Un viaggio tra i segreti più intimi dell’isola: la Sardegna così non l’hai mai vista
Ci sono viaggi che si fanno una volta sola, e ci sono viaggi che ti chiamano a tornare. La Sardegna, per me, appartiene alla seconda categoria. Sei anni fa l’ho attraversata in moto, sfidando il vento e le curve, divorando chilometri di asfalto e visitando luoghi che sono rimasti impressi nella mia memoria come fotogrammi incisi nella pellicola della vita: l’Asinara, le Grotte di Nettuno, Capo Caccia e le splendide spiagge della costa meridionale. Luoghi iconici, spettacolari, che però questa volta ho deciso di lasciare fuori dal mio itinerario perché già conosciuti, già amati, già scolpiti dentro di me e di dedicarmi alla parte per me inesplorata di questa meravigliosa isola. Questa volta la Sardegna l’ho scelta per viverla in modo diverso. Non più a ritmo frenetico, ma con la lentezza e la libertà del camper. Una casa su ruote che permette di fermarsi dove il cuore lo chiede: davanti a una spiaggia solitaria, in mezzo a un altopiano popolato da cavallini selvaggi o tra le viuzze di un borgo minerario dimenticato. Con me ci sono Aki e Leo, i miei due cani che sono parte della famiglia, due anime libere che corrono felici sulla sabbia e annusano curiosi ogni sentiero. Con loro ogni tappa assume un valore diverso: la gioia pura di tuffarsi in mare, l’entusiasmo per una passeggiata all’alba, la complicità silenziosa quando ci fermiamo a guardare il sole scendere dietro l’orizzonte. Questo diario racconta due settimane in Sardegna fatte non solo di strade e chilometri, ma sensazioni, incontri, profumi. È il racconto di un ritorno: non per ripetere, ma per scoprire ancora.
Indice dei contenuti
Diario di viaggio in Sardegna
Giorno 1 – Genova, la partenza
La partenza di un viaggio ha sempre qualcosa di magico. Il camper è pronto, parcheggiato sotto casa con i gavoni pieni e l’aria che profuma di avventura. Controlliamo le ultime cose: sportelli chiusi, gas spento, documenti a portata di mano. Il rituale della partenza è sempre lo stesso, eppure ogni volta è diverso perché cambiano le destinazioni, i sogni, le aspettative. Aki e Leo ci osservano, la coda che scodinzola instancabile: sanno che non si tratta della solita passeggiata. Quando vedono i guinzagli pronti e il borsone da viaggio, i loro occhi si illuminano. Raggiungiamo il porto di Genova nel tardo pomeriggio. Il via vai di auto e camion crea un’atmosfera frenetica, fatta di clacson, voci, richiami. L’odore del mare si mescola a quello di nafta, tipico dei porti. Il camper trova posto nel ventre della nave, mentre noi saliamo ai ponti superiori. La cabina pet-friendly ci sembra un piccolo lusso: due letti, una finestra, e soprattutto lo spazio per accogliere i nostri compagni a quattro zampe. Alle 21:00 il traghetto si stacca lentamente dalla banchina. Guardiamo la nostra Genova allontanarsi, le sue luci diventare sempre più piccole. La notte ci avvolge mentre il mare si apre davanti a noi, e con essa la sensazione di lasciare alle spalle la quotidianità per entrare in una parentesi speciale.
Giorno 2 – Spiaggia Fiume Santo
La mattina ha il sapore di salsedine e caffè caldo. Guardiamo dall’oblò della cabina e vediamo la linea della costa sarda all’orizzonte: un’isola che sembra accoglierci con braccia spalancate. Sbarchiamo a Porto Torres verso le 11:30 un po’ in ritardo rispetto all’orario previsto. L’aria è diversa, più calda, intrisa del profumo di macchia mediterranea. I cani scendono dal traghetto eccitati, annusando il nuovo mondo che li circonda. La prima tappa è la spiaggia di Fiume Santo, situata a soli 20 minuti dal terminal. Il camper trova posto nei parcheggi gratuiti a bordo strada. La spiaggia si apre davanti a noi: una distesa di sabbia chiara che corre per chilometri con poseidonia sparsa qua e là, lambita da un mare leggermente mosso che degrada dolcemente. Aki e Leo corrono liberi, le zampe che lasciano impronte leggere sulla battigia. Li guardiamo saltare, inseguire onde e rincorrersi, e la loro gioia pura diventa la nostra. Trascorriamo ore di relax tra bagni, sole e passeggiate. Ogni tanto alziamo lo sguardo e ci sembra incredibile di essere davvero qui, finalmente in vacanza, lontani dal rumore quotidiano. Nel tardo pomeriggio ci sorprende un brutto temporale e ci spostiamo verso Porto Ferro. Parcheggiamo nello spiazzo terroso nei pressi di un ristorantino e da lì raggiungiamo la spiaggia. Il sole cala lento, dipingendo il cielo di rosso e arancio, riflettendosi sull’acqua calma. È uno spettacolo che ci lascia in silenzio, con il cuore pieno di gratitudine. La nostra prima notte in Sardegna è cullata dal rumore delle onde.
Giorno 3 – Porto Ferro
Ci svegliamo con il sole che filtra dalle finestre del camper e il canto degli uccelli mescolato al rumore del mare. Porto Ferro ci appare in tutta la sua bellezza: una baia selvaggia, una mezzaluna perfetta di sabbia ambrata, incorniciata da promontori di roccia rossastra e macchia mediterranea. Camminiamo lungo la spiaggia, che sembra non finire mai. L’acqua è di un verde smeraldo che sfuma nell’azzurro intenso, con riflessi che cambiano a ogni raggio di sole. Ogni tanto qualche scoglio affiora dal mare, come piccoli guardiani silenziosi. Passiamo la giornata alternando bagni e momenti di puro relax, distesi sulla sabbia calda. Aki e Leo corrono senza sosta, poi si stendono accanto a noi, stanchi e felici. Il tramonto è un rituale. Ci sediamo sulla sabbia e osserviamo il sole scendere lentamente dietro l’orizzonte. I colori cambiano di minuto in minuto: dal giallo oro al rosso fuoco, fino al viola tenue. È uno spettacolo che ci riempie gli occhi e l’anima, mentre i cani sonnecchiano vicino a noi.
Giorno 4 – Nuraghe Palmavera e Alghero
Lasciamo Porto Ferro e in pochi minuti raggiungiamo il Nuraghe Palmavera. Davanti a noi si erge un complesso di pietre antiche, un villaggio nuragico che sembra sospeso nel tempo. Entriamo tra le torri e i corridoi, toccando con le mani le pietre levigate dal tempo. Camminare in questi luoghi è come fare un salto indietro di tremila anni: immaginiamo riti, assemblee, la vita quotidiana che scorreva tra queste capanne. La capanna delle riunioni, con il suo seggio in arenaria, ci lascia senza parole: è come se le voci di chi vi sedeva fossero ancora sospese nell’aria. Nel pomeriggio ci spostiamo ad Alghero. Il camper trova posto vicino al porto e da lì ci immergiamo nel centro storico. Ci fermiamo a pranzo in un piccolo locale: un cono fritto di mare, croccante e saporito, e una saeda dolce e profumata di miele. Sapori intensi, autentici, che sanno di Sardegna. Passeggiare tra i bastioni e le torri, con il mare che brilla sullo sfondo, è un’esperienza che profuma di storia e di mare. Piazza Civica, la Torre della Polveriera, i Bastioni Colombo: ogni angolo regala scorci pittoreschi, ogni pietra sembra raccontare storie catalane e marinare. La sera ci ritiriamo nel nostro camper, con il ricordo di una giornata densa di storia e bellezza.
Giorno 5 – Area Marina Protetta di Capo Caccia e Bosa
La mattina ci aspetta l’escursione in barca nell’Area Marina Protetta di Capo Caccia. Il mare è calmo e la luce del sole trasforma l’acqua in un mosaico di azzurri. Dopo pochi minuti dall’uscita in mare, ecco l’incontro più atteso: un gruppo di delfini che nuotano accanto alla barca, saltano e giocano tra le onde. È un momento magico ed emozionante. Facciamo snorkeling in una baia isolata: l’acqua è così trasparente che sembra di volare sopra i fondali. Pesci colorati ci sfiorano le gambe, e restiamo a lungo immersi in silenzio. Nel pomeriggio ci spostiamo a Bosa. La cittadina ci accoglie con le sue casette colorate che si specchiano nel fiume Temo, creando un quadro perfetto. Salendo fino al Castello Malaspina, lo sguardo abbraccia il borgo e la vallata. Ci lasciamo incantare dalle stradine strette, dalle botteghe artigiane, dalle chiese antiche. Ci concediamo anche un’escursione in battello sul fiume navigabile: l’acqua scorre lenta, riflettendo il cielo e le case variopinte, mentre il paesaggio intorno diventa sempre più verde e silenzioso. È un modo unico di vivere la città, da una prospettiva diversa. La sera ci spostiamo verso l’interno e raggiungiamo Baradili, il borgo più piccolo della Sardegna, dove ci fermiamo per la notte. Il silenzio qui è totale, rotto solo dai nostri passi e dal respiro dei cani.
Giorno 6 – Parco della Giara e Sardegna in Miniatura
Al mattino presto raggiungiamo il Parco della Giara. L’aria fresca profuma di erba bagnata, e il silenzio è interrotto solo dal fruscio del vento tra le querce da sughero. Partiamo per l’escursione: un sentiero che si snoda tra boschi e radure. Dopo mezz’ora di cammino arriviamo alla Pauli Maiori, una grande pozza d’acqua che riflette il cielo. Ed eccoli: i cavallini della Giara, piccoli e fieri, si muovono in gruppo verso l’acqua. È un incontro emozionante, quasi intimo. Restiamo in silenzio ad osservarli, mentre Aki e Leo, per una volta, sembrano capire la solennità del momento e restano tranquilli al nostro fianco. Proseguiamo fino ai resti del nuraghe Tutturuddu, nascosto tra la macchia. Pietre antiche che raccontano ancora la forza di un popolo. Poi torniamo al punto di partenza passando accanto al piccolo giardino botanico, dove scopriamo piante e fiori tipici della Giara. A pranzo ci attende un tagliere ricco: formaggi intensi, salumi profumati, pane croccante e un bicchiere di mirto che sa di sole. Semplice e autentico, come solo la Sardegna sa essere. Il pomeriggio lo dedichiamo al Parco Sardegna in Miniatura. È un luogo curioso: in poco tempo ci ritroviamo a passeggiare tra riproduzioni in scala dei luoghi più iconici dell’isola. C’è un villaggio nuragico ricostruito a grandezza naturale che ci affascina, e persino un parco di dinosauri a grandezza naturale che sembra catapultarci indietro di milioni di anni. La parte più rilassante è il giro in barca sul laghetto, circondati da isolotti e vegetazione. In serata riprendiamo la strada verso la costa ovest, fino a Buggerru. Il paesaggio cambia ancora: colline verdi che si tuffano nel mare. Il paese ci accoglie con la sua anima mineraria, silenziosa e fiera. Ci fermiamo in un’area sosta vicino al mare: semplice, spartana, ma perfetta per riposare.
Giorno 7 – Galleria Henry, spiaggia di Buggerru e Pan di Zucchero
La giornata inizia con la visita alla Galleria Henry. Entrare in miniera è come scivolare in un altro mondo. Seguiamo i vecchi binari che ci portano lungo gallerie scavate nella roccia: l’aria è fresca e umida, il buio è rotto solo dalle nostre torce che illuminano le pareti. La guida ci racconta la storia dei minatori, il loro lavoro duro e pericoloso, le lotte per i diritti. E poi accade qualcosa di magico: ci affacciamo da una delle finestre scavate nella roccia e davanti a noi si apre la scogliera, il mare azzurro, il sole abbagliante. Un contrasto potentissimo tra la fatica buia della miniera e la luce esplosiva della natura. Restiamo senza parole. Dopo pranzo ci rilassiamo nella spiaggia di Buggerru: una distesa di sabbia dorata dove non c’è quasi nessuno: solo il rumore delle onde e il vento. L’acqua è trasparente, con mille sfumature di azzurro e verde. Aki e Leo corrono liberi, come impazziti dalla felicità, e il loro entusiasmo riempie l’aria. Nel tardo pomeriggio ci spostiamo a Masua. Il parcheggio si affaccia sul mare, proprio di fronte al Pan di Zucchero: un monolite bianco che emerge dall’acqua come una scultura. Il tramonto lo colora di rosa e arancio, e noi ci sentiamo minuscoli davanti a tanta bellezza.
Giorno 8 – Costa delle Miniere, Cagliari e San Sperate
La mattina ci aspetta un’escursione in barca da Masua. Salpiamo dal piccolo molo e la costa delle Miniere si svela in tutta la sua maestosità: grotte marine scolpite dal tempo, falesie verticali, torri spagnole che vegliano dall’alto. Ogni curva della costa regala una sorpresa: la Grotta Azzurra, Cala Domestica con la sua sabbia dorata, le falesie a picco sul mare, la maestosa miniera di Porto Flavia. Facciamo più soste per tuffarci: l’acqua è un’esplosione di trasparenza, con fondali che sembrano piscine naturali. Nuotare qui è un’esperienza che ti entra dentro: il sole, il sale sulla pelle, la roccia scura che contrasta con il blu profondo del mare. Rientrati a terra, pranziamo in camper e ci rimettiamo in viaggio verso sud, direzione Cagliari. La città ci accoglie con il suo centro vivace, i vicoli stretti, le torri medievali che svettano contro il cielo. Entriamo al Museo Archeologico Nazionale, dove restiamo incantati davanti ai Giganti di Mont’e Prama: statue alte, solenni, che sembrano avere ancora un’anima. La giornata si chiude a San Sperate, un borgo d’arte che ospita il Giardino Sonoro di Pinuccio Sciola. Passeggiare tra le sue sculture di pietra è un’esperienza quasi mistica: blocchi di basalto e trachite che, se accarezzati, emettono suoni profondi, vibrazioni misteriose. È come se la pietra avesse voce, come se raccontasse segreti custoditi per secoli. Lasciamo San Sperate e ci dirigiamo verso la costa orientale. La strada si allunga tra campi dorati e colline che digradano dolcemente verso il mare. Il paesaggio cambia ancora: la Sardegna è un caleidoscopio, ogni curva rivela un volto diverso. Ci fermiamo a dormire nella pineta di Feraxi con il cuore pieno di emozioni e le orecchie ancora colme di quei suoni ancestrali.
Giorno 9 – Feraxi
La mattina ci svegliamo nella pineta a ridosso della spiaggia. L’aria è calda, il cielo di un azzurro abbagliante. La spiaggia si apre davanti a noi come una distesa infinita di sabbia chiara e fine, interrotta da dune morbide ricoperte di vegetazione. Il mare è calmo, trasparente, e digrada lentamente, invitandoci a entrare. Scendiamo con Aki e Leo, che appena toccano la sabbia iniziano a correre felici, lasciando dietro di sé piccole nuvolette leggere. Ci sistemiamo vicini alla riva e ci lasciamo avvolgere da un senso di pace assoluta: qui il tempo sembra fermarsi. La giornata scorre lenta. Facciamo bagni rigeneranti, passeggiate lungo la battigia e soste all’ombra delle dune. Osserviamo il mare che cambia colore con il sole: dal turchese pallido al blu intenso, passando per mille sfumature. Al tramonto il cielo si infiamma e il silenzio è rotto solo dal fruscio delle onde. Ci sentiamo soli, ma in senso buono: come se la spiaggia fosse tutta per noi.
Giorno 10 – San Giovanni di Muravera
Al mattino ci svegliamo presto e camminiamo sulla sabbia ancora fredda, che punge lievemente i piedi nudi. La spiaggia è silenziosa, avvolta da una calma irreale, e davanti a noi il mare appare fermo, come in attesa. Poco a poco, l’orizzonte si accende di sfumature rosate che diventano arancio e oro; il sole emerge lentamente dall’acqua, tingendo tutto di luce calda e nuova. Restiamo lì senza parlare, con il cuore leggero e gli occhi pieni di meraviglia, grati di assistere a un inizio così perfetto della giornata. Dopo la colazione ci spostiamo di poco, fino alla spiaggia di San Giovanni di Muravera. Qui il mare è di un verde smeraldo che lascia senza fiato. La sabbia è chiara, morbida sotto i piedi, e l’arenile si allunga a perdita d’occhio. Aki e Leo si tuffano senza esitazione: nuotano, rincorrono bastoncini lanciati in acqua, tornano a riva scodinzolando e poi si lasciano cadere sulla sabbia per asciugarsi al sole. La loro gioia è contagiosa: ridiamo di cuore, godendoci la libertà del momento. Noi ci concediamo una giornata tutta per noi: bagni lunghi, snorkeling tra piccoli banchi di pesci, e poi momenti distesi a guardare il cielo limpido. Non ci sono attrazioni da visitare, né orari da rispettare. Solo il mare, il sole e il vento caldo che asciuga la pelle. La sera, dal camper parcheggiato poco distante, osserviamo il tramonto. Il cielo si tinge di rosa, poi di arancio, poi di viola. Restiamo a guardare fino a che le stelle iniziano a punteggiare la notte.
Giorno 11 – Foce del Flumendosa
Il viaggio continua verso nord lungo la costa, e questa volta raggiungiamo la spiaggia alla foce del fiume Flumendosa. È un luogo particolare, dove il fiume incontra il mare. La sabbia è soffice, chiara, e l’acqua ha sfumature di verde e turchese. Il mare qui è più profondo, le onde leggere ci accarezzano mentre ci tuffiamo. Ci sorprende la trasparenza incredibile: anche quando l’acqua è alta, vediamo ancora il fondo. Passeggiamo lungo la foce: il fiume porta con sé riflessi argentati, e intorno ci sono canneti e cespugli che ondeggiano al vento. La natura qui è rigogliosa, viva, diversa da quella delle altre spiagge. Aki e Leo sembrano divertirsi doppiamente: da una parte il mare, dall’altra l’acqua dolce del fiume. Corrono, si bagnano, annusano tutto. Noi ci lasciamo andare a un pomeriggio di puro relax, sdraiati sulla sabbia con il sole che scalda la pelle e il rumore dell’acqua che scorre.
Giorno 12 – Calette della costa di Baunei, rocce rosse di Arbatax e luna di sangue
Ripartiamo in direzione nord. La strada corre parallela alla costa e regala scorci mozzafiato: mare da un lato, colline e monti dall’altro. Ad Arbatax ci aspetta un’escursione in gommone lungo la costa di Baunei. Appena partiamo, sentiamo il vento che ci accarezza il viso e gli spruzzi d’acqua salata che arrivano leggeri sulla pelle, mentre il gommone scivola veloce sulle onde. La navigazione è un susseguirsi di meraviglie: grotte marine scolpite dal tempo, falesie verticali che precipitano a picco nell’acqua e le spiagge più celebri della Sardegna, raggiungibili solo dal mare. Cala Goloritzé, con il suo arco naturale e le acque turchesi; Cala Mariolu, dove i ciottoli bianchi e levigati sembrano neve al sole; Cala Biriola, nascosta tra pareti rocciose; e poi Cala dei Gabbiani, intima e selvaggia, fino a Cala Luna. In ogni sosta ci immergiamo: l’acqua è talmente trasparente da sembrare vetro liquido, e attorno a noi nuotano banchi di pesci che scintillano nella luce. Nuotare qui è un’esperienza che ti entra dentro: il sale sulla pelle, il respiro scandito dal ritmo del mare, la roccia scura che contrasta con l’azzurro profondo e la libertà assoluta che solo il mare sa dare. Rientrati a terra, ci fermiamo ad ammirare le celebri Rocce Rosse: pinnacoli di porfido che sembrano fuoco pietrificato, affacciati su un mare blu intenso. La sera saliamo verso l’interno, lungo i tornanti del Gennargentu, fino al Passo Silana, dove si trova il campeggio. Qui ci sorprende uno spettacolo raro: la luna di sangue, un’eclissi lunare che tinge il cielo di rosso. Attorno a noi cala un silenzio assoluto, rotto solo dal fruscio del vento tra gli alberi. Le montagne disegnano sagome scure contro l’orizzonte e il tempo sembra fermarsi. Restiamo immobili, come rapiti, con lo sguardo rivolto al cielo che lentamente si trasforma. Ci sentiamo piccoli e immensamente parte del tutto, con il cuore colmo di meraviglia davanti a quell’universo che si rivela in tutta la sua potenza.
Giorno 13 – Gola di Gorropu ed i murales di Orgosolo
Alle 9:00 siamo già pronti, scarpe da trekking ai piedi e zaini sulle spalle. Il sentiero verso la Gola di Gorropu inizia con una lunga discesa tra macchia mediterranea e lecci profumati. L’aria del mattino è fresca e limpida, i raggi del sole filtrano tra le fronde illuminando i sassi bianchi del percorso. Davanti a noi si apre un paesaggio grandioso: le vallate del Supramonte si distendono a perdita d’occhio, le pareti calcaree si innalzano maestose e, in alto, rapaci disegnano ampie traiettorie nel cielo azzurro. Dopo poco più di un’ora raggiungiamo l’ingresso della gola. Qui la natura ha scolpito un’opera d’arte immensa: pareti di 500 metri che si stringono fino a pochi metri l’una dall’altra. Entriamo e subito ci sentiamo minuscoli, avvolti da enormi massi bianchi levigati dal tempo e dall’acqua. L’aria è fresca, quasi frizzante, e il silenzio è così profondo che ogni passo risuona come un’eco. Camminiamo tra passaggi stretti e blocchi di pietra ciclopici, con il cuore che alterna stupore e rispetto. È come entrare in una cattedrale naturale, un tempio di roccia dove tutto invita a rallentare e ad ascoltare. Nel pomeriggio raggiungiamo Orgosolo. Il paese ci accoglie con le sue case dipinte: murales ovunque, lungo il corso principale e nelle stradine laterali. Ogni parete racconta una storia, con colori vivi e tratti intensi: lotte sociali, ricordi di guerra, ritratti di gente comune. Passeggiamo lentamente, leggendo i messaggi, osservando i dettagli, lasciandoci colpire da questa forma d’arte così diretta e potente. È come camminare dentro un libro di storia, ma un libro che pulsa di vita, emozioni e memoria collettiva.
Giorno 14 – Spiaggia di Osalla
Raggiungiamo la spiaggia di Osalla, vicino a Orosei. Il camper trova posto in un parcheggio gratuito poco distante, all’ombra dei pini marittimi. Appena scendiamo e ci incamminiamo lungo il sentiero che porta al mare, l’aria cambia: profumo di resina e macchia mediterranea, il canto delle cicale, la brezza che porta con sé l’odore salmastro. Quando finalmente ci affacciamo sulla spiaggia restiamo rapiti: una lunga distesa di sabbia dorata e a grana grossa, protetta da una pineta rigogliosa, bagnata da un mare che riflette mille sfumature, dal verde chiaro al blu profondo. Le onde arrivano morbide, disegnando linee bianche sulla riva, mentre in lontananza la costa curva dolcemente, incorniciata da promontori verdi. Passiamo ore a nuotare e a lasciarci galleggiare nell’acqua limpida, che regala una sensazione di leggerezza assoluta. Poi ci sdraiamo sulla sabbia calda, con il sole che accarezza la pelle e il rumore del mare che fa da sottofondo ai pensieri. Aki e Leo, instancabili, corrono su e giù per la battigia, si tuffano tra le onde, rincorrono bastoncini e tornano indietro con gli occhi che brillano di gioia pura, felici come solo i cani sanno essere. Il pomeriggio scorre lento, scandito da bagni, chiacchiere e momenti di silenzio in cui ci lasciamo avvolgere dalla bellezza del paesaggio. L’aria profuma di pini e salsedine, il cielo resta terso, e noi ci sentiamo sospesi in un tempo senza orari, in una giornata che vorremmo non finisse mai.
Giorno 15 – Acquario di Cala Gonone e Grotte del Bue Marino
La mattina ci spostiamo a Cala Gonone sotto una pioggia leggera che bagna le strade e profuma l’aria di terra bagnata. Le gocce tamburellano sul tetto del camper, creano piccoli rivoli sul finestrino e fanno brillare le foglie della macchia mediterranea. L’atmosfera è quasi magica: il mare, grigio e calmo, sembra più profondo, misterioso. Visto il cielo coperto, decidiamo di visitare l’Acquario: un luogo che affascina, con vasche luminose che ospitano pesci di ogni colore, meduse che sembrano danzare nell’acqua, ricostruzioni che spiegano la vita del mare sardo. È come fare un viaggio nel blu, senza bagnarsi, e il contrasto con il grigio esterno rende i colori ancora più intensi. Quando usciamo, il cielo comincia ad aprirsi e nel primo pomeriggio il sole torna a splendere, illuminando la costa e asciugando le gocce sulla sabbia e sulla pelle. Ci imbarchiamo per raggiungere le Grotte del Bue Marino. L’ingresso dal mare è già spettacolare: un arco che si apre nella roccia, con l’acqua che riflette luci verdi e azzurre. Appena entriamo, l’ambiente cambia completamente: il rumore delle onde che sbattono contro le pareti crea un’eco profonda, ogni passo sul pavimento bagnato rimbomba leggero tra le sale immense. Le stalattiti pendono come cristalli, le stalagmiti si alzano dal suolo e piccoli laghetti riflettono la luce che filtra dai fori naturali, creando giochi di colore e di ombre. La guida ci racconta la storia delle foche monache che un tempo abitavano qui, e quasi riusciamo a sentirne il richiamo lontano, un senso di presenza antica e misteriosa che ci avvolge. L’aria è fresca e leggermente umida, e ogni respiro porta con sé il profumo del mare e della pietra bagnata. Ci muoviamo lentamente, con il cuore sospeso tra meraviglia e rispetto, immersi in questo mondo sotterraneo che sembra fuori dal tempo. Nel pomeriggio riprendiamo il camper e affrontiamo un lungo trasferimento verso nord. La strada attraversa paesaggi sempre diversi: colline che sembrano onde verdi, paesi silenziosi, curve che si aprono su vedute mozzafiato. Arriviamo a Palau verso sera. Il porto è vivo, pieno di barche e voci, e noi parcheggiamo vicino al molo. L’aria profuma di salsedine e di fritto di pesce, il vento porta con sé un’energia vivace. Il sole al tramonto accende di rosso i profili delle isole all’orizzonte. Domani ci aspetta l’escursione nell’Arcipelago della Maddalena, e già solo l’idea ci riempie di entusiasmo.
Giorno 16 – Arcipelago della Maddalena
Il sole del mattino illumina il porto di Palau, già vivo di voci e di partenze. Alle 10:30 siamo al molo per il check-in, pronti per l’escursione in barca. Il vento è forte e increspa il mare, creando onde alte e bianche che si infrangono sugli scogli e frustano il ponte della barca, ma tra le isole dell’arcipelago l’acqua si mantiene calma, liscia come uno specchio. Il contrasto è spettacolare: il mare mosso si trasforma in corridoi di pace, incorniciati da rocce granitiche dalle forme strane, scolpite dal vento e dal tempo. L’emozione è subito intensa: il cuore accelera, il vento ci scompiglia i capelli e ogni onda che colpisce la barca ci ricorda quanto sia potente e viva la natura. Si parte. La barca lascia lentamente il porto e il paesaggio cambia subito: il blu intenso del mare si apre davanti a noi, intervallato da isolotti granitici e calette segrete. Dopo una breve sosta a La Maddalena, navighiamo verso Spargi. Cala Granara ci appare come un sogno: quattro piccole spiagge bianche incorniciate da dune e macchia mediterranea, lambite da un mare trasparente che sembra seta. Qui facciamo snorkeling: pesci di mille colori ci nuotano intorno, banchi di piccoli saraghi e castagnole ci osservano curiosi, e persino qualche medusa si muove lenta nell’acqua cristallina. La sensazione è magica, come entrare in un mondo parallelo sospeso tra cielo e mare. Ripartiamo, passando davanti alla celebre spiaggia rosa di Budelli. Anche da lontano lascia senza fiato: sabbia colorata come polvere di corallo, protetta come un tesoro raro. Poco dopo navighiamo verso Cala Santa Maria, ampia e luminosa, e poi a Caprera. Qui ci fermiamo due volte: Cala Garibaldi, accogliente e vivace, e infine Cala Coticcio, detta “Tahiti”. Sabbia bianchissima, rocce a protezione della baia, acqua verde-azzurra e trasparente: sembra un quadro, ma è reale. Qui il tempo sembra fermarsi: respiriamo profondamente, ascoltiamo il mare e ci immergiamo per lunghe nuotate, esplorando la vita marina con pinne e maschera. Ogni pesce, ogni conchiglia, ogni riflesso del sole resta impresso nella memoria come un piccolo tesoro. La giornata scorre tra tuffi, risate e il pranzo a bordo, mentre il sole accende di riflessi dorati le onde e i graniti dell’arcipelago. Ogni scoglio, ogni curva del mare, ogni raggio di luce sembra raccontare una storia antica. Quando rientriamo a Palau, stanchi ma felici, risaliamo in camper e ci dirigiamo verso la spiaggia di Li Feruli. Qui il mare è agitato: le onde si infrangono con forza sull’arenile, il loro rombo è potente e costante, come un tamburo che scandisce il ritmo della sera. Ci sediamo sulla sabbia bagnata e guardiamo l’acqua muoversi, rapiti dall’energia del mare in tempesta. Aki, fiduciosa e curiosa, si avvicina a riva e gioca con le onde basse, bagnandosi solo le zampe, saltellando tra la schiuma con entusiasmo. Leo, più cauto, osserva attentamente il movimento del mare, annusa l’acqua e si limita a toccare appena la battigia con le zampe, valutando ogni onda prima di avvicinarsi. Il vento porta spruzzi salati e la schiuma bianca danza davanti ai nostri occhi; il rombo del mare si mescola al ritmo del nostro respiro, creando un’atmosfera intensa, selvaggia e affascinante. Con il calare del sole, la luce si trasforma: i riflessi dorati diventano arancio e rosa, accendendo le creste delle onde e colorando di fuoco la schiuma bianca che corre verso la riva. Il cuore batte più forte, rapito dalla potenza della natura, mentre i nostri cani condividono la stessa meraviglia in modo sicuro e misurato. È un finale di giornata intenso, emozionante e poetico, un momento in cui ci sentiamo piccoli davanti alla forza del mare ma incredibilmente vivi, sospesi tra adrenalina, bellezza e meraviglia.
Giorno 17 – Spiaggia di Li Feruli e rientro
L’ultimo giorno di viaggio ha sempre un sapore agrodolce. Al mattino scendiamo sulla spiaggia di Li Feruli: sabbia dorata, mare limpido, un paesaggio che profuma di addii. Ci concediamo un’ultima passeggiata lungo la riva, un ultimo tuffo nell’acqua fresca, un’ultima corsa dei cani sulla battigia. Aki e Leo sembrano percepire che la vacanza sta finendo: giocano, ma poi si sdraiano vicino a noi, come se volessero imprimere anche loro nella memoria questi momenti. Nel tardo pomeriggio ci mettiamo in strada verso Porto Torres. Il camper scivola silenzioso lungo le strade che ormai ci sembrano familiari. Arriviamo al porto con largo anticipo, e mentre aspettiamo l’imbarco, guardiamo il mare che si colora d’oro al tramonto. Alle 21:30 il traghetto lascia la Sardegna. Restiamo affacciati a guardare le luci del porto che si allontanano, il profilo dell’isola che diventa un’ombra sempre più sottile. Il cuore è pieno: di immagini, di ricordi, di emozioni.
Conclusioni sul viaggio in Sardegna
Questo viaggio in camper in Sardegna è stato diverso dal primo, vissuto anni fa in moto. Allora era la scoperta veloce, l’adrenalina delle curve, la ricerca dei luoghi iconici. Oggi è stata la riscoperta lenta, intima, fatta di tappe meno celebri ma ugualmente straordinarie, di giornate scandite dal ritmo del mare e del vento. Abbiamo vissuto la Sardegna non come turisti frettolosi, ma come viaggiatori che si lasciano guidare dalla natura e dal cuore. Abbiamo dormito sotto cieli stellati, nuotato in acque che sembravano irreali, camminato tra pietre millenarie e gole profonde, ammirato tramonti che resteranno dentro di noi. E poi loro, Aki e Leo: compagni instancabili, gioiosi, curiosi. Vederli correre liberi sulla sabbia, nuotare senza paura, riposare stanchi ai nostri piedi è stata la vera felicità. Con loro ogni luogo ha avuto un significato in più, ogni giorno una luce speciale. La Sardegna è un’isola che non finisce mai di sorprendere. Ci si può tornare mille volte, e ogni volta sembra la prima. Questa volta l’abbiamo vissuta così: a passo lento, liberi, con il mare davanti e la casa che ci seguiva su quattro ruote. Un viaggio che non si dimentica, un pezzo di vita che resta inciso nell’anima.