Una famiglia in Thailandia

Viaggio di 3 settimane in Thailandia dal 03 al 23 agosto 2008 9 giorni di tour + 9 giorni di mare a Kho Samui Costo 1.400 euro per adulti escluso volo per e da Bangkok 825 euro per bambino escluso volo per e da Bangkok pensione completa , ingressi durante il tour notte e prima colazione al mareFinalmente le vacanza, finalmente vacanze...
Scritto da: Navius
una famiglia in thailandia
Partenza il: 03/08/2008
Ritorno il: 23/08/2008
Viaggiatori: in coppia
Viaggio di 3 settimane in Thailandia dal 03 al 23 agosto 2008 9 giorni di tour + 9 giorni di mare a Kho Samui Costo 1.400 euro per adulti escluso volo per e da Bangkok 825 euro per bambino escluso volo per e da Bangkok pensione completa , ingressi durante il tour notte e prima colazione al mare

Finalmente le vacanza, finalmente vacanze non in villaggio dove tutto ti è organizzato e servito fresco fresco… Finalmente in Thailandia con la famiglia e non da solo per lavoro. Una normale famiglia io, il papà Alessandro, la mamma Veronica ed un bimbo, Stefano, di 7 anni. Prima della partenza tutti ci chiedevano se portavamo anche lui e ,mia moglie ed io facevamo fatica a capire perché tutti facevamo questa domanda. In ogni caso finalmente è arrivato il giorno della partenza. Verona ci accoglie , noi siamo pronti e spicchiamo il volo verso la nostra meta. Con la Thayairways atterriamo a Bangkok, la città degli angeli. Il nuovo aeroporto è grande ma facile da attraversare. All’uscita la guida del tour che abbiamo prenotato via internet ci aspetta. Lo scrivo perché erano le 5,30 del mattino! Il “baffo” ,soprannome di Manat la nostra guida, ci organizza subito il transfer verso l’hotel (Queen Park’s Hotel ) dove sveniamo sui grandi e comodi letti… Dopo qualche ora di sonno profondissimo la Vero si sveglia e sveglia me e Stefano. Con la scusa di non riposare troppo, altrimenti non saremmo riusciti ad assorbire il fuso orario, ci convince ad uscire. E per andare dove?????? Ma a fare shopping, siamo o no in una delle capitali dello shopping sfrenato! Utilizzando lo Skytrain (che Stefano si ostina a chiamare Sky training) raggiungiamo l’MBK (fermata National Stadium ) un grande magazzino dove si trova di tutto e il taroccato di tutto . E’ immenso, caotico ma affascinante. Vaghiamo per negozi e bancarelle alla ricerca di qualsiasi cosa (Vero è stata afferrata dalla shoppingmania). Compriamo qualche orologio, magliette, ciabatte, short da utilizzare al mare oppure da regalare (consiglio se fate solo Bangkok e poi il mare , comprate nella capitale perché costa meno che al mare). Dopo un po’ la fame ci assale e quindi cerchiamo un ristorante per mettere sotto i denti qualche cosa. La prima esperienza di cucina Thay (almeno per Stefi e Vero) è in un ristorante cinese!!!!; naturalmente si mangia cinese ma va bene lo stesso. Dopo pranzo e dopo tanti complimenti, da parte delle gentilissime cameriere a Stefanino, continuiamo il tour nello shopping center. La Vero ha perso qualsiasi freno, guarda di tutto ed io contratto su tutto.. Poi è ora di tornare in hotel, Stefano si merita un bel bagno in piscina. Il caldo umido invoglia a fare un bel bagno, e Stefano fa la prima “cuccata” della vacanza. Una bimba asiatica, forse cinese, è in piscina con il suo papà, e si allena a nuotare (veramente brava). Stefano si esibisce in tuffi acrobatici per attirare l’attenzione… ci riesce e comincia a “nuotare a cagnolino” vicino a lei che invece mostra uno stile libero impeccabile. Poi cominciano a fare tuffi insieme…E poi… lei fotografa Stefano e sorride con una dolcezza che solo i bimbi riescono ad esibire. Stefano mi chiede di aiutarlo con il suo inglese da prima elementare ed io, con il mio da seconda elementare, gli do alcuni consigli (orgoglio paterno ). Dopo circa 1 ora e mezzo di bagno si danno appuntamento per il giorno seguente per un’altra nuotata. Risaliamo in camera, doccia e fuori per trovare un ristorante, ma che sia Tailandese questa volta. Gironzoliamo per i dintorni dell’albergo alla ricerca di un ristorante menzionato nella nostra guida, ma non lo troviamo. Passiamo da un parco (Queen’s park) dove un istruttore da lezioni gratuite di ThaiChi, molto poetico. Alla fine entriamo in uno che ci sembra carino, si chiama Lemongrass ed è una specie di ricostruzione di un ristorante stile liberty… la luce è fioca, la musica thay non manca e quindi lo proviamo. La cena è ottima e il conto finale ancora migliore… cena completa per 3 persone circa 22 Euro. Adesso la stanchezza si fa sentire , quindi torniamo in hotel, domani cominciamo le visite serie con baffo Manat.

Dopo una colazione pantagruelica incontriamo Manat nella hall dell’hotel. Ci scorta al nostro pulmino e… sorpresa! saremo solo noi 3, un pulmino a 9 posti, la guida e l’autista a nostra disposizione (Vincenzo sei un grande). La prima meta è il Wat (tempio) dei 3 amici. Attraversiamo la città nel traffico caotico del mattino. Manat comincia a raccontarci ( parla italiano) un po’ di storia e storie che riguardano la Thailandia , ad esempio tutti i maschi di fede Buddista di età superiore ai 20 anni devono passare almeno 5 giorni in un tempio, il lunedì è tradizione indossare un indumento giallo (colore reale) , il colore arancio è utilizzato solo dai monaci ecc. Ogni tanto guardo fuori dal finestrino , il cicaleggio di Stefano accompagna i miei pensieri mentre i tuk tuk (pericolosi a Bangkok) sfrecciano nel traffico trasportando turisti bianchi di paura, merci e monaci in giro per la città. Oltre ai Tuk Tuk , per muoversi nel traffico, si possono usare degli scooter con autista . Finalmente arriviamo al Wat , e, all’interno di una piccola stanza, si presenta ai nostri occhi una vista magnifica: una statua del Budda di circa 6 tonnellate tutta d’oro massiccio. Ma quello che è più interessante è la storia che si cela dietro questa statua. Il tempio si chiama dei 3 amici perché ,3 amici appunto , molti anni fa, avevano deciso di costruirlo per onorare i propri genitori. Essendo di umili origini, chiesero ad un altro tempio se potevano avere in regalo una statua del Budda da mettere nel nuovo tempio. Il monaco indicò loro una grossa statua in cemento che nessuno degnava di uno sguardo. Tutti felici caricarono la statua su un camion e si avviarono . Le strade, a quel tempo, erano molto disastrate ed una buca causò la caduta della statua dal camion. I tre scesero dal mezzo preoccupati e si accorsero che un pezzo di cemento si era staccato rivelando l’interno che era tutto d’oro… La statua era stata ricoperta di cemento durante le guerre tra la Thailandia e la Birmania (avvenute nel 1500) e nessuno si era più ricordato di quella statua tutta d’oro. Ora campeggia in questo tempio e viene venerata. Qui Manat ci ha anche introdotto ad alcuni rituali di preghiera e di offerte: non bisogna mai stare ad un livello più elevato del Budda, quando si è seduti non bisogna mai indirizzare i piedi verso il Budda, i monaci si siedono ad un livello più elevato dei fedeli,ecc. Le offerte consistono in 3 bastoncini di incenso, una candela, un fiore di loto e 3 foglioline d’oro da attaccare alle statue, poi si congiungono le mani sulla fronte e si inclina in avanti la testa per 3 volte. A proposito dei saluti le mani giunte sulla fronte è il saluto per il Budda, sulla bocca per i genitori, sul petto per gli amici; se vi capita di salutare un monaco e lui non ricambia il saluto, non prendetevela,è usanza che i monaci non salutino con le mani ma con dei gran sorrisi…Stefano non ha perso occasione per andare all’interno di una piccola cappella, dove un monaco anziano l’ha benedetto e, a seguito di un’offerta di 20 bath, gli ha regalato un braccialetto portafortuna. L’ha poi salutato chiedendogli da dove veniva e ,quando a saputo che eravamo italiani, ha esclamano un “forza Milan” che ci ha fatto molto sorridere…Potenza del calcio! Questo è stato il primo di una lunga serie di templi tutti simili nell’architettura ma molto diversi per l’atmosfera che si respira. Infatti dopo il tempio dei 3 amici siamo andati a visitare il tempio reale… Questo Wat è un’orgia di pagode colorate e bellissime. Tutti i muri sono piastrellati in ceramica cangiante. Su un muro vi è raffigurata l’arte del massaggio Tailandese. In questo tempio c’è l’università per il massaggio tradizionale che qui è un arte tramandata da secoli. Sia io che la Vero che Stefy abbiamo provato questi massaggi che non sono affatto rilassanti ma che comunque aiutano il corpo a sciogliere lo stress.

A tal riguardo vi consiglio di verificare il luogo dove vi fanno il massaggio , a volte non sono così puliti. Comunque il prezzo di un massaggio tradizionale della durata di un’ora è di circa 300-400 bath che corrispondono a circa 8 Euro. In questo tempio vi è anche il Budda sdraiato lungo 46 metri e alto 15. E’ enorme ed impressionante, tutte le pareti del tempio sono affrescate con scene della religione Buddista. Sui piedi del Budda, vi sono raffigurati con la madreperla gli attributi che fanno del Budda un essere eccezionali : le braccia lunghe fino alle ginocchia, i talloni sporgenti, i lobi delle orecchie allungati e le dita delle mani affusolate. Facciamo anche il rito dell’offerta acquistando una ciotola piena di monetine che Stefano rilascia una ad una , come pollicino, in altri recipienti più grossi posizionati sulla parete alle spalle del Budda. Stefano, non conoscendo preghiere tailandesi, recita delle preghiere cristiane perché ritiene che il Budda , in fondo, sia un amico di Gesù . Nel tempio si sentono anche degli altri rumori che attirano la nostra attenzione. Un uomo sembra stia giocando a shangai; da un barattolo, scuotendolo, fa uscire un bastoncino sul quale è scritto un numero. Con questo numerino si avvia ad una specie di cassettiera da cui estrae il foglietto corrispondente sul quale può leggere il suo oroscopo. In altri templi abbiamo visto che la procedura di selezione era la stessa ma l’oroscopo veniva fornito attraverso una specie di marchingenio elettronico…

Dopo il tempio reale ci aspetta il palazzo reale. Sulla strada attraversiamo il quartiere cinese, con i negozi che vendono oro e tutte le insegne in ideogrammi, il mercato dei fiori pieno di profumo e bancarelle. Il palazzo reale è ancora più colorato, l’oro si confonde con il verde, il rosso con l’indaco in un tripudio di pagode dai vari stili architettonici. I fiori di loto sono presenti ovunque e, con la loro bellezza, fanno rilassare lo sguardo “drogato” da tanta opulenza. Impressionano anche le statue che si trovano sempre all’ingresso di ogni tempio o casa e che hanno il compito di fermare gli spiriti maligni e relegarli all’esterno. Qui le statue rappresentano sia enormi guerrieri , sia gli abitanti del paradiso raffigurati come esseri ermafroditi metà umani e metà animali. Vi sono anche pagode sorrette da statue che rappresentano demoni o scimmie. Manat ci spiega che il modo per capire se una statua rappresenta un demone o una scimmia è guardarle i piedi: se indossa scarpe è un demone , se non le indossa è una scimmia. All’interno vi è anche il tempio costruito in onore del Budda di smeraldo, una delle raffigurazioni più venerate in Thailandia. La statua è alta circa 70cm ed è costituita da un pezzo unico di smeraldo, fantastico. Alcune zone del palazzo non sono visitabili perché chiuse al pubblico in quanto, in una di esse,è esposta la salma della sorella del Re che è morta circa 8 mesi fa e che aspetta la creazione della pira funeraria su cui verrà cremata. L’operazione di ricerca del legno per il fuoco richiede parecchio tempo in quanto solo una pianta specifica può avere l’onore di cremare il corpo di un appartenente alla famiglia reale. Inoltre il 12 Agosto sarà il compleanno della regina, e la festa si terrà in un’ala del palazzo dove fervono i preparativi. Naturalmente (?) la famiglia reale non vive qua ma utilizza questo palazzo per incontri ufficiali o ricorrenze particolari.

Usciamo dal palazzo, sono le 13.00 e Manat il baffo ci riaccompagna in Hotel. Per pranzo Stefano ci richiede un piatto che lui conosce e cioè pasta… Vicino all’albergo troviamo un ristorante italiano gestito da un simpaticissimo bolognese. Prepara dei bucatini all’amatriciana e delle pizze deliziose… Torniamo in hotel, Stefy ha l’appuntamento con la bimba del giorno prima. Io e Stefy andiamo in piscina mentre la Vero si butta ancora nello shopping. Stefy gioca con la bimba mentre io leggo un po’ la guida per prepararmi alle visite del giorno seguente . Stefy, the latin lover , fa furore con la bimba, lei e lui si fanno fotografare ridono , tentano di comunicare, io , con sguardo fiero lo osservo, e sono felice.

Alla sera cena nel ristorante al 90° (forse) piano di un grattacielo accompagnati dal mio collega di lavoro tailandese. La cena è ottima , la vista della città dall’alto e mozzafiato. Dopo che Stefano si è fatto regalare la riproduzione di un Tuk Tuk fatto con pezzi di metallo di scarto, torniamo in hotel. Abbiamo tempo per un espresso e poi a nanna, domani si parte, destinazione KANCHANABURI con il ponte sul fiume Kwai. Colazione,bagagli fuori dalla porta della camera , pagamento degli extra dell’hotel e… via nel traffico mattutino. Fortunatamente ci muoviamo in senso contrario alla fiumana che ogni mattino entra in Bangkok, e, in circa 2 ore, raggiungiamo KANCHANABURI. Manat regala a Stefy un sacchetto di arachidi che, a differenza delle nostre, non sono tostate, ma sembrano lessate. Le assaggiamo e le sgranocchiamo durante la visita. In questa città, durante la seconda guerra mondiale, i giapponesi avevano costruito un campo di concentramento militare, e utilizzavano i prigionieri per realizzare il famoso ponte sul fiume Kwai. Un museo ricrea quelle che erano le condizioni di vita dei prigionieri (davvero bestiali) e un cimitero militare ricorda quanto la natura umana sia barbara. Stefano è particolarmente commosso e fa fatica a capire perché possano essere successe, e succedono tuttora, cose così idiote come le guerre. Lui divide tutto tra buoni e cattivi e per me e Vero non è semplice spiegare che i buoni possono o sono anche i cattivi e viceversa ( qui gli anglo-americani erano i prigionieri e i giapponesi erano gli aguzzini, ma a Hisoshima le cose si capovolgono)… Dopo queste emozioni e rabbie intense ci muoviamo verso il ponte. Quello originale non c’è più ; al suo posto è stata costruita una copia su cui un trenino sferragliante passa 2 volte al giorno accompagnando i turisti nella giungla. Questo giretto deve essere molto bello perché , come ci spiega Manat, i luoghi attraversati sono molto interessanti con paesaggi mozzafiato. Ma per fare questa escursione bisogna rimanere qui a dormire, mentre noi dobbiamo raggiungere Ayuttaya. La Vero ci segue sul ponte a piedi e non si accorge che le traversine della ferrovia sono gli unici passaggi su cui posare i piedi per non finire nell’acqua marroncina che scorre sotto di noi. Quando se ne accorge, caccia un urlo stile tarzan , si aggrappa ad un parapetto, tipo koala, e ci dice “Io vi aspetto qua , non dimenticatemi!!!!” sembra Renato Zero . Io e Stefy continuiamo ammirando il paesaggio che circonda il fiume. Poi torniamo indietro, raccattiamo la Vero, e ,tornati sulla strada, compriamo un casco di banane piccole piccole ma dolcissime. Ce le pappiamo in un battibaleno , torniamo al pulmino e ci avviamo.

La sosta è al ristorante, o meglio, alla barca che funge da ristorante. Infatti pranziamo a bordo di una vecchia barca in legno che era utilizzata per il trasporto del riso. Pranzo thay ottimo, un po’ piccante, ma delizioso. La cucina thay è un mix di sapori e di ingredienti: il dolce si miscela con il piccante, il pesce con le verdure, la carne con le spezie o le nocciole… Immancabile il riso che viene utilizzato come il pane. Mangiamo dondolati dalla corrente del fiume su cui è attraccato questo barcone, le orchidee, che qui nascono e crescono ovunque, ci sorridono e riflettono la luce che le bacia.. Un paradiso insomma. Bevuto il caffè, che non ha niente a che fare con il nostro espresso, ci rimettiamo in viaggio alla volta di Ayuttaya. Prima di arrivare ci fermiamo a visitare il palazzo reale estivo. Ormai è utilizzato solo per le feste ed ogni re l’ha ingrandito con nuovi padiglioni. Si mescolano infatti palazzi di stile architettonico completamente diverso: cinese, gotico, liberty. In un laghetto artificiale c’è anche un isolotto sul quale è stata costruita una pagoda che un re ha voluto per rilassarsi. Costui ,per sfuggire alle numerose mogli, si faceva traghettare sull’isolotto dove poteva rimanere solo a meditare oppure solo a rifiatare. Stefano ne approfitta anche per correre sull’erba soffice dei magnifici giardini dove sono cresciute delle siepi che i giardinieri hanno modellato come se fossero animali.

Ripartiamo per Ayuttaya. Questa città è stata la capitale del regno Thay prima di Bangkok e prima che i birmani, vincitori di una delle innumerevoli guerre del passato, la distruggessero incendiandola completamente. E’ il primo contatto che abbiamo con le rovine del regno Thay, o come li chiama Manat, con i Templi rovinati. C’è poca gente, il caldo non è opprimente e, forse aiutati da questa situazione, riusciamo ad esprimere un solo concetto : è fantastico. Le pagode, non più rivestite di ceramica che il fuoco ha distrutto, ci occhieggiano tra gli alberi. Il contrasto tra il colore rosso dei mattoni e il verde dell’erba e degli alberi è perfetto. Questi luoghi sono molto ben tenuti, sono siti tutelati dall’Unesco; squadre di giardinieri mantengono bassa l’erba e pulitissimo tutto il sito. Forse dovrebbe essere di lezione per i custodi dei nostri siti archeologici! Stefano li ha soprannominati “giardinieri ninja” perché coprono completamente il corpo, compresa la faccia, per evitare che il sole abbronzi troppo la pelle tradendo così il tipo di lavoro che svolgono. Manat ci racconta delle guerre del passato fra i regni Thay e birmani che si concludevano sempre con la distruzione da parte dei vincitori delle capitali nemiche ( non impareremo mai dai nostri errori?).

Passeggiamo, fotografiamo, riprendiamo ma nessun supporto elettronico potrà mai immortalare l’atmosfera di pace che si respira. Con queste immagini negli occhi arriviamo all’albergo (Krungsri River Hotel Ayuttaya ). Giro in piscina prima di cena. Dopo cena prometto a Stefano di andare a giocare a bowling all’interno dell’hotel ma… disastro, un gruppo di ragazzi cinesi decide di giocare e quindi occupa tutte le piste. Stefano non si dà pace e protesta con pianti stile dramma napoletano, fino a che non mi strappa la promessa di portarlo a giocare non appena torneremo a casa ( promessa non ancora mantenuta ma… non si sveglia il can che dorme ).

La mattina partenza di buonora, direzione il Wat Prang Sam Yod, dove vive una comunita’ di scimmie. La leggenda dice che due scimmie arrivarono a questo tempio qualche anno fa e furono accolte dai Monaci con del cibo. Tornando nella giungla spiegarono alla loro comunità che in città c’era un luogo dove potevano trovare cibo gratis. Quindi, utilizzando i tetti delle carrozze ferroviarie, si trasferirono nel tempio colonizzandolo. Attualmente vive una comunità di circa 200 esemplari. Il fatto ha creato qualche “imbarazzo” alla città, infatti i simpatici animaletti, che sono ottimi arrampicatori, entravano nelle case mettendole a soqquadro. Per questo tutti i palazzi,vicini al tempio, hanno inferiate alle porte ed alle finestre. Prima di arrivare al tempio compriamo un sacchetto di noccioline da dare alle scimmie ma, non ancora entrati, una di queste ce lo strappa dalle mani e si mette a banchettare. Il primo impatto è impressionante, l’orda scimmiesca schiamazza, si azzuffa, si arrampica ovunque e talvolta può diventare aggressiva . Stefano ha un po’ paura ed anche io e Veronica , sinceramente, non siamo tranquillissimi. Poi l’atmosfera si rilassa alla vista di tante mamme-scimmia che accudiscono i loro piccoli attaccati al ventre. Mi soffermo a paragonare la comunità scimmiotica con la nostra e vedo tantissime similitudini: i piccoli, vicini o aggrappati alle mamme, giocano tra loro, i più grandi si sfidano in capriole e salti o a rubare le noccioline e banane dalle mani degli umani, i genitori stanno vicini e si scambiano occhiate complici, i vecchi in disparte guardano saggiamente la ciurma e aspettano che qualcuno offra loro del cibo. Durante queste mie riflessioni Stefano viene usato come albero da una giovane scimmia che lo scala causando un attimo di terrore nel piccolo umano (si gaserà per tutta la vacanza del fatto di non essere scoppiato in pianto dalla paura).

Lasciato il Tempio andiamo in un mercato . Assaggiamo della frutta strana tipo dei Licis ma molto più grossi e dolci e con una scorza pelosa, il mitico Durian che , si dice, abbia potere afrodisiaco ed energetico. Mi ricordo solo che quest’ultimo ha una caratteristica peculiare: puzza di cacca, anche se il sapore è dolce (per questo motivo in molti Hotel è vietato portare il Durian in camera). Ci imbattiamo anche in banchetti che vendono cibi molto tailandesi: cavallette , bruchi ecc. Non sono schizzinoso ma questi proprio non riesco ad assaggiarli.

Torniamo al pulmino e ci muoviamo in direzione di Kampaeng Phet, dove visitiamo altri templi “rovinati” anche questi tutelati dall’Unesco. L’atmosfera anche qui è magica, allietata anche dalla presenza sugli alberi di tantissimi scoiattoli che saltano da un ramo all’altro. Stefano, tanto per cambiare, si sofferma rapito dalle loro acrobazie e anche dalla presenza di insetti e piccoli rettili che lui ama. Fa anche Indiana Jons sui gradini dei palazzi del sito accompagnando le sue scorribande con la colonna sonora dei film del famoso archeologo. Stanchi ma felicissimi arriviamo all’albergo (Ananda Museum) dove mi concedo un bel massaggio agli olii profumati… Wow che sballo e che rilassamento. Cena e a nanna .

Giorno dopo partenza per Sukothai, altra ex capitale del regno. Anche qui abbiamo visitato templi “rovinati” in uno dei siti archeologici più grandi della Thailandia. I templi sembrano sorgere da laghetti ricoperti di loto che punteggiano di colore la distesa erbosa. Il loto è una delle piante sacre del Buddismo in quanto il Budda, alla sua nascita in un lago, fu aiutato dalle foglie del loto a fare i suoi primi 7 passi verso la rivelazione. Anche qui i templi sono stati bruciati e tante teste e braccia delle statue sono rotolate a terra. Questo fatto è spiegabile dal fatto che all’interno dei busti delle statue , dei pioli di legno tenevano in posizione la testa e le braccia; il fuoco ha bruciato i pioli facendo venir meno il sostegno. Una di queste teste si trova in mezzo alle radici di un albero. L’albero crescendo, ha sollevato la testa, si trova circa a mezzo metro da terra, rimettendola anche dritta. Sembra un miracolo ed infatti è uno dei luoghi più fotografati della Thailandia. Anche se il paesaggio, a prima vista, sembra simile agli altri templi, in realtà è molto diverso. Siamo più a nord, la foresta è più vicina e , dalla foresta, arrivano gli elefanti. In una radura vicino un gruppo di questi pachidermi è in attesa di qualche turista da accompagnare in giro. Sono animali fantastici, intelligentissimi e che non mettono affatto soggezione (ne avremo una prova quando li cavalcheremo per una gita nella giungla). Vicino ad un banco informazioni Stefano si blocca e , come Aldo del famoso trio, esclama: “Non ci posso credereeeeeeeee!!!!” In bella vista c’è uno degli insetti che più lo affascinano e cioè un insetto foglia. E’ veramente uguale ad una foglia verde di cui imita addirittura le venature… Stefano lo prende in mano, lo coccola come un cucciolo e domanda alla mamma se può portarselo a casa. Lei inorridita nega con decisione la possibilità, Stefano di risposta comincia a far tremolare il labbro nel tentativo di intenerire la risoluta mamma.. Urge un intervento. Spiego alla creatura umana che la creatura insettifera vivrà sicuramente più felice nel sua ambiente naturale … sembra che Stefy accetti la mia scusa e , con ritrosia, rilascia l’insetto. Sempre soddisfatti della giornata partiamo in direzione della prossima meta che è Lampang. Sul tragitto vediamo degli scenari davvero mozzafiato, risaie , giungla, montagne… Mi aspetto che da un momento all’altro ci fermino ad un posto di blocco americano in cerca di vietkong. Nelle risaie vediamo contadini accucciati che curano i propri piccoli appezzamenti. Chiedo a Manat se non sia pericoloso per via dei serpenti. Mi risponde che fino a qualche anno fa era normalissimo incontrare questi animali, fra cui anche il cobra reale, ma ora sono quasi spariti. Tento una spiegazione alla Piero Angela dando colpa al saccheggio delle aree naturali oppure all’uso dei pesticidi ecc. Più prosaicamente Manat spiega che la diminuzione della popolazione di serpenti è dovuta al fatto che i contadini li cacciano per… Mangiarseli. Quindi , dico io, ci sarà un aumento della presenza di topi. Manat dice che sì è vero, i topi sono aumentati ma che il numero è sotto controllo perché i contadini, dopo averli assaggiati, si sono accorti che non sono male e quindi se li cuociono sulle braci. Per dimostrarmelo ci fermiamo ad un banchetto che ha in bella mostra una serie di grassi roditori già cotti e pronti da gustare…! Arriviamo a destinazione e ci rifugiamo nell’hotel per riposarci (Wienglakor Lampang). La mattina ci vede impegnati nella visita del Wat Pratat Lampang Luang. Piccolo ma molto suggestivo. In questa visita, oltre a Manat, abbiamo un altro accompagnatore: si tratta di un airone bianco che saltella vicino a noi senza dare l’impressione di avere paura. Quest’impressione è subito cancellata da Stefano che tenta di rincorrerlo costringendolo a prendere il volo. Dopo la visita ci rimettiamo in viaggio con una sosta ad una casa degli spiriti. Queste sono simili alle nostre santelle e i devoti le abbelliscono offrendo tutto ciò che vogliono: riproduzione di elefanti , di zebre, di tempietti ecc. Una donna esce dalla Cappella e , cacciando un urlo, fa un salto di lato degno di un campione di salto a ostacoli. A gesti ci spiega che un serpentello ha tentato di morderla… Stefano , nel momento in cui realizza che uno dei suoi sogni può finalmente esaudirsi, scatta come una molla alla ricerca dell’animale. Lo scova all’interno di un cespuglietto e, orgoglioso e soddisfatto, ce lo descrive. E’ felice come non mai, e di questo gioiamo anche io e la Vero. Ci rimettiamo in viaggio per arrivare al ristorante dove mangeremo. Manat ci ha descritto questo luogo come un sogno e la realtà supera addirittura la fantasia. Un giardino tropicale all’interno della giungla ci accoglie: laghetti con fiori di loto, orchidee, farfalle variopinte. Sotto un gazebo, una inserviente ci invita a bere un succo d’arancia che è buonissimo. Mangiamo con gli occhi spalancati e con la macchina fotografica sempre accesa per tentare di cogliere ogni particolare di questo posto da favola. Stefy fa amicizia con un bimbo francese col quale scopre angoli e ponticelli nascosti. Ma il tempo stringe e l’ora di rimettersi in viaggio ci strappa da questo eden. Arriviamo ad un altro tempio ( Wat Aripunchai) dove delle donne stanno in fila a donare offerte al Budda. Queste offerte consistono in cibo che i monaci mangeranno nei prossimi giorni. Stefano riscuote molto successo, e tante signore lo chiamano per donargli un sorriso , una carezza o dei docli fatti con banane e cocco. L’apice lo raggiunge quando , per farsi fotografare, prende un’asta di bamboo che ha legati agli estremi due ceste. Una salva di risate e applausi lo investe, lui rosso di vergogna si inchina ricevendo altri applausi.

Ci rimettiamo in moto , la meta è CHIANG MAI. Prima di arrivare in albergo ci fermiamo per visitare delle fabbriche , in una si lavora l’oro ,in un altra la seta, in un’altra ancora il legno. La visite sono molto interessanti e offrono l’opportunità di fare degli acquisti di valore ad un prezzo molto più basso che in Italia. La qualità degli oggetti è molto buona e le visite includono anche la spiegazione delle tecniche usate.

Dopo lo shopping andiamo in hotel (The Imperial Mae Ping Hotel) dove abbiamo appuntamento con Vincenzo, il fautore di questa splendida vacanza. Questo ragazzo si è trasferito in Thailandia anni fa e , dopo aver lavorato per un grosso touroperator, ha deciso che aveva abbastanza esperienza per mettersi in proprio. Ora gestisce una società che ci ha permesso di vivere questo sogno (ripeto sia il suo sito web www.Tourigasiaonline.Com che il suo indirizzo email vincenzo@touringasiaonline.Com contattatelo non ve ne pentirete). Salutiamo anche Manat che rientra a Bangkok per accogliere altri due turisti (grazie anche a te saggio amico). Bagno in piscina e cena. Dopo la cena dobbiamo assolutamente andare a visitare il mercato notturno che si trova molto vicino a noi e che, come a Bangkok, offre di tutto. Decidiamo anche di acquistare un trolley nuovo che possa contenere tutto quello che abbiamo comprato in giro fino ad ora. Il mercato è caotico, caldo afoso e schiamazzante ma comunque interessante da vedere.

Ora a nanna domani visitiamo ancora …Templi! La mattina ci vede impegnati nella visita del più importante tempio della zona che si trova sulla collina che domina Chang May. Conosciamo anche il nuovo accompagnatore che si chiama Chopi. E’ giovane e il suo italiano è zoppicante. Apprezziamo molto il suo sforzo e, di comune accordo, decidiamo di usare l’inglese. Ogni tanto ci chiede la traduzione in italiano di una parola o di una frase che puntigliosamente scrive su un quadernetto. Con lui arriviamo al tempio. Chang May si trova a circa 1000 metri sul livello del mare e con questa ulteriore ascensione, arriviamo quasi a 1.600 metri. L’aria è frizzantina e il cielo è nuvoloso. Per arrivare al tempio bisogna ancora fare una salita di 299 gradini. C’è anche un trenino che porta al tempio. Usando quest’ultimo (forse Chopi ci ha considerati troppo “vecchi” per affrontare la scalinata!) entriamo nel tempio . Ci togliamo le scarpe ( per entrare nei templi, o nelle case, bisogna sempre toglierle) e cominciamo la visita. Una infilata di campane invita Stefano ad esibirsi in un concerto; non si fa pregare e comincia a battere il batacchio di ognuna campana che suona in modo diverso. Sono utilizzate per accompagnare i fedeli durante le loro camminate di preghiera. All’interno ci sono anche delle statue del Budda che rappresentano i giorni della settimana; aiutati da un libretto scopriamo in che giorno della settimana siamo nati (Vero e Stefy di venerdì io di mercoledì) e, in tal modo, possiamo fare un’offerta al Budda relativo . Da questo tempio , nelle giornate limpide, si gode anche di una bellissima vista dall’alto di Chang May e dei suoi dintorni ; purtroppo , nel nostro caso, una coltre di nubi copre il paesaggio .

Scendendo per la magnifica scalinata, che ha come corrimano i sinuosi corpi di due serpenti, torniamo al pulmino. Andiamo a visitare altri due laboratori dove creano i famosi ombrelli di bamboo e dove lavorano l’argento. Dopo pranzo andiamo in albergo e, anche se la giornata è uggiosa, Stefano non si fa mancare un lungo bagno in piscina. Veronica, afflitta da un fastidioso mal di schiena, prova a farsi curare con un tradizionale massaggio tailandese. La donnina che lo fa è piccola ma molto energica e, agli urli di dolore della Vero, risponde dicendo che il dolore va bene per togliere il mal di schiena. Fatto stà che il mal di schiena dopo il massaggio sparisce, ma il resto del corpo rimane indolenzito…

Alla sera partecipiamo ad una tipica cena Kantoke che si svolge in una grande stanza, dove l’aria condizionata a “palla” crea una temperatura polare.

Finito di cenare di corsa a nanna, domani arriva il giorno che Stefano aspetta da tutta la vacanza.

Partiamo con il pulmino di buonora in direzione di un fiume a metà strada tra Chang May e Chang Ray. Quando arriviamo veniamo imbarcati su una zattera di bamboo sulla quale sono appoggiate delle piccole panchine. Il “gondoliere” ci offre i tipici copricapo dei contadini e, indossateli, partiamo. Con poche spinte su una lunga pertica, il barcaiolo indirizza la zattera nel centro del fiume e, seguendo la corrente, scendiamo a valle. Il paesaggio è bellissimo e ci aspettiamo che dalla giungla che ci circonda esca rambo (il film Rambo 4 è stato girato qua). Il silenzio è assoluto, solo lo sciacquio della zattera ci accompagna. Scendiamo il fiume per circa 30 minuti . All’arrivo ci aspetta un carro trainato da due bianchi buoi che ci accompagna all’Elephant camp. Dopo aver visto uno spettacolo degno dei migliori circhi (non avevo mai visto un elefante dipingere un quadro!) saliamo su un pachiderma e ci avviamo per il nostro piccolo safari. La gioia di Stefano è incontenibile, la mia si esprime in un sorriso ebete e gli occhi sbarrati e affascinati da tutto. Solo la Vero all’inizio non si trova proprio a suo agio: gli elefanti sono ALTI e l’unica cosa che separa noi da una caduta dal seggiolino su cui siamo accomodati, è un piccola funicella… Per tenersi, pianta le sue unghie nel metallo del trespolo e prova a godersi la passeggiata. Il nostro elefante è di una eleganza e di una dolcezza incredibili. Non un rumore si sente durante il suo incedere maestoso, anche quando il fango gli arriva fino a metà zampa. Dopo aver guadato il fiume che avevamo disceso sulla zattera , ci inoltriamo nella foresta , che è vera foresta popolata da esseri che lanciano strani versi. Uno di questi è particolarmente presente e a volte fastidioso, sembra una sega elettrica . In realtà sono cicale che fanno un casino micidiale. Compriamo per il nostro “tuk tuk elefante” (come lo chiama il nostro “autista”) delle banane e dei pezzi di bamboo. Con la proboscide prende dalle mani di Stefano questi regali e , mentre ci porta in giro , se li mangia. Il “pilota” (c’è un termine corretto ma non lo ricordo) guida l’elefante facendo pressione sulle orecchie, l’animale segue docile i comandi. Ad un certo punto uno strano e stridulo verso fa fare un salto alla Vero… Non sarà mica una tigre!!!! Ma se nemmeno quelli del National Geografic riescono a trovarle!!!! Però effettivamente di un felino si tratta! Dopo una curva del sentiero , vicino ad una capanna di frasche completa di pannelli fotovoltaici , si presenta davanti a noi la belva affamata di sangue… si tratta di un bellissimo gattino , piccolo e magrolino , che caccia dei miagolii così forti da farlo sembrare una tigre. Stiamo in giro per la foresta per circa 1 ora durante la quale ci godiamo la pace e la tranquillità che questi luoghi e che il magnifico animale infondono in noi. Tornati al Camp, mangiamo qualche cosa e partiamo alla volta di Chang Ray. Sulla strada visitiamo il villaggio delle donne giraffa. Sono così chiamate perché, in tempi remoti, coprivano il collo , le caviglie e i polsi, con dei dischi di rame per proteggersi dall’attacco delle tigri che un tempo popolavano la regione (a tal riguardo informo che di tigri ce ne sono ancora , ma che l’incontro è altamente improbabile). Queste donne si sono accorte che questi dischi le rendevano più sensuali agli occhi dei loro uomini, quindi hanno continuato a indossarli. Le bimbe cominciano a metterli dall’età di 5 anni aggiungendone durante la vita. Questo sviluppa un innaturale allungamento e atrofizzazione dei muscoli del collo che non permette loro di togliere i “monili” per il resto della vita. Le ragazzine che si mettono in posa per essere fotografate sono veramente belle ma , abituate alla presenza assidua dei turisti, sembrano più delle modelle annoiate che delle bimbe spensierate. Stefano comunque trova il modo di fare due “chiacchiere” con un bimbo locale che testa il coraggio dell’italiano posandogli sulla mano un coleottero cervo volante di dimensioni gigantesche. Ma il bimbo non sa con chi ha a che fare, infatti Stefano non solo non ha paura ma ricambia il gentile gesto cercando di acchiappare una lucertolona da regalare al nuovo amico.

Finita questa visita ci avviamo verso un altro villaggio nella foresta. Stefano però accusa la stanchezza e, forse dovuto anche alle forti emozioni della giornata, si sente poco bene. In questo villaggio le donne cuciono sulla tela dei disegni che hanno la particolarità di essere uguali su entrambi i lati. La visita si svolge un po’ velocemente e sulla strada verso Chiang Ray facciamo varie soste per far sfogare il malessere di Stefano.

Arrivati a Chiang Ray andiamo all’hotel scelto (The Legend Chiang Rai Boutique Resort) e corriamo in camera. Stefano , anche se stà poco bene, vorrebbe farsi un bagno in piscina! Apriamo la porta della stanza ,che è immersa in un giardino tropicale , e…Sorpresa, la camera oltre che ad essere immensa è arredata in un modo eccezionale: letti a baldacchino con le zanzariere , patio esterno con dondolo, finestre con tapparelle di bamboo. Solo una cosa non troviamo..Dove cavolo hanno messo la doccia???? Troviamo il lavabo per le abluzioni mattutine, il wc ma della doccia nessuna traccia. Ehi ma dietro a quella porta cosa c’è? Apriamola ! Ma è qua la doccia, che non è solo un box ma è una stanza vera e proprio, enorme con un lavandino di roccia pieno di fiori profumati, che figata!!!! Dopo una lunga doccia ristoratrice, andiamo a cena . Una cena buonissima a base di pesce fatto al momento sulla griglia con in sottofondo il rumore del fiume che scorre vicino all’albergo. Facciamo il punto della situazione e il malessere di Stefano ci spinge ad andare a provare i letti della nostra camera molto presto.

La mattina ci vede svegli di buonora , l’appuntamento con Chopi è presto, andiamo all’estremo nord della thailandia oggi. Infatti arriviamo a questo punto geografico che si trova sul confine con il Myammar (ex Birmania). Oltre al solito mercato ,nel quale si possono acquistare dei meravigliosi Batik impreziositi da pietre dure, vale la pena di sorseggiare un ottimo caffè espresso. Sembra uno scherzo ma non lo è…Proprio in prossimità del ponte che fa da terra di nessuno tra la Thailandia e il Myammar , vediamo un insegna che attira la nostra attenzione. All’entrata di un bar leggiamo, testualmente, “il miglior espresso della Thailandia lo trovate da noi”. Entriamo e lo proviamo. Effettivamente è buono quanto quello che si beve in un bar italiano. Infatti quasi tutti gli avventori sono italiani. Qui incontriamo anche la prima famiglia italiana che comprende dei figli piccoli come il nostro (sono gli unici che troveremo in tutto il viaggio). Questo ci fa capire che non siamo gli unici che possono essere creduti pazzi a portare un bimbo in giro per la Thailandia.

Dopo l’acquisto di una stecca di sigarette importate direttamente su richiesta dal Myammar (costo della stecca 5 Euro) risaliamo sul pulmino che ci porterà al triangolo d’oro. Questa visita mi stuzzica particolarmente in quanto questo luogo è , nel mio immaginario, una terra di loschi traffici e di avventurieri. Certamente è stato così in passato, anche nel presente ci deve essere qualche cosa visto i posti di blocco della polizia, ma , l’avvento del turismo, ha fatto svanire completamente l’aurea avventurosa. Nel triangolo d’oro vi è la confluenza tra il fiume Mekong e un altro di cui non ricordo il nome. In questo punto si incontrano tre confini: Thailandia, Laos e Myammar. Visitiamo tutti e tre i confini con una lancia veloce che corre sul fiume in piena in modo davvero acrobatico schivando tronchi ed altri detriti. Vorremmo visitare anche un mercato in Laos ma non ci è possibile perché il Mekong , straripando, l’ha completamente sommerso. Al ritorno, sul pontile di attracco, un sorridente ometto ci offre dei posacenere su cui sono state stampate le fotografie che ci erano state scattate al momento della nostra partenza sulla lancia. Il tempismo e il costo irrisorio non può esimerci di fare anche questo acquisto. Andiamo a pranzo in un ristorante sopraelevato che ci permette di godere di una vista incantevole. Intorno a noi svolazzano gigantesche farfalle variopinte che Stefano tenta di catturare . Torniamo verso Chaing Ray per godere un po’ del magnifico Hotel nel quale siamo alloggiati. Un sole scintillante ci invita , al nostro arrivo, a provare la piscina, cosa che Stefano, il nostro pesce, non si lascia sfuggire. Io mi lascio massaggiare il corpo sotto un gazebo con vista sul placido fiume che scorre accanto alla piscina. Un ora e mezzo di massaggio e allungamenti ristora le mie membra. Dopo la cena andiamo in paese a fare due passi e anche ad esaudire una delle tante richieste che Stefano ci fa in continuazione: utilizzare i Tuk Tuk.

La mattina successiva ci vede impegnati nella preparazione del bagaglio, oggi andiamo al mare. Dopo 10 giorni di visite incredibili ci vogliamo riposare in riva al mare. Arriviamo a Kho Samui, l’isola principale dell’omonimo arcipelago, nel pomeriggio via Bangkok. Abbiamo il tempo per disfare il bagaglio e per andare a cercare un ristorante dove calmare i morsi della fame. L’albergo che abbiamo prenotato (First Bungalow Beach Resort) permette di godere di molte comodità, tra cui la pensione completa. Il nostro consiglio è di utilizzare solo la notte e la prima colazione in quanto ovunque si trovano ristoranti che offrono delle cene deliziose a prezzi contenutissimi ( un esempio: cena a base di pesce e crostacei per 3 persone completa di beveraggi circa 20 euro). Il nostro albergo si trova vicino alla spiaggia più famosa di Samui, che si chiama Chewang. Qui si concentra la vita notturna dell’isola con bar ,discoteche ristoranti. Noi , anche perché accompagnati da Stefano, dobbiamo rinunciare a questi divertimenti, quindi preferiamo scoprire angoli dell’isola più tranquilli. Uno di questi è il Fisherman Village; essendo un po’ fuori dal centro mondano , i prezzi ,sia delle merci che dei ristoranti, sono più contenuti e la pace vi regna incontrastata. Se si vuol parlare di ristoranti, il nostro preferito rimane quello che si chiama Love Beach, con i tavolini sulla spiaggia , dove si mangia a piedi nudi. Qui Stefano a fatto volare anche il suo Lucky Baloon; si tratta di palloni fatti di carta sotto i quali viene accesa una fiamma. Il calore scalda l’aria che, come piccole mongolfiere, manda i palloni verso il cielo. La vista di questi palloni che nella notte si alzano verso la luna è molto poetica e romantica.

La permanenza nell’isola comunque non è fatta solo di cene e ristoranti. Le spiagge sono bellissime, costellate, come nelle cartoline, di palme e piante che offrono riparo dal sole che picchia forte. L’acqua cristallina è calda (forse anche troppo) è animata da pesci e pulci di mare che ogni tanto beccano dando delle fastidiose punture; preferisco comunque essere punto da questi esserini acquatici che nuotare in mezzo alla mucillagine nostrana. Il tempo è bellissimo , caldo ma secco , e ci permette anche di visitare l’interno dell’isola che è molto interessante. Per effettuare queste escursioni abbiamo noleggiato uno scooter (prezzo per 7 giorni ,dopo estenuanti contrattazioni, 20 euro) sul quale ci accomodiamo tutti e 3 (Stefano è l’unico che usa il casco) . Il controllo della polizia, in questo senso, è molto lasco (abbiamo visto scooter con 4 passeggeri). L’unica cosa a cui bisogna prestare particolare attenzione , è di evitare qualsiasi incidente. Tutti i mezzi che si possono affittare (scooter, macchine , scooter d’acqua) non sono coperti da assicurazione, quindi , se si fa un incidente, il noleggiante deve coprire le spese di riparazione. Con lo scooter andiamo ad una cascata all’interno dell’isola. E’ un posto magnifico , magico. Sotto la cascata io e Stefano non ci facciamo sfuggire l’occasione di fare un bagno. Mentre sguazziamo nell’acqua, ci accorgiamo che vicino a noi, un elefante si stà lavando. Usciamo dall’acqua e lo seguiamo nel suo incedere dondolante. Armato di macchina fotografica immortalo il pachiderma nella foresta nella quale ,il fumo di un fuoco, crea un’atmosfera magica. Durante un’altra nostra escursione , visitiamo un tempio costruito nel luogo dove un monaco è morto durante una meditazione e che , in modo naturale, si è mummificato. Ci attira questo luogo immaginandolo un posto metafisico. In realtà sembra gardaland, e la mummia del monaco, conservata in una teca nel posto della sua morte, è rovinata dalla presenza di un paio di occhiali da sole davanti agli occhi (evitabile come visita).

Visitiamo anche alcune isole dell’arcipelago che fanno parte di una riserva naturale. Veronica sul veloce motoscafo che ci accompagna ,soffre un po’ il mal di mare, mentre io e Stefano ci divertiamo a cavalcare le onde. La visita comprende oltre ad una fermata per fare snorkeling, anche un giro in canoa intorno ad un isolotto. Naturalmente sulla mia canoa, a due posti, sale anche Stefano. Non mi è molto di aiuto nel remare, ma mi indica esattamente la rotta che devo seguire per non perdere il resto della compagnia ( immaginate chi è arrivato ultimo dopo il giro e completamente distrutto?). Sulla barca ci sono anche altri ragazzi italiani ( io e la Vero siamo i più vecchietti) ma Stefano attira l’attenzione di tutti con i suoi discorsi e con la sua vivacità. L’accompagnatore ci conferma che di bambini italiani dell’età di Stefano e che fanno una vacanza itinerante come la nostra, non ce ne sono molti, e questo ci lascia esterrefatti. La Thailandia , oltre ad essere bellissima, è un paese molto ospitale e gentile. Le persone sono deliziose, soprattutto nei confronti di Stefano, e non ci siamo mai sentiti nemmeno lontanamente in pericolo. Le strutture ospedaliere sono a livello europeo, e la qualità degli alberghi è ottima.

L’escursione comprende anche il pranzo su una spiaggia bellissima e la visita ad un lago salato sopraelevato. Questo lago si trova a circa 300 metri di altezza rispetto al mare che vi arriva attraverso delle grotte sotterranee. Il luogo, manco a dirlo, è fenomenale tanto che vi sono state girate alcune location del film “The beach”. I 9 giorni a Samui sono volati ,è ora di tornare a casa. Il giorno prima di partire ,Stefano incontra una bimba italiana della sua età con cui passa le giornate giocando in acqua e chiacchierando. Probabilmente l’astinenza da bambini italiani gli fa accettare di buon grado l’avere, come compagno di giochi, una femmina… Il tempo delle nostre vacanze è finito, è ora di preparare le valigie per tornare a casa . A noi tre rimarrà per sempre nel cuore questo magnifico paese che ci ha accolto e coccolato in questi 20 giorni. Rimarranno impresse nei nostri occhi e nel nostro cuore i sorrisi dei monaci curiosi e pacifici, la gentilezza delle persone, la maestosità dei paesaggi, i tentativi di Stefano di comunicare . Io e Veronica dobbiamo ringraziare una persona in particolare: grazie Stefano che ci hai permesso di tornare a viaggiare nel mondo , grazie per la tua innocenza che ti fa commuovere davanti alle cattiverie degli uomini ed alla povertà, grazie della gioia che esprimi nei tuoi comportamenti, grazie per i tuoi tentativi di stupirci, grazie per riempirci la vita…Grazie pesciolino, anche se in alcuni momenti ci fai arrabbiare.

The end



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