Un pezzetto di paradiso adagiato sull’oceano indiano
Un indimenticabile viaggio alle porte del Paradiso..
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Durante il freddo inverno 2010 io, Francesca e il mio ragazzo Andrea, abbiamo deciso di visitare questa terra Senza eguali durante il periodo di Capodanno, poiché è bellissimo fuggire dal Freddo inverno per recarsi ai Tropici. Siamo partiti con il volo diretto Neos numero 0222 da Bologna alle ore 23:40 per Atterrare alle 09:45, ora locale, a Zanzibar ( +1 rispetto all’Italia). Dall’aereo, appena prima di atterrare, è possibile vedere il Kilimangiaro, Ossia il monte più alto d’Africa, un gigantesco vulcano di 5.894 metri dalle Forme levigate. Il viaggio è durato otto ore senza alcun scalo e in tutto Questo tempo abbiamo potuto ammirare uno scenario incredibile: baracche e case fi cemento con i tetti in metallo tutte costruite senza un ordine logico sparse a caso sul territorio. Alle 9:45 atterriamo all’Aeroporto di Zanzibar se così lo vogliamo chiamare; è molto piccolo e sottodimensionato per la mole di turisti che transitano da lì, ma forse avevamo ancora negli occhi Bologna Marconi. Il ritiro dei bagagli è stato una vera e propria avventura, i carrelli con le valigie che da noi sono normalmente trainati da vetture apposite, lì sono spinti dagli inservienti dell’aeroporto e portati uno ad uno sul “nastro” trasportatore che non è altro che un banchetto lungo sette/ otto metri. Potete dunque immaginare che scenario, che ressa spaventosa davanti a questo bancone e come se non bastasse, ad accoglierci c’era un sole meraviglioso, ma un’umidità impressionante. Qui a Zanzibar la corruzione è molto pesante ed in parte tollerata, i dollari o euro che chiedono devono essere dati in modo un po’ indiscreto perché spesso, solo per fare scena, ti prendono da parte e ti urlano in Swahili qualcosa, non immagini cosa, ma comunque non ti fanno assolutamente nulla. Una volta usciti dall’aeroporto devi riuscire ad arrivare al cartello del tuo villaggio/tour operator; noi siamo stati ospiti del tour operator Karambola di Zanzibar sulla costa del Kiwenga situata a nord-est della capitale. Da qui ha inizio la nostra indimenticabile vacanza. Partiamo con dei pullman da venti posti circa con gli ammortizzatori un po’ sfondati, ma visto le strade che ci sono, è comprensibile. Appena partiti notiamo subito la guida a destra, come gli inglesi, che ti tiene stranamente incollato al vetro per capire dove si sta andando; c’è un via vai un po’ caotico ai nostri occhi, ma questo è il loro ordine, tutti si avvisano con clacson e fari, ma nessuno si sposta se ci sono bici o pedoni. Ci si rende subito conto che siamo in una realtà molto diversa dalla nostra; dopo qualche kilometro si esce dal centro abitato e la strada serpeggia in uno scenario difficile da descrivere. Ci sono alcune abitazioni in costruzione senza tetto ed in blocchi di cemento e case di fango, ebbene si fango;hanno i tetti in makuti( foglie di palma da cocco intrecciate che ogni due/tre mesi vanno sostituite)e non sono più grandi di otto/dieci metri quadrati, sufficienti se consideriamo il fatto che non hanno la corrente, l’acqua, cucina etc, lo spazio coperto a loro serve per dormire solamente. Ogni tanto si incontrano lungo la strada case con la corrente, qualcuno anche con la parabola sul tetto ed il contrasto è davvero forte e, non molto distante, se non a fianco, gente che non hanno nulla. Sull’isola nessuno muore di fame tant’è che il vero nome dell’isola è “Unguja” che significa “Isola dell’abbondanza”; ci sono alberi da frutto a perdita d’occhio, mango, papaja, cocco e banane. Malgrado questo cupo scenario, la gente è sempre contenta e non disdegna un sorriso. Dopo circa quaranta minuti di sobbalzi sul pullman arriviamo al villaggio, un bellissimo villaggio dove dei simpaticissimi masai ci hanno accolto con una danza molto divertente di benvenuto. Il nostro villaggio si chiamava “MyBlue Resort” posto a circa cinquanta kilometri dalla capitale, Stone Town e dall’aeroporto. La struttura del villaggio era composta da una cinquantina di camere, se ben ricordo, collocate all’interno di edifici a due piani distribuiti nel bel giardino tropicale. Le camere arredate in stile boutique design, dotate di tutti i comfort necessari (tv, frigobar, servizi privati, cassette di sicurezza ect) e un comodissimo letto in legno di Ebano con la zanzariera…Molto caratteristico!Appoggiamo i nostri bagagli nella nostra camera e dopo un cambio veloce di costume ci siamo diretti in spiaggia, una spiaggia che sembra borotalco , sofficemente indescrivibile. Nel dirigerci verso la spiaggia, sulla sinistra l’area culinaria. Un grande “gazebo” costruito tutto in legno con il tetto in Makuti dove a coloazione, pranzo e a cena offriva prelibatezze di ogni tipo. Ogni pasto era un’apoteosi di piatti di pesce di tutti i tipi, carne, pasta, verdure..di tutto! I cuochi ci mettono il massimo dell’impegno e si nota, veramente tutto buono anche il servizio dei camerieri gentilissimi e sempre sorridenti. Il momento delle giornata che preferivamo era la colazione in riva al mare, thè, caffè,latte ed ogni leccornia possibile, brioches, panini dolci, e tantissimo altro; da ricordare e raccomandare infine quei fantastici succhi che ogni giorno proponevano: arancia, madarino, anguria, mango, dai sapori intensi, dolci e delicati, il sapore dei frutti cresciuti al sole, ricchi di zuccheri e dai colori brillanti. Le spiagge sono dei piccoli paradisi terrestri, costituite da un bianco e accecante fondale corallino, hanno sabbia candida, morbida e compatta, che fa da cornice ad un mare ancora vergine. Le alte piante tropicali fanno da stacco e ornamento a questo bellissimo ambiente naturale che vanta un mare da favola, con delle gradazioni che lambiscono tutte le possibili sfumature del celeste. Grazie al gioco di colori e all’effetto ipnotico delle alte e basse maree, le acque oceaniche sono un vero gioiello naturalistico, impreziosite da una sobria fauna composta da svariati pesci, graziosi molluschi, crostacei e grandi stelle marine rosse. In spiaggia è possibile incontrare i “guerrieri Masai”, ma non bisogna temere non sono minacciosi, tutt’altro, sono molto simpatici oltre che caratteristici; con i loro sgargianti abiti rossi danno alla vacanza quel tocco di Africa vera. Durante parte della giornata, per effetto della bassa marea, il mare si ritira e sembra scomparire, si può camminare per centinaia di metri, dove le celesti acque, raggiungono a mala pena le ginocchia. La mattina il sole è accecante sull’orizzonte ed è come un interruttore on/off, arriva subito e se ne va altrettanto velocemente sull’orizzonte; purtroppo le giornate non sono lunghissime e il sole tramonta alle 18:00/18:30 con uno scenario di colori riflessi sul mare da lasciarti ogni giorno senza parole. Appena ti riversi sulla spiaggia veniamo accerchiati da donne che ti offrono massaggi e tatuaggi e dai beach boys che ti offrono escursioni quasi uguali a quelle organizzate dal proprio villaggio, con un leggero risparmio, però. Soltanto questi ragazzi sono un po’ stressati, la gente del posto invece è sulle sue, ti salutano..un Jambo non si rifiuta mai a nessuno, mentre i “venditori” sulla spiaggia ti chiamano nelle loro botteghe dai nomi più strani e copiati ad esempio: Giorgio Arman, La Standa e tanti altri ancora. Passeggi tranquillamente sulla spiaggia e ti senti chiamare improvvisamente da questi ragazzi che ti chiedono il nome, da quale villaggio arrivi, sanno quando parti, quando ci sono le escursioni e soprattutto ti “memorizzano” se ripassi per gli acquisti ti chiamano per nome, ti riconoscono e ti fanno più sconto se gli avevi promesso di tornare. Decidemmo di fare una prima escursione, dopo esserci concessi qualche giorno di assoluto riposo e ci dirigemmo nelle piantagioni di Kidichi nella parte centro-occidentale dell’isola, in zona villaggio di Bububu a circa un’ora di distanza dal nostro villaggio. Mentre ci avvicinavamo con il pulmino, eravamo già colpiti dal delicato profumo dell’aria che cambia sempre, ma non perde l’ottima fragranza; una volta arrivati ci siamo addentrati nella magnifica vegetazione zanzibarina ed ecco decine e decine di piantagioni di ogni tipo di spezia e frutta, dal mango alla citronella, dall’ananas alla banana, passando per la vaniglia, lo Zenzero,la cannella, i chiodi di garofano, il pepe, la noce moscata, il curry e tante altre ancora. Oltre al loro uso culinario e al loro buon sapore, hanno anche scopi terapeutici. Finito il nostro giro delle spezie ci spostammo verso la capitale, Stone Town, ma prima di addentrarci nella capitale vera e propria ci dirigiamo “Pole Pole” (piano piano) tra la gente che affolla il mercato verso il reparto del pesce e carne dal scenario impressionante. Entrati dentro il mercato l’odore ti raspa le narici e senti lo stomaco che vuole uscire e mischiarsi assieme a tutto quel pesce buttato lì per terra con il sangue coagulante. All’uscita del mercato del pesce, finalmente, ci addentriamo in un mercato più colorato, profumato..il mercato delle spezie e della frutta. Immediatamente gli odori ci salgono forti nel naso. I coloro sono più diversi, tutti accesi, tantissimi tipi di frutta, sacchetti con le spezie più diverse e confezioni regalo con tutte le spezie per i turisti. E’ indimenticabile la visita dell’unico insediamento urbano dell’isola: Zanzibar Town, chiamata anche Stone Town, “la città di pietra”. Stone Town è divisa nella città vecchia, dove sorgono i principali monumenti e nella città nuova, dove è presente il maggior insediamento di persone che vivono in vere e proprie “favelas”. La concentrazione di gente è molto elevata, infatti racchiude in sé circa un terzo della popolazione di tutta l’isola; Stone Town si presenta come una città caotica e in certi punti sporca purtroppo, la sua periferia è costituita da baracche in lamiera con mura diroccate che hanno la funzione di case o piccoli negozi. Non mancate di fare acquisti a Stone Town, anche se dovete veramente contrattare il più possibile: ricordate che sono commercianti e se non possono vendervi ciò che volete al prezzo da voi indicato non ve lo cederanno mai. Ricordate però che la contrattazione si fermerà quando capiranno il prezzo che per voi è giusto.Nelle viette centrali vi sono parecchi negozi che vendono un po’ di tutto, anche la casa natale di Freddy Mercury è oggi un negozio di souvenir. Come congedo della nostra permanenza a Stone Town, ci siamo soffermati a guardare il porto, davanti al quale si vedono tre piccole isole, quella centrale è la più famosa, chiamata Isola delle Tartarughe. Il mare attorno al porto è alquanto torbido e non balneabile. Bene.. il nostro viaggio sta terminando “Pole Pole” e purtroppo ci tocca riprendere il nostro aereo che ci porterà verso la realtà quotidiana. Lasciato il villaggio, tutto il paesaggio lo senti entrare dentro, sperando di tornare un giorno e di non trovare niente di cambiato, sperando che loro resistano alla nostra società frenetica e la nostra continua insoddisfazione. La discrepanza fra il trattamento riservato ai turisti e la povertà assoluta degli abitanti è, come in altre zone del mondo, molto forte; nei villaggi vacanze la gente si abbuffa di ogni ben di dio culinario, mentre nei villaggi veri si cerca la sopravvivenza. Mi chiedo dunque se è giusto che questi paesi non vengano mai aiutati e continuino ad essere chiamati “terzo mondo”, quando con un minimo sforzo e senza deturpare l’ambiente, si potrebbe fare davvero tanto. Attraversando l’isola rimarrete sbalorditi dalla povertà che credo addirittura sia inferiore a quella che si può trovare in Stati dell’Africa, ma se è la prima volta che vedete l’Africa rimarrete senza parole. Tutto questo e altro, che rimane nel cuore è….ZANZIBAR!