Una cartolina da Jambiani, Zanzibar
Noi ci siamo fidati, abbiamo ignorato il campanellino d’allarme che è suonato quando abbiamo letto che le camere erano “volutamente spartane” (come se, con gli stessi mezzi di un hotel di lusso, i proprietari avessero voluto allestire una struttura povera perché solo così si poteva avere l’atmosfera della vera Zanzibar) e ci siamo imbarcati sul charter con destinazione un villaggio nella parte sud dell’isola, la più selvaggia. All’arrivo, abbiamo scoperto che l’aeroporto di Zanzibar sembra proprio…L’aeroporto di Zanzibar, niente a che vedere con altri ottimi scali africani – Mombasa ad esempio – ma strutture pietose dove manca un tabellone dei voli e qualunque altro tipo di informazione, occorre fare la fila per pagare un’assurda tassa d’ingresso di 50 dollari a cranio, le valige sono portate a mano dall’aereo all’androne degli arrivi, una torma di addetti fa finta di chiederti di aprire il bagaglio nella speranza di ricevere una mancia, come esci sei circondato da personaggi che arrangiano la giornata e cercano di bidonarti in vari modi. Il viaggio in minivan dall’aeroporto al nostro villaggio vacanze, cinquanta chilometri a sud del capoluogo Stone Town, ci ha dato un saggio di come si guida sull’isola, con l’autista impegnato a sorpassare sempre e comunque – evitava i frontali in quanto clacsonava furiosamente contro i mezzi che arrivavano dall’altro lato costringendoli ad accostare – intraversando il veicolo quando proprio non poteva superare, sfiorando continuamente i poveretti in bicicletta ai lati della strada, sterminando un gruppo di malcapitate galline che gli avevano attraversato la strada.
Nonostante queste prime impressioni, il soggiorno nell’isola è stato veramente incantevole, sia per il mare che quanto c’è da vedere sull’isola. A proposito del mare, vi consigliamo la parte nord o la costa ovest, quella verso la Tanzania, mentre la costa Est è eccessivamente battuta dal fenomeno delle maree, che si susseguono in continuazione lasciando nelle acque vicino alla riva una melma di fango e alghe. Chi vuole farsi un bagno decente deve farsi portare con quelle barchette che chiamano dowa in prossimità della barriera corallina ( per la “modica” spesa di 10 dollari a testa). Fare snorkelling vicino alla barriera corallina è veramente entusiasmante, ma anche il giro in sé sulla barca è un’esperienza divertente. All’interno, le cose più interessanti da vedere sono quelle che ti consentono di scoprire l’incredibile natura dell’isola. Su tutto segnaliamo la Jozani Forest che consente di vedere le rare red colubus monkey, scimmiette bellissime e dispettosissime a cui consigliamo di avvicinarsi con cautela. Notevole è anche la zona di Menay Bay nella parte sud ovest dell’isola, densa di foreste di mangrovie. La città di Stone Town ci ha lasciato un’impressione in chiaroscuro, sia perché anche qui si è ormai perso il clima genuino del posto per lasciare spazio a un mercantilismo selvaggio, sia perché francamente c’è veramente poco di notevole da vedere, le costruzioni più antiche sono in pessimo stato, il dedalo di viuzze del centro storico è più che altro battuto da venditori di cianfrusaglie per turisti e personaggi di malaffare. L’unica cosa imperdibile, secondo noi, è l’ex mercato degli schiavi, su cui gli Inglesi hanno eretto la chiesa Anglicana. Fate una visita ai sotterranei in cui erano rinchiusi gli schiavi, per avere un’idea del trattamento che era riservato a quei poveretti. Merita sicuramente una visita la zona di coltivazione delle spezie, vicino a Stone Town. Se potete non fatevi turlupinare con i circuiti classici dei giri ai mercati di spezie, fatevi accompagnare da una guida del posto in una fattoria dove potrete vedere tutte le varietà di piante da cui si ricavano le spezie dell’isola. Vi troverete coinvolti in un caleidoscopio di profumi, canella, chiodi di garofano, vaniglia, caffè, cardamomo, zenzero sono solo alcuni degli infiniti tipi di aromi che incontrerete. Vi divertirete a indovinare a quale spezia si riconduce una certa bacca, quale prodotto si crea dalle varie piante che vi faranno vedere.
Per quanto riguarda le persone del posto (se si dimentica il sistema sconsiderato di guida), ci ha stupito l’ospitalità, la gentilezza e l’allegria con cui siamo stati accolti, specie nei villaggi vicino al nostro residence. Nella zona Sud, siamo stati più volte a Jambiani, un villaggio di ca. 3000 persone, ma che sembra popolato più che altro da bambini, che ti ritrovi in ogni dove, a giocare sulla spiaggia, a ruzzare nelle strade, a ricorrersi tra le case, spesso solo semplici capanne fatte di frasche e fango. Occhi tagliati come due falci chiare in ovali neri, occhi che ridono, occhi che si aprono sotto il velo scuro delle donne, occhi che ti osservano da dentro le case.
In Jambiani abbiamo conosciuto Kim, un ragazzo di ventitre anni e Kirisa la moglie con in braccio una cosina di nome Amida di 30 giorni. Kim fa la guida, ha un piccolo ristorantino, un posto delizioso lungo il litorale di Zambiani, dove abbiamo potuto gustare i manicaretti della cucina locale, veramente deliziosi. Kim ci ha guidato in un paio di escursioni e si rivelato un ragazzo dalle notevoli capacità. Ci ha indicato l’insegnante della scuola locale, a cui abbiamo dato i quaderni, le penne e i giochi che abbiamo portato dal nostro paese. Consigliamo di fare amicizia con ragazzi come Kim e di farsi guidare tranquillamente da loro nelle escursioni, evitate invece quelle che vi propongono nei residence in cui state. Nel nostro caso, le stesse escursioni che abbiamo fatto con Kim, gestendole da noi, le avremmo pagate il triplo se ci fossimo affidate a quelle proposte dal nostro residence. Quanto alla nostra sistemazione, evitiamo di citare direttamente il nome del residence, ma sconsigliamo comunque vivamente a tutti di rivolgersi a strutture di questo genere, per intenderci quelle delle “camere volutamente spartane”. Il nostro giudizio negativo è dovuto soprattutto alla mancanza di concetto di servizio da parte dei proprietari, peraltro italianissimi. Non si può far trovare nelle camere stracci sporchi da usare come asciugamani, che tra l’altro il personale del posto è costretto a lavarsi a mano, visto che secondo il proprietario non si può piazzare una lavatrice perché manca lo scarico! Non si può per sette giorni di fila far trovare a pranzo solo e unicamente insalata di riso e pasta fredda, con qualche pezzo di frutta a ricordare una macedonia. Per non dire del consiglio di non dare mance ai ragazzi che lavorano nel residence, che è meglio se i soldi li diamo a loro, che poi ci pensavano loro a dividerli tra tutti gli inservienti (!). Quanto ai bambini che incontravamo sulla spiaggia, secondo il proprietario era meglio se non davamo loro niente, che altrimenti “li avremmo avuti sempre in mezzo a rompere i cog…Ni” .
A parte questa pessima impressione sul residence, il ricordo che portiamo con noi da Zanzibar è veramente positivo e non possiamo che raccomandare a tutti questo viaggio e…Ricordatevi dei bambini di Jambiani!