Uno scrigno chiamato Bretagna

La Bretagna, luogo di cultura, tradizioni e leggende celtiche divisa tra l’Armor e l’Argoat, dove la forza della natura è padrona.
Scritto da: Leonardo&Maura
uno scrigno chiamato bretagna
Partenza il: 31/07/2013
Ritorno il: 07/08/2013
Viaggiatori: 2
Spesa: 500 €
In verità non sapevo proprio bene cosa aspettarmi, pensavo però che ormai dopo il boom del mercato immobiliare che ha rovinato tanti luoghi, anche questa zona né avesse in parte sofferto e invece ho trovato una terra che ha mantenuto intatto la propria identità. La Bretagna è un luogo, dove gli abitanti conservano ancora gelosamente le proprie tradizioni. Le sensazioni che più di altre mi hanno lasciato il segno sono: il silenzio ovattato di alcuni piccoli borghi, la mancanza di illuminazione pubblica che permette di ammirare, con un po’ di fortuna, il bellissimo cielo stellato, le “Cités de Caractère” piccole città di carattere e una gran voglia di tornarci, perché purtroppo abbiamo potuto dedicarle solo una settimana ed è veramente poca. Giorno 1

dedicato interamente al raggiungimento della meta. All’arrivo all’aeroporto (17:00h) di Parigi Orly perdiamo più tempo del previsto per scoprire dove si trova il rental car Fly car, poi scopriamo che si trova a metà strada tra il terminal sud e ovest. Con Firefly rental ci siamo trovati molto male; l’auto consegnata era in pessime condizioni, tutta battuta, ma soprattutto i sedili erano pieni di macchie e l’abitacolo puzzava insopportabilmente di fumo camuffato con una sgradevole deodorante. Firefly dovrebbe essere un low cost della Hertz ma alla fine tra “cazzi e lazzi” la spesa è pressoché identica e per giunta viene applicata una maggiorazione per la pulizia del’auto?! Presa la “nostra” ford Ka ci tuffiamo nel traffico parigino che ormai comincia a essere intenso e perdiamo ulteriore tempo, 1 ora per percorrere 30 km quindi consiglio quando siete a scegliere l’aeroporto dove atterrare tenete in considerazione le code. Il ritardo ci ha fatto arrivare a Mont-Saint-Michel e al B&B scelto lì vicino alle 24. La scarsa illuminazione notturna, praticamente inesistente, ci ha reso difficoltoso trovare l’ingresso del B&B ma una volta individuato e arrivati alla porta troviamo tutto chiuso, nessun campanello e la proprietaria era andata a dormire, pensando di aver a che fare con due “sola” italiani. Avevamo inviato un sms per avvisare del grosso ritardo ma purtroppo è arrivato sul cellulare della proprietaria solo il giorno dopo….Però dopo un bel po’ a forza di girare, perlustrare, guardare dentro dalle finestre la proprietaria ha sentito rumore e avvolta in un accappatoio fosforescente tutta assonnata ci ha aperto. Giorno 2

Mont-Saint-Michel, il programma prevedeva di visitarlo in notturna all’arrivo previsto per le 21 ma è saltato. Cominciamo la nuova giornata con un’ottima colazione, prodotti rigorosamente locali, al B&B ” Au Fief des Amis du Mont ” -che consigliamo- tra l’altro la signora parlucchia italiano ed è simpatica, la camera con bagno interno carina e immacolata, spesa in 2 euro 60. Alle 8:30 percorriamo i pochi km che ci separano da Mont-Saint-Michel zigzagando tra campi di frumento, (l’arrivo mattutino non è stato scelto solo per ottimizzare la giornata ma anche per evitare le carovane dei tour organizzati). In auto non è possibile arrivare all’abbazia ma un ottimo servizio assicura con pochi euro, parcheggio + navetta che porta di fronte alle mura di Mont-Saint-Michel. I collegamenti, in estate, sono molto frequenti. Sull’impatto con Mont-Saint-Michel tanto è già stato scritto: l’imponenza del gotico, gli spazi che si aprono di fronte, il fondo del mare temporaneamente scoperto dalla marea, il vento che si infila ovunque giocando tra porte e finestre, il canto dei gabbiani grossi come polli…..Sottolineamo, di nuovo, l’ottima scelta, di trovarsi alle 9.00 per poter visitarlo ancora con ancora poca gente, perchè permette di cogliere tante sfumature altrimenti impossibili.Per le 12:00 siamo già a Cancale che si forgia dell’appellativo di Remarquable du Goût (importante sito del gusto), rinomata per la coltivazione di ostriche. Sul lungomare ci sono molti ristoranti, nei quali fanno bella mostra le portate a più piani colme di frutti di mare pronti per essere degustati dai molti clienti seduti ai tavoli. Come sempre il nostro lusso è il tempo, sedersi al tavolo equivale a dedicare qualche ora che non vogliamo spendere, quindi ci dirigiamo verso il porto dove un piccolo mercatino di pescatori vende piatti di ostriche da consumarsi sul muretto di fronte al mare, ce ne sono di varie grandezze, ci spiegano che il sapore è per tutte lo stesso ed è solo un gusto personale l’acquistarne di una misura o di un’altra (non ne siamo del tutto certi). Per il prezzo non c’è molta differenza, mediamente basso, molte persone già sono sedute a consumarle altre in fila per acquistarle, ci accorgiamo che tutti bevono acqua o coca-cola prese nel chioschetto piu’ avanti. Trovandolo inaccettabile ci mettiamo alla ricerca di una bevanda più consona, alla rotatoria del paese un piccolo negozietto vende degli ottimi vini di produzione propria, le bottiglie sono da 750cl mentre ci aggiriamo nel negozio cercandone una non troppo grande, il tipo capisce subito quali sono le nostre intenzioni, ci serve una bottiglia fredda da 33cl chiedendoci se deve togliere il tappo di sughero, aggiungendo due bicchieri. Pronti per la degustazione torniamo al mercatino, prendiamo 12 ostriche medie, ci vengono aperte e consegnate nell’apposito piatto con il limone, ce le gustiamo bevendo un buon bicchiere di Muscadet.Ripartiamo verso la cittadina fortificata di Saint-Malo, la città dei pirati. Alle 16:00 siamo a Rochefleure a pochi km da Saint-Malo il caldo ha avuto il sopravvento e dopo aver visto tante calette con mare cristallino ma con nessuna possibilità di parcheggio, dovuto al forte afflusso di bagnanti francesi decidiamo di fermarci e farci un bagno rigenerante. Come prevedibile il mare cristallino è invitante ma freddo questo però non ci fa desistere e tutta la stanchezza sparisce. Intorno alle 19:00 siamo a Saint-Malo rigenerati pronti per scoprire anche questa località, facciamo il giro perimetrale passando sopra le mura ci rendiamo subito conto come questi luoghi siano magici in inverno, quando le burrasche oceaniche fanno infrangere le gigantesche onde sulle mura, vaporizzando e riempiendo l’aria di schiuma. Ci sono delle cartoline che immortalano il fascino di questi eventi e ci ripromettiamo di tornare in inverno. Dal lungomare si nota una tripla fila di robusti tronchi inseriti saldamente nella sabbia di cui non capivamo a cosa servissero poi vedendo le cartoline ci siamo resi conto che servono per spezzare le onde prima che impattino contro il muro del lungomare. Cena in uno dei molti locali turistici senza infamia e senza lode. Alle 24:00 raggiungiamo il nostro campo base, Lanloup, un villaggio di meno di 300 anime che rappresenta l’essenza della Bretagna piu’ autentica. La casa che ci ospiterà per il resto delle vacanze è carina ed essenziale, ad accoglierci il buio più profondo ma un cielo stellato degno di un cielo del deserto. Restiamo per un pò in contemplazione con la testa all’insu’ però poi Morfeo ci chiama. Giorno 3

Oggi perlustriamo i dintorni di casa, a pochi km c’è una bella cittadina, Paimpol. Visitiamo l’Abbaye de Beauport una chiesa gotica priva del tetto, assomigliante alla nostra San Galgano ma più grande. Proseguiamo alla scoperta della costa cominciando da Ploumanac’h, sulla costa di granito rosa, l’impatto richiama un paesaggio a noi conosciuto, la Sardegna. Approfittiamo del sentiero che percorre tutta la costa Bretone, il Randonnée GR34 che da Mont-Saint-Michel arriva al Golfe du Morbihan, percorrendo 1600 km di costa, che in questo tratto prende il nome di sentiero dei Doganieri. In un tratto di circa 6 km si ammirano un susseguirsi di calette e scorci molto suggestivi, lo percorriamo soprattutto perché siamo alla ricerca della famosa casetta tra le rocce che dicono non sia facile trovare, poiché il proprietario ha chiesto all’ente del turismo di non pubblicizzarla. La morfologia ci fa pensare che sia qui vicina ma ci sbagliavamo infatti abbiamo visto tante belle case e casette ben localizzate ma non quella. Rileggendo i nostri appunti ci accorgiamo che il posto esatto si chiama Castel Meur e lì finalmente troviamo la mitica casetta, immortalata per la prima volta da un camminatore giapponese che percorrendo il Randonnée GR34 si è imbattuto in questo pittoresco scenario. Pubblicata la foto è divenuta in poco tempo il simbolo della Bretagna suscitando l’ira del proprietario che si è ritrovato da un luogo solitario a un luogo di pellegrinaggio. Al rientro alla ricerca di un luogo dove cenare ci imbattiamo casualmente in Tréguier , petites cités de caractère, borgo di origine vescovile che conserva ancora la sua identità medioevale, come spesso accade questi piccoli gioielli architettonici ricchi di piazzette e vicoli ci regalano visuali indimenticabili. Scelta la creperie ci immergiamo nei piaceri della cucina bretone assaggiando le prime gallette e bevendo sidro.

Giorno 4

Intera giornata dedicata alla visita dell’isola di Bréhat, la Lonely Planet la descrive come un luogo solitario con poche abitazioni, senza auto e consiglia di portarsi i viveri perché non ci sono luoghi di ristoro. In verità la parte sud è piena di case ben fatte secondo l’architettura bretone, con piacere si percorrono viuzze che serpeggiano tra le recinzioni. Al porto, oltre a due locali dove mangiare, c’è la possibilità di noleggiare le bici ma per l’80 % sono salite pertanto è molto meno faticoso e rilassante visitarla a piedi. Un altro posto dove mangiare lo troverete all’estremità dell’isola.

Giorno 5

Destinazione Finistère, (Penn-ar-Bed in lingua bretone) dal nostro campo base sono 231 km che interrompiamo facendo una sosta al Calvario di Guimiliau la guida lo riporta come uno dei piu’ belli della Bretagna, sicuramente è molto suggestivo. Alle 12:00 siamo a Finistère esattamente a Pointe du Raz un promontorio che si affaccia sul Mer d’Iroise, considerato idealmente il lembo di terra più ad ovest dell’intera nazione, isole escluse. Lungo la strada che abbiamo percorso l’impressione che ne abbiamo tratto è che paesaggisticamente forse è piu’ interessante la parte nord-est, dove le abitazioni hanno mantenuto un architettura piu’consona con il passato, mentre in queste latitudini compaiono qua e in là alcuni palazzacci, mostri architettonici che sviliscono il paesaggio. Pointe du Raz è molto ventosa specie se ci si avventura sulle propaggini delle scogliere comunque è caratterizzata dal fascino che normalmente viene attribuito a questi luoghi. Proseguiamo la nostra visita per la fascinosa Pont-Aven descritta come città ricca di mulini a vento; è uno dei villaggi più incantevoli della Bretagna, tanto da diventare nel passato rifugio per gli artisti parigini in fuga dal chiasso della città e alla ricerca dl’ispirazione rurale, primo fra tutti Paul Gauguin. In cerca degli scorci che hanno dato vita ai capolavori artistici, facciamo prima una sosta casuale a Pont-Croix cittadina facente parte del circuito delle petites cités de caractère e anche qui ci colpisce la chiesa gotica e un mercatino dell’antiquariato e vintage ricco di merce interessante e inesorabilmente acquistiamo qualche pezzo per il nostro guardaroba. Proseguendo raggiungiamo Pont-Aven che sono le 17:00, km percorsi 300 di solo andata. Nella cittadina c’è una festa patronale in costume bretone con le donne che indossano le tipiche cuffie. Possiamo assistere a balletti e canti, il paese è carino ma non all’altezza delle attese, anche se è ingiusto giudicare un posto in poco tempo. Per cena puntiamo su Concarneau, una piccola Saint-Malo. Grazie al fatto il tramonto non avviene prima delle 22:30 possiamo visitarla ancora con la luce e cercare una taverna per la cena. Rientro con ansia per la benzina in quanto tutti i benzinai aperti hanno il self-service ma non accettavano la carta di credito. Totale km percorsi 600, sfiniti ci ficchiamo a letto e con il senno di poi forse non valeva la pena arrivare così lontano, ci è piaciuta molto di piu’ la Bretagna della zona vicino a casa ma volevamo vedere Finistère.

Giorno 6

Il programma prevede visita di Cap Fréhel, Fort-la-Latte, Erquy, Dinard ,Dinan e Léhon totale km previsti e percorsi 257 tanto per non perdere l’allenamento. Prima destinazione Cap Fréhel, côte Émeraude (prende il nome dell’acqua verde smeraldo) un luogo sorprendente. Spiagge selvagge, mare smeraldo, un santuario degli uccelli, dopo una breve perlustrazione ci rendiamo conto, che possiamo raggiungere Fort-la-Latte a piedi. La mappa di Google ci dice 4 km a tratta, i cartelli indicano 1,15h, la guida parla di 6 km, il tempo è molto incerto ma considerato che la giornata è ancora lunga e il giorno passato abbiamo percorso 600 km in auto decidiamo di fare questo piccolo trekking. Il percorso è buono e gli scorci suggestivi a metà percorso però una leggera pioggerellina ci accompagna per un po’ ma poi per fortuna ci grazia visto che non avevamo preso nessun tipo di protezione contro la pioggia. Fort-la-Latte è una fortezza molto suggestiva a picco sul mare, dove un fortissimo e dispettoso vento rende instabile il cammino tra i passaggi dei ponti levatoio e in particolare l’ascesa alla torretta di avvistamento, tanto da far desistere quasi tutti i visitatori, in quanto molto esposta. Ripartiamo avendo speso 3 ore, a malincuore decidiamo di saltare Erquy e dirigersi direttamente a Dinard perlustriamo la città in lungo e in largo fotografando le classiche tende a rigoni che i bretoni utilizzano per ripararsi dal vento, fino ad arrivare alla fine di una piacevole passeggiata da cui ti trovi di fronte Saint-Malo, foto di rito. La terza tappa è Léhon, piccolissima perla bretone, a 1 km da Dinan che conserva ancora intatta la sua atmosfera medioevale tanto da rientrare tra i luoghi che si possono forgiare dell’appellativo di “petites cités de caractère”; all’imbrunire visita di Dinan con le sue caratteristiche casette medioevali, cena e rientro. Consiglio: se siete a Dinan non perdete assolutamente Léhon. Giorno 7 Penultimo giorno di vacanza, decidiamo di non allontanarci troppo dal campo base, prima puntata Paimpol.

Obbiettivo ricca colazione e acquisto del pranzo a sacco, poi il programma prevede visita di Silon de Talbert. Ma quando arriviamo abbiamo una piacevole sorpresa anche in questa cittadina si svolge una fiera bretone e presto ci ritroviamo coinvolti nelle loro magiche atmosfere ci sono bancarelle che ancora vendono tutto il materiale che occorre al tappezziere, (da noi mestiere quasi dimenticato dopo l’arrivo dell’arredamento low cost) altre dove impagliano le vecchie sedie e altri che fanno cesti in vimini, una via intera di pescatori con esposto ogni meraviglia di pesci e crostacei, a prezzi da noi impensabili. Dietro ogni angolo ci sono i musicanti di strada che suonano ogni tipo di musica, dall’arpa e il violoncello, alle melodie tipo quelle di Bregović, poi quelle del film chocolat, (Yann Tiersen-La Noyée ) ci fermiamo ad ascoltarli rapiti dalla bravura e dall’atmosfera bucolica. Alle 12:00 siamo a Sillon de Talbert , si tratta di una stretta lingua di sabbia e ciottoli piatti, che si allungano per circa tre chilometri verso il canale della Manica formando un arco o meglio una sorta di punto interrogativo nel mare. Questo insolito e lunare promontorio è stato formato dalla forte azione delle maree e dalle correnti. Come molti luoghi bretoni anche questo ha un suo fascino ed una sua leggenda. Si narra, infatti, che Re Artù che risiedeva abitualmente nel castello di Kerduel vicino a Pleumeur-Bodou, durante una delle sue passeggiate nei dintorni abbia visto Morgana, fata dell’isola di Talbert e si sia innamorato di lei. Questo amore reso impossibile dal mare che li separava fece quasi impazzire il re fino a quando la fata per raggiungerlo non incominciò a gettare in mare sassolini che a poco a poco si trasformarono in una passerella di ciottoli, il Sillon de Talbert, che permise ai due amanti di incontrarti. Quale sia la sua creazione il luogo ora è una riserva naturale che protegge non solo questi sassi particolari, piatti e dalle variegate tinte pastello, ma anche numerosi uccelli migratori, come beccacce, pivieri e allodole, che nidificano qui sfruttando la possibilità di mimetizzare le loro uova tra le pietre rotonde. Appena scesi dall’auto il profumo di pesce cucinato a dovere ci fa abbandonare il pranzo a sacco per l’ennesimo piatto molto abbondante di moules, questa volta al gorgonzola, consumati in una terrazza di fronte all’oceano atlantico. Arrivati sulla punta di Sillon de Talbert, una pennichella è d’obbligo. Con tutta calma torniamo sui nostri passi e puntiamo verso Kermaria, una cappella vicina alla nostra casa. La zona è ricca di cappelle e questa è nota come la cappella della danza macabra in quanto al suo interno vi si trovano pitture consacrate al mistero della morte. 47 figure risalenti al 400, periodo dominato dalla paura della peste, ricoperti da intonaco e riportati alla luce nel 1856. Si tratta di una serie di affreschi raffiguranti Ankou, immagine scheletrica della morte, che guida i rappresentanti di tutte le classi sociali in una danza macabra che copre le volte tutt’intorno alla cappella. I soggetti, misurano circa 1,30 m di altezza, svariati sono ipersonaggi, tra cui il papa, l’imperatore, il cardinale, il re, il patriarca, il conestabile, l’arcivescovo, il cavaliere, lo scudiero, l’abate, l’astrologo, il borghese e il giudice.Tutti sono alternati a morti scheletrici. Ogni personaggio, con versi scritti sotto la figura, supplica Ankou di risparmiargli la vita. Arriviamo che sono le 19:00h ad accoglierci due donne una è una guida volontaria che però parla solo francese pertanto ci indica dove trovare la descrizione in italiano e là ci dirigiamo, siamo solo noi due, nessun altro visitatore. Mentre osserviamo la danza macabra e leggiamo la storia, un rumore ben distinto ci dice che hanno chiuso la porta, poco male, ormai abbiamo imparato che tutti i luoghi di culto hanno una chiusura che blocca il gancio con un fermo per evitare che il forte vento spalanchi le porte, rumore percepito chiusura metallica un pò sinistro ma poco importante. Il suono che invece desta fortemente allarme è quello che segue… l’inconfondibile rumore di una serratura che viene chiusa a chiave. Ci dirigiamo alla porta, pensando che la signora abbia chiuso sbadatamente perchè doveva assentarsi un momento ma poi riaprirà. Invece ci sbagliavamo la signora che, sembrava uscire da un film dell’horror, ci ha chiusi nella cappella della danza macabra. Quindi o ci diamo da fare o è assicurato che lì passeremo la notte. Io mi guardo intorno ma dalle finestre non si esce, sono troppo tra alte ma soprattutto troppo strette, controllo il cellulare ma non c’è linea i muri sono troppo spessi, allora cerco la corda delle campane, Maura intanto batte costantemente e insistentemente sul portone d’ingresso. La speranza è che passi qualche turista e ci senta. Dopo 30 interminabili minuti la donnina ultraottantenne e sorda ritorna con tanto di scuse e stupore. Dopo questo piccolo schock ci dirigiamo nel vicino paese di Saint Quay-Portrieux dove abbiamo mangiato in un simpatico locale “Les cochons flinguers” . Giorno 8

Rientro all’aeroporto di Paris-Orly, ci aspettano 556 km e per interrompere il viaggio abbiamo pensato di fare una sosta a Honfleur, in Normandia. Visto che all’arrivo causa traffico abbiamo impiegato più tempo del previsto pensiamo che sia meglio prevenire grattacapi quindi sveglia alle 5:30 partenza alle 6:30, orario del volo per l’Italia 18:00. Tempo previsto per la visita di Honfleur 2h al massimo. Alla partenza l’intero paese di Lanloup è in gran fermento, lo sapevamo, quel giorno ospita l’evento più importante dell’anno, pubblicizzato in tutta la Bretagna; pare sia un evento molto sentito dai bretoni e sicuramente ci sarà un forte afflusso di pubblico, anche il bar che in sette giorni non siamo mai riusciti a trovarlo aperto è aperto, l’uscita dal paese tra le bancarelle ormai quasi allestite ci fa fare un po’ di slalom e perdere più tempo del previsto. Il meteo è pessimo la pioggia ci accompagnerà per tutto il tragitto fino a Parigi. Alle 10:00 siamo come da previsioni a Honfleur ma prima di visitare la città facciamo due passaggi sul ponte più lungo d’Europa, il ponte di Normandia, alla modica cifra di 12€. I due passaggi sono obbligati in quanto è il modo piu’ breve per raggiungere Honfleur. La visita alla cittadina ci conferma che la zona del porto è una cartolina e che in questi posti dobbiamo tornarci per goderceli….e quindi è d’obbligo fare una promessa: kenavo Breizh….e Normandia!

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Ostriche a Cancale

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Honfleur

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Mont Saint Michel

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Ile de Brèaht

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Facce bretoni

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La casina tra le rocce

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Saint Malo

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