Una settimana di e 868 miglia in Scozia
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Una premessa doverosa riguarda il periodo scelto: novembre era per noi l’unica possibilità, ma questo mese rappresenta per gli scozzesi un momento di stagione morta. Molte attrazioni turistiche sono chiuse per migliorie, restauri e ristrutturazioni mentre, per quanto riguarda i rimanenti posti da visitare, gli orari di apertura sono molto restrittivi e penalizzanti: la maggior parte dei musei e dei castelli è aperta dalle 10/10.30 alle 16/16.30 (se non prima) e, in un paese come la Scozia dove i km tra una località e l’altra possono anche essere nell’ordine delle centinaia, questo costringe a seguire un vero tour de force nella prima parte della giornata e a viaggiare da metà pomeriggio in avanti quando comunque ormai il sole è tramontato. Ovviamente gli aspetti positivi di questo fatto sono rappresentati dai prezzi molto competitivi per quanto riguarda aereo e pernottamenti e dall’assoluta tranquillità nel viaggiare, muoversi sulle strade della Scozia e visitarne le attrazioni. Abbiamo veramente goduto del silenzio e della tranquillità lungo le centinaia di kilometri percorsi in mezzo alle colline, alle campagne e ai prati verdi della Scozia.
Durante tutta la settimana ci accompagneranno nel nostro viaggio la guida Routard, la cartina stradale, il preziosissimo navigatore e l’eee-pad che ci sarà d’aiuto nel cercare B&B e posti per mangiare.
I primi due giorni trascorsi nella capitale sono stati i più deludenti o comunque i più poveri di meraviglia: siamo rimasti poco coinvolti dalla città che abbiamo trovato caotica, cara per quanto riguarda i parcheggi e scomoda da girare. Il castello che la sovrasta non solo non ci ha impressionato, ma non si è rivelato essere nulla di speciale soprattutto nelle sue ricostruzioni interne che ci sono sembrate di dubbio gusto e talvolta ai limiti del kitch. Di contro invece, sia a Edimburgo che durante tutto il resto del viaggio, abbiamo adorato la disponibilità e la gentilezza degli scozzesi sempre sorridenti e sempre pronti a darci indicazioni e suggerimenti anche dove non esplicitamente richiesti.
Dopo il castello abbiamo visitato St. Giles che ci ha colpito per la sua stranezza data dalla commistione degli stili, dai diversi colori che la caratterizzano (l’azzurro delle volte, il rosso dell’organo, il verde delle panche di legno), per le sue grandi e numerose vetrate, nonché per il particolare dato dal soffitto della Thistle Chapel che purtroppo, causa lavori di ristrutturazione, abbiamo potuto vedere solo attraverso le grate che la separano dal resto della chiesa. Dopo l’orario di chiusura abbiamo percorso il Mile e le vie del centro in lungo e in largo prima di raggiungere l’hotel, lavare via la stanchezza del primo giorno e uscire di nuovo per riscoprire la città in versione by night attraverso i suoi numerosi locali. Seguendo il consiglio di Silvia raggiungiamo con i mezzi pubblici (molto efficienti e funzionali) la zona del porto e più precisamente lo Shore dove ceniamo a base di pesce e beviamo un’ottima pinta di birra nel pub più famoso di tutta la città: The King’s Wark. A causa di una non totale conoscenza dei vocaboli commettiamo il primo errore: ordiniamo un piatto di cozze completamente immerso in un brodo di aglio. Squisito, ma l’aglio è stato davvero difficile da digerire. Credo che ci abbiamo impiegato almeno un paio di giorni! Dedichiamo la prima parte della seconda giornata per uscire da Edimburgo e visitare due luoghi a pochi kilometri di distanza: Melrose Abbey e Rosslyn Chapel.
Melrose Abbey si è rivelata essere un luogo molto suggestivo e di forte impatto emotivo: i resti di questa abbazia cistercense resistono da centinaia di anni e colpiscono per la ricchezza di particolari e per il fascino che esercitano sul visitatore l’austerità e l’imponenza di ciò che rimane ancora in piedi dell’edificio originario.
A Rosslyn Chapel invece, che sta vivendo una seconda giovinezza grazie alla notorietà regalatele dallo scrittore Dan Brown, rimaniamo piacevolmente sorpresi dal nuovo centro visitatori aperto non più di una settimana prima: schermi touch screen, cartelloni e rendering aiutano il visitatore ad avere un primo approccio guidato e sintetico alla presenza veramente importante di simbologia e iconografia da cui poi si viene inevitabilmente travolti una volta entrati nella cappella. Pur essendomi informata prima della partenza su questo edificio, non mi sarei mai aspettata una così grande ricchezza di particolari in una struttura relativamente piccola: toglie veramente il fiato.
Tornati a Edimburgo visitiamo i Close (vicoli molto stretti, spesso costituiti da scale, che uniscono The Royal Mile, la strada che conduce al Castello, alle vie parallele del centro di Edimburgo) e alcuni piccoli musei, come il Writer’s Museum, che si affacciano sul Mile. Ne approfittiamo anche per prenotare una visita notturna della città e dei suoi sotterranei che si racconta siano popolati di fantasmi: Edimburgo è infatti nota come la città più infestata d’Europa. Con grande sorpresa ci accorgiamo che questo genere di visite è molto gettonato anche dagli scozzesi stessi (oltreché discretamente costoso) e che per pura fortuna sono avanzati dei posti nel tour riservato ai ragazzi/bambini con partenza in prima serata. Nonostante i timori iniziali dovuti a una non perfetta conoscenza della lingua e alla paura di non riuscire a comprendere i racconti della guida, il tour dei fantasmi si è rivelato essere invece molto divertente grazie alla bravura, alla simpatia e alle capacità di recitazione e di coinvolgimento del pubblico da parte del giovane che ci ha guidati. È stata inoltre un’occasione per testare il nostro inglese che abbiamo scoperto essere non poi così male. All’alba delle 21 ci accorgiamo di avere fame e di non aver messo più nulla sotto i denti dalla cena della sera precedente e ci dirigiamo affamati verso la zona dei pub. Troviamo posto al Bobby’s Bar, di fronte al Museum of Scotland, locale antico legato alla storia di Bobby, un cane che vegliò per 15 anni sulla tomba del suo padrone prima di morire a sua volta. Scopriamo con terrore che la cucina è chiusa già dalle ore 20 (ci metteremo quasi tutta la settimana ad abituarci agli orari da pensionati degli scozzesi) quindi ci godiamo una buona birra mentre organizziamo la partenza per Glasgow del giorno seguente. Rimediamo poi la cena in uno dei numerosi fast food, presenti in ogni angolo del Regno Unito, tornando a piedi verso l’albergo.
A Glasgow
Il mattino dopo, con un’ora circa di auto, percorrendo una delle rarissime autostrade scozzesi, raggiungiamo Glasgow in una bella mattinata di sole. Il bel tempo e il “caldo” saranno il leit motiv di tutta la settimana con temperature in media intorno ai 13 gradi. Parcheggiamo in zona Ospedale all’ingresso della città e ci confrontiamo con il parcheggiatore su cosa vale la pensa visitare in città: lui ovviamente ci dice che ci vorrebbero giorni, noi rispondiamo che ne abbiamo solo uno e che gli orari scozzesi non ci facilitano il compito (si stupisce infatti dell’orario continuato italiano che va dalle 9 alle 19/20 e anche più in alcuni casi). Durante la giornata riusciamo comunque a visitare la bellissima cattedrale medievale di St. Mungo, l’unica sopravvissuta alla Riforma, che ci lascia davvero senza parole per le dimensioni, la solita commistione di stili e materiali, l’imponenza e la particolarità della sua struttura dovuta anche alla presenza delle numerose cappelle e cripte. Memori della giornata precedente, ci fermiamo, prima che sia troppo tardi, a fare colazione in un bar per studenti all’interno del camp universitario dove ci fingiamo neo immatricolati riuscendo in questo modo a risparmiare qualche pound. Raggiungiamo poi il centro della città ed entriamo nelle City Chambers, il palazzo comunale, dove ci lasciamo incantare dall’opulenza dell’ingresso e degli scaloni di marmo, unici davvero nel loro genere. Tutto l’edificio in linea teorica è visitabile gratuitamente ma, ovviamente, riusciamo anche questa volta a capitare nel giorno e nell’orario sbagliati: anche a causa della presenza di un importante personaggio politico europeo non meglio precisato, siamo costretti a rinunciarvi. Ci dirigiamo verso il GoMA (Gallery of Modern Art) non perché realmente interessati, ma per ripararci dalla pioggerellina che inizia a scendere insistente (sarà la prima e unica volta che la incontreremo durante la settimana) e per visitare gli interni del palazzo che lo ospita: ci diverte il contrasto che si crea tra le opere esposte e lo stile neoclassico dell’edificio. Visitiamo poi il faro della città e dall’alto giochiamo a riconoscere nel paesaggio uggioso che ci circonda i tetti degli edifici più importanti di Glasgow. A metà pomeriggio ci concediamo una sosta alla storica Willow Tearoom dove ci riposiamo sorseggiando dell’ottimo tea. Il sole fa di nuovo capolino e ci accompagna nella passeggiata di ritorno verso il parcheggio: lungo la strada ci godiamo la presenza della folla di studenti e degli scozzesi in giro per negozi. Decidiamo di visitare il Saint Mungo Museum of Religious Life and Art che il mattino avevamo trovato chiuso (orario di apertura: 11.00): è il primo e unico museo esistente al mondo che riunisca tutte le principali religioni (anche la religione Sikh). Una visita veloce dettata dalla curiosità, dalle ridotte dimensioni dell’esposizione e dalla necessità di uscire dalla città per tempo in modo da poter visitare la Burrell Collection o il Museo dei Trasporti. Entrambi si trovano a qualche km di distanza, in direzioni diverse e rimaniamo a lungo indecisi su quale dei due visitare a scapito dell’altra. Neanche il nostro amico parcheggiatore è in grado di aiutarci nella scelta. Optiamo per la prima, una collezione privata di un nobile scozzese lasciata poi in eredità alla città: molto affascinante la strada percorsa per raggiungere la nostra destinazione, tra pascoli verdi, campagna scozzese e campi da golf impeccabili. Il sole che tramonta tra gli alberi aggiunge quella nota di poesia in più. Veramente imponente la raccolta di opere che spazia da una forma artistica all’altra e da un periodo storico all’altro. Usciamo dall’esposizione con il sole ormai definitivamente tramontato e riprendiamo il nostro viaggio: destinazione nord.
La meta non è ben definita: lungo il viaggio, mentre io guido, Giovanni cerca con l’aiuto dei mezzi tecnologici a nostra disposizione, una possibile sistemazione per la notte. Ci fermiamo così a Tarbet, in un delizioso B&B sulle rive del Loch Lomond. L’indirizzo del ristorante, molto caratteristico situato all’interno di una chiesa sconsacrata, ce lo fornisce la proprietaria del B&B: lo raggiungiamo con una camminata di circa 15 minuti al buio, lungo la strada statale, paesino deserto e acqua che scorre nel torrente a fianco del marciapiede. Il posto è caldo, accogliente, la lista dei vini è italiana al 100% ma ci guardiamo bene dall’ordinarne una bottiglia: due belle pinte di birra rossa accompagnano la nostra cena. È stato un viaggio lungo e mangiando Huggies e zuppa di verdure calda ripensiamo a tutto ciò che abbiamo visto e a tutto ciò che ha reso questa giornata così ricca e indimenticabile.
Quarto giorno
La colazione del quarto giorno ci viene servita in una tea room a fianco del B&B: mangiamo per 40 minuti ogni genere di cibi e bevande che ci porta la proprietaria godendo del clima da mattinata scozzese con i lavoratori che si fermano lungo la strada, entrano, fanno colazione e ritirano il giornale e il sacchetto del pranzo. La giornata si presenta grigia, fredda e invernale, ma molto promettente: viaggeremo per tutto il giorno nella regione dei laghi e sappiamo che ci aspettano paesaggi meravigliosi. Di nuovo il sole vince l’uggiosità dei risvegli scozzesi e a poco a poco riveste di luce i prati e le superfici tranquille dei laghi. Ciò che ci colpisce in positivo è poi la tranquillità e la serenità che ci trasmettono queste strade deserte e queste campagne sconfinate. Ammiriamo dall’esterno (chiuso da novembre a marzo) il castello di Inveraray: facciamo numerose foto ai torrioni, ai riflessi del sole nelle gocce di umidità sui rami dei pini, all’arcobaleno che spunta da dietro la collina, ai numerosi ponti in pietra e alla tranquilla zona del porto. Ci rimettiamo in macchina e procediamo verso nord: lungo la strada ci fermiamo a fotografare i vari scorci che attirano la nostra attenzione, finalmente senza orari e senza stress. Non senza sprecare prima un paio di tentativi (il luogo non è segnalato e la guida non è precisa), riusciamo finalmente a trovare il parcheggio da cui parte la passeggiata che porta al Kilchurn Castle: sono rovine di un antico castello che emergono dalle acque del Loch Awe, su un promontorio di roccia ricoperto da un tappeto di erba verde, brillante nelle luci della mattina. Il piccolo molo, le acque tranquille, un silenzio perfetto, una coppia di anziani turisti seduti a guardare il lago, il morbido muschio, le pietre diroccate e la cornice di nuvole e colline. Un paesaggio da cartolina.
Riprendiamo a malincuore il nostro viaggio, direzione Oban. Una località molto carina, a vocazione turistica che però conserva intatto il fascino della cittadina portuale. Nonostante sia definita la “porta delle isole”, ci limitiamo a passeggiare per le vie del centro, camminare lungo il porto, ammirare da lontano la riproduzione del Colosseo, fotografare la distilleria (è sabato, è chiusa), giocare con i gabbiani, respirare l’aria che sa di pesce e di sale. Le isole riempiono l’orizzonte. Sarebbe bello avere il tempo per prendere un traghetto, ma la giornata continua ad avanzare inesorabile e noi dobbiamo ripartire. Dobbiamo raggiungere entro sera Inverness.
Molto suggestivo il viaggio lungo la A828 e la A82: il sole inizia a tramontare e regala una luce ottima per fare foto sulle rive del Loch Linnhe. Ne approfittiamo per fare una deviazione a Glen Coe, un piccolo villaggio costituito solo da una via e dalle case ai due lati. Oltrepassiamo Fort William e Fort August e percorriamo il lungolago di LochNess ormai con il buio. Raggiungiamo Inverness e il B&B selezionato: pochi minuti per una doccia rigenerante e poi usciamo nuovamente per mimetizzarci tra gli abitanti di questa vivace cittadina, seguendo la folla nella ricerca dei locali migliori per mangiare. Rimaniamo sorpresi dalla quantità di gente che affolla le strade e, in questo paese dove il tempo sembra non esistere, ricordiamo a noi stessi che effettivamente è sabato sera. Il vero motivo della presenza di tutte queste persone però è rappresentato da una festa molto sentita in tutto il Regno Unito: il Guy Fawkes Day. Veniamo sorpresi dai fuochi di artificio che durano almeno 40 minuti e dalla gioia contagiosa di questo fiume di persone che si sposta da un luogo di osservazione all’altro. Finito lo spettacolo pirotecnico, ci rifugiamo in un pub e davanti, neanche a dirlo, a una bella birra, prepariamo l’itinerario per il giorno successivo.
Verso il nord e poi sul lago
La notte non è molto tranquilla: la stanza è fredda, il letto scomodo e la stanza rumorosa. Non credo ci torneremo, dovessimo passare ancora da Inverness. Facciamo colazione e ci dirigiamo verso quello che sarà il punto più a nord del nostro viaggio: il Corrieshalloch Gorge. Per la prima volta il termometro scende sotto lo zero ma sarà solo questione di pochi minuti: appena il sole si alza iniziamo addirittura a sudare, complice la breve scarpinata per raggiungere il ponte sospeso sulle Falls of Measach, il punto di osservazione poco più avanti e poi il percorso sul sentiero del ritorno verso il parcheggio. La peculiarità della zona è data dalla presenza della gola più profonda scavata da un ghiacciaio della Gran Bretagna. 40 metri di orrido che si aprono sotto a un passaggio traballante (non possono salirci più di 6 persone alla volta) da cui si ha un punto di vista privilegiato sulla cascata, sul torrente e sulle pareti scoscese e pericolanti della gola. Un luogo davvero molto importante dal punto di vista geologico e naturalistico oltre che molto suggestivo. Ritorniamo verso Inverness e in particolare scendiamo leggermente a sud per vedere l’Urquhart Castle sulle rive del lago di Loch Ness. La prima immagine che abbiamo di quel luogo è veramente mozzafiato: dal centro visitatori si accede a un piccolo cinema in cui proiettano un breve video animato sulla storia del castello. Al termine si spengono le luci, viene sollevato il telo, aperte le tende e dietro le vetrate appare una vista delle rovine nella loro interezza. Davvero molto scenografico questo effetto. Così come scenografica è la posizione di questo castello che ci ricorda molto il Kilchurn Castle: su un promontorio, sopra le acque tranquille di un lago, ugualmente in rovina.
Terminata la visita, ci dirigiamo verso Fort George: in biglietteria cercano di terrorizzarci sui tempi di visita e sull’orario di chiusura, che sorpresa, ormai imminente. Il forte è veramente grande, ma sono poche le stanze visitabili. Anche qui troviamo ricostruzioni di dubbio gusto, ma la vista dai bastioni del Mare del Nord al tramonto con il vento che spazza il cielo è impagabile.
Decidiamo di pernottare a Elgin in un B&B la cui proprietaria si rivela essere una gentile signora carina, molto precisa, molto meticolosa, a tratti un po’ inquietante però: i suoi bigliettini, scritti con calligrafia fine ed elegante, lasciati sparsi nelle stanze e nei bagni danno quasi l’impressione di essere sempre sotto osservazione. Alcuni esempi: “Ragazzi, abbassate la tavoletta del wc dopo averlo utilizzato”, “Siete pregati di non consumare cibo etnico in camera”, “Vi chiedo scusa per il gancio della finestra rotto da cui entra un po’ di aria. Sono sicura però che non sarà causa di disagio perche il B&B è sufficientemente riscaldato”, ecc… Sembra di essere a casa di una nonna che ci tiene a coccolare i suoi nipoti: diversi tipi di tea in camera, arredamento da casa delle bambole, stufetta elettrica, asciugamani puliti, bagni ben curati.
sesto giorno
La giornata comincia con la visita ai resti della cattedrale di Elgin soprannominata “la lanterna del nord”: le rovine sono molto belle così come molto bella è la vista che si gode dalla cima della torre nord. La seconda visita della giornata è alla distilleria Dallas Dhu, che iniziò la sua attività nel 1899 per terminarla nel 1983. La scegliamo principalmente perché compresa nell’Explorer Pass che abbiamo attivato il primo giorno a Edimburgo: consigliamo questo genere di abbonamento per visitare la Scozia perché comprende la maggior parte delle attrazioni turistiche, è conveniente (il prezzo viene ammortizzato già dopo le prime 2/3 visite), risparmia il fastidio di maneggiare soldi davanti alle biglietterie e, aspetto non trascurabile, è esteticamente apprezzabile. È composto da un cofanetto contenente un depliant informativo sugli aspetti tecnici, una piantina, un libriccino che riassume le attrazioni indicando per ognuna di esse i dati relativi a numeri di telefono, orari di apertura e, in alcuni casi, una breve descrizione del sito. L’aspetto divertente dell’Explorer Pass è collezionare i timbri dei vari luoghi: alla fine della vacanza finiscono per rappresentare un bel ricordo dei posti visitati.
Ritornando alla distilleria, possiamo dire che è stata una delle visite più belle perché è stata interessante, ma soprattutto ben fatta: l’audioguida era esaustiva ma sintetica e la degustazione con video e spiegazione annessa è stata soddisfacente. È stato affascinante assaggiare il whisky Dallas Dhu sapendo che si tratta di bottiglie in esaurimento che non verranno più prodotte. Ci è sembrato di assaggiare la storia.
Il viaggio è proseguito in direzione sud ovest: abbiamo raggiunto e superato senza fare soste Aberdeen per poi raggiungere Stonehaven, un piccolo paese di pescatori spalmato su una baia in riva al mare. Lasciata la macchina iniziamo a inerpicarci lungo un sentiero che in 30 minuti circa di camminata lungo le scogliere ci porta alle rovine del Dunnottar Castle. Il luogo è stupendo e meriterebbe una visita più lunga che permetta anche di scendere in riva al mare e passeggiare sulle spiagge ghiaiose. È stato comunque molto bello girare per le rovine durante il tramonto nonostante sentissimo l’orario di chiusura pendere come una spada di Damocle su di noi.
Riprendiamo la macchina con direzione Edimburgo. La stanchezza inizia a farsi sentire, ma a pesare è principalmente la consapevolezza che stiamo arrivando al termine del nostro viaggio. Raggiungiamo la cittadina di Stirling dopo aver guidato per ore al buio, ma soprattutto in una nebbia così fitta da rendere la strada un posto un po’ spettrale. Il B&B che troviamo per la nostra penultima notte scozzese è considerato uno dei migliori di tutto il Regno Unito e non facciamo fatica a crederlo: la proprietaria è una donna molto disponibile, allegra, chiacchierona, elegante e la casa è molto ospitale, arredata in stile vintage, fine, calda e pulita tanto che per un attimo abbiamo pensato di passarci anche la notte successiva per poter approfittare della vasca idromassaggio, della Guest Room e della colazione faraonica. Unico aspetto meno positivo è la distanza dal centro e dal castello: un’altra bella camminata di mezz’ora o poco più ci ha permesso di raggiungere la zona dei locali dove abbiamo trovato un pub con la cucina ancora aperta: zuppa calda, carne e birra fresca con tanto di musica folk di sottofondo e il cantante con kilt, chitarra e voce alla Bruce Springsteen. Tutto molto Scottish, of course.
La colazione merita una nota a parte: frutta (ci è sembrato un miraggio), tea, latte, caffè, cereali, pane, marmellata, huggies, porridge e mille altre cose ancora servite a un tavolo imbandito con cristalli e argenteria. Sembrava di essere al pranzo di Natale.
Il castello di Stirling è molto più bello di quello di Edimburgo e la visita ci ha soddisfatto appieno grazie anche ai vari laboratori molto ben strutturati e alle diverse zone in cui era possibile conoscere la storia della casa reale e dell’intera Scozia in modo interattivo. Siamo stati in quell’edificio tutta la mattinata e anche di più senza accorgerci del tempo che passava.
A Stirling si trova anche il Wallace Monument, ma non l’abbiamo visitato: un po’ fuori dal nostro budget il prezzo del biglietto e poi è arrivato il momento di tornare definitivamente nella capitale effettuando però prima una deviazione a Dumferline, una delle antiche capitali della Scozia, dove visitiamo l’abazia e la cattedrale o, comunque, ciò che ne resta. L’alternativa sarebbe stata quella di passare da Falkirk per visitare il sistema di chiuse e la ruota, molto particolare. Abbiamo poi optato per la prima opzione perché a causa di lavori il sito avvenieristico è in parte chiuso al pubblico. Percorriamo le ultime miglia in direzione di Edimburgo con un occhio al serbatoio della benzina e un altro alla cartina.
Arriviamo infine a destinazione e ci sistemiamo nello stesso albergo dei primi giorni; facciamo una doccia veloce prima di prendere il bus: direzione porto. Troppo bello il pub della prima cena per non approfittare di questa seconda visita nella capitale per tornarci e mangiare di nuovo dell’ottimo pesce. Le nostre aspettative sono nuovamente soddisfatte e riusciamo finalmente a vivere la città negli stessi orari degli abitanti: troviamo il pub pieno e non ci sembra più di essere dei pesci fuor d’acqua come quando durante la settimana trascorsa ci è capitato di chiedere la cena a un orario improponibile come le 20.00!
Il ritorno a Edimburgo è giustificata dal fatto che nei primi due giorni non eravamo riusciti a vedere Holyrood House, la residenza estiva della famiglia reale inglese. La visitiamo la mattina prima della partenza: molto antica, opulenta, ricca, ci ha dato la sensazione che per alcuni fortunati il tempo sembra essersi fermato ai tempi dei castelli e delle serate danzanti tra nobili. Ci fa venire i brividi il pensiero che queste persone vivono la storia e soprattutto vivono nella storia. Davvero bella, non ci ha deluso e ci ha dimostrato che è valsa la pena non fermarsi nel grazioso B&B di Stirling.
A malincuore dirigiamo l’auto verso l’aeroporto di Edimburgo: la riconsegna della macchina, l’ultima foto al contachilometri e il pranzo veloce sono solo meste formalità prima del ritorno a casa.
Sicuramente una settimana non basta per visitare la Scozia, ma di questo eravamo consapevoli ancora prima di partire. Ci ha comunque permesso di visitare molti luoghi, alcuni fortemente suggestivi, altri un po’ meno evocativi, ma di sicuro questo viaggio semi-improvvisato è stato realmente emozionante: volendo e potendo, potremmo raccontarvi con rigore di cronaca di ogni paese visto, di ogni cattedrale visitata, di ogni castello esplorato, di ogni lago e di ogni rovina fotografata, ma ciò che portiamo dentro della Scozia è la poesia del suo esistere fuori da ogni tempo e luogo.