Usa tra parchi e città
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Partenza alle 18,30 da Siena alla volta di Bologna dove abbiamo prenotato un hotel vicino all’aeroporto Marconi, comodo, economico e con il grande vantaggio di parcheggio gratuito coperto per tutto il viaggio (hotel meeting, calderara di Reno).
Giorno 1 (Bologna-Los Angeles airport-Brea)
Partenza dal l’hotel alle ore 6 con il taxi, volo Bologna-Heathrow alle 8,15. (British Airlines). Attesa di circa 3 ore e ripartenza per Los Angeles alle 12,25 locali (american Airlines). Entrambi i voli in orario e con aerei spaziosi e con buoni servizi. Ho prenotato molto prima con British pagando solo 400 euro a persona. Atterraggio a Los Angeles international airport in anticipo di circa un’ora. Siamo tutti discretamente lessi, per una volta Roberta mi batte, i ragazzi hanno retto meglio. Sbrighiamo le formalità per l’ingresso negli Stati Uniti ai nuovi kiosks APC e ci dirigiamo alla postazione del primo time shuttle con cui avevamo prenotato via internet un collegamento con la nostra casa, in località Brea (Orange County). Parte del viaggio lo facciamo come home-exchanger con delle persone che hanno la loro seconda casa a Brea, appunto. Lo shuttle , un mini van privato per sette, arriva tardissimo, un’ora e un quarto di attesa, che non è stata vana solo per Filippo, che ha beccato sulla pensilina Boris Diaw, famosissimo giocatore NBA, con cui ha fatto un selfie. Sconsiglio Prime time shuttle, costa meno ma di navette ce ne sono nettamente meno della compagnia Super Shuttle, l’attesa snervante dopo venti ore di viaggio non valeva la differenza in costi. Dopo un viaggio in piena rush Hour arriviamo a Brea alle sette e mezzo, sfiniti ma contenti, anche della casa, un cottage in una via molto americana, curatissima e piena di case di legno con bandiere americane. La casa e’ splendida, ha tutti i confort e ci sistemiamo benissimo. Abbiamo scambiato anche l’auto e ci troviamo piacevolmente con una Dodge magnum con motore hemi da 5700, spaziosissima. Facciamo la spesa da Ralphs dove un simpatico addetto del reparto frutta e verdura di nome vladimir ci spiega, ci fa assaggiare, consiglia.. Insomma tutto l’opposto dell’americano schivo e montato della zona New York-Boston. Qui siamo in California, c’è il sole tutto l’anno e “take it easy” e’ una regola di vita.
Giorno 2 (Santa Monica e Venice)
Partenza alle 10,30 per Los Angeles. Traffico bestiale, provare per credere. Arriviamo a Santa Monica alle 12 e ci dirigiamo verso il mitico Pier. Il posto è molto bello ed animato, la spiaggia bianca larghissima e ci sono le famoso baracchine dei baywatch. Foto di rito al cartello che segnala la fine della mitica ruote 66 e passeggiata sul pontile, souvenir, luna park, temperatura ottimale e atmosfera super. Ci fermiamo a mangiare il nostro pranzo al sacco in punta al Pier, con la presenza di piccioni abbastanza spennacchiati (d’altra parte ci sono ovunque cartelli che avvertono di non dar da mangiare agli uccelli..).ci avviamo a piedi verso un bike Rental (ce ne sono tantissimi lungo la promenade), ma costano un po’ troppo queste biciclette ed essendo in cinque e atletici decidiamo di fare a piedi (come tanti) il percorso di circa 5 Km che ci separa da Venice beach. Passeggiata molto bella, con tante soste foto, tantissima gente che corre o fa ginnastica, gioca a tennis e altro. Arriviamo a venice beach, coloratissimo lungomare pieno di negozi strani e con gente altrettanto strana che vende e suona di tutto..molti musicisti sono clochard, veramente pittoresco. C’è anche una bellissima struttura per skateboard o bmx. Arriviamo all’altezza di north Venice road , la percorriamo, attraversiamo la strada, ancora avanti un poco e sulla destra appaiono i famosi canali che danno il nome “Venice” al posto, un insieme di canali collegati da ponticelli con casine spettacolari e giardini ancora più belli, silenzio…una magia. Torniamo a piedi ripercorrendo il lungomare e arriviamo vicino al Pier con uno spettacolo di ginnasti all’elastico e agli anelli, su cui si cimentano con alterne fortune anche Francesco, Filippo e Matilde. Recuperiamo la macchina e partiamo verso l’osservatorio Griffith. Ci arriviamo che è già buio, parcheggiamo lungo la strada (il parcheggio c’è ma vi staranno trenta auto…) e dopo una piccola scarpinata arriviamo. Una magia di sterminata pianura illuminata con in fondo i grattacieli di downtown..peccato non essere arrivati al tramonto, la cosa migliore è vedere tramonto arrivando al crepuscolo e rimanendo fino all’inizio della notte, per andar via prima delle 21,così è tutto gratuito. Ripartiamo alla volta di Brea stanchi ma soddisfatti per questa bellissima giornata.
Giorno 3 (Los Angeles)
Partenza per Los Angeles, prima meta il museo Getty. Si arriva al parcheggio che costa 15 dollari e si raggiunge il museo tramite un trenino..tutto gratuito, incluso l’ingresso. La parte che ci è piaciuta di più il salone degli impressionisti, che contiene anche i famosissimi Iris di Van Gogh. Il top del museo e’ la struttura architettonica, i panorami quasi a 360gradi su Los Angeles e dintorni e il bellissimo giardino. Tutto curatissimo, bella visita. Dopo il Getty andiamo a Beverly hills. Un consiglio, cercate il parcheggio multipiano su Beverly drive, le prime due ore e’ gratuito e se non avete niente da comprare va benissimo stare al massimo un’ora… se poi state di più per comprare allora vi potete permettere certo anche un parcheggio costoso. E’una specie di Montecarlo-via della Spiga-via Condotti, la Rodeo drive è carina ma niente di più. Abbiamo anche percorso in auto il viale delle ville..quello forse meritava più tempo, e non abbiamo visto le traverse, si intuisce comunque la bellezza del luogo. Ripartiamo alla ricerca di una postazione per fotografare la scritta Hollywood, la troviamo percorrendo la Mulholland drive, che si arrampica sulla collina limitrofa e termina al Runyon canyon, che abbiamo percorso solo un poco e dal quale si gode una splendida vista su downtown… ma dovevamo andare alla walk of fame..quindi via a Hollywood. L’hollywood boulevard e’ animatissimo, forse anche perché è sabato sera, ci sono tutte le stelle, le impronte di mani e piedi vicino al chinese theatre, il mitico dolby theatre dove avviene la consegna degli Oscar, piazzali, souvenir, maschere di personaggi famosi..insomma una bella confusione.. Una tappa immancabile nel nostro viaggio a L.A.. Torniamo a casa ancora più stanchi e soddisfatti.
Giorno 4 (Los Angeles)
Ripartiamo per Los Angeles, un poco più tardi..stanotte ci siamo riposati di più. Usciamo a Convention center e parcheggiamo lungo Figueroa. Poi a piedi verso il mitico Staples center, il palazzetto dove giocano i lakers e i clippers, una delle mete obiettivo della gita per Filippo, amante della pallacanestro e della nba da sempre. Ci sono le statue di Jerry west, Magic Johnson e Kareem Abdul Jabbar,in attesa di quella di Kobe Bryant, appena ritiratosi, simbolo dei lakers e giocatore preferito di Filippo. Cerchiamo una maglietta semioriginale dei clippers per l’amico Daniele , ma quella meno cara costava 300 dollari..quindi niente da fare.. Se volete magliette nba quasi originali a 70 dollari ce ne sono su hollywood boulevard..ad averlo saputo prima quanto costavano allo Staples le prendevamo li…continuiamo la vista di downtown, con molti grattacieli in costruzione e tanti altri molto belli, niente da invidiare a quelli di Manhattan o Chicago, solo di meno. Francesco, Filippo e Matilde, che non avevano mai visto grattacieli, sono estasiati.. Ci dirigiamo verso Broadway e incontriamo la scena di un commercial con tanto di troupe.. Poi passiamo per una bellissima piazza (mi pare Phyllsbury square) e da lì arriviamo a Broadway, piena di banchi di pegni e negozietti, fino ad arrivare al central market, dove ci rifocilliamo nella sana confusione con tipico cibo messicano. All’uscita altra grandissima emozione, il palazzo Bradbury, dove Ridley Scott ha girato alcune delle scene più famose di Blade Runner, quelle che si svolgono dove abita Sebastian, e sul tetto del quale si concluderebbe nella storia anche la vita dell’ultimo replicante, con la famosa frase che inizia con ” ho visto cose che voi umani non potete immaginare..”. Si può visitare l’atrio e salire fino al primo piano, essere lì dove è stato girato uno dei più grandi cult della storia del cinema… Che emozione.. Usciti dal Bradbury saliamo alla Disney concert hall, che assomiglia al Guggenheim di Bilbao..per poi discendere per la grand avenue passando davanti al “the Broad” e al “MOCA” che non possiamo visitare per mancanza di tempo. Mentre scendiamo la grand incocciamo un’altra troupe che gira l’ennesimo commercial. Giunti in basso ci dirigiamo alla macchina dopo una sosta da Macy’s e Pink per le esigenze di shopping di Matilde. In complesso a me downtown L.A. è’ piaciuta, non ci sono tantissimi grattacieli ma fra dieci anni a occhio e croce sarà pieno, ma ci sono molti spazi verdi, piazze, una collina, la gente è gentile, come tipicamente nella California..insomma niente male. Ripartiamo per Brea dove finalmente i ragazzi fanno un lungo bagno nella piscina condominiale mentre io e Roberta prepariamo per il lungo viaggio nei parchi e altro che ci aspetta dal giorno dopo. Come potrete notare non siamo stati negli studios (Sony, MGM, Paramount), forse valeva la pena ma abbiamo preferito inserire SanFrancisco.
Giorno 5 (Brea-Flagstaff)
Prendiamo l’auto alla Hertz di Fullerton e torniamo a casa a fare colazione e prepara le ultime valigie. Carichiamo nella Nissan da sette posti, comodissima, e lasciamo la casa un poco a malincuore perché ci piaceva assai, ma via in direzione Flagstaff, dobbiamo fare più di 400 miglia di cui molte nel deserto. Dopo circa 200 km vedo un cartello sulla dx, sulla vecchia route 66, lo sapevo che c’era ma pensavo fosse più in là.. Usciamo, torniamo un poco indietro e arriviamo davanti ad uno dei più grandi miti della route 66, il vero originale Bagdad cafe’…quello del film del 1988.. Almeno dieci motociclisti ripartono rombando dopo aver fotografato il locale, la roulotte e il deposito dell’acqua..entriamo e dentro e’ strepitoso. Bevuta, foto di rito che ti fa la signora (e’ una tradizione), e acquisto della maglietta. Altra grande emozione, specialmente per me che ho amato quello stranissimo film. Ripartiamo alla volta di Flagstaff e facciamo sosta a Kingman dopo essere entrati in Arizona all’altezza di Needles. Proseguiamo ancora e il paesaggio cambia progressivamente mentre saliamo, fino ad entrare in un tratto di moltissime miglia costeggiato da foreste di pini, almeno cinquanta miglia, fino ad arrivare ai 2200 metri di Flagstaff. Arriviamo finalmente in albergo (Days hotel) e la differenza di temperatura con il caldo soffocante di Kingman e’ quasi raggelante. Ci sistemiamo in camera, un motel, quindi niente di che, con rollaway bed aggiuntivo molto smollato, ma il prezzo è molto basso (72 dollari per cinque persone..). Dopo il meritato riposo (abbiamo percorso circa 450 miglia) andiamo in centro. Cittadina carina, universitaria, sulla route 66, con moltissimi pub e birrerie ma attenzione che quassù alle 20,30 molte cucine sono chiuse.. Abbiamo trovato un burger, buono ma un pochino caro. In alternativa ristoranti orientali, quelli sempre aperti. Torniamo in motel ..stanchini.. Filippo va a fare la, doccia ed esce con la maniglia dell’acqua in mano.. e l’acqua che scorreva a catinelle.. Quindi giù alla reception, il ragazzo sale con noi, valuta la cosa e ci dà un’altra camera, però oltre al disagio di dover spostare tutto, il rollaway bed “you have to take it with you”.. E l’abbiamo pagato dieci dollari mentre in altri alberghi e’ gratis. Buonanotte..
Giorno 6 (Flagstaff-Canyon de Chelly- Monument Valley-Mexican hat)
Sveglia relativamente precoce (7,30) per colazione e partenza alla volta dei parchi. Dopo aver consultato Yelp scegliamo un cafe’ a flagstaff (Kick and stand, mi pare), sulla Humpreys, molto carino, con burritos zeppissimi. Partiamo circa alle 9 e ci dirigiamo verso il canyon de Chelly, che raggiungiamo dopo altre buone duecento miglia. Calcolate che nella cosiddetta Navajoland hanno l’ora legale, mentre in Arizona (unico stato degli USA) non c’è.. Per cui siamo ancora in Arizona ma l’ora “pareggiata” con il fuso orario diverso dalla California lo riperdiamo all’istante, comunque arriviamo verso le due e ci dirigiamo verso il south rim (il nord era chiuso, ma tanto non avremmo avuto il tempo per farlo..se ne avete consiglio di farli entrambi, con soste fotografiche brevi ci vuole circa due ore). Arriviamo fino allo Spider rock overlook, parcheggiamo e fatti due passi arriviamo sull’orlo del baratro e lo spettacolo è davvero breathtaking. I ragazzi in particolare sono entusiasti , Filippo anche troppo dato il numero di foto che si fa fare seduto sul bordo del vuoto…comunque non vedo le famose due but (o butte?) che hanno reso celebre il canyon e che danno il nome spider..se andate fate attenzione, il primo overlook, pur molto bello, non è l’ultimo, si prosegue per circa 6-700 metri sulla strada e si arriva davvero alla fine della stessa e al famoso overlook, quello di Lone Ranger per intendersi.. Ci sporgiamo e vediamo le famose due rocce, uno spettacolo ancora più appagante del precedente. Dopo le foto di rito torniamo indietro, ci sono altri 6 overlook lungo la strada ma ci concediamo solo quello di white house.. Un viaggio di due ore ci aspetta per arrivare alla Monument valley, che è il vero must della giornata e forse dell’intera vacanza, quindi sosta breve all’inizio del trail che conduce alle case anasazi..anche questo da fare se uno ha tempo, altre due orette anda e rianda.. Il posto è molto bello, aperto sulla valle, secondo Francesco ancora più bello degli altri. Ripartiamo, ci aspetta un altro lungo viaggio e dobbiamo arrivare nelle ore con la luce giusta, verso le 17 insomma.. Percorriamo la 191 e poi prendiamo una strada che taglia verso l’interno, una route indiana spettacolare (la 57 mi pare), che da Many Farms conduce a Kayenta, dove arriviamo poco prima delle 17. Da lì a Oljato altri 15 minuti a finalmente siamo nella mitica valle, quella che ho visto la prima volta da piccolissimo nel televisore in bianco e nero del mio nonno, quando c’era solo il primo ed era in programma Ombre rosse di John Ford..il primo impatto è indimenticabile, siamo nella Marlboro County, con le mitiche butte e mesa che abbiamo visto in mille foto subito davanti a noi, quindi mille foto. Una emozione subito fortissima, che aumenta percorrendo la strada, il loop di circa 25 km che si addentra nel parco e conduce al John Ford point, forse il più celebre, dove un navajo tiene il cavallo sulla roccia piatta con sotto il vuoto, e si fanno le foto a cavallo, lasciando una mancia non obbligatoria da 1 a 5 dollari. Subito foto per Francesco cowboy e poi per Matilde che è anche una discreta amazzone, e poi ci salgo anche io, con una certa difficoltà. Veramente divertente, e foto spettacolari in un posto magico. Ripartiamo per il percorso, che ha molti punti panoramici belli ma il clou arriva allo artists’point, dal quale abbiamo una vista sconfinata sul parco e si può immaginare la diligenza (lo stage coach, nome originale di ombre rosse), che corre a perdifiato con il mitico John Wayne che difende tutti dagli indiani che la rincorrono.. Torniamo indietro fino all’ingresso e arriviamo all’ora giusta per vedere le famosissime rocce, rosse al tramonto, che galleggiano sulla pianura ormai in ombra.. Una magia cui nessuna foto potrà mai rendere grazia. Ci allontaniamo, dopo aver dato un’occhiata alle rocce quasi viola a quest’ora e via verso il motel San Juan Mexican hat, che raggiungiamo dopo circa venti minuti. Cena nel locale navajo adiacente il motel.. Siamo purtroppo senza internet (e spesso anche linea telefonica, e almeno cento miglia), Filippo e Matilde sono un po’ contrariati ma quello che abbiamo visto oggi appaga tutti oltre ogni aspettativa. La stanza al San Juan e’ carina e spaziosa, con letti comodo e by the river.un cielo stellato ci dà la buonanotte. Riassumendo, il canyon de Chelly vale la deviazione pesante, ma occorre stare attenti all’ora legale per non fare tardi per la Monument, che è imperdibile e assolutamente fantastica.
Giorno 7 (Mexican hat-Antelope canyon- Lake Powell Page)
Il risveglio fa apprezzare la bellezza della posizione del motel, veramente by the river, ci sono sedie, sdraio, un piccolo patio sopraelevato con altre poltrone e tavolini, si può anche scendere al fiume.. Anche Filippo si è svegliato all’alba e scendiamo insieme at our own risk, e troviamo un clochard che dorme bellamente con il suo canino. Facciamo colazione, non molto economica, alla taverna davanti al motel, e partiamo destinazione Page, per visitare un altro must della gita, l’antelope canyon. Mentre percorriamo la strada che riporta da mexican hat a oljato, molto bella, con rocce rossissime (all’andata non l’abbiamo vista per il buio) troviamo una Work road con dieci minuti buoni di stop e poi lenta fila …attenzione quando programmate gli spostamenti, nei giorni feriali almeno uno lo trovate… Appena dopo però arriviamo nel punto dello stop della corsa di Forrest Gump, come diceva nella guida va visto venendo da Mexican hat, e di mattina, la foto classica e’ quella, una meraviglia. Proseguiamo veloci verso Kayenta e poi verso Page, sperando di non trovare ulteriori interruzioni per arrivare in tempo per il prime time tour delle 12,30 e arriviamo all’adventure Antelope canyon alle 11,50..almeno era quello che pensavo supponendo che, essendo gestita dai navajo ed essendo nella Navajoland, l’orario fosse lo stesso di Mexican hat, invece è quello dell’Arizona, quindi siamo arrivati con un’ora e mezzo di anticipo… Passiamo il tempo giocando a carte, e alla fine partenza. Una donnona ci avverte di non lamentarci per le scosse sul camioncino quattro ruote motrici, e spiega perché non possiamo portare borse, bastoncini per i selfie, treppiedi ecc. Partiamo per il canyon e le scosse ci sono davvero e tante, ma il canyon ci ripagherà? Intanto appena arrivati ecco la nuvola fantozziana con il cielo altrove assolutamente terso, speriamo che dentro torni il sole. Abbiamo una guida molto simpatica ed attiva che, oltre a fare le foto di famiglia, ci spiega come fare le foto e ne fa tante anche lui con i nostri cellulari e iPad , e la mano esperta si vede eccome, già il canyon e’ una meraviglia, così ci resteranno dei ricordi ancora più vividi e artistici. Non smetteresti mai di fare fotografie, il sole intanto filtra e i giochi di luce sono stupendi. A un certo punto le pareti sono molto vicine e Matilde, che è claustrofobica e fino ad allora andava bene, si sente abbastanza male ma è bravissima a superare la difficoltà, anche perché dopo una trentina di metri torna ad allargarsi un po’.. Ci teneva tanto ed ha voluto venire nonostante non prenda gli ascensori, ed è stata premiata dalla bellezza indescrivibile dello slit canyon più visitato al mondo. Per uscire ripercorriamo la stessa strada e cimentiamo ancora le nostre schiene nel percorso di ritorno con il camion. Bellissima gita, l’unica cosa che non capisco e’ perché ti trasportano su questo camel trophy con tutti i dollari che prendono (il nostro tour veniva circa sessanta a persona se si paga con carta di credito, un poco meno in contanti, alcuni arrivano anche a più di cento..), forse lasciano la strada così perché c’è una qualche via che raggiunge il canyon saltando i controlli dell’ingresso, ma essendo l’accesso al canyon largo tre metri basterebbe mettere un controllo biglietti lì per evitare i portoghesi ,mmah. Riprendiamo la macchina e ci dirigiamo a Page, dove abbiamo prenotato al Courtyard Marriott, bell’albergo vicino alla diga Glen. Ci rilassiamo in piscina, acqua fredda e calda con idromassaggio. Verso le 18 partiamo per il lake Powell, attraversiamo la diga (effettivamente se la fate a piedi trema tutto il ponte, come scritto nella guida), e andiamo verso wahweap Marina passando da un ingresso dove si pagano 25 dollari per una settimana di permanenza se non hai la national park cart, e noi che vogliamo solo starci due orette per fare cena al tramonto dobbiamo pagare ugualmente (e questo nella guida non c’era scritto). Va beh, entriamo ugualmente, tanto abbiamo risparmiato i 25 della Monument che inspiegabilmente era free (mi sa che qui nel labor day weekend fanno sconti e ingressi liberi). Appena arrivati al primo viewpoint dimentichiamo subito la spesa, il panorama è splendido. I cocuzzoli di arenaria che sbucano da questa enorme riserva idrica lunga chilometri con numerosi fiordi, paradiso del turismo USA d’élite, creano una immagine da cartolina. Altro viewpoint, quello di Marina, ancora più bello e poi giù al Grille consigliato dalla guida, che qui ha azzeccato in pieno. Mangiamo sul balcone con vista lago con colori che vanno dal giallo all’arancione, rosso e indaco, la cena per cinque ci costa 59 dollari, assolutamente da consigliare. Appena fa buio scendiamo a piedi verso la Marina stando attenti a non inciampare perché il naso va automaticamente all’insù verso il meraviglioso cielo stellato. Girata sui moli con barconi enormi attraccati, quasi mini-traghetti attraverso le cui tende chiuse intuiamo cucine e salotti illuminati. Torniamo in su per una salita ripida, e non veniamo caricati da una specie di navetta che ci riporta a destinazione gratis? I venticinque dollari alla fine non erano spesi invano. Torniamo in albergo e andiamo nella hot tub per lessarci bene prima di andare a nanna. Altra giornata indimenticabile… e domani abbiamo il Grand canyon!
Giorno 8 (Page-Grand Canyon)
Partenza da Page, prendiamo la 89 south e dopo circa dieci chilometri troviamo il parcheggio dell’Horseshoe bend. Numerosi cartelli avvertono di portare dietro acqua e usare scarpe adatte, in realtà il percorso è abbastanza breve, all’inizio salitina, poi spiana e poi discesa, in tutto dieci minuti e siamo sul bordo. L’impressione del canyon sotto di noi, a picco, con i piedi a pochi centimetri dallo strapiombo e giù una meraviglia di colori, con l’ansa a ferro di cavallo che pare di poter toccare..insomma uno spettacolo che è sconsigliato a chi soffre di vertigini ma resterà uno dei ricordi più intensi dell’intero viaggio…nei blog che ho consultato prima di partire alcuni dicono che resta la cosa più impressionante, anche se circoscritta, mi viene voglia di essere d’accordo. Tornare e’ abbastanza agevole, comunque arrivo al parcheggio tutto sudato, quindi i cartelli che avvertono di portarsi acqua non sono così esagerati. Ripartiamo e ci mettiamo circa un’ora e mezza per entrare nel Grand canyon da sud est. Paghiamo trenta dollari alla ranger (per una settimana) e andiamo verso il primo punto, che è proprio lì.. Desert view point. Il panorama che si presenta davanti, pur visto e rivisto nei pc, in televisione, al cinema..e’ impressionante, l’infinito , lo sguardo spazia ovunque e sembra non abbia mai fine. Il tempo e’ così e così ma le nuvole provocano una alternanza di luci e ombre nel canyon che ne aumenta la bellezza. Ci muoviamo verso il visitor center fermandoci ad altri bei view point. Arrivati al visitor center il tempo diventa veramente brutto e la ranger ci mostra le immagini satellitari con uno storm che si avvicina e forse stanno per fermare i bus interni.. Io sarei per andare in albergo a Tusayan, ma alla fine decidiamo di arrischiare un trail del rim partendo da Mather point; il punto panoramico e’ molto bello, forse il migliore del south rim, ci facciamo tante foto e poi via a piedi lungo il rim con altre bellissime viste e foto a persone che si avventurano sul bordo, anche in piedi.. Filippo ne fa alcune, pare sicuro, ma la preoccupazione è tanta, specialmente quando si issa su un grosso masso piatto appoggiandosi ad un ramoscello..anche se sotto c’era il sentiero, i veri pazzi sono altri e ce ne sono a bizzeffe, uomini e donne in cerca di un’alta dose di adrenalina. Arrivati allo Yavapai point prendiamo il bus che ci riporta al visitor center appena in tempo perché la pioggia aumenta e cancella ogni possibilità di proseguire con gli altri due programmi del giorno, cioè la discesa fino alla prima sosta del Bright angel trail e soprattutto lo spettacolo del tramonto da Hopi point, il vero must dei visitatori della parte alta del canyon.. Magari svegliandoci all’alba potremmo vedere quella, ma domani abbiamo da fare più di 400 km in auto e dobbiamo riposare..vediamo. L’albergo a Tusayan, il Red feather lodge, e’ comodissimo per la vicinanza ed è ottimo come prezzo, fra l’altro il rollaway bed finalmente è comodo e possiamo dormir bene, c’è la piscina, insomma, consigliabilissimo.
Giorno 9 (Grand canyon- Las Vegas)
Non ci siamo svegliati all’alba, non ce l’abbiamo fatta, se comunque ce la fate i primi bus interni partono alle 4,15 e portano nei posti più belli, tutto gratis. Arriviamo alle 8 e montiamo subito sul bus della linea arancione che ci porta al south kaibab trail, che iniziamo circa alle 8,30. La discesa non è scomodissima, almeno nella prima parte, fino a Ooh-Aah point, che è la nostra meta di oggi, visto il tempo rimasto e la necessità di ripartire, fino a lì si fa anche con buone scarpe da ginnastica, magari non le Superga o le Converse.. Scendere nel canyon e’ molto più bello che contemplalo dall’alto e ooh-aah point, come dice il nome stesso, e’ spettacolare. Torniamo in su neanche tanto difficilmente, per noi la regola dell’un terzo di tempo in discesa e due terzi in salita era troppo pessimistica, forse perché siamo scesi poco. Andata e ritorno di tutto il percorso fino al Colorado pare ci vogliano 8 ore e una buona preparazione atletica, tipo quella dei tizi enormi che sono scesi correndo con uno ancora più enorme dietro, che dovevano essere militari, o forse anche meno. Meglio prenotare una notte sulle sponde del Colorado e tornare su la mattina successiva. Ripartiamo con il bus della linea arancione e prendiamo la coincidenza con la linea blu, che ci conduce dopo 8 minuti alla ulteriore coincidenza con la rossa, la Hermits route, famosa per i panorami più belli. Avevo sbagliato a leggere la guida, in realtà si arriva al capolinea della rossa anche con l’auto..ma ormai. Montiamo e scendiamo ad Abyss point e ci facciano Mojave point, Hopi point e arriviamo a Powell point, tutto a piedi; qui se volete percorrere proprio il ciglio meglio avere scarpe buone, perché c’è un bel po’ di brecciolino su cui non è il caso di scivolare. Punti di vista molto belli, fino a Powell, famosi più che altro per la vista al tramonto, ma ancora più profondi perché qui si raggiungono le massime altezze del south rim, e poi si vede anche il Colorado! Tanta gente in bicicletta ci riaccompagna nel viaggio di ritorno con la rossa fino alla coincidenza con la,blu fino al visitor center. In complesso il Grand Canyon ci è sembrato spettacolare ma molto monotono, forse da il meglio di se’ all’alba e al tramonto e ancora di più scendendolo e risalendolo e percorrendo il fiume. Ci rimettiamo in macchina in direzione Las Vegas passando da Williams, che raggiungiamo in circa 45 minuti. Ci mettiamo sulla route 66 alla ricerca di un ristorantino tipico e ne troviamo uno spettacolare, vera America come te la immagini, il Cruiser’s cafe bar and grill.. mangiamo e beviamo discretamente in ambiente super tipico e soprattutto con una zona souvenir bellissima e dei bagni originalissimi. Ripartiamo alla volta di Las Vegas. Arriviamo alle 7 del pomeriggio.l’albergo che ho scelto (Springhill suites convention center) si rivela una buona scelta, anche se abbiamo qualche problema con l’ascensore (alla hall non ci avevano spiegato che occorreva la targhetta della camera e proprio Matilde che aveva deciso di provare a salire resta dentro qualche secondo e addio tentativo di ostracizzare la claustrofobia..12 piani di scale..), e inoltre si riferma a Francesco da solo.. Bastava fare un saltino sul pavimento..a saperlo…. Anche queste sono le differenze con alberghi più costosi, certe attenzioni alla reception, per il resto ottimo per rapporto spesa/qualità e bella la collocazione della piscina, sul tetto …abbiamo ancora la macchina e ce ne andiamo alla Fremont experience, fantastica.. Colori e suoni esagerati, stranissimi individui e gruppi, musica dal vivo, spettacoli di strada di alta qualità.tutto sotto il famoso tetto che si illumina e cambia,e dove sfrecciano turisti imbracati in una carrucola. E pieno di casino’ ovviamente. Entriamo nel golden Nuggets, uno dei più vecchi e famosi e l’atmosfera è veramente indescrivibile, infatti non la descrivo. Provare per credere. Perdo già i primi 50 Bucks, fa parte del gioco. Torniamo in albergo, io Matilde e Filippo restiamo mentre Francesco e Roberta si Lanciano nella famosa Strip fino a notte fonda.
Giorno 10 (Las Vegas)
Al risveglio due zombie che hanno dormito tre/quattro ore ci raccontano della strip notturna..una esplosione di colori e suoni ma anche tanti disgraziati, pusher e prostitute.. E la massima frenesia nei casinò…tanto anche oggi ci torniamo.. Faccio l’abbonamento 24 ore per la monorotaia, che ha una fermata proprio al Westgate, dirimpettaio del nostro hotel e poi vado a riconsegnare l’auto..impresa quest’ultima complicata, visto che la Hertz e’ dentro l’albergo Encore e per trovare anche solo il parcheggio, indicato zero, mi ci è voluta un’ora. Difficile anche trovare la fermata più vicina della monorotaia, ce ne sono poche e si devono attraversare i casinò, dove sono segnalate ma solo all’entrata, poi spariscono le indicazioni, in questo Las vegas e’ veramente carente, le indicazioni sono scarse. Torno in albergo tardino e partiamo in un bollore allucinante per il giro della strip. La cosa più bella e’ girare dentro gli alberghi a tema, oltre a osservarne alcuni davvero notevoli da fuori come il New York con la skyline e il roller coaster, Luxor con piramide e sfinge, Paris con torre Eifel, Bellagio con fontane e Venetian..con Venezia. I più belli nell’interno secondo noi sono il Caesar’s palace, il Paris e il Bellagio (questo anche con il casino’ più bello); anche se non a tema ci è parso notevole anche il Wynn, dove c’è anche uno spettacolino con le fontane, forse più carino di quello famoso del Bellagio, maestoso ma un poco uniforme. Io perdo altri 50 Bucks scommettendo due dollari ogni volta sui soliti cinque numeri..in una ventina di giri mai uscito nemmeno uno…se non gira non gira.. invece Francesco torna la notte e vince 200, bravo e fortunato. Non abbiamo tempo per la Stratosphere tower, alta 350 metri, con giochi pazzeschi e splendido panorama…sarà per un’altra volta.. E domani San Francisco!
Giorno 11 (Las Vegas- San Francisco)
Partenza domenicale alle 7,30 come consigliato alla reception per volo delle 10,10… infatti il taxi arriva alle 8, tanti ritornano la domenica, meglio avere più margine. Volo United con ottimo atterraggio. Si sale al quarto piano e c’è un treno che porta gratuitamente alla fermata di tutte le Rent a car, non si può sbagliare..la fermata e’ praticamente dentro. Stavolta la compagnia è la Dollar..alcuni ne parlano bene,altri male; noi abbiamo una ottima esperienza, l’addetto vede che la macchina scelta, nonostante abbia un ottimo bagagliaio, e’ insufficiente per le nostre valigie e ci dà una Chevrolet suburban immensa allo stesso prezzo.. Consuma un po’ troppo ed è difficile da parcheggiare ma va benissimo..Partiamo per la Sylicon valley, passiamo dal cartello Stanford University e arriviamo a Cupertino ma la Apple non è più in quella sede, non mi sono informato bene; andiamo a Montain view Palo Alto a vedere la sede della Google. Il posto è carino, pieno di bici colorate e con la grande insegna..facciamo una passeggiata nei vialetti pensando che intorno a noi ci saranno cervelli super che innovano continuamente. Essendo domenica ci sono poche persone, prevalentemente turisti, ci facciamo molte foto e rimontiamo, direzione baia di Oakland. Passiamo davanti alla Horacle Arena, palazzetto NBA dei Golden State Warriors, la squadra dei record, degli splash brothers, ma c’è una fila chilometrica per l’uscita di una partita della struttura adiacente per cui non andiamo, con grande rammarico di Filippo. Proseguiamo sulla baia, che forse è bella dalle colline, non dal basso, passiamo davanti al cartello Berkeley, e arriviamo a Sausalito, cittadina molto carina sulla baia, con temperature di almeno dieci gradi superiori alla dirimpettaia Frisco, ma non c’è un posto per parcheggiare la Chevrolet, quindi siamo costretti a proseguire..dopo due chilometri ci si para davanti il simbolo di San Francisco, il mitico Golden Gate. C’è troppo traffico per fermarsi al punto panoramico con la skyline, per cui attraversiamo il ponte e ci dirigiamo verso il vero punto fotografico del Golden gate, ossia Baker beach. Parcheggiamo lungo la strada, poi ci accorgiamo che c’è un parcheggio sulla spiaggia, consigliabile..oppure qualche ripida scalinata porta subito alle rocce su dall’inizio della discesa, ma ormai siamo parcheggiati e queste cose le vediamo dopo. La passeggiata sulla spiaggia e’ un avvicinamento al punto fotografico migliore, ma già le foto si sprecano..Filippo e Matilde si tolgono le scarpe per bagnarsi nell’oceano e ci accorgiamo che a pochi metri dalla riva nuotano due delfini, foto su foto per tutti, con arrampicate sulle rocce per trovare punti migliori..ci stiamo quasi fino al tramonto.. Ci dirigiamo poi all’albergo, stavolta lontano dal centro anche se sull’oceano e a due passi dal capolinea Judah della MUNI..ho trovato questo Great highway inn a 208 euro a notte camera familiare, San Francisco ha dei prezzi simili a New York, per cinque persone in centro avremmo speso 500 a notte..L’albergo non è un gran che, soprattutto l’ascensore non c’è e il corrimano delle scale e’ rugginoso, ma abbiamo addirittura una camera in più e quindi in complesso non malissimo. Usciamo per cena ed effettivamente la lontananza dal centro si fa sentire, soprattutto per la quantità di semafori e stop che non ti fanno arrivare mai. Alla fine troviamo un subway ancora aperto alle 22,45. Torniamo in albergo e ci addormentiamo subito.
Giorno 12 (San Francissco)
L’ultimo giorno di visita e’ dedicato a San Francisco. Oggi è il labor day negli Stati Uniti, il nostro primo maggio, per cui non c’è tanto traffico e prendiamo la macchina. I parcheggi in centro sono comunque tutti costosi e parcheggiare per la strada è a rischio rimozione.. sosta ad Alamo square per foto di rito alle painted ladies: niente di eccezionale, specialmente al mattino con la luce sbagliata e oggi con il parco in rifacimento nemmeno la possibilità di fare case e skyline nella foto….e poi di painted ladies ne troveremo tantissime altre e anche molto più belle, qui il bello sarebbe stato fare foto insieme alla skyline, vale la pena solo per quello. Andiamo al parcheggio di Mission street dove paghiamo 26 dollari per tutto il giorno. Un po’ di acquisti su Market street e poi al Financial district, con belle viste su questo quartiere e sul bay bridge. Da qui Powell street e poi Grant avenue all’incrocio con Bush, dove c’è la porta di Chinatown con il dragone. Percorriamo Chinatown piena di negozietti, ristoranti e palazzi colorati, oltre alle classiche lanterne rosse, abbastanza pittoresco, anche se la parte più verace credo sia dove hanno i mercati alimentari, su una via parallela. Arriviamo a North beach, quartiere con localini e ristoranti, oggi in gran parte chiusi per festività. Per cui, essendo circa le 13, ci facciamo Lombard street tutta in salita e anche impegnativa fino ad arrivare alla famosissima strada definita la più tortuosa del mondo, su Lombard, fra Hyde e Leavenworth, con le auto dei turisti che si cimentano nel toboga (non credo quelle dei residenti, visto che ci sono due parallele dritte), con due vigili che smistano traffico e fotografi hobbisti come noi. Ci rilanciamo poi in discesa fino ad arrivare direttamente al Pier 45 di Fisherman wharf. Il porticciolo con la cannery road e’ la parte più pittoresca e divertente di questa bellissima città, tantissime persone si accalcano, ci sono spettacoli all’aperto, un sommergibile della seconda guerra mondiale visitabile, una nave da guerra dello stesso periodo, un museo dei giochi meccanici a monete dove puoi cambiare in pezzi da un quarto di dollaro e fare giochini del secolo scorso, fino ai primi del novecento.. proseguendo ci sono altri Pier, il tutto costeggiato dall’altra parte della strada da locali di tutti i tipi, musica ovunque, fino ad arrivare al famoso Pier 39, dove non ci sono solo foche e leoni marini a prendere il sole, ma una moltitudine di casette di legno e attività commerciali, spettacoli, gente ovunque, molto molto bello. Ci rimaniamo un bel po’ di tempo, visitando anche il famoso centro di Ghiradelli square, poi cerchiamo il capolinea del cable car per andare a Nob Hill, tornando indietro fino oltre al Pier 45. Il capolinea c’è, nella strada in alto a destra, ma c’è una fila impressionante e decidiamo di rimettersi le gambe in spalla e affrontare Hyde street, ripidissima, ma famosa per le foto su Alcatraz appunto da questa via in alto, molto in alto. Fra l’altro ci ritroviamo nella parte alta di Lombard street, così abbiamo fatto entrambe le prospettive. proseguiamo verso Nob Hill dove, da Pacific, abbiamo delle belle viste della piramide e del Financial. Torniamo all’auto passando da Powell square e da Market street. È’ un poco tardi ma ci dirigiamo verso il quartier Castro, quello famoso per l’omonimo teatro e per la comunità gay. Ci sono delle salite molto ripide su Castro street e delle case bellissime, oltre al quartiere in basso pieno di locali e di luci che si stanno accendendo. Non abbiamo tempo per visitare il limitrofo quartiere di Twin Peaks, dove c’è una scenic drive molto bella, ma decidiamo di andare a mangiare un boccone nel quartiere Haight-Ashbury, dove nacque il movimento hippie e girellavano tipi come Kerouac e compagni. La via Haight è molto carina e si intuiscono nell’oscurità residenze importanti. Intanto il vento si è alzato alla grande e il freddo molto pungente, quindi un boccone e torniamo in albergo, abbandonando ogni velleità di un ultimo giro al Fisherman. San Francisco merita molto più di una visita di un giorno e mezzo, però il giorno successivo dobbiamo tornare a Santa Monica, quindi a letto presto, con il rammarico di aver perso una grande occasione per visitare più a fondo una delle città più belle (ma anche più care) al mondo.
Giorno 13 (Pacific Coast Highway)
Partenza alle 8,30. Dobbiamo percorrere circa 500 miglia sulla mitica highway 1, la pacific coast highway, che imbocchiamo a Monterey, dove facciamo una sosta brunch su cannery road, anche qui molto carino e meritevole di una visita, magari pet andare a vedere le balene, ma ripartiamo presto. Da Monterey parte un’altra famosa strada, la 17 miles drive, che arriva a Carmel by the sea, che ho già fatto nel 1999, bella ma non irresistibile, quindi la tralasciamo e puntiamo dritti verso Big Sur. Il tratto di strada lungo l’oceano è bellissimo, ci saremmo potuti fermare cento volte per fare foto, ma ne facciamo solo alcune per la zona del famoso ponte e poi più in giù, a Santa Lucia; purtroppo il parco Pfeiffer con l’omonima famosissima spiaggia con la cascata era chiuso (probabilmente per rischio incendi). La strada è bellissima ma impegnativa, tortuosa e a saliscendi, entra anche in riserve boschive molto grandi come quella di Los Padres, vale la pena farne una parte e rientrare nella freeway, altrimenti è troppo lunga. Ci fermiamo lungo la strada dopo una sosta a vedere leoni marini che stanno sulla spiaggia dopo San simeon, dove mangiamo discretamente in un famoso locale, lo schooper. Ci ricongiungiamo con la freeway, che però attraversa centri abitati con relativi semafori, troviamo anche un rallentamento di chilometri per un incidente, insomma ci mettiamo veramente tanto ad arrivare a Santa Monica (dodici ore..) dove pernottiamo al Comfort Inn, albergo discreto anche se con ascensore maleodorante.
Giorno 13 (Santa Monica-Siena)
Ottima e abbondante colazione gratuita in albergo e partenza per una passeggiata nella promenade di Santa Monica (La terza strada), molto bella, interamente pedonale, con bei negozi, bella atmosfera e bel clima, e parcheggio limitrofo gratuito per la prima ora e mezzo, ottimo. Ripartiamo per Venice beach dove passiamo l’ultima ora passeggiando, facendo gli ultimi acquisti e mangiando street food. Partiamo per l’aeroporto dove riconsegniamo l’auto su aviation avenue.. Tutto a posto, solo che c’è un upgrade di 50 dollari al giorno quando l’addetto mi aveva garantito che era assolutamente without additional charge, for free… Vado a protestare all’ufficio ma mi dicono che devo farlo con l’uffici di San Francisco.. Dopo lunga attesa mi rispondono ma praticamente mi dicono che vale il contratto e quindi non rimborsano un bel niente.. Insomma sarei stato truffato a quanto pare, cercherò di fare qualcosa da casa con Rental cars ma mi sa che l’addetto mi ha abbindolato con tutta la sua falsa gentilezza e mi ha caricato un upgrading di due classi.. Ritiro al momento il giudizio positivo su Dollar. Abbiamo un volo Iberia fino a Madrid su aereo scomodissimo, sedili stretti e poco spazio per le gambe. A Madrid ultimo volo con Air Nostrum, altro aereoplanino con poco spazio, ma il volo e’ breve ed è sopportabile. Arriviamo a Bologna e recuperiamo le auto al Meeting. Arriviamo a Siena stanchi ma con tantissimi ricordi per un viaggio assolutamente indimenticabile e consigliabilissimo.