Marco, canali, gondole e gondolieri che cantano “O sole mio” con accento yankee, le fontane del Bellagio che incantano, le cazzus di sirene di Tresaure Island (che hanno rimandato lo spettacolo 3 volte dopo un ora di attesa ed un bordello di gente per “le conizioni dell’aria ??!? avevano le scalmane come le vecchie? … Fancu! … Che se ne vadano un po’ a stendere!) …Siamo cotti e praticamente già all’indomani! 20 LUGLIO 2007 – LAS VEGAS – Oggi giornata comoda, di svago.

Prima di tutto ci facciamo furbi e compriamo il biglietto 24 ore per la monorotaia che ti porta allegramente in giro per i Casino della Strip, sfuttando anche tutti i passaggi/tunnel dei Casinò col freschino dei condizionatori!! Il giorno passa in sordina tra un po’ di shopping, passeggiata nei vari Luxor, Mirage, MGM ecc …Ognuno con la sua attrattiva e particolarità. La tigre al mirage è tenerissima anche e fa tristezza vederla in gabbia. PS: non è bianca ma normale.

Las Vegas può piacere o meno, dipende dal punto di vista. La ricerca dell’eccesso mette a volte un po’ di tristezza.

Molti avventori sono davvero un po’ sfigati, incollati alle macchinette nell’illusione di trovarsi davvero a Parigi, NY, Venezia, ma non realizzano il loro sogno di vittoria anzi, danno magari fondo a tutte le loro (poche) risorse economiche scivolando ancora di più nell’abisso cui spingono anche tutti i vizi della città.L’altra Las Vegas è fatta invece di lusso ed eleganza, icone vecchia maniera, a volte sfacciate,ma indubbiamente affascinanti (come il Bellagio con le sue fontane che da sole meritano la visita della città).

La sera è uno sfavillio di luci! Sfoderiamo l’abito da sera per giocare al Bellagio. Investimento USD 70 (ho il braccino, e poi è solo per divertirsi). Gioco Black jack (Adoro il black jack e poi …È l’unico che un po’ capisco). Bilancio finale: – 10 usd: Ila: guadagnati altri 70 usd in 2 ore(mi capitava spesso di fare 21 anche se chiedevo un’altra carta col 19!!!! Mi sa che si chiama c…) Sergio: persi 80 usd in 10 minuti…

Ma per una serata al tavolo da gioco di Mr Ocean ne vale la pena! Peccato, anche qui, l’aver saltato il giro il Limousine…Lasciatevi tentare, non ascoltate il maritino! La serata continua tra follie varie per concledersi con una puntatina alle slot e l’acquisto del Fat Thuersday, un margarita gigante (2litri?) con tanto di shot di tequila in un bicchiere a forma di Stratosphere … Tutto il resto è buio fino al mattino successivo… 21 LUGLIO 2007 – LAS VEGAS – DEATH VALLEY-VISALIA (via green horse mountains) Ci svegliamo presto e ci prepariamo a lasciare Las Vegas ancora semideserta (se si esclude qualche incallito giocatore che bevendo whisky e fumando è ancora alla slot per cercar la tanto sperata fortuna, ma sono le 6.30!!! com fai a bere whisky) popolata solo dagli omini delle pulizie che cercano di porre una soluzione al caos dei bagordi serali e pochi croupiè stanchi che guardano storto quelli che ancora non mollano il tavolo della roulette. Anche la reception è deserta, quindi non ci resta che fare il self express check out lasciando la key in un ciotolone con modulo accompagnatorio.

Recuperata la dodge al multipiano facciamo scorta di acqua acquistando per pochi dollari anche un frigo di polistirolo che riempiano con 4 Kg di ghiaccio. Lo so che è ridicolo, ma l’attaversamento della famigerata Death Valley mi spaventa un po’ e mi sa di vera avventura. Quando chiedo di prendere anche dell’acqua per il radiatore mio marito rifiuta e, soprattutto, mi guarda storta. Non so ancora il perché. Ma le macchine ce lo hanno ancora il radiatore col tappo? Per evitare di arrivare nella Death Valley a mezzogiorno (temperature fino a 50°) siamo subito in marcia destinazione Fournace Creek (MMMM…Che bel nome!). E’ inquietante! La HWY 95 cha parte da Las Vegas affollatissima diventa man mano deserta, per chilometri e chilometri siamo l’unico veicolo sulla strada (speriamo non si fermi l’auto) e alle 9.00 ci sono già 42°.

All’ingresso del parco non c’è nemmeno il Visitor Center, ma solo una fee area self service dove (in teoria) va pagato l’accesso al parco (non se hai il pass). Il panorama è un deserto totale, giallo e ocra giù, blu in cielo. Ci fermiamo a Zagrebelsky Point: inquietante. Il silenzio, soprattutto, mi fa paura. E il nulla, così netto. Presto però un gruppo di harleysti interrompe questa strana illusione con il rombo di decine di motori. Si fermano alla ricerca di un po’ d’ombra sotto la tettoia di una casupola che funge da restroom, ma con poco successo.

Stante il timore di rimanere in panne (e il terrorismo diffuso dalla brochure del parco che racconta di due sposi morti sulle dune per fare delle foto), decidiamo di non andare fino a Scotty’s Castle.

Bedwater Basin (altro bel nome!), un deserto salato con immense formazioni di sale cristallizzate, e Furnace creek sono entrambe sotto al livello del mare. E PENSARE CHE QUI UNA VOLTA C’ERA UN LAGO! Incredibile come anche il mondo cambi forma! A furnace creek ci sono anche 2 hotel, e 1 campeggio con tanto di campo da tennis (ma chi e’ il matto che gioca con ‘sto clima!!!) oltre ad una pompa di benzina dove il carburante costa quasi 1 dollaro in più al gallone… d’altronde è l’ultimo distributore per chilometri, meglio approfittare! L’omino del distributore non esce dal Gabbiotto condizionato manco morto, ti devi arrangiare mentre le suole delle Puma ti si sciolgono a contatto con l’asfalto! Riprendiamo la strada diretti ad Olancha che, nonostante le apparenze è ripidissima anche a 2mila tremila piedi. Passiamo per Send Dunes. La Dodge fatica di brutto (oddio! Non esploderà il radiatore vero?). Da Olancha il Sequoia National Park dista circa 100 Km in linea d’aria, ma non c’è strada che valichi la sierra con monti e cime anche sopra quota 4mila, bisogna aggirarle! A questo punto la novità del giorno: non ci accorgiamo che Garmin sbaglia strada! Al posto che fare la più breve via in autostrada che da Bakerfield porta a Visalia, si arrampica per la HWY178 poi HWY155…In montagna, tra laghi e paesaggi mozzafiato, ma è una strada tutta curve e …Passione per la guida (una palla con il cambio automatico!). Il paesaggio cambia in continuazione: dal deserto, alla foresta di Joshua Tree al lake isabela, alle sequoie ed alle conifere a 2900 metri di altitudine. Dopo il passo di nuovo le conifere scompaiono, il paesaggio si fa collinare, più dolce, ed eccoci in California!campi, frutteti, Vigneti e ranch dopo ranch siamo nella tranquilla cittadina di Visalia capitale della Regione.

Siamo sfiniti e l’Hotel prenotato, il Lamp Litter Inn è davvero un piacevole sorpresa per l’accoglienza, la bella e grande piscina, le camere che affacciano sul giardino ed un ristorantino/grill interno davvero niente male! Siamo gli unici clienti e il locale da fuori non pare molto invitante. Le fajitas invece sono squisite così come il pollo servito su un letto di … Spaghetti! Incredibile Ho scoperto il chicken fettuccini del quale non avevo mai sentito parlare e che praticamente da oggi mangerò quasi ogni sera! 22 LUGLIO 2007 – VISALIA – SEQUOIA N.P. – SAN FRANCISCO Il relax di ieri sera ci fa sentire molto carichi, pronti per la Montagna! Starbucks di rito dopodiché in 40’ siamo all’ingresso del parco e dopo 25’ alla Giant Forest (Appena fuori dal parco tanti alberghetti tipici che potrebbero costituire un’alternativa valida al pernottamento a Visalia).

Iniziano a vedersi le prime Sequoie giganti, tanto grosse che non c’è grandangolo che tenga, NON CI STANNO! Facciamo brevi tracking (hops! Hicking!) per vedere General Sherman, la Sequoia caduta, la Sequia galleria, ecc…Bello godersi il parco in santa pace, i ranger sono anchessi gentilissimi e cordiali! Dopo un breve pranzo (sanissimo!) a base di pollo e patatine fritte lungo la HWY180 tra valli e panorami via Fresno ci dirigiamo a San Francisco.

Arrivati alle porte della città una sola costante ad attenderci: UN TRAFFICO BESTIALE! 40 chilometri di coda per arrivare al Bay Bridge. Va bene che è domenica, ci sono pure gli oleandri come spartitraffico … Ma cos’è, ho sbagliato strada? Mi trovo al rientro domenicale da Spotorno a Milano? Siamo anche bloccati in coda su una freeway e per giunta in riserva sparata, che figata! Ci manca poco per dover spingere la macchina, ma fortunatamente vediamo un’uscita e dopo un po’ di vagare troviamo un distributore, ma che zona malfamata! Non mi accettano nemmeno la carta di credito (non so che quartiere sia) e la tipa che accetta solo cash in advance se ne sta rintanata in uno stanzino blindato dietro le sbarre come alla Cariplo negli anni ’70! Che brutta immagine! Arrivimo al Bay Bridge che sono circa le 17.00 quando, improvvisamente, una strana nebbia ci avvolge! Sembra Milano ad ottobre. In un primo momento la città mi sembra triste.

Il Buena Vista Motor Inn in Lombard street non è il massimo (ha una finestra che affaccia sul muro di fronte), ma è uno dei pochi ad avere il parcheggio coperto compreso e poi è comodo per la visita della città. Unico problema: appena scendo dall’auto (con le infradito) …Fa UN FREDDO BECCO!!!! Mi guardo attorno e l’incubo prosegue: la gente è tutta imbacuccata manco fosse la vigilia di Natale! Passato lo sconforto iniziale e dopo una doccia bollente, rincuorati dal personale al desk che ci assicura del fatto che il freddo passa, raggiungiamo a piedi il Fisherman Warf dove al Buena Vista, una specie di pub che si chiama guarda caso come l’hotel, siamo appena in tempo (già le 21.30, ma la cameriera fa un’eccezione!!!!) per ordinare le ormai famose chicken fettuccini…

Complice il freddo decidiamo che alla vita notturna per oggi si rinuncia.

23 LUGLIO 2007 – SAN FRANCISCO – Alla luce del giorno la città ha tutto un altro aspetto. Per quanto insolito la proverbiale bruma ha lasciato il posto d una magnifica giornata di sole allietata altresì dall’ottima colazione a base ci croissants (e non i soliti muffins) offerta dall’hotel con abbondante succo.

Lungo la strada che costeggia la baia moltissimi corrono (qui c’è anche meno gente obesa), tantissime le auto decapottabili, tantissimi gli uomini “in rosa” e le galleria d’arte.

Se come noi avete poco tempo a disposizione e vi limiterete alle sole zone più note, san Francisco è facilmente visitabile a piedi e con gli immancabile Cablecar. L’orientamento è molto semplice e la camminata è davvero piacevole. Spesso alla fine di una strada vi imbattete in una bella terrazza fiorita e poi in una scalinata. Le abitazioni edificate spesso sul ripido fianco della collina sono piccine, a volte con meravigliose terrazze in condivisione con il passaggio pubblico dove in molti fanno appetitosi barbecue. Pur essendo un giorno lavorativo l’atmosfera è rilassata, da domenica mattina. Una città assolutamente vivibile e a misura d’uomo.

Incominciamo la visita dalla tortuosa Lombard Street scendendo poi verso Hyde street dove prendiamo la Cablecar aggrapati fuori (fatelo di prima mattina o vi imbattete in una coda interminabile!) fino ad Union Square. Velocissima capatina alla Levi’s Strauss (il negozio) e da qui a China Town nei cui negozietti (a dire il vero immensi) troverete in vendita di tutto, infine a Nob Hill, North Beach e Telegraph Hill dalla quale si gode una bella vista sulla Panamerica Pyramid. Scendiamo in levi’s plaza dove si trova la sede della famosa industria di jeans ed un microscopico museo sulla storia del celebre tessuto. Percorriamo poi a piedi la fila dei Pier per arrivare al famoso ed affollatissimo Pier39 con numerosi negozietti, ristoranti e la famosa colonia di leoni marini.

Abbiamo la possibilità di scegliere tra un giro in barca fino al Golden Gate e Alcatraz (21 USD PAX), oppure noleggiare una bici sino al Presidio e poi al Golden Gate (24 USD PAX). Optiamo per la prima scelta, facciamo i biglietti, mangiamo al volo un boccone ed alle 14.30 partiamo puntuali. Leoni marini, la celebre “the Rock”, vista meravigliosa dal largo sulla downtown e dopo circa 45’ eccoci al Golden Gate, e senza nemmeno una nube!!!! Unico inconveniente è che mi viene il mal di mare! Scesa a terra sono costretta a stendermi su una panchina. Non ho più la forza di fare nulla, riesco solo a bighellonare per Ghirardelli Square e Fisherman Warf nei cui negozietti il personale è aggressivo tanto quanto i mercanti del souq di Marracheck … soprattutto c’è un vasto mercato di apparecchi fotografici e lenti (macro, grandangoli, polarizzatori di qualità discutibile ed evidente fabbricazione Made in China). Dopo un’aspra trattativa (ma si usa anche qui???) la cui arte deriva da molteplici viaggi in Medio Oriente acquistiamo per pochi dollari un cavalletto treppiede della Samsonite (?? E da quando la Samsonite fa i cavalletti?? L’odore di tarocco si sente forte forte, ma l’oggetto è comodo e utile alla nuova Reflex).

Il museo della marina lo troviamo chiuso.

Per cena dopo la doccia di rito alle 20.00 (non vogliamo trovare ancora la cucina chiusa come al solito) torniamo al pier 39 e scegliamo un ristorante della catena Bubba Gump, liberamente ed ovviamente ispirato al celebre Forrest Gump. Il locale è molto molto commerciale ma simpatico, affacciato sulla baia, con decine di proiezioni del film in contemporanea. Ovviamente il menù è tutto a base di Shrimps così come volle Bubba, il cameriere lo devi chiamare Forrest e per ordinare devi alzare la bandierina “Stop Forrest”, infine il bicchiere-souvenir della birra fine serata lo porti a casa (a far fogna in valigia!).

24 LUGLIO 2007 – SAN FRANCISCO – BIG SUR E LA COSTA PACIFICA – SANTA MARIA – Ieri ci è andata di lusso, oggi la giornata si apre di nuovo con freddo e nebbia. Inoltre aggiungiamo una dose tremenda di traffico per uscire dalla città in direzione sud, soprattutto nei pressi di Stanford e la Silicon Valley. Assistiamo anche ad un inseguimento modello real TV tra un’auto della polizia ed una moto (che alla fine ha la peggio …Poverino!).

A Monterrey percorriamo la HW1 con sosta a Carmel, ma il tuffo nell’oceano preventivato è disincentivato da nuvole, pioggia e freddo (alla faccia del sole della california!). Peccato perché il panorama è davvero bellissimo. Non so perché e per quale strana associazione di idee mi sembra di essere a Las Terrenas a Santo Domingo.

Percorriamo altri cento chilometri quando finalmente il vento porta via le nuvole ed il sole vela un paesaggio incantevole: tutto è ancora intatto, non ci sono quasi costruzioni, un unico susseguirsi di scogliere/onde/spiagge. Ci fermiamo a Big Sur ed al Julia Pfeiffer Burn State park (potete anche NON pagare il biglietto, nessuno controlla) con una cascata che si getta direttamente nell’oceano.

Lungo la strada è entusiasmante e meravigliosa la colonia di elefanti marini (come i leoni, ma più grossi e con un abbozzo di proboscide) che trovate al Point Pedras Blancas pochi chilometri prima della deviazione per Hearst Castle. (A proposito dell’Hearst Castle, alla fine decidiamo di NON visitare questo assurdo monumento all’opulenza ed all’ambizione, copia scimmiottata di ville europee in piena California con tanto di statue greche, capitelli corinzi e torrette moresche. Tanti saluti al caro Sig. Hearst ed al balzello di 24 USD che pretende!!! Il bello è che c’è un sacco di gente che paga! A me solo la foto mi ha fatto passare la voglia, Mah!) Sempre troppo freddo, quindi anche a pismo Beach niente bagno nell’Oceano. Tiriamo dritto fino a Santa maria, 250 chilomtri prima di L.A. Dove pernottiamo per evitare di arrivare a L.A. In piena ora di punta serale. Il motel Rose Garden Inn e la stessa Santa Maria non hanno pretese e permettono di non pagare conti salati come a Santa Barbara o Pismo. Lungo la strada vediamo un negozio di moto che tratta abbigliamento alpinestars e, con estrema sorpresa del titolare che trova insolita la presenza qui di due italiani, acquistiamo un po’ di magliette ecc… (ottimo affare!) peccato che sia già ora di chiusura (le 18.30???) A Santa Maria tutto sa un po’ di “entroterra e periferia” quindi per cena non cui resta che organizzarci a Wal-Mart dove compriamo un po’ di Corona, una mega-pizza da Pizza Hut da portare in camera e il necessario per la colazione. (Una scena triste è aver incontrato una famiglia messicana che dopo aver odinato 8 pizze e scoperto che costavano 150 USD è scappata via …Effettivamente 150 dollari per 8 pizze è tantino…Noi ne mangiamo una in due margherita, in USA si ha l’abitudine di prenderne una ciascuno farcita all’inverosimile).

25 LUGLIO 2007 – SANTA MARIA – LOS ANGELES – Non sentiamo la sveglia (caz…) e ci svegliamo solo alle 9.30. Tardi per tardi con l’ormai ultra sperimentato coffe maker prepariamo il caffè e facciamo colazione con calma, poi partenza destinazione L.A. Ci sembra passata una vita da quando 10 giorni fa siamo partiti da LAX. Con Garmy (per fortuna!) la vità è facile, altrimenti la città sarebbe un intrico di autostrade a mille corsie, viadotti, freeway con 3 o 4 svincoli sovrapposti, insomma un vero casino della viabilità. Come all’andata, pur essendo mezzogiorno e non l’ora di punta, siamo incolonnati in un ingorgo. Siamo già a Los Angeles (i cartelli indicamo Hollywood) me per arrivare a destinazione mancano ancora 70Km. Questa città di città è davvero enorme e pazzesca! Scegliamo di pernottare al ramada hotel di el segundo, 10 km da venice, 25 da Hollywood, ma 1 dall’aereoporto, e quindi comodissimo per la levataccia che dovremo subire fra 3 giorni. Inoltre l’Hotel ha un fantastico servizio, parcheggio comodo, ed un’ottimo ristorante.

Per pranzo andiamo a Venice Beach. Che bello, finalmente un po’ di sole e mare. La spiaggia è immensa ed affollatissima, sembra di stare per davvero nel set di Baywatch (anche i lifeguard e i poliziotti sono identici a quelli del telefilm … Girano con il salvagente siluro e vanno su e giù per la passeggiata che osteggia la spiaggia in bicicletta). Oltre l’immensa spiaggia campi da basket, piste per rollerblade e bicicletta, palestre all’aperto. Per mia fortuna ci sono molti più “tipi da spiaggia” che viceversa, ci sono invece tantissime “tate” sudamericane con 5/6 bambini della L.A. Bene cadauna.

Rimango affascinata da Venice Beach, dalle case sulla spiaggia con megavetrate sull’oceano, dalla vita che si trascorre prevalentemente in spiaggia. Mi piacerebbe davvero vivere in un posto così.

Verso le 17.00 doccia veloce in hotel e poi ci dirigiamo ad Hollywood e a Beverly Hills. Parchegiamo per una cifra ragionevole all’Hollywood & Highlands vicino ad Hollywood Boulvard. Facciamodu passi lungo la walk of fame dove ciascuno può cercare la sua star preferita, poi al Kodak Theatre ed al Chinese Theatre per ricalcare le impronte di mani e piedi dei propri idoli (a ciascuno il suo). Alla scritta Hollywood, anche se vi dicono di no, si puo’ arrivare, occore salire da Mulholland drive (vedi domani). Ripresa l’auto in pochi minuti siamo nell’ordinatissima, ricchissima e verdissima Beverly Hills dove mi sorprendo a cercare la casa set del telefilm della mia adolescenza (leggasi Beverly hills 90210, ma credo che in realtà non esista).

Rodeo drive è un po’ come la Via Montenapoleone locale, oltretutto il 70% delle prestigiose boutique è di griffe italiane. Peccato però tutti i negozi chiudano alle 18.00 (incredibile, non riesco a spendere!).

Ceniamo in un locale messicano a Santa Monica dopo aver fatto due passi tra il molo e le vie cittadine e negozi aperti fino a tardi. A l.A. Si possono finalmente abbandonare chips and steak e godere dell’abbondante e varia cucina internazionale. Non so perché ma mi sembra di essere a Milano Marittima, devo smetterla con tuti questi paralleli!!!! P.S. Nonostante le aspettative non abbiamo affatto trovato L.A. Una città pericolosa.

26 LUGLIO 2007 – LOS ANGELES (UNIVERSAL STUDIOS E HOLLYWOOD SIGN) – Trattasi di unica richiesta di mio marito nella pianificazione del viaggio: la visita INDEROGABILE degli Universal Sudios. Per quanto mi riguarda non è stata così fantastica, quindi è meglio ch trasferisca il parere di Sergio e non il mio (avrei preferito un’altra giornata a Venice, in fondo noi abbiamo Gardaland! Oppure avrei dato priorità ai Warner Studios dove c’è un po’ meno parco divertimenti e un po’ piu’ didattica del cinema).

Comunque: se avete l’spettativa di visitare davvero degli studi cinematografici rimuovetela! Trattasi di parco divertimenti (le GGGGIOSTRE AAARGH!!!) al 100%. Dei capannoni ancora effettivamente usati per le riprese non vedrete nulla (e io che credevo di accedere ai set in uso!) e se sperate di poter camminare piacevolmente in qualche vecchio set dimesso (Psyco, Murder she Wrote, Fast and Forious, Lo Squalo, ecc) … Bhe’ SCORDATEVELO! Ai set accedete solo con apposito pullmino super organizzato con tanto di autista ciumbrone, sorriso finto entusiasmo finto e dal quale NON si scende MAI!!! A parte questa doverosa premessa. La visita comunque vale, soprattutto per tutto quello che concerne il mondo degli effetti speciali, soprattutto quelli col fuoco: in alcune attrazioni li vedrete ricreati ad hoc, in altri la “scatola magica “ del cinema vi sarà aperta e svelata (centinaia di film ambientati nell’oceano sono stati girati nello stesso stagno, oppure enormi transatlantici sono in realtà barchette di cartone in un pozza… Ritorno al futuro, per chi come me ha 30 anni vi farà tornare bambini, la mummia vi terrorizzerà, Terminator è divertente … vabbè dai, andateci che è bello con un’organizzazione perfetta, ci sono anche gli armdietti porta oggetti a lettura dell’impronta digitale, troppo avanti la vorrei per casa mia! (Inoltre in moltissimi alberghi trovate il coupon di sconto di 10 USD!!! Da 61 a 51. P.S. Il frontline pass non serve a niente! Così come il Vip parking che è 50 metri vicino all’altro normale, ma costa 20 dollari e non dieci).

Alle 18.00 incomincia la mia missione “Hollywood Sign”. Io sono certa che ci si possa andare, primo. Secondo sono certa che ci sia un posto, con una specie di terrazza, dal quale si vede L.A. Dall’alto (per intenderci quell’immagine che in Melrose Place apriva tutte le puntate). Ad un certo punto una luce: ma certo! Mulholland Drive (come quel film senza senso, lo avete mai visto io non l’ho ancora capito,ma mi ricordo il titolo) ! Altrimenti perché sarebbe così famosa? Così come il film anche la ricerca di Mulhollad Drive è un giallo: laddove il GPS vede una strada sopra la collina, nella realtà c’è un cancello … Sergio dandomi per pazza sta già facendo inversione, ma io sono fissata e scendo dalla macchina per guardare tra le sbarre… Ed eccola, la terrazza e la strada che continua! Sto per scavalcare quando vedo il classico runner Hollywoodiano (3 borracce con tanto di cannuccia, cardiofrequenzimetro, ipod, braghetta hi-tech) che entra da una minuscola porta laterale (???) di …Un parco! Hanno chiuso la strada e si può accedere solo a piedi alla sommità di hollywoodland, proprio sotto l’hollywood sign e sopra alla Down Town L.A. Ho scovato davvero un bel posticino, il tramonto è altresì stupendo. Brava! Unica pecca: il runner che ha insistito per scattarci delle foto facendoci perdere mezz’ora … Inutile spiegargli che avevamo il cavalletto! Tra una cosa e l’altra è tardissimo, meno male che al ristorante del Ramada ci cucinano comunque qualcosa (il ristorante è chiuso, ma ci fanno accomodare al bar per i “soliti” chicken fettuccini).

27 LUGLIO 2007 – LOS ANGELES – HONULOLU – Levataccia per il volo che è alle 9.00, ma dobbiamo fare i soliti mille controlli (tra cui togliersi le scarpe, uffa!) e restituire la macchina e il fidato Garmin (senza sarei morta, me lo voglio comprare!).

Verso mezzogiorno siamo a Honolulu e già in aereoporto l’atmosfera è tutta Hawaii: Hula in sottofondo, collane di fiori, aereoporto con sale d’attesa all’aperto … Mi sto già rilassando col pensiero … Arriviamo ad Waikiki con una navetta a 9 USD (il bus 19 da USD 2 non vi fa salire con le valige!). Abbiamo prenotato all’ Ocean tower, vicino al Queen Kapiolani Park, uno fra i più ecomomici, ma funzionale e con una bellissima stanza fronte mare affacciata sulla bella spiaggia.

Waikiki è strana, con grattacieli che si sposano perfettamente con surfisti, gente che cammina scalza, moltissimi giapponesi, locali alla moda, americani in vacanza, popolazione locale dalla fattezze inconfondibili, ma non è altro che la porta delle Hawaii. In pochi chilometri da Ohau e immediatamente nelle altre isole tutto cambia, siete finalmente nel Paese di Aloha, e rimane a far da padrona una natura selvaggia ed unica, dominata dalla forza del mare e da quella del vulcano dove l’uomo non è che una parentesi.

In attesa che la stanza si liberi (non prima delle 15.00) facciamo un giro per capire come muoverci nei giorni successivi: con il motorino è un suicidio, troppo traffico e non si può andare in due, soprattutto sulle autostrade! E poi l’isola è davvero grandina per un cinquantino. La moto ha tariffe inarrivabili (150 usd al giono). La cosa migliore sarebbe stata noleggiare un’auto in aereoporto, ma almeno così abbiamo risparmiato un giorno di noleggio. Al Paradise Rent a car non hanno a disposizione veicoli, solo una scassatissima Kia Rio, ma in fondo in fondo…Chissenefrega, per 30 USD al giorno va più che bene! Trascorriamo il resto del pomeriggio a waikiki Beach, non troppo affollata di surfisti poiché in agosto le onde non ci sono! Comunque i soliti ostinati del surf ci sono, camminano con la tavola sui marciapiedi e la sera continuano nel loro surfare illuminando la spiaggia con torce. Ovunque scritte giapponesi e persone giapponesi, ogni tanto vi chiedete che paese sia.

Per la cena, qui è tutto carissimo, riusciamo comunque a scovare un’ottima steak house “Galaxy” dove mangiando dell’ottima carne spendiamo circa 20 USD in due. Molteplici i ristoranti etnici, ma costano un botto.

28-29-30 Luglio 2007 – OHAU GIRO DELL’ISOLA – 1° GIORNO Colazione a buffet in Hotel. Alle 9.00 il tipo del rent A CAR CI CONSEGNa puntualissimo l’auto prescelta. Le autostrade attorno ad Honolulu sono molto trafficate, quindi ci impighiamo un po’ a trovare la HW61 che ci porta al Belvedere. Purtroppo il tempo sull’isola è una vera incognita e spesso cambia repentinamente. Dal Belvedere verso sud si vede il bello, qui è pieno di nuvoloni. Sotto una pioggerella sotile ma insistente visitiamo il Boodoin Temple (giapponese).Appena spunta un raggio di sole i precipitiamo alla bella Lanikai beach per un bagno nell’Oceano. Facciano poi rotta verso la costa est con diverse ed incantevoli insenature. Saliamo al faro e facciamo ritorno a Waikiki con tanto di traffico impazzito per un concerto di musica tradizionale. Per fortuna la tipa dell’hotel è clemente e ci fa parcheggiare dentro! 2° GIORNO Direzione Northshore con sosta alla Dole Plantation dove troviamo uno dei più grandi labirinti del mondo. Il labirinto classico (per intenderci quello con le siepi) è una delle cose che mi ha sempre affascinata sin da bambina ed è un’esperienza che non avevo mai provato. La Dole organizza una specie di gioco che consta nell’individuare otto stazioni nascoste, in palio un succo d’ananas. Personalmente mi sono divertita un sacco.

Sappiamo che una delle spiagge di North Shore è il set di Lost, ma non sappiamo quale, per cui facciamo sosta in ogni anfratto. Finalmente troviamo a Mukuleia la mitica “Spiaggia di Lost”. Dopo una sosta bagno/sole ci avventuriamo a piedi per vedere se torviamo qualche altro dettaglio interessante, ma una coppia di agguerriti pitbull a guardia di un’area recintata (probabilmente asservita ancora a set) ci fanno cambire idea. Tappa a Wailiua per un tuffo ed il solito spuntino american/hawaiano atomico. Pomeriggio nell’incantevole Sunset Beach dove però non rimanimo molto causa imminente ustione… Optiamo per una passeggiata tra le orchidee ed un tuffo nel laghetto con cascata nel parco alle spalle di Waimea Beach (anche qui set di Lost). Al ritorno verso Waikiki percorriamo la Hw63 con fantastici panorami delle verdi e lussureggianti montagne di Hoau che si gettano in mare (usate come set di jurassik park). La sera mangiano al Chili’s e in vena di spese folli acquistiamo un po’ di costumi Hawaiani ed una memory nuova per la macchina fotografica…Abbiamo fatto più di mille foto! 3° GIORNO Di buon ora optiamo per la salita alla Diamond head, il cono del vulcano spento che sovrasta Waikiki. L’hicking è difficoltoso e faticoso, soprattutto perché interamente sotto al sole, ma ne vale la pena poichè il panorama su Honolulu è impareggiabile. Al ritorno non possiamo non mangiare il tipico granitone/ice cream locale. Lo chiamano gelato, ma è una vera e propria granita dolcissima, tre gusti tre colori psichedelici, che tra l’altro attira interi sciami di vespe! P.S. Per arrivare al sentiero parcheggiate fuori dal tunnel e fate il pezzettino di strada a piedi cosi’ da risparmiare 5 euro. Altra cosa a Waikiki le Limousine sono tutte vecchissime…

Verso mezzogiorno arriviamo ad Hanauma Bay che è bellissima, ma purtroppo troppo, troppo affollata. Inoltre essendo parco nazionale devi obbligatoriamente sorbirti una proiezione di 15 minuti per la spiegazione dell’importanza della preservazione dei coralli. Peccato che poi, arrivati nella baia, vedrete famiglie americane compiere ogni sorta di scempio a danno di pesci e fondali! Dovrebbero vietare la balneazione a che entra con materassini, pinne, palloni e tavole da body surf trascinate sui coralli!!!! Per l’ultima cena ci concediamo aperitivo ed ottima grigliata sulla terrazza del Tiki Restaurant, ottima!!! 31 LUGLIO 2007 – OHAU – KAILUA KONA – Ore 5.30 sveglia e taxi puntualissimo per portarci con 35 USD all’aereoporto (la navetta in tale orario non presta servizio). Il volo prenotato è alle 8.00, ma essendoci due posti sul volo delle 7.00 alle 8.00 siamo già a Kona Island e possiamo goderci l’intera giornata. Qui ci concediamo un piccolo lusso e per i giorni di vacanza che ci rimangono noleggiamo con la solita Thrifty una Jeep Wrangler 3.0 alla quale togliamo immediatamente il tetto ed i finestrini e guidiamo in costume da bagno (vabbè da veri tamarri). 1° Tappa un sito dal nome difficilmente pronunciabile (PU’UHONUHOANAMAU o giù di lì) bellissimo sito hawaiano con splendide sculture lignee realizzato tra mare e roccia nera. Da lì alla stranisima Black send Beach dove la sabbia è nerissima come il petrolio e lucida come una perla nera. Sosta in uno sperduto paesino fuori mano ed alle 14.00 siamo già al Vulcano Village base d’accesso al Vulcano NP. Piove a dirotto e la cittadina (poche case in realtà) sembra un paese fantasma. In effetti ad accoglierci ala Pali Uli Guest house non c’è nessuno! Dopo numerosi tentativi di bussare ala porta conclusi senza risposta finalmente qualcuno mi apre , come al solito, è troppo presto, il check in è alle tre! Inoltre il Check in lo devo fare alla guest House più avanti (ma scusa, io che ne so?). Comunque andiamo all’altra Guest house (togliamo le scarpe, come d’obbligo alle Hawaii) e anche qui…Nessuno! Quando notiamo una busta con il mio nome, contenente le chiavi e la mappa e le istruzioni per la Guest house… Giuro che mi sembra un film dell’orrore! Torniamo a Pali Uli, entriamo con le chiavi perché il proprietario è sparito e seguendo la mappa allegata troviamo quella che dovrebbe essere la nostra camera. Sembra un cottage inglese, con lettini di ferro battuto, accappatoi, cioccolatini, libri … Carinissimo nonostante l’approccio inquietante! Preoccupante il piumone sul letto, in effetti a tremila metri la sera fa freddino…

Al visitor center il classico ranger ciumbrone ci informa (ma UFFA!!!!) che attualmente non è in corso sono colate laviche che arrivano direttamente in mare (finita una settimana fa, che sfiga!) e quindi non sono visibili dalla costa. E’ comunque in corso una colata lavica, in zona non accessibile se non con un hicking riservato di due giorni, oppore con un tour in elicottero (ma dai? Non l’avrei mai detto!). Che sfiga con le Hawaii: niente onde e niente vulcano in eruzione, devo proprio tornare??? Ci godiamo il parco senza lava, soprattutto il bellissimo lava tube nel quale potete anche avventurarvi in un lungo tunnel non illuminato (portatevi la torcia). Molti sentieri scendono lungo la caldera del Kailua dove sono attivi centinaia di fumaioli e l’aria ha un intenso odore di zolfo. Percorrendo la crater route scendiamo fino al mare e più precisamente sin dove la strada si interrompe perché inghiottita da una recente colata lavica. Attendiamo l’arrivo della notte e in alto il cielo è tutto un bagliore rosso. La colata lavica c’è, ma a 15 km dalla costa e non raggiungibile a piedi! Torniamo a Volcano village, cena in tipico ristorantino e, dato il freddo,doccia bollente e piumone! 1-2 AGOSTO 2007 – KHAILUA KONA – 1° GIORNO Sveglia prestissimo. Lasciamo chiavi e documenti nell’apposita cassetta, recuperiamo le carpe gelate e, senza nemmeno parlarne, ci dirigiamo all’aereoporto di Hilo (ovvio no? Per vedere il vulcano attivo l’unico modo è con un altro volo in elicottero, a cifra folle). Nonostante l’idea azzardata pare che nessuna agenzia abbia posto in mattinata. Ci stiamo rassegnando quando un paio di hostess riescono a trovare una soluzione … I posti sono tutti sold out a causa dell’arrivo di una nave da crociera, ma sono le 8.30 e la nave non è ancora in porto, per ui significa che tutte le prenotazioni slittano e si possono aggiungere un paio di voli, quindi ci trovano un buco alle 10.00.

Ok, altri 400 dollari che se ne vanno, ma buoi mettere?? Il pilota è un pazzo maniaco che mi fa ribaltare lo stomaco più volte. I 15’ di volo siamo sopra al cono fumante del vulcano e da una spaccatura ecco fuoriuscire con un immenso getto la lava! Esce ad una velocità impressionante, come acqua da un tubo rotto, e spinge il magma a valle. Il Magma che man mano scende inghiotte tutto ciò che trova sulla sua strada lasciando tutto un deserto annerito attorno. E’ la prima volta che vedo con i miei occhi un vulcano in azione ed è davvero emozionante, indimenticabile così come il contrasto tra la costa nera ed il mare. Atterrati ho bisogno di almeno mezz’ora in aereoporto per far tornare i diversi organi ciascuno al suo posto.

Da Hilo saliamo fino alle belle Akaka falls e da lì percorriamo fino in fondo la costa sino al bel panorama di Wipi’O Point dove un a strada dalla pendenza folle e aperta solo alle 4X4 scende sino a fondo valle dove si trova uina bella e solitaria spiaggia nera.

Nel pomeriggio ci dirigiamo verso la più soleggiata costa di Hapuna Beach. Attraversando la zona di Waimea (sotto al diluvio) non ci sorpende affatto (anche se i fa schiattare dal ridere) il seguente cartello immobilkiare “FOR SALE: RAIN EVERY DAY!!!!).

Alle 18.30 arriviamo a Kailua Kona al Kona Bali Kai ove pernottiamo due notti in un monolocale con cucina, molto carino, abbiamo anche la piscina! Bella l’idea dell’appartamento, e per due giorni ci facciamo anche da mangiare, facendo la spesa al wal-mart dove oltre a cibi american-schifezza (pasta ai funghi precotta e chicken fettuccini in scatola) compriamo anche una serie assurda di cianfrusaglie che costano 3 volte meno che nei negozi Abc store i Ohau! Alle 22.00 quando finalmente riesco a fare la doccia combino anche un grosso casino…Improvvisamente nell’appartamento parte un allarme assordante, non so cosa sia! Alla reception non c’è nessuno. Vado alla fonte del suono assordante e trovo nell’armadio un cicalino, ma perché suona? E Perché non si spegne? Finalmente troviamo un inserviente (oddio sta per esplodere il boiler???) che mi strilla dietro perchè…È l’allarme allagamento!!!!!!!! Ho esagerato a far lago nel farmi la doccia, l’acqua è arrivata nell’armadio e ha fatto scattare l’allarme… 2° GIORNO Ultimo giorno ufficiale di luna di miele prima del devastante viaggio di rientro che decidiamo perciò di trascorrere in tutto relax tra sole e mare. Innanzitutto ci fermiamo lungo la Hw 11 per lasciare il nostro personale ricordo in sassi bianchi sulla roccia nera come fan tutti “Ilaria e Sergio USA Wedding!!!” e poi ci dirigiamo a Waikoloa dove a piedi raggiungiamo la parte più isolata della bellissima spiaggia con mare favoloso e tantissima tartarughe marine! Pic Nic sotto la classica palma, stupendo finchè alle 15.00 attacca a diluviare. Pomeriggio in piscina e la sera, per fortuna, il cielo si riapre e ci regala un fantastico tramonto sul mare …Sorseggiando un aperitivo…ALOHA!!!! 3 AGOSTO 2007 – DA KAILUA KONA A MILANO – Svegliandoci prestissimo possiamo concederci l’ultimo tuffo un po’ depressi a magic sand beach e poi: doccia veloce, valigia, alle 12.00 siamo in aeroporto, lasciamo l’auto, ci imbarchiamo il 3/8 via Honolulu, Via Newark arriviamo a Milano con 12 ore di fuso che è il 5/8 iperrimambiti, mi rompono anche la valigia…..ODDIO la favola e’ finita!!!!! Ma quando si parte ancora????????????



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