Una prigione chiamata Sharm

Gennaio 2005: sei giorni sul Mar Rosso tra Sharm el Sheikh e la penisola del Sinai con il Monastero di Santa Caterina, tra il parco nazionale di Ras Mohammed e l'isola di Tiran, tra relitti come il Thistlegorm e il deserto egiziano. Una settimana di viaggio e di immersioni nell'acquario più bello del mondo. 02/01/2005 Italia - Egitto Sono le 4...
una prigione chiamata sharm
Partenza il: 03/01/2005
Ritorno il: 09/01/2005
Viaggiatori: in coppia
Spesa: 1000 €
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Gennaio 2005: sei giorni sul Mar Rosso tra Sharm el Sheikh e la penisola del Sinai con il Monastero di Santa Caterina, tra il parco nazionale di Ras Mohammed e l’isola di Tiran, tra relitti come il Thistlegorm e il deserto egiziano. Una settimana di viaggio e di immersioni nell’acquario più bello del mondo.

02/01/2005 Italia – Egitto Sono le 4 di una fredda mattina lombarda di gennaio quando ci troviamo all’aereoporto di Milano Malpensa in attesa del nostro referente di agenzia (MaxiTraveland) che dovrebbe portarci i biglietti per il volo con partenza alle 7. Per ingannare il tempo giochiamo a carte e beviamo tè dal thermos mentre osserviamo la sala d’attesa riempirsi di loschi individui armati di di bagagli e pronti a tornare tra una settimana o due abbronzati e spavaldi davanti ai colleghi.

Dopo il check-in con la sua lunga coda imbarchiamo personalmente i bagagli ad un altro scivolo, dopodiché ci mettiamo in fila per il passaggio alla dogana. Al metal detector notano subito il coltello dimenticato nel bagaglio a mano, così ci spetta un’altra fila per imbarcare anche quello nella stiva, e ripassare dai metal-detector.

Con più di un’ora di ritardo riusciamo a partire con un volo charter Blue Panorama: vecchi scarti dell’Alitalia, in tutti i sensi. L’aereoporto di Sharm ci accoglie con un piacevolissimo sole caldo ed un vento che porta via. Un piccolo bus dell’hotel ci sottrae al piacevole clima e, dopo una sosta in un terrificante resort italiano a sette stelle e con suo proprio fiso orario e una ventina di Km di alberghi, casinò, night club, pub, negozi per turisti e banche, ci lascia all’Hotel Aida: stanze enormi e confortevoli, gestione sufficientemente spartana.

L’intero pomeriggio va via tra pranzo al buffet dell’albergo, esplorazioni dei dintorni e gite informative con relative prenotazioni al più vicino diving center. Poco dopo il nostro primo – deludente – tramonto egiziano nella foschia, chiudiamo la giornata progettando la gita dell’indomani all’Isola di Tiran.

03/01/2005 Tiran Dopo la sveglia alle sette ed una colazione continentale al buffet dell’albergo ci precipitiamo al diving center dove subito cozziamo con l’organizzazione italo-russo-egiziana. Fatte le ceste ci imbarchiamo su un pullmino che ci porta al porto, dove decine di motoscafi a motore acceso attendono sub e turisti.

Controllando le ceste vengono fuori mute della taglia sbagliata, gav anteguerra e octopus rotti, ma in qualche modo si trova una soluzione e il viaggio fila liscio nonostante i mille ritardi e la convivenza forzata con un gruppo di italiani che lamentava che “le tagliatelle alla bolognese di ieri sera all’albergo non erano sufficientemente condite”.

Chi descrive il Mar Rosso come un acquario, ha torto. Non esiste un acquario così spettacolare, così ricco di colore, di vita, di movimento, di luce. Se non si corresse il rischio di perdere l’erogatore, ci sarebbe da fare ciascuna immersione con la bocca spalancata dallo stupore: pur essendo inverno, stagione in cui più della metà dei pesci migra altrove, lo spettacolo è incredibile.

Lo stretto di Tiran chiude a sud il golfo di Aqaba, tra la costa del Sinai e l’isola militare. In mezzo a questo canale si trovano Jackson Reef, Woodhouse Reef , Thomas Reef e Gordon Reef, quattro torrioni corallini dove la corrente forte trasporta grandi quantità di plancton e di elementi nutritivi che forniscono alimento per madrepore e, quindi, pesci di barriera. Questi costituiscono poi cibo per grandi predatori pelagici come barracuda e squali. Innumerevoli sono le forme di corallo e ricchissima la fauna. Gordon Reef è stata un’immersione ricreativa semplice a poca profondità lungo la parete del reef, adatta per abituarsi alle bombole di alluminio. Woodhouse Reef invece è stata un’immersione ricreativa in corrente, particolare per l’incontro con murene e due grandi tartarughe.

Al termine della seconda immersione, e quindi a metà pomeriggio, ci viene servito un pranzo abbondante sul ponte del motoscafo: nulla di arabo – naturalmente – ma vista la fame nulla ci è mai sembrato così gustoso. Finito il lauto pasto ripartiamo per Sharm, godendoci un viaggio senza vento e alla luce arancione di uno spettacolare tramonto, dove arriviamo in tempo per una cena a base di cous-cous. 04/01/2005 Monastero Santa Caterina – Dahab Alle sei di mattina partiamo alla volta del Monastero di Santa Caterina sulla montagna omonima, meta obbligatoria per chiunque non vada sul Mar Rosso per passare una settimana a bordo piscina.

Il complesso fortificato comprende un monastero, una chiesa ortodossa, una moschea ed altri edifici adibiti oggi a musei, bar e negozi di souvenir.

La chiesa ortodossa presenta numerosi ornamenti tipici del suo stile quali lampadari appesi al soffitto e una vasta raccolta iconografica. Purtroppo l’alto afflusso di turisti impone una visita forzata in fila indiana attraverso un percorso predeterminato; inoltre non è consentito fare riprese o fotografie.

Dietro l’altare maggiore si trova il sarcofago con i resti di Santa Caterina, la martire che dopo aver convertito dieci saggi inviati dall’imperatore con il compito di riportarla nell’alveo pagano fu uccisa e i cui resti – secondo la tradizione – furono ritrovati dopo secoli sul monte che porta il suo nome.

I monaci che abitavano in questo luogo erano soggetti a frequenti attacchi da parte dei beduini, quindi costruirono la cinta muraria e si impegnarono per diventare autosufficienti. Questo non bastò, e, quando la zona divenne di influenza musulmana, si aggiunse una moschea al complesso. Purtroppo non abbiamo avuto modo di visitarlo ma dall’esterno fa un certo effetto vedere un minareto e un campanile cristiano così vicini in un’area che pochi anni fa era teatro di scontri spinti anche da motivi religiosi.

Il nostro tour troppo rapido si conclude con la visita alla biblioteca-museo che include testimonianze delle diverse religioni qui confluite; vi si possono trovare abiti dei patriarchi ortodossi, icone di santi, illustrazioni dell’inferno, copie di bibbie in varie lingue. Nel museo è conservata una copia del documento che attesta la protezione che Maometto accordò al monastero nel 625. Interessante anche il Roveto Ardente sotto il quale fedeli devoti pongono suppliche.

Per il pranzo veniamo portati in un villaggio turistico vicino al monastero che sembra non avere altra funzione se non quella di ristorare con le solite pietanze continentali a base di pasta scotta i turisti in visita al complesso monumentale. Nel pomeriggio ci attende un giro obbligatorio per le strade di Dahab, un tempo città degli hippies, oggi degna sorella di Sharm. Sopportiamo mavolentieri anche due tappe obbligate ad una “fabbrica” di papiri ed una di gioielli, e finalmente rientriamo a casa.

05/01/2005 Sharm el Sheik Che cosa fare a Sharm El Sheikh in una brutta giornata di gennaio, se non un’immersione? Decidiamo di provare a risolvere questo dilemma svegliandoci con calma, depredando il buffet della colazione e prendendo una navetta per la spiaggia.

Tra una grande spiaggia sabbiosa e una piccola baietta con reef scegliamo la seconda, e dopo un paio di chilometri veniamo scaricati in fondo ad una strada asfaltata: a destra uno stabilimento balneare organizzatissimo, con tanto di lettini, paravento e ombrelloni aperti nonostante il cielo minacci pioggia; a sinistra una spiaggia libera, deserta. Senza nemmeno consultarci stendiamo gli asciugamani sulla terra secca della seconda e speriamo che il tempo sia clemente.

Nonostante mute, pinne, calzari e maschere stesi ordinatamente in bella vista a mo’ di offerta, un immaginario dio del cielo decide di non accontentarci e la temperatura scende ulteriormente. Il cielo è plumbeo, il vento tira forte. Rinunciamo ad una giornata balneare e contrattiamo animatamente il prezzo di una corsa in taxi per tornare a pranzo in albergo.

Nel pomeriggio non ci restano molte alternative, così ci prepariamo per una gita a cavallo nel deserto alle nostre spalle. Dopo mille ritardi – dovuti alla solita pessima organizzazione italo-egiziana – riusciamo a raggiungere il maneggio che è quasi sera, ma i cavalli sono ancora tutti fuori. Attendiamo ancora quasi un’ora, mentre ci viene offerto un tè alla menta. Quando finalmente riusciamo a montare a cavallo mancano pochi minuti al tramonto.

Se fosse possibile ignorare le decine di moto da deserto che – con decine di migliaia di chilometri di nulla a disposizione – sfrecciano a pochi metri dalle zampe dei nostri cavalli, il paesaggio sarebbe molto suggestivo, con le sue nuvole umide a ridosso del deserto ormai buio. È l’ultimo turno, la nostra guida è stanca, e, dopo aver risolto qualche incidente dovuto ai cani che si azzuffano in mezzo ai cavalli, ci riporta indietro trottando.

06/01/2005 Ras Mohammed La giornata è interamente dedicata alla visita di Ras Mohammed, parco nazionale egiziano che si trova a sud di Sharm El Sheikh, sulla penisola che divide il Golfo di Aqaba da quello di Suez. La costa è costituita da barriera corallina fossile terminante nel “capo di Maometto” (la sua forma dovrebbe ricordare il profilo del profeta) sul quale si trova lo Shark Observatory.

Dopo il tragitto in barca, subito la prima immersione, che ha toccato Shark Reef, Jolanda Reef ed Anemone City. Il percorso inizia proprio da Anemone City, dove ovviamente vive una vasta popolazione di anemoni con migliaia di pesci pagliaccio tra i tentacoli, per poi nuotare nel blu per qualche minuto a 20 metri (impressionante!) fino ad arrivare a vedere Shark Reef con le sue gorgonie, i pesci pipistrello, i carangidi e i barracuda; attraverso una sella sabbiosa si arriva infine a Yolanda Reef, con i resti dello Jolanda, mercantile affondato nel 1980 nei quali si aggira qualche Pesce Napoleone (che fortuna incontrarlo!).

Al termine ancoriamo in una baia piena di Lionfish, dove abbiamo la possibilità di fare una seconda immersione e quindi di pranzare ammirando mare cristallino e deserto a poche decine di metri. Rientriamo infine in porto insieme a decine di imbarcazioni controllate dalla polizia egiziana.

07/01/2005 Relitto S.S. Thistlegorm Sveglia ben prima dell’alba, ritiro della colazione al sacco, rapido controllo dell’attrezzatura al diving center e via verso il porto: oggi ci aspetta un lungo viaggio. Destinazione: Sha’ab Ali, reef del SS Thistlegorm! Il Thistlegorm era una nave da trasporto inglese affondata all’inizio della Seconda Guerra Mondiale da una guerriglia di bombardieri tedeschi proveniente da Creta. IEra carico di materiale per le truppe stanziate nell’Africa Settentrionale: munizioni, bombe a mano, mine anticarro, fucili, motociclette, automobili Morris, camion, carri armati, vagoni ferroviari, carri cisterna, locomotive, medicinali, pneumatici, e così via. L’imbarcazione fu scoperta da Jacques Cousteau nel ’56 mentre navigava con la nave oceanografica Calypso sul versante esterno del reef denominato Sha’ab Ali. Il Thistlegorm è appoggiato su un fondale sabbioso a 33 metri di profondità, intatto così come è intatto il suo carico.

Il diving oggi ci ha affidati ad una guida bielorussa che non parla una parola di inglese, francese, tedesco, spagnolo, arabo, italiano o qualunque altra lingua che potesse essere direttamente o indirettamente compresa. Durante il lungo viaggio parla con il gruppo dei suoi connazionali ignorando chiunque altro: impossibile fare il briefing.

L’immersione inizia dalla poppa, dove ci sono una mitragliatrice e un cannoncino antiaereo intatti, quindi si prosegue lungo lo squarcio aperto dalle bombe sulla quarta stiva con i suoi carri armati, e si risale lungo il ponte. Nuotare in una struttura umana a 30 metri di profondità è quando di più simile alla sensazione di volare che possa capitare. Combattendo contro la corrente contraria si nuota poi verso prua, per vedere il salpa ancore passando dalle altre stive. L’immersione è unica non soltanto per il relitto e il suo carico perfettamente conservati, ma anche perché il Thistlegorm è un vero e proprio reef artificiale abitato da una ricchissima fauna.

Yuri, il divemaster russo, perde tutto il suo gruppo non appena arriva a 30 metri, e lo recupererà solo mezz’ora dopo facendo decompressione sulla cima d’ormeggio. Senza la strumentazione necessaria, ognuno è costretto a fare un’immersione solitaria, affascinato ed inquietato assieme. Fortunatamente va tutto bene, a parte la perdita di una torcia (per la quale il diving ci chiederà una cifra spropositata). A causa dell’incompetenza di chi ci accompagna, rinunciamo alla seconda immersione all’interno delle stive del Thistlegorm: troppo rischioso scendere senza la necessaria organizzazione.

Delusi ed arrabbiati rientriamo a Sharm, dove ci aspetta un faticoso incontro-scontro con l’organizzatore dell’immersione. Nonostante tutto, comunque, è stata la più emozionante! 08/01/2005 Sharm el Sheik Furenti per l’esito della gita di ieri, dobbiamo per forza impiegare questa giornata alla ricerca di una torcia subacquea ad un prezzo meno irragionevole di quello del diving. A questo scopo, dopo un abbondante pasto ci dirigiamo verso Nahama Bay a piedi.

Con la fortuna che ci contraddistingue riusciamo a fare tutti i chilometri che ci separano dal porto camminando senza vedere nemmeno un punto vendita adatto, tra i tanti. Quando, in preda alla disperazione, chiediamo aiuto ad un tassista abusivo veniamo lasciati davanti ad un diving shop con grandi e luminose vetrine sulla strada. Sotto l’albergo.

Senza contrattare sul prezzo usciamo dal negozio e cerchiamo un bancomat, trovando invece un sedicente venditore di profumi che dopo averci offerto del karkadé cerca di venderci costosissime essenze, tra cui il suo personale viagra egiziano. Per “fortuna” non abbiamo soldi e riusciamo a scappare.

Come c’era da aspettarsi la banca si trova in un’altra via a cento metri dall’hotel che – come nella migliore delle “simcities” – si chiama “Banks street”. Riusciamo così finalmente a saldare il conto con gli organizzatori. Un’altra giornata buttata per colpa della guida. Peccato, perché questo mare un bagno tradizionale se lo sarebbe meritato. Ciao, Mar Rosso! Il Mar Rosso è celebre per avere la barriera corallina più ricca e spettacolare del mondo. Nelle foreste di corallo si aprono scenari naturali che creano paesaggi di rara suggestione, così come anche nei relitti che ora costituiscono una sorta di reef naturale. Nonostante a dicembre più della metà dei pesci migri altrove per via del freddo (l’acqua scende fino a circa 20 gradi), lo spettacolo è di un tale fascino che non è nemmeno lontanamente paragonabile ad un acquario. Unico consiglio: scegliere accuratamente il diving! Le fotografie di questa galleria sono state scattate tra le isole di Tiran e la riserva naturale di Ras Mohamed. Riassumendo…

Perché fare un viaggio sul Mar Rosso in pieno inverno: * Per i tramonti spettacolari * Per la barriera corallina e i pesci tropicali, ma solo se si è subacquei, visto che l’acqua è ancora piuttosto fredda e comunque “da sopra” si vede poco, specialmente in questa stagione.

* Per il clima tiepido * Per il deserto della penisola del Sinai e il Monastero di Santa Caterina Perché evitarlo: * Perché è infestato ovunque della peggior specie di turisti * Perché al di là di volo e albergo è esageratamente caro * Perché non c’è nulla di africano o di egiziano, ma solo casinò, resort all inclusive, banche, negozi di paccottiglia e diving center.

Sospettavamo tutto già al momento della prenotazione, e tutte le ipotesi sono state confermate. Da subacquei, una sola immersione vale tutto il viaggio.

Buon viaggio!!



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