Una notte a Taquile

il tour classico del Perù del sud, da Lima a Cusco
Scritto da: iole 65
una notte a taquile
Partenza il: 28/10/2011
Ritorno il: 14/11/2011
Viaggiatori: 2
Spesa: 4000 €
La cosa che colpisce di più sulle Ande è il colore del cielo. Va dal blu al viola, dall’azzurro terso all’indaco. Nonostante la mancanza di ossigeno e la fatica che si prova anche nel fare le cose più elementari, non si può che restare stupefatti di fronte a tanta imponenza. A fianco al duomo di Puno parte una lunga scalinata che porta al mirador del condor, un punto panoramico a 4135 mt sul livello del mare. Dobbiamo fermarci spesso e riprendere fiato ma una volta arrivati in cima la vista sul lago Titicaca ci ripaga dello sforzo. Se non sapessi di essere in Perù penserei di essere sulla Costa Azzurra, nel mediterraneo. Il blu delle acque è particolarmente intenso, come pure le nuvole sono particolarmente candide: dei fiocchi che vagano liberi in questa tavolozza splendente. Domani ci aspetta la traversata del lago par la visita all’ isola di Taquile.

La discesa è più agevole, cerchiamo lo scrivano che abbiamo incontrato all’andata all’angolo di una viuzza. Vorremmo osservare il suo lavoro e magari fargli una foto. Un omino compunto seduto ad una vecchia macchina da scrivere. Ci commuove vedere la semplicità delle persone in attesa di poter dettare un loro scritto, con una reverenza quasi religiosa, come di fronte ad un confessionale. Vediamo molti manifesti pubblicitari ma i modelli sono tutti bianchi perlopiù biondi con gli occhi azzurri. Ci spiegano che soprattutto nell’entroterra esiste ancora un forte senso di inferiorità nei confronti degli occidentali. 300 anni di dominazione spagnola pesano ancora. A Puno la sera ci imbattiamo in una delle tante feste popolari. I ballerini e i musicisti sfilano in costume a ritmo di tamburi. C’è molta allegria per le vie. Acquisto un cd da 2 musicisti di strada. La melodia trasmette qualcosa di spirituale ed arcano, come una saggezza antica legata a un lamento lontano. Sono affascinata e incuriosita. Penso a quante cose perdiamo nelle nostre vite frenetiche e regolate dal materialismo. Per un attimo penso che potrei restare qui per sempre.

La mattina si parte con un po’ di mal di testa dovuto all’altitidine. Faccio scorta di foglie di coca, qui presenti ovunque. Mi spiegano che la pianta al naturale non ha effetti psicotici ma è un ottimo tonico. Quella che arriva da noi non è altro che uno dei 14 alcaloidi contenuti nelle foglie, estratto chimcamente, con gli effetti devastanti che ben conosciamo. Durante la traversata visitiamo le isole Uros, che altro non sono che piattaforme galleggianti fatti di giunchi pressati. Ci fanno vedere come quando si sposa qualcuno aggiungano una nuova superficie sulla quale costruire la nuova capanna, fatta naturalmente di giunco. Non manca l’esposizione di coloratissimi prodotti tipici. Sul battello ci sono molti locali, soprattutto donne che, per ingannare il tempo, cardano la lano o tessono usando come telai tutto cio che capita, anche i piedi. Dopo un paio d’ore di navigazione arriviamo a Taquile. Sisco, l’accompagnatore che è venuto a prenderci, ci presenta il resto della famiglia che ci ospiterà. Una coppia molto gentile con 2 bambini. Percepiamo subito un’atmosfera diversa. Qui è come essere in un alto mondo. Non esiste l’elettricità e non ci sono mezzi a motore. Ci sposta a piedi. Degli archi in pietra delimitano le proprietà e non ci sono ne recinzioni ne cancelli. La polizia non esiste in quanto qui si conoscono tutti e vigono 3 regole molto chiare: non rubare, lavora e di sempre la verità. Un piccolo ambulatorio fa fronte alle emergenze mediche anche se qui tutti conoscono i segreti delle erbe e come usarle per curarsi. Ci sono molte pecore e molti fazzoletti di terra coltivata, naturalmente a mano con zappa e a volte con un piccolo aratro. Nella piazza principale troviamo la scuola di maglia da poco nominta patimonio dell’ umanità dall’Unesco. Infatti dalla più tenera età qui tutti imparano questa pratica, anche i maschi. Le nostre camere si trovano in cima alla collina, con vista lago. Appena entro sento un forte odore di paglia, sicuramente proveniente dal materasso che ne è imbottito. Il pavimento è in terra battuta e come lampadina troviamo una vecchia bottiglia di birra con una candela. Alla moglie portiamo come regalo un po’ di spesa, dal sorriso che ci rivolge capiamo di aver avuto una bella idea. Prima di cena ci accompagnano sul punto più panoramico dell’ isola, proprio di fronte alle coste della Bolivia ed assistiamo ad un magnifico tramonto. La pace e il silenzio sono totali. Siamo consapevoli dell’orgoglio di far parte di una comunità cosi specialie in cuor mio auguro loro di poterne preservare per sempre l’ originalità. Anche se qualche effeto negativo si può già vedere in alcuni tetti di lamiera che hanno preso il posto dei i tetti di guinco, sicuramente un isolante termico migliore. Il silenzio della notte è rotto solo dallo sciabordio delle onde sogli scogli. C’è una bella luna che spande una luce surreale tra le rocce. Il cielo color dell’inchiosto è fulgido di stelle e l’aria frizzantina, con una temperatura di poco superiore allo 0.

La mattina dopo ci mostrano come confezionano i loro tessuti fatti di lana d’alpaca. Ci spiegano che la natura dona loro tutto ciò che gli serve e anche per la pulizia usano un erba che se schiacciata produce una schiuma pulente a zero impatto ambientale. Finiamo il giro dell’isola tra le calette e arriviamo ad una spiaggia più grande dove molti uccelli schiamazzano e pescano. Se il vento non è troppo forte si può fare il bagno, ma noi ci accontentiamo di camminare scalzi sulla sabbia tiepida. Dopo pranzo si riparte col solito traghetto. Un’ ultima occhiata all’ isola e ai suoi colori. Siamo consapevoli di aver vissuto un’ esperienza veramente speciale e un po’ a malincuore ci allontaniamo. Durante la traversata ci fanno compagnia le solite donne al lavoro e vari uccelli che si tuffano per pescare. Ci avviciniamo a Puno in attesa di scoprire la civiltà Inca ed i suoi misteri, ma questa è un’ altra storia.

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