Un’opera d’arte naturale: Socotra
Un pezzetto di terra tra il mare arabico e l'Oceano Indiano...
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Ci sono momenti nel corso della vita durante i quali ti chiedi chi sei, da dove arrivi e dove stai andando… E senti un grande malinconico desiderio di fonderti con la natura e ritrovare il tuo spirito “naturale” darwiniano oppure ritrovare Dio nella meravigliosa creazione che è la natura. Pertanto…detto fatto!! Fine agosto 2009: leggo in un sito, durante una notte di navigazione informatica, che in un Paese, del quale non conosco praticamente nulla se non i soliti commenti banali e comuni di chi è “ignorante” come me (nel senso latino del termine), esistono spiagge, flora, fauna ed esseri umani “incantati”. Si parla dello Yemen (che paura!), in particolare dell’isola di Socotra (non ho mai letto di problemi in quel posto). Leggo il sito della Farnesina: attenzione, dicono, ma noi transiteremo per un solo giorno da Sana’a e per l’isola nessuna controindicazione…mah..niente vaccinazioni. Nel sito che pubblicizza questo viaggio trovo la referente italiana dell’agenzia (registrata al Ministero del Turismo) . La contatto via mail e poi mi fornisce il numero del cellulare: la chiamo. Non mi sembra vero avere notizie ed informazioni in tempo reale, così reale e veloce che mentre parlo con lei al telefono con una mano disincastro la mia valigia, complice dei mie viaggi, dal buio dello sgabuzzino in cui l’avevo rinchiusa! Calma, devo stare calma e poi…ma ci vado da sola? NOOOO!!! I miei amici, compagni di tanti viaggi, sono avventurosi ma prudenti: chissà se accetteranno o mi toccherà insistere per convincerli.. Tre di loro vivono in Emilia-Romagna, io a Milano e gli altri due in provincia di Mantova. Tutti noi, tranne Bruno che si trastulla in pensione in quel di Mantova, dobbiamo riuscire a programmarci nei nostri rispettivi lavori e non è facile: nonostante la grande smania di avventura siamo tutte persone responsabili! Mando a tutti una mail con la mia proposta di viaggio, il programma, i costi, le tempistiche..evito, per ora, le suppliche… Stupefacente: anche loro, nel loro navigare in cerca di un’oasi di pace, bellezza paradisiaca e fuga da cartellini da timbrare, bollette e giornate scandite da “cose” che non arricchiscono questo “grande sogno chiamato VITA” (ma che abbiamo accettato di buon grado, tranne evaderne ogni tanto!), avevano incontrato per caso lo stesso sito di Socotra Guide… Un mese e due giorni dopo la scoperta del sito partiremo per la nostra vacanza di 10 giorni (tempo massimo concessoci dai nostri datori di lavoro!). La referente italiana di Socotra Guide mi mette in contatto con Luisa della Yemenia, la compagnia aerea di bandiera (mica bau bau micio micio!). Questo è stato l’unico impegno, oltre al mio personale bagaglio (al massimo 20 Kg per persona in aereo): richiedere a Luisa i biglietti sino a Sana’a e poi quelli interni, da Sana’a a Socotra (con compagnia Felix, massimo 15 kg di bagaglio). Ma avendo avuto la conferma che in loco troveremo a disposizione ogni tipo di servizio (alberghi, ospedale, ristoranti) ed attrezzatura per le nostre escursioni (tende complete di cucine da campo, stoviglie, materassini, lenzuola, cuscini, coperte, auto con guide per i trasferimenti) il mio, anzi il nostro, bagaglio sarà essenziale. Mi garantiscono che l’isola, nonostante abbia tutti i servizi (scoprirò dopo che le alternative non sono molteplici), è ancora incontaminata dal cemento e dal Business (ecco la non ampia scelta). Siamo sull’aereo e vedo Roma (dove ci siamo ritrovati tutti per il volo diretto) allontanarsi.. Dovrò raccontare anch’io delle bellezze del mio Paese e di Roma in primis! Circa nove ore di volo: non descrivo i paesaggi resi minuscoli dall’altitudine che ho visto scorrere come fotogrammi di un film velocizzato sotto di me.. Forse sto davvero viaggiando verso il paradiso libera e leggera come un uccello (ma a quest’altitudine…!!!) Atterriamo a Sana’a in tarda serata, è buio… Non ci credo..distinguo appena gli edifici della capitale perché il cielo è terso… non è possibile… sembra un paesaggio da Mille e Una notte… forse sono troppo eccitata ma anche gli altri non risparmiano esclamazioni, adrenalina e la mia stessa eccitazione ed incredulità… L’emozione è forte, troppo forte per aver solo intravisto scorci di edifici… Andiamo a dormire in hotel con il capo dell’agenzia Socotra Guide, Mohamed che è riuscito a presenziare al nostro arrivo perché siamo i primi viaggiatori della nuova stagione turistica (da ottobre a maggio): ci racconterà che, in altri casi, altri collaboratori della sua agenzia ricevono i turisti, ma noi abbiamo avuto l’onore del grande capo, per dindirindina! Lui parla inglese e italiano… I nostri visti d’ingresso sono a posto e preparati dall’Ufficio immigrazione in loco. Mohamed si è occupato personalmente di tutto: nessun problema intralcia il nostro arrivo, ma soprattutto nessun problema si frappone tra noi e il nostro viaggio…preludio di buona riuscita. Albergo buono, cena buona, riposo meritato. Al mattino è previsto un tour nella capitale: pulmino e Mohamed come guida. Nessuno di noi parla: sembriamo bambini ai quali viene raccontata una favola e si ritrovano immersi nell’immaginazione di un regno, di un castello, di un paesaggio. Noi siamo adulti e ci ritroviamo immersi in una realtà inconcepibile per le nostre povere ed aride menti metropolitane: ecco gli antichi edifici merlati di bianco che risaltano come ornamenti sul velluto della notte ..ma qui è giorno..visioni extrasensoriali ;ecco il castello sulla roccia, come quello in cui Cenerentola andò al ballo ed incontrò il Principe: non c’è la sala da ballo grande ma i vetri a mosaici colorati ci fanno sentire come servitù che sbircia i locali del padrone. E sulle scalettine che portano alla terrazza i nostri piedi sfiorano il pavimento: tra poco, dall’alto di questa guglia sulla quale il palazzo si erge maestoso vedremo le case di fango dei villaggi arroccati anche essi sulle rocce, i canyons, l’orizzonte. Subito dopo un buon Hamman: il bagno turco in Yemen! Rigorosamente divisi in maschietti e femminucce ci rilassiamo prima della visita alla Grande Moschea. E poi ci immergiamo almeno un po’ nella loro storia visitando il Museo Nazionale. Ritorniamo in albergo ed invitiamo Mohamed a cena con noi: qui non si mangia carne di maiale ma le verdure, il riso, il pane e il pesce hanno un sapore di ricevimento regale. Mohamed conosce l’Europa e l’Italia in particolare. Apprezza tutto ciò che ha visto qui da noi e ci racconta che il suo stupore per il nostro Paese è paragonabile al nostro per il suo: e qui il patriottismo solletica il nostro amor proprio! Poi, guardandoci dritti negli occhi afferma che gli Yemeniti non sono bugiardi anche se sono poveri: e questo non lo dimenticheremo mai perché lui ci ha dato la prova, e continua a darcela, che la qualità che distingue il suo popolo è veritiera. Ma, ci dice anche, le necessità della popolazione innescano anche “guerra tra poveri” per accaparrarsi il lavoro e il turismo è la prima fonte di guadagno: scorrettezze, svendita, approssimazione spesso si insinuano nelle offerte concorrenziali a qualunque costo. Bhè, almeno qualcosa di occidentale!!!!!! Ritorniamo nelle nostre stanze, ma non si dorme subito: ci ritroviamo tutti insieme a parlare di una sola giornata vissuta qui. Increduli, affettuosi, sbalorditi: assurdamente ci sentiamo tutti più buoni e comprensivi. Non avevamo grandi pretese e percepiamo che questa vacanza avrà una valenza esponenziale altissima.. Non ci cambierà la vita ma ci renderà più consapevoli di ciò che abbiamo, di ciò che vorremo, di ciò che esiste nel mondo. Levata di buon ora al mattino: ci imbarchiamo per Socotra con Mohamed che ci trasporta con il pulmino e poi lo parcheggia al suo deposito. Guardiamo fuori dai piccoli finestrini, con la sola voce di Mou (lo chiamiamo ormai così) che ci addita i luoghi dall’alto. Noi non riusciamo nemmeno a fare domande, temiamo che l’incantesimo perdurante si spezzi per colpa di qualche strega cattiva: non lo permetteremo, soprattutto noi tre donne del gruppo!. All’aeroporto di Socotra Mohamed ci presenta Ahmed , una delle guide che lavora sempre con lui, che mastica anche l’italiano e ci fa sentire meno stupidi quando parliamo il nostro inglese, che ci è venuto a prendere con le auto (due fuoristrada Toyota con i due sorridenti autisti , Jamil e Kamis). Ed eccoci qui, su un pezzetto di terra tra il mare arabico e l’oceano indiano. Non so da dove cominciare… Allora: da bravi italiani amanti dell’arte culinaria suggeriamo un buon pasto perché con la pancia piena ragioniamo meglio. Infatti, dovremo decidere se stare in albergo (uno molto bello ma caro oppure i funduk – pseudo ostelli spartanissimi, forse troppo – oppure affidarci ai suggerimenti ed alle cure delle nostre guide che ci propongono il percorso che comprende mare e monti… Nessuna riserva e piena fiducia ai nostri angeli custodi: saremo campeggiatori per sette giorni (e nessuno di noi lo è mai stato!!). Le Toyota vengono caricate di ogni bene e si parte per la prima tappa che, abbiamo richiesto, sia il mare. Una spiaggia così, e la stiamo guardando da lontano, non l’abbiamo mai vista: una immensa e sconfinata distesa bianca incontaminata ma…. COSA C’E’ NEL MARE APERTO, là lontano?? Le nostre menti si rifiutano di pronunciare ad alta voce la parola DELFINI.. Abbiamo tutti gli occhi lucidi, io anche per il riflesso della sabbia immacolata che non mi fa mollare nemmeno per un secondo i miei occhiali da sole (ma ne ho altri due paia di scorta), ma le nostre voci tradirebbero l’emozione di uno spettacolo visto solo in documentari. “Don’t worry..” ci dice Mou: ci porterà in barca a nuotare in mezzo a loro. Cominciamo a percorrere strade sterrate mentre intorno a noi dilaga una natura che tende a mimetizzarsi con questo paesaggio un po’ brullo (visto il caldo) ma che sprigiona un fascino – e non mi stancherò di ripeterlo – fiabesco animato da gnomi ed elfi che trascorrono la loro vita all’interno delle cavità di questi alberi contorti come spasmi lunghi centinaia di anni , o forse millenni addirittura. Le rocce sono disseminate lungo il perimetro interno che funge da anticamera al mare, impalpabile alla vista tanto è trasparente, e all’Eden. Non siamo molto vestiti, gli uomini in jeans e maglietta, noi femminucce con jeans ed ampi e non trasparenti parei che giriamo intorno alla vita una volta e mezza, dunque proprio comodi e T-shirt non troppo aderenti; poi, per precauzione, insieme ai nostri teli da spiaggia abbiamo stipato un foulard che, all’occorrenza, non si sa mai…. Ma sotto gli indumenti, i nostri abituali bikini o costumi interi (a volte un po’ contenitivi!) con i quali tuffarci nelle dolci e fresche acque. Ci adagiamo sulla bianca polvere lunare, a circa 3 metri uno dall’altro: ognuno di noi prende possesso di un piccolo pezzo di questa terra rubata al mare ed egoisticamente la fa sua, ne delimita i confini ad occhio e lancia, con questo gesto e con la mente, un messaggio silenzioso agli altri del gruppo affinchè rispettino le delimitazioni di una proprietà immaginaria… In ognuno dei nostri cuori quei 6 mq di spiaggia rimarranno per sempre nostri. Il tempo è magnifico: fa caldo e poca umidità; respiriamo a pieni polmoni questa nuova aria pregna di diversità, vitalità ma ricca di ossigeno, di iodio, di libertà. Ogni promessa è un debito. Ecco le nostre barche: abbandoniamo la spiaggia lasciando dormienti ed al sicuro tutte le nostre borse sotto il sole e sentiamo la carezza dell’acqua sulle gambe mentre prendiamo posto, facendo leva sul fondo sabbioso del mare per salire, sulle barche. Qualcuno di noi ha con sé i braccioli: piuttosto che rinunciarci, galleggerà nel mare. I nostri accompagnatori remano e tra i nostri sorrisi e la nostra curiosità che ci porta a tartassarli letteralmente di domande già riguardanti le tappe dei prossimi giorni, ritorniamo al presente seguendo lo sguardo di Mou e la sua mano tesa: ecco i delfini. Non si può descrivere il contraccolpo del nostro cuore, ma ognuno di noi ha inteso il battito cardiaco accelerato del vicino, la magica empatia con questi animali, il nostro tentativo inconscio di proferire suoni per poter parlare loro, almeno salutarli. Non riuscirò mai a descrivere quello che è successo: il tempo immobile, la sensazione “animale” più recondita, il desiderio di sovrapporsi perfettamente, come un’impronta digitale, a loro e respirare con loro. Ho ancora un nodo in gola. Qualcuno deve agire: scivolo piano dalla barca e faccio solo un paio di bracciate, mi giro verso le barche e vedo che tutti gli amici in silenzio ma con una luce irripetibile negli occhi, come in religioso corteo, entrano in acqua senza risatine isteriche o rumori striduli. I delfini danzano intorno a noi come bimbi vivaci ma coscienziosi, obbedienti alle leggi dell’ospitalità. Non so quanto siamo rimasti in acqua, e poi a girovagare in barca per ritrovarli, e poi a parlarne, e poi… Tornati a riva, ancora quel tacito patto secondo il quale ognuno si è rintanato nel proprio spazio cercando parole adatte a ricreare la sensazione straordinaria accadutaci.. Siamo rimasti in silenzio invano, incapaci di ripristinare, anche solo nella nostra memoria, quel momento. E allora abbiamo cercato riscontro negli altri, facendo a gara per individuare la parola più descrittiva per l’emozione vissuta: dopo un anno, la stiamo ancora cercando. Percorriamo a ritroso un tratto di strada sterrata, poi una deviazione e poco dopo giungiamo nello spiazzo che fungerà da camping per questa notte: modestamente attrezzato ma funzionale. Mentre pigramente decidiamo di lavarci, le guide montano le tende, aiutate da tutti noi, e cominciano i preparativi per la cena, e che cena: stasera aragosta!! Accendiamo un piccolo fuoco e tutto intorno si rischiara. Ci infiliamo un maglione, o meglio delle tute di pile perché il sole del pomeriggio ci ha abbrustolito per bene ed ora fa freschino.. Ma siamo anche riforniti di coperte per la notte per le più freddolose. Il sole, oggi, è come al solito tramontato presto e domani, come al solito, sorgerà presto. Tutti a nanna. Intorno alle 5:30 albeggia: ci alziamo e già sentiamo il profumo di chai, tea speziato che leggermente si propaga intorno. Si smonta tutto e si riparte. Oggi visiteremo i laghi incantati dell’isola adagiati come oasi in mezzo al nulla, i canyions ricchi di segni del tempo che trascorre lento, qui come da nessuna altra parte del mondo, sulle cime dei quali sentirsi Dedalo in procinto di volare ed al cui interno ritornare con la mente ai meravigliosi films con John Wayne, poco distanti da alcuni villaggi di pescatori che al nostro arrivo guardano i nostri visi pallidi come fossimo malati e ci offrono parte della loro riserva d’acqua Bruno rimpiange di non aver portato la sua attrezzatura da pesca altrimenti avrebbe lavorato in mare un giorno intero per poter offrire all’intero villaggio tutto il pesce possibile e poter lasciarli riposare un giorno, senza il pensiero di sbarcare il cibo quotidiano per i loro bambini e per tutti gli anziani. Ci vorrebbe un libro per descrivere la bellezza di questi luoghi, l’ospitalità ed i sorrisi degli abitanti su facce stracciate dal sole e dal misero ma duro lavoro. Domani andremo sulle montagne dove ci imbatteremo nell’albero dell’incenso e nell’albero del sangue del drago: impossibile descriverli. Ecco come vivono in queste zone gli yemeniti: la pastorizia di capre è l’unica fonte di sostentamento e qua e là un banano o una papaya. Agricoltura praticamente inesistente, ma lunghi percorsi a piedi per raggiungere il paese dove acquistare il riso che poi mangeranno bollito nel latte di capra oppure solo per fare rifornimenti di acqua potabile da pozzo. Ma anche qui tanti sorrisi: di bimbi, di donne, di uomini, di anziani. Un altro mondo, sì diverso ma pur sempre uguale al nostro. Abbiamo portato cappellini, magliette maniche lunghe per bimbi, campioncini di profumo, bustine campione di shampoo e creme, piccoli peluches. L’accattonaggio su queste montagne non esiste, esiste solo il regalo che lo straniero offre ai bimbi. Poi, ognuno, decida secondo coscienza. Ci offrono di pranzare in famiglie, ma abbiamo i nostri viveri e poco tempo per ingozzarci di tutte le bellezze del luogo. Decliniamo le offerte e proseguiamo nella nostra esplorazione. Ma il tempo vola: è ora di avviarci verso un nuovo campo notturno. E’ un nuovo giorno: le dune del deserto ci attendono e poi attraverseremo la foresta degli alberi di incenso. Infine, ci rilasseremo nella piscina naturale affacciata sulla costa. Indimenticabile. Dobbiamo appropinquarci alla via del ritorno: e così, sempre il solito Bruno scopre che avrebbe potuto noleggiare l’attrezzatura da sub proprio qui. Si dice che i fondali siano spettacolari con tanto di barriera corallina, tartarughe ed ogni bene! Ma il poco tempo rimastoci, e soprattutto l’età (pensionistica) lo costringono, anzi lo costringiamo, a rinunciarvi. Altra notte accampati: ma come stiamo bene! Ora del tramonto: qui nessuna serata è uguale all’altra anche se raggiungendo camping diversi ripetiamo sempre gli stessi gesti come un rito, con la stessa solennità. Ma ogni sera il nostro riso e verdure, pane e qualche scatoletta riapparsa dopo essere stata imboscata tra i nostri bagagli ha sapori diversi, innaffiati da tramonti dai colori sempre diversi, come tavolozze di pittori. Anche la sensazione della fame scompare, saziata da emozioni delle quali mai ci siamo cibati: da non credere. Ci avviamo verso la Laguna Ditwah, uno dei posti più suggestivi dell’isola dove arriviamo tutti con gli occhi chiusi per richiesta delle nostre guide: e quando gli apriamo la distesa sotto di noi spazia per dimensioni e per sensazioni. Qui il mare ha formato un bacino lagunare dove possiamo fermarci e mirare l’alta e la bassa marea così evidenti da non passare inosservate. Da qui, ancora con le barche, ci sposteremo nelle calette raggiungibili solo via mare: le nostre ossa hanno ancora bisogno di sole per opporre resistenza al nostro lungo e rigido inverno. Vogliamo poltrire ancora per quel poco tempo che ci rimane prima di ritornare nel nostro mondo e vogliamo goderci questo mare..oppure cielo? Non ci importa trovare la risposta. Eccoci, non siamo nemmeno stanchi ma avremmo voluto approfittare di altri itinerari propostici da Mou ma non abbiamo più tempo. Vogliamo offrire a questi nostri amici di viaggio yemeniti una cena un po’ più occidentale e li invitiamo nel lussuoso ristorante.. Qui, a volte, si mastica il qat, un’erba che aiuta anche a non sentire la fame. Per una sera vogliamo che abbiano fame e noi penseremo a placarla. E in questa atmosfera goliardica ci raccontano (ma sarà vero?) che i giocatori di una squadra italiana di calcio abbiano trascorso una vacanza sulla loro isola. “Quale?” chiedo “INTER”. Ma è la mia squadra del cuore! Bruno juventino e Nicola milanista ridono come pazzi…non so che pensare … mi informerò al ritorno ma a tutt’oggi non ho risposte..chissà… Ripartiamo per la capitale Sana’a la mattina presto ed arrivati facciamo il tour dei souvenirs, un abbondante pranzo tutti insieme e… il decollo verso Roma a tarda sera. Arrivederci amici, depositari di valori umani incommensurabili, di semplicità, di amore. Abbiamo strappato a Mou la promessa di venire a trovarci in Italia: l’ha mantenuta. Ma io in quel momento non lo sapevo e tra me e me ipotizzavo che, avendolo soprannominato Mou, come l’allenatore della mia Inter, ci prometteva la sua visita ma come l’altro Mou pensava:”Non sono mica pirla!” Oggi 2010 abbiamo già avviato le pratiche per tornare nell’isola per Natale: Mou ci ha promesso anche i panettoni italiani, balli e cotillon!! Ho dovuto restringere ai minimi termini questa avventura… no..questo momento di vita fantastico. Potrei perdermi in chilometriche descrizioni, profusioni, parole, aggettivi, superlativi. Nulla di tutto ciò potrà mai rendere l’idea appieno..io rileggo le mie parole e le trovo inadeguate, troppo misere per descrivere quest’opera d’arte appartenente alla nostra galassia.