Un mese in peru
All’inizio questo itinerario era stato scritto per “regalarlo” ad una agenzia che voleva assolutamente un resoconto di uno dei miei viaggi. Poi è nata l’idea di provare ad organizzare un gruppo e così….eccomi qua, a raccontare a tutti la mia avventura. Mi vorrete quindi scusare se il taglio a volte non è molto poetico….
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All’inizio questo itinerario era stato scritto per “regalarlo” ad una agenzia che voleva assolutamente un resoconto di uno dei miei viaggi. Poi è nata l’idea di provare ad organizzare un gruppo e così….eccomi qua, a raccontare a tutti la mia avventura. Mi vorrete quindi scusare se il taglio a volte non è molto poetico…. Allora: Il viaggio parte da Roma, passa per Milano, Caracas, Quito e finalmente LIMA, la città più grigia del mondo. L’andata è stata un massacro di 25 ore , il ritorno lo è stato di più, ma quello che c’è stato in mezzo non è possibile raccontare senza emozione… 1° Giorno LIMA il Primo giorno, ovviamente, arrivo a Lima, purtroppo, visto che è senza dubbio la città più grigia del mondo. Comunque, visto e considerato che la maggior parte degli operatori che volano su Lima prevedono quantomeno volo + 1 o 2 notti, nell’ipotesi che non si riesca a trovare una soluzione alternativa che consenta una fuga rapida, si deve cercare di rendere il soggiorno nella capitale il più gradevole possibile, anche se questa impresa non è semplice! HOTEL a Lima Una scelta comoda, ma costosa, è sicuramente il POSADA DE L’INCA, hotel dall’atmosfera internazionale ma che non vale i 100 usd x camera doppia che ho pagato. Il posto è tranquillo, l’hotel è situato in un palazzone di nove piani con camere molto grandi e riscaldate (il che in agosto in Perù fa sempre comodo!). Il Posada si trova nel quartiere di Miraflores, a 50 Km dall’aeroporto, nella zona migliore di Lima; scendendo in quest’albergo si hanno davvero pochi problemi per quanto riguarda il da farsi. Si trova vicino ad una buona zona commerciale con mercatini di artesanias e centri commerciali. In più c’è una gran zona di locali e ristoranti, carissimi rispetto alla media del Perù, ma se si rimane al centro purtroppo si paga dazio. Un’altra buona scelta è sicuramente l’HOSTAL PORTAS, si trova a 5 quadras (15 min a piedi) dal primo, ed ha un ambiente informale, allegro e sicuramente prepara al Perù meglio del primo. E’ un posto sicuro, le stanze sono accoglienti e pulite, è disposto su più piani che si sviluppano attorno ad una zona centrale aperta sulla quale danno le finestre. Molte stanze hanno l’arredamento diverso dalle altre e lo stile è prevalentemente spagnoleggiante e coloniale. Parquet (madera) rustico per terra, mura bianche e mobili antichi con specchiere affascinanti e poi acqua calda, tv a colori via cavo, telefono e bagno privato. La colazione è inclusa, ma se si vuole si può anche non prenderla e, ovviamente, non pagarla. Il Prezzo è di 25 usd (colazione compresa) per camera doppia. Considerando che si è a Lima li vale tutti. La mia scelta ricadrebbe sicuramente su quest’ultimo. MUSEI a Lima Se si è arrivati in città di mattina, dopo un breve riposo, si può andare a visitare il Museo de l’Oro Inca. Ci si arriva in tassì con meno di 3 dollari, si trova, infatti, un po’ fuori dal centro. Per quel poco che ho visto, e mi rendo conto che sicuramente c’è dell’altro, è una delle cose che valga la pena di vedere a Lima, anche se il suo patrimonio (oggetti d’oro, di metallo, utensili di tutti i giorni ed abbigliamento di tutte le civiltà preincaiche ed incaiche) è sistemato orrendamente!!! Attualmente, non ci sono guide che parlano Italiano, ma con circa 6 usd si riesce a prenderne una che si sforza di parlare un castillanno comprensibile per tutti. Il giro dura un ora e comprende la visita al padiglione del Museo de l’Armas, la più grande raccolta privata di armi di tutto il Perù e di tutto il mondo. L’ingresso per i due musei è di 8 usd e, a mio parere li vale; il posto è affascinante, si trova dentro la villa privata della famiglia proprietaria della collezione. Altro museo da vedere è il museo Italiano, anch’esso abbastanza interessante ma non come i primi due. 2° giorno LIMA-PISCO Vi giuro che se si venuti in Perù con l’idea di trovare sole, mare, natura montagna e civiltà antiche, dopo 12 ore a Lima viene l’angoscia e, quindi, si cerca di fuggire a tutti i costi. Il mezzo migliore e più comodo è un bus della compagnia Ormenos (la più grande ed organizzata del Perù) che parte da Lima alle 7,30, poi le corse sono ogni due ore circa e, in un ora e mezza (forse due ed a volte tre) ti porta a Pisco per 10 soles ovvero 3 euro . Pisco è un grazioso paesino a 180 Km da Lima, si affaccia sull’oceano Atlantico e vive di turismo e pesca. La cittadina non offre molto ma è la base per le escursioni alle ISOLE BALLESTAS ed alla penisola di PARACAS. La zona è surreale! chi viene in Perù, molto spesso, non è informato su tutte le sue caratteristiche e sulle sue bellezze, visto che la comunicazione turistica di massa (ovviamente sbagliando) veicola verso l’esterno il messaggio del Perù limitandolo a Machu Picchu. Quindi la maggior parte della gente non si aspetta di trovare a questa latitudine pinguini, cormorani ed albatross a migliaia, uccelli di tutte le specie, foche, leoni marini che ti nuotano attorno alla barca e che fanno un frastuono incredibile. L’escursione per questa meraviglia parte dal porto di Paracas, un piccolo porticciolo dove, se si è fortunati, al ritorno dall’escursione si possono osservare le operazioni di sbarco dei pescatori che tornano a terra con le loro catture sullo stesso embarcadero dal quale si è partititi. Io ci ho fatto delle bellissime foto, anche perchè i peruviani sono estremamente socievoli e fotogenici. Comunque, l’escursione dura circa due ore in tutto, può essere movimentata e bagnata, nel senso che le lance sulle quali si viaggia non sono coperte, vanno veloci e il mare (l’oceano!) non è proprio un laghetto tranquillo. Comunque, a parte un po’ di nausea e qualche colazione già digerita finita in mare a far da cibo ai pesci, non ci sono particolari problemi. Durante il tragitto ci si ferma, rimanendo sempre sulla barca, ad ammirare la famosa CANDELABRA, ovvero un geoglifico (si dice proprio così, significa disegno sulla terra) realizzato non si sa quando, perché e da chi, però è bello! In realtà sembra che servisse come segnale di riconoscimento per i pescatori o marinai che arrivavano da lontano. Poi ci sono gli ipotologi o gli improbabologi che dicono che hanno fatto i marziani o i mostri con tre teste. Mah! Dopo 5 minuti si riparte e si arriva alle isole dove si osservano prima le colonie di uccelli (migliaia vi giuro, forse decine di migliaia) le formazioni rocciose sul mare che virano splendidamente dal colore rosso ruggine al grigio antracite, e poi si passa alle foche, ai leoni ed ai pinguini. Dopo si passa alle cosiddette isole del guano (ovvero le isole della cacca di uccello!!!) che, fino a non molti anni fa, erano una vera e propria miniera d’oro in quanto il guano veniva raccolto ed esportato in oriente, dove i giapponesi o altri popoli inclini alla probabologia lo usavano per fare un sacco di cose (mi pare che la principale fosse qualcosa tipo il combustibile per le lampade a gas, ma non è escluso che lo vendessero a qualche pollo che credeva che se lo assumeva in polvere aumentavano le sue prestazioni….mi spiego no!). Comunque è interessante vedere lo stabilimento dove avveniva questa raccolta e soprattutto è curioso l’omino (l’unico che abita sull’isola) che vive facendo come professione il guardiano del faro e della cacca!!! Esce ogni volta che vede una barca, saluta e torna dentro…abbastanza triste, in realtà. E’ proprio uno “sporco” lavoro ma qualcuno deve pur farlo…..Non si scende mai dalla barca perchè tutta la zona è riserva nazionale, ma tanto oltre agli animali marini, che comunque sono bellissimi, non c’è niente da vedere sopra l’isola o sopra le isole, a parte la solita cacca. Al ritorno a terra si schivano centinaia di venditori ambulanti che cercano di venderti l’impossibile e di più e poi si può ritornare a Pisco, oppure, se non si è troppo stanchi, ci si può dirigere verso il parco della penisola di Paracas, dove si possono fare delle passeggiate di ore sulla costa battuta impetuosamente dall’oceano, camminando sulla spiaggia sotto dei costoni di roccia sedimentata e striata dalle mille tonalità dei colori della terra, che poi, si scoprirà in seguito, sono proprio i colori del Perù. Sembra la spiaggia del pianeta delle scimmie…non pensavo che il Perù fosse così bello anche sul mare! Il tutto costa non più di 10/12 dollari e i prezzi sono gli stessi con tutte le agenzie visto che queste hanno fatto un consorzio (sono circa otto) e si sono accordate sui prezzi e sui servizi che, quindi, sono proprio gli stessi. Il tutto si può fare in giornata, cioè partendo da Pisco per le escursioni appena arrivati da Lima – prima di mezzo giorno – oppure spezzando le due escursioni in due giorni, passando la serata a Pisco dove si può cenare nei localini tipici di Pisco e gustare il Pisco Sour, un liquore delizioso, tipico della zona (e del Peru’) a base di Pisco – grappa leggera di uva – Lime, cannella e zucchero. Se si sceglie questa soluzione si può visitare nel pomeriggio la cittadina di Chincha, a 30 km da Pisco, dove si arriva con divertenti piccoli bus collettivi di 14/15 posti dove si sta tutti pigiati e che costano davvero poco – 50 cent di euro -. A Chincha ci sono dei siti archeologici che comunque, almeno per noi profani, non valgono quasi niente. Tuttavia la cittadina è interessante in quanto esiste una comunità afro-peruana che la sera offre in alcuni locali canti e balli davvero strani. HOTEL a Pisco la scelta migliore è la POSADA HISPANA, a 3 minuti a piedi dal terminal bus Ormeno di Pisco. Il pernottamento con prima colazione costa 8 usd a cui si devono aggiungere 2 usd se si vuole fare colazione. L’ambiente è veramente bellino, tutto in legno, compreso l’arredamento delle camere che sono piccoline ma calde ed hanno il bagno privato, tutto è estremamente pulito, con la sala per la colazione piena di stoffe colorate che finalmente ti fanno sentire e provare quello per cui sei partito, un terrazzino dove si può fare colazione, un lavatoio per i panni, servizio di lavanderia, internet e servizio taxi. La Posada è in stile coloniale e spicca fra le costruzioni circostanti perché è di un bellissimo ed azzeccatissimo colore giallo ocra. Tutto è molto curato ed il rapporto qualità prezzo e terribilmente sproporzionato a favore della qualità. Insomma è stata, per quanto riguarda gli alberghi, la sorpresa migliore del mio viaggio. Poi c’è l’alternativo, in tutti i sensi, Hostal Pisco. Due dollari a notte. Ambiente hippie, camere povere senza o con bagno privato, ma comunque con acqua calda, ed un grazioso localino interno dove si passano serate tranquille. Decisamente più in è l’Hotel PARACAS, direttamente sull’embarcadero da dove partono le escursioni. Ambiente internazionale e prezzi pure, circa 50 usd a notte per le camere che sono quasi tutte indipendenti, con un piccolo giardinetto e sdraio private per prendere il sole (quando c’e’). Una scelta che non consiglio, a meno di non avere un budget sostanzioso per non far salire il prezzo del viaggio già dai primi giorni. 3° giorno PISCO – ICA Si parte di mattina per ICA con il solito bus della Ormeno che parte presto per poi ripartire ogni 2 ore circa. Ica dista da Pisco circa 80 Km (mi sembra ma mi sono reso conto che in Peru le distanze ed i modi in cui le stesse si coprono gettano l’ignaro viaggiatore in una inquietante confusione spaziotemporale) e ci si impiega più di un ora. A Ica si visita il Museo regionale, circa 2 euro più il costo della guida parlante spagnolo, dove si impara a conoscere quelle che sono le culture della costa peruviana – PARACAS, ICA, NAZCA, – le città prendono infatti il nome delle culture che le hanno abitate – e si ammirano alcune ricostruzioni di villaggi in miniatura e molte ed interessantissime mummie. Insomma, come dicevo prima, si comincia ad assaporare l’atmosfera peruviana come tutti la immaginano. Il museo è piccolo ma è il più importante della regione. C’è pure una piccola ricostruzione in scala delle linee di Nazca che si incontreranno nei giorni seguenti. Interessantissima è la visita alla azienda vinicola del TACAMA, un ottimo vino rosso, bianco e rosè, – che si può pure assaggiare – prodotto in una azienda del tipo fazendas (ci hanno accolto dei gentili uomini armati di mitra dietro un portone tipo fortino cow boy circondato dagli indiani!!!) che si visita partendo da Ica. La visita è gratuita e si paga solo il tassì per arrivare perchè si trova un pochino fuori. Noi abbiamo pagato circa 45 soles, ovvero 12 euro in due, ma abbiamo pagato troppo perchè il tassista era simpatico e poi ci ha fatto un po’ da guida. Per arrivare si attraversano delle vere e proprie favelas che, tuttavia, hanno il loro fascino. La sera si può mangiare un po’ fuori Ica ad un ristorante molto bello che si chiama Il Ficus o qualcosa di simile, lo conoscono tutti. E’ molto caratteristico e divertente. HOTEL A Ica si può scegliere una soluzione scomoda ma molto suggestiva. In sostanza si tratta di dormire in uno “sgarruppatissimo” Hostal (il SAN ISIDRO) in mezzo al deserto vicino ad una oasi che si chiama HUACACHINA. L’oasi è frequentata da hippies fuori tempo e fuori moda che, tutte le sere, fanno un mercatino per i turisti attorno al laghetto dell’oasi, dove ci sono anche localini molto tranquilli e rilassanti dove si può passare una piacevole serata alla luce dorata e soffusa delle candele che bruciano sui tavoli dentro a vecchie bottiglie di birra ricoperte da secoli di cera. E’ un posto fuori dal mondo ed ha l’aria molto decadente. L’impressione che ho avuto io arrivandoci è stato quello dell’avamposto turistico un tempo rigoglioso e poi abbandonato, con delle bellissime strutture alberghiere lasciate andare in rovina (magari gli incas navigavano nell’oro, mai peuvianos moderni no di certo) e poi parzialmente recuperate. L’albergo SAN ISIDRO è veramente estremo nelle sue condizioni: le stanze sono poverissime ma pulite (a volte) ma ha il suo fascino! Ha ampi spazi con giardinetti e una zona comune per la colazione. Costa 2 dollari a notte ed è frequentatissimo da giovani di tutto il mondo. Accanto al SAN ISIDRO c’e’ il MOSSONE, elegante, internazionale con un ristorante sul laghetto, riscaldato con camere accoglienti che costano circa 50 USD per notte. I due alberghi sono l’uno di fronte all’altro ed è curioso vedere che le clientele dei due alberghi convivono allo stesso tempo così vicine ma così diverse; infatti, se si sceglie di passare la serata nella piccola oasi, si finisce per incontrarsi tutti quanti a bere vino o birra a lume di candela o sotto le luci fioche dei lampioni attorno alla laguna. Questa è un’altra delle mille contraddizioni del Perù, che mi piace chiamare un paese dalla bellezza interrotta o, se si vuole, imperfetta. La mattina se ci si alza di buona ora, circa le 7,00 si può fare una faticosissima passeggiata sulle dune del deserto alte fino a 100 mt, e buttarsi giù con dei SURF da spiaggia affittati per pochi dollari direttamente negli hotel o nei bar di Huacachina. E’ divertente ma un po’ pericoloso, qualcuno ci ha lasciato le penne e poi, alla fine, ti ritrovi la sabbia nei posti più impensati dove non sapevi neanche di avere spazi da riempire! Fatto tutto ciò si riparte per le famose linee di Nazca. 4° giorno – ICA-NAZCA, volo sulle linee e partenza per AREQUIPA Nazca è una delle destinazioni più frequentate dai turisti, ma, a mio modesto parere, al di la dell’interesse archeologico ed antropologico assolutamente indiscutibile, sono un po’ sopravvalutate (mi sembra quasi di aver detto una bestemmia ma questa è stata la mia impressione, che ci devo fare!). I servizi turistici che vengono offerti in loco non sono all’altezza dei prezzi praticati e poi, pagare 50 usd per un volo di 30 minuti dopo che si è mangiato e dormito a poco più di 4/5 dollari è quasi un trauma!!! Insomma, è uno di quei posti dove il business del turismo mostra il suo peggior aspetto. La solfa è quella “o questo o niente, tanto ci sono migliaia di persone dopo di te che sono disposte ad essere turlupinate…”. Comunque, è consigliabile arrivare in mattinata, per poter volare prima dell’ora di pranzo quando si alza vento e non si può più e, quindi, si partirà da ICA molto presto, non più tardi delle 8.00. Si viaggia per quasi due ore in mezzo ad un deserto meraviglioso dove si cominciano a vedere le prime “montagnette”. Si può viaggiare con dei piccoli minibus da 15/20 posti, scomodi ma divertenti, e soprattutto molto economici. Io ho pagato per l’intero tragitto di oltre 100 KM 3 euro. Si arriva a NAZCA e si cerca subito un volo. Si vola, si fanno delle orrende foto, visto che da un po’ di tempo a questa parte il ministero dell’archeologia o roba simile ha impedito agli aerei di volare troppo bassi per non emanare troppe vibrazioni sui geoglifici e, quindi, le linee si vedono piccole piccole e male, e poi si atterra ringraziando iddio di essere riusciti (chi ce l’ha fatta ma non c’è mai un volo in cui tutti ce la fanno) a non aver vomitato. Per cercare di far vedere tutti i piloti fanno manovre assurde come se si trattasse della battaglia di Pearl Arbour, solo che al posto degli zero Giapponesi qui si devono schivare gli altri aeroplanetti carichi di poveri turisti che si aggrappano ai finestrini ed alla vana speranza di non rigettare tutto il Lomo saltado della sera prima sulla testa di chi hanno davanti. E’ divertente fermarsi sulla pista a vedere i volti ed ad ascoltare i commenti dei sopravvissuti: si impara come si dice “grazie a Dio” in tutte le lingue del mondo!!! Sempre a Nazca, interessantissima è invece la visita ai laboratori dei minatori di oro, dove si possono vedere all’opera dei veri cercatori d’oro che estraggono il metallo prezioso dalle rocce scavate a molti di metri di altitudine e che poi loro, poverini, si sono portati sulle spalle fino a Nazca (almeno questo è quello che mi hanno detto loro, magari poi hanno dei potenti 4×4). E’ veramente bello, e poi i laboratori si visitano quasi da soli e senza turisti; si fa una offerta per la visita e si possono acquistare dei piccoli oggetti di artigianato fatti con le pietre del luogo che costano veramente poco. Poi ci si sposta subito da un altro artigiano del posto che si chiama Andres Calle Benavides, che fa delle riproduzioni di ceramiche Nazca stupefacenti e, se volete, ve le fa li davanti a voi mostrandovi tutto il procedimento e le ciotole con i colori naturali ricavati dalle rocce del deserto. Meraviglioso!!! Pensate che io ho visto come fanno a fissare i colori dei vasi: lo fanno con il grasso della pelle della faccia, cioè prima lo pitturano ( il vaso) , poi con una pietra si strofinano la guancia immediatamente sotto la narice, o nel punto in cui la narice incontra la guancia, per trasferire il grasso della pelle sulla pietra e poi con la pietra lucidano il vaso che in effetti diventa brillante!!! Anche qui si lascia una offerta e poi si possono acquistare degli oggettini, se si vuole. C’è da visitare anche il cimitero delle mummie Nazca, molto interessante dove si possono vedere le mummie nella loro posizione originale di sepoltura, ovvero rannicchiate in posizione fetale (che i molti peruani chiamano fecale! hi hi!). Queste tre escursioni in più aggiungono circa 10 usd al costo del volo. Si può scegliere di pernottare a Nazca, cosa che io non consiglio, oppure aspettare che arrivino le dieci e mezza di sera in un graziosissimo locale sulla piazza centrale dove si può bere un Pisco sour fantastico ed ascoltare dei gruppetti locali che suonano la musica andina e poi partire con il bus Ormeno delle 23.00 per arrivare, alle otto di mattina, ad AREQUIPA, la Ciudad Blanca, la più bella e vera città del Peru. Anche se molto stancante io consiglio questa soluzione, cioè viaggiare di notte, per vari motivi. Innanzitutto perchè si risparmia un giorno viaggiando al modico prezzo di 6 massimo 9 euro, e poi perchè dopo aver speso quasi 75 Euro nella giornata precedente, risparmiare altri 10 o 20 dollari di albergo non è male! 5° giorno AREQUIPA Arequipa è bellissima, totalmente, o quasi, coloniale, con molta vita peruviana ed internazionale è una tappa obbligata del Sud del Perù. Molti dicono che si chiama la città bianca perchè la sua architettura coloniale è molto spesso di questo colore e dunque sembra un delicato velo candido steso sui declivi della montagne, ma in realtà, una spiegazione che mi sembra più credibile dice che venne chiamata così perchè vi si insediarono gli spagnoli con la loro pelle chiara e, quindi, da allora nacque in buon numero una popolazione meticcia con la pelle molto più slavata rispetto a quella indio. Tale spiegazione sembra avvalorata dal fatto che in lingua Qechua (mi sembra che si scriva così il nome della lingua della popolazione autoctona della zona ma perdonatemi se sbaglio queste parole sono difficili) Are quipay significasse “si potete rimanere”, e sembra che questa fosse la frase pronunciata da un Capo Inca verso popolazione di pelle bianca che poi li si insediò. Da li “il mischio”. Le guide della zona usano questa storia, che non so se è vera, per ripetere all’infinito quanto sia radicata nella popolazione di Arequipa il senso dell’ospitalità, che quindi bisogna andare ad Arequipa e starci parecchio tempo. Ora io capisco che lo fanno per motivi diciamo “commerciali” però la storia è suggestiva e poi ad Arequipa si stà davvero bene, la gente è allegra, non manca niente e secondo me è da una parte lo specchio del Perù attuale, dall’altro una porta del tempo verso luoghi meravigliosi come Chivay, Coporoque ed il mitico Colca Canion una delle valli più belle che io abbia mai visto. Quando ci entri ti viene da pensare: “ma chi me lo fa fare a vivere nel mio paese dove sono costretto ad arrovellarmi il cervello tutto il giorno per rispettare ed onorare gli standards occidentali nel lavoro, nelle relazioni e nella vita in generale quando c’è un posto come questo dove la cosa più importante è stare in silenzio per ascoltare il rumore delle ali dei condores che ti passano sulla capoccia? Insomma è una esperienza da provare. Comunque ad Arequipa si può fare di tutto e di più. Per me la migliore opzione è questa: HOTEL La Scelta migliore secondo me è la CASA DE MI ABUELA (letteralmente significa la casa di mia nonna). E’ un Hotel tre stelle (parlo sempre di “stelle Peruviane”) dall’atmosfera eclettico-alternativa, con giardino, piscina, camere da 2/3/4/5/6 letti e graziose camere a soppalco e con finestra sul giardino fiorito, televisione bagno e telefono. Ha un piacevolissimo bar con pianoforte, tavolo da Ping Pong e giochi da tavola, una libreria dove si possono scambiare libri con gli altri viaggiatori (poi il difficile è leggere in svedese o norvegese) ed una splendida vista sul Vulcano MISTI simbolo di Aerquipa alto 6.000 mt con la neve perenne in cima. Il costo è di 22/25 dollari per notte in alta e di di 18/20 in bassa, ma se ci si ferma di più di una notte lo sconto è sicuro e per i gruppi lo è ancor di più. Inoltre, la Casa de mi abuela ha una ottima agenzia di viaggio interna (Agenzia Jardin) che ha degli buoni prezzi per l’escursione al Colca Canion e possiede pure uno splendido Cottage sulle montagne del Colca, dove si pernotta se si acquista l’escursione relativa (io comunque ci sono stato due volte e la seconda ci sono andato da solo). Il cottage si chiama Casa de Mamayacchi e quando ci sono arrivato non potevo credere ai miei occhi per il prezzo che avevo pagato, forse perchè l’hanno costruito quest’anno e lo stanno pubblicizzando. Insomma l’escursione al Colca costa in tutto 42 usd, dura due giorni ed una notte e comprende: Il viaggio in pulmann privato, l’ingresso al sito naturalistico dove si osservano los Condores che “pasano” – uno spettacolo incredibile come dicevo prima – una notte al Mamayacchi, che dopo vi descrivo, una prima colazione e la guida in spagnolo o inglese, se si considera che il viaggio dura 5 ore e si sale a 5000 mt con un pulmann 4×4 il prezzo non è male! In Città – MONASTERO DI S.CATALINA – MUSEO ANDINO Dopo essere arrivati di mattina, qualche ora di riposo in Hotel e poi verso le 10/11 visita al monastero di S. Catalina (la nostra S. Caterina) che è un posto incredibile dove si mescolano l’inevitabile cattolicesimo spagnolo del ’500 con il paganesimo degli indios e la variegata e sempre divertente e giustificabilissima tendenza dell’uomo (in questo caso delle donne!) a fregarsene del proprio ruolo quando per quello si dovrebbe rinunciare al piacere; Tutta la struttura è un dedalo di architettura coloniale e cortili, patii e chiostri ornati con i colori accesissimi del Peru’; il risultato è un monastero prevalentemente color porpora, ocra e un intensissimo azzurro lapislazzulo. La visita dure circa due ore con guida in italiano e costa molto, circa 12 Euro a persona più l’offerta per la guida, che in realtà è libera ma in pratica se non la dai ti lanciano l’anatema (sempre delle suore parlo he’, per intenderci). Per questa cifra si possono visitare le antiche casette delle monachelle, tutte in pietra e tufo (la zona è vulcanica come tutto il Perù) ma soprattutto si ascoltano le storie di vita delle monache birichine. Infatti, la struttura era in realtà un rifugio per le “giovani bene” della alta società coloniale spagnola che andavano lì per divertirsi, in tutti i sensi; avevano come servetta una monachella indio (o una monachella spagnola povera ma ciò avveniva di rado) e, poi, la sera facevano festini tutti sesso (lo giuro!) droga (lo rigiuro) e rock & roll. La pacchia comunque è durata poco o almeno fino a quando il Papa non le ha scoperte e gli ha mandato una madre superiora tanto cattiva quanto brutta (c’e’il quadro appeso su un muro della sua casa) che ha rimesso tutte le cose a posto, purtroppo! Comunque all’ora di pranzo si può rimanere a mangiare dentro il monastero, presso la caffetteria interna gestita, udite udite, dalle monachelle, che non si presentano al pubblico, perchè sono di semi/clausura, ma che cucinano delle empanadas al formaggio fenomenali ed altri dolcetti alle castagne ed alle mele. Chissà quello che fanno in cucina fra di loro….. Al pomeriggio si fa una visita al Museo Andino proprio di fronte al monastero (scelta strategica) dove si visita la Mummia Juanita, la più antica è meglio conservata mummia del Sud America, pure meglio delle mummie del deserto Cileno! (dicono loro che col Cile non vanno molto d’accordo, anzi per niente). Comunque la mummia è veramente impressionante, ritrovata a CABANACONDE, sui monti dietro Arequipa dentro un vulcano, fu vittima di un sacrificio umano all’età di 14 anni. Si guarda attraverso una bacheca surgelatore che la mantiene sotto zero e senza umidità e si vede ancora la “tortorata” che gli hanno dato in testa per ucciderla, da rabbrividire, e infatti c’è sempre chi rabbrividisce di fronte alla bacheca! C’e’ ne è pure un’altra di mummia, ma non se la fila nessuno perchè la vera star è Juanita! Il costo del biglietto è di 6 dollari, ma io ho litigato perché mi volevano far pagare per forza la guida in spagnolo che loro dicevano essere obbligatoria per tutti. Ora, non per fare il solito occidentale rompiscatole però io lo spagnolo lo capisco, ma se non lo capivo? alla fine l’ho pagata e per dispetto gli ho fatto una marea di domande in Italiano alle quali non sapeva rispondere e io ogni volta mi lamentavo perché gli dicevo che l’avevo pagata e che non era buona a niente. Alla fine abbiamo fatto amicizia. Credo che abbiano detto che metteranno una guida in italiano! Si ritorna in hotel e ci si prepara per il secondo giorno ad Arequipa, ovvero l’escursione al Colca Canion. 6° GIORNO AREQUIPA – COPOROQUE – COLCA CANION Ci si alza di buon ora (5,30) e si parte. Si attraversa la riserva naturale del Colca, dove si incontrano le Vigogne, gli Alpaca, i Lama, le Aquile (i primi tre sono camelidi delle Ande le aquile invece sono aquile, quelle che volano!), tutti allo stato brado, e spesso si scende per fare delle foto bellissime. Il viaggio fa spesso delle “vittime”, c’è gente che non riesce ad abituarsi alla rapida ascesa, si passa da 3,600 a 5,000 in un giorno e quindi comincia a svomitazzare a destra et a manca soprattutto perché non fa attenzione a mantenersi leggero la mattina a colazione, oppure si sdraia in preda ad attacchi di mal di testa tremendi. Una signora giapponese che stava con noi è stata due giorni con un giacchetto sulla faccia ed un sacchetto nella mano per fare voi sapete cosa. Comunque sul pullman c’è l’ossigeno e si può respirarlo quanto e quando lo si vuole, tanto serve a poco, se ti becca il soroche te lo tieni per due giorni, puoi solo scendere di quota. Si arriva dopo 5 ore di curve all’Hotel Mamayacchi, – eccetto una piccola pausa in barretto sulla strada dove si beve il Mate de Coca, unico vero rimedio all’altura ed ai suoi inconvenienti -. L’albergo è situato in un paesino che si chiama Coporoque, dove l’unica macchina che conoscono è il pulmann dell’agenzia che ogni giorno scarica qualcuno. Il paesino ha una bella chiesetta coloniale e qualche rovina che diventa interessante se si azzecca la guida giusta. E’ la prima vera occasione dove si cominciano a vedere personaggi autenticamente peruani, con il poncho rosso acceso, i sandali fatti di caucciù, la pelle bruciata dal sole ed un odore terrificante addosso! Coporoque si trova a 7 Km da Chivay, il capoluogo della provincia dove c’è un mercatino e un paio di ristorantini simpatici dove l’escursione fa tappa per il pranzo del primo (prima di arrivare alla sistemazione al Mamayacchi) e secondo giorno. Si mangia bene con 3 dollari, si arriva in hotel, ci si riposa un paio d’ore a suon di te di foglie di coca per assuefarsi all’altitudine e poi chi ce la fa va a fare una visita alle acque termali di Chivay, dove si fa il bagno di sera a 3.600 mt all’aperto in vasche termali pulitissime e affollate da turisti di tutto il mondo. Una esperienza interessante e dove si socializza… molto facilmente…sarà per il freddo fuori e per il caldo dentro…L’ingresso che non è compreso nell’escursione costa 2 usd (ce lo potevano pure includere, ma i peruani spesso si perdono in un bicchier d’acqua!). Si ritorna in albergo con la pressione sotto le scarpe e si fa una ottima cena, anch’essa non inclusa nel prezzo e che si aggira sui 4/5 dollari, nella quale si può mangiare un filetto di alpaca con le pesche veramente eccezionale. La serata si trascorre nella lobby dell’albergo dove si beve Pisco di fronte al camino e si parla tutti in lingue diversissime, italiano, spagnolo, tedesco, francese. I clienti sono quasi tutti di una sola escursione e quindi si solcializza molto in fretta e ci si diverte molto. Fuori fa molto freddo e quindi si rimane tutti “in casa”. Si va a letto presto – in reception ti danno la borsa dell’acqua calda per andare a dormire, che goduria!!! 7° giorno – COLCA CANION – CRUZ DEL CONDOR – AREQUIPA Oramai siamo in pieno Perù. Ci si alza alle 4,30 del mattino perché si devono andare a vedere i CONDORES che volano sul Canion, e quelli ci sono solo fino alle 8,30 9,00, perché dopo le correnti calde ed ascensionali che vengono dal mare se ne vanno e loro pure perchè sono pesanti e gli fa fatica volare dopo una certa ora! Comunque si fa colazione – questa è pagata – con il pane caldo che fanno loro li in hotel nel loro forno a legna, e degli ottimi succhi di frutta che non ho capito come erano fatti, ma erano buoni, e poi si parte. Si attraversa un paesino che si chiama CABANACONDE, dove c’è una gran bella chiesa coloniale distrutta da un terremoto e che stanno ristrutturando, e ci si ferma varie volte per ammirare le ANDENES, ovvero le terrazze de coltivo che venivano usate dagli Incas per coltivare sulle pareti delle montagne. Detto così sembra niente, ma i paesaggi sono impressionanti: ci sono decine di migliaia (forse esagero) di terrazze che scendono e salgono dalla montagna per oltre 70 Km, le loro forme sono ricavate dalla curve naturali del terreno ed il loro colore è una mescolanza di tutte le tonalità di verde che si possono immaginare, il tutto in un Canion alto molto spesso più di 1500 mt sul cui fondo corre il Rio Colca, il fiume che ha scavato la gola e che nel silenzio assoluto della mattina fa sentire la sua voce a chi lo guarda dall’alto della strada, sulla cima del Canion. Insomma, se hai pure la fortuna di vedere sorgere il sole in questo quadro dipinto da Dio in uno dei suoi giorni di forma migliore, allora ti viene la voglia di metterti seduto a guardarne i raggi, che sembrano dei fasci di luce lunghi 100 km, che affettano la nebbia trasparente e puoi aspettare, aspettare ed aspettare………………fino a quando gli altri si arrabbiano e ti suonano con il pullman che deve ripartire! A me è successo così. Si arriva alla Cruz del Condor, un punto di osservazione dove si sta tutti radunati in religioso silenzio e, se si è fortunati, si vedono volare bestioni con tre metri di ali a 10 mt dalla testa che fanno un rumore come quello di un flauto di pan gigantesco e proiettano un ombra da pterodattilo preistorico. Sono così impressionanti che in certi momenti hai paura che allunghino le zampone e ti portino con loro a volare sulle montagne innevate. Il mirador della Cruz del Condor è a strapiombo sul canion e se vuoi, ma sarebbe meglio dire se ce la fai, puoi stare seduto sul bordo roccioso con le gambe a penzoloni con 1.500 mt di aria sotto i pedi mentre cerchi di scattare foto ai benedetti condores. Un po’ di tempo fa, qualcuno un po’ disattento si è lasciato prendere dall’emozione del momento, e si è ritrovato a fare un bel volo in linea retta fino in fondo al fiume. Poveraccio. Comunque, dopo aver osservato i condor per un’oretta buona, si ritorna indietro e si passeggia sul bordo del Canion, sempre stando attenti a non provare l’ebbrezza del volo in linea retta. Si fa ritorno a Chivay per mangiare in un altro ristorantino a 5 usd. Si ritorna all’albergo si prendono baracca e burattini e si ritorna per le sei di sera in albergo ad Arequipa, in città. Sul pullman per il ritorno chi non sviene dalla fatica vince una bambolina! La sera si esce e si va a mangiare all’Arequipay, un delizioso ristorantino che cucina un porcellino d’india (il cuy) eccezionale, basta non pensare che si sta mangiando, praticamente, un topone gigante. Si ritorna in albergo e si sviene, nuovamente, sul letto. Il giorno seguente si può passare a fare shopping ad Arequipa dove si può acquistare dell’ottimo artigianato nel mercatino regionale che racchiude tutti i tipi di artigianato del Peru, c’è per tutto Agosto, mentre a settembre la popolazione dei venditori scarseggia. Si può visitare la nuova cattedrale e la bellissima Plaza de L’Armas, ed infine si può andare da un tizio che vende dei prodotti di lana di alpaca che sono pregiatissimi e che costano fino a 10/15 volte di meno che in Italia. Per esempio, una mantella di lana di Baby alpaca con uno scialle che qui costa 500 euro io l’ho pagato 60 dollari. Si va a zonzo per la città ognuno come gli pare e ci si rivede in albergo per il cocktial, gratuito, di addio offerto dal bar. 8° GIORNO, AREQUIPA – PUNO – LAGO TITICACA Si parte da Arequipa di sera tardi (è meglio), e si arriva a Puno la mattina prestissimo del giorno dopo. A Puno bisogna prendersela calma, siamo a 4.000 mt slm e qui fa fatica pure allacciarsi le scarpe e quindi il primo giorno si va piano piano. Si fa una passeggiata sui divertentissimi risciò a tre ruote guidati da dei peruani stremati che ti trascinano su e giù per la città facendo degli sforzi immani per qualche dollaro (io al mio riscioman ad un certo punto gli ho chiesto se voleva mettersi al mio posto e mi sono messo a pedalare perché mi sono sentito troppo imperialista). Si può andare a visitare la Nave Museo Yavari’, orgoglio della marina Peruana di fine ottocento ancorata all’embarcadero di Puno. E’ un vecchio battello a vapore con tre o quattro marinai di equipaggio, di cui uno è donna, che fanno di tutto, dai motoristi alle guide turistiche, e spiegano tutta l’odissea di questa nave arrivata a pezzi dall’Inghilterra e costruita in 6 anniperchè cinque ce ne sono voluti per trasportarla a dorso di mulo dalle coste del Perù sino a Puno. Si visita tutto, pure a sala motori dove c’è il più vecchio motore diesel a 4 cilindri funzionante del mondo. Sembra la macchina in cui rimane incastrato Charlie Chapline in tempi moderni, e funziona davvero! La sera si va a vedere il tramonto sul mirador dove si ha una vista impareggiabile del Lago Titicaca incendiato dal rosso del tramonto e poi si scende per prendere un tè alla casa del Corregidor, un piccolo palazzetto spagnolo del 500/600 riattrezzato a centro culturale che ospita spesso delle mostre fotografiche e dispone di una caffetteria pseudo intellettuale. Si visita la piazza con la cattedrale, si cena su calle lima, piena di vita e con localini a iosa, e si va in hotel. HOTEL a PUNO La scelta dovrebbe cadere sull’Hostal Helena, pulito, con camere molto grandi, sicuro e non molto freddo; ha l’acqua calda, il televisore ed il telefono. Non ha molta personalità perchè è nuovo, funziona da due anni. Comunque il prezzo è di 15 usd a persona per una doppia e di 12 per una tripla o quadrupla, ma se si rimane di più si hanno degli sconti. E’ compresa la prima colazione, abbondante. Poi c’è l’Hostal Vyelena che è vicino al primo e offre servizi come il primo ma è più economico e meno accogliente, il costo è 9 usd per persona o camera, non ricordo. Un consiglio: a Puno non si deve alloggiare agli ultimi piani degli hostal perché non c’è abbastanza pressione per farci arrivare l’acqua corrente. 9° GIORNO – ISLA TAQUILE Questo è il pernottamento più difficile ma sicuramente più affascinante. Si parte la mattina alle 7.20 e si pagano 20 soles, 6 euro per andare e tornare, il giorno dopo, dall’isola di Taquile. Il tragitto si fa su dei barconi a motore che sarebbero agevolmente superati in velocità da una anatra zoppa con poca voglia di nuotare, e si arriva a Taquile dopo 4 ore. Sono convinto che con un buon gommone il tutto si farebbe in 25/30 min. Ma tant’è, stai in Perù e ti devi adattare! Nel tragitto ci si ferma una mezzora sulle isole UROS, ovvero le isole galleggianti o flottanti, che si trovano sparse per la parte peruana del lago. In sostanza si tratta di grossi zatteroni di alcune migliaia di mtq fatte di TOTORA, una specie di canna di bambu’ galleggiante che resiste nell’acqua gelida del Titicaca per circa sei mesi, poi marciscono nel loro strato inferiore e devono essere sostituite da altre canne, nello strato superiore, per mantenere uno spessore di circa 6 mt sotto il livello del lago, altrimenti affonderebbero. Le isole sono simpatiche, piene di abitanti che vivono solo di quello che vendono ai turisti e che offrono dei giri sul lago con delle piccole imbarcazioni fatte sempre di totora e che pure loro affondano dopo circa sei mesi; non vi preoccupate, quelle su cui si viaggia sono nuove e solide. Si riparte e in tre ore circa si arriva a Taquile. E’ veramente un posto fuori dal mondo. E’ abitato dai Taquileni, che vogliono gestire tutto il turismo per conto loro e lo fanno in maniera tale da garantire un basso impatto sull’isola. Hanno un sindaco, l’Alcalde de Taquile, che si riconosce dal colore del cappello, e i ministri, anche loro con il cappello colorato tipico delle persone importanti. Loro stessi guidano i barconi dalla terra ferma sino all’isola. Su tutta l’isola, o quasi, l’energia elettrica è una rarità, l’acqua corrente pure e i bagni sono delle graziose buche scavate per terra. Si viene ricevuti da una specie di consiglio di paese, dove il segretario del sindaco ti fa firmare in piena piazza un registrone con il tuo nome, la tua professione e quanti giorni devi rimanere, mentre tutto il pueblo ti guarda con un aria fra il curioso ed il divertito. I vecchi per la verità sembrano diffidenti. Ci sono tutte donne che parlano fra di loro fitto fitto con la mano sulla bocca mentre filano la lana sotto i loro costumi bellissimi e colorati, e gli uomini, invece, che ti squadrano mentre imperturbabili fanno cappelli e sciarpe con la lana filata dalle donne, tenendo dei ferri sotto le ascelle e muovendo le mani con una abilità impressionante, come quella di un pianista navigato. Insomma alla fine del rituale ti viene assegnato un numero, corrispondente ad una casa, una donna si alza, ti acchiappa e ti porta a casa sua, che diventerà pure casa tua per il tempo che starai li. Ogni abitazione può ospitare soltanto due turisti per volta perché tutti hanno il diritto, a rotazione, di avere un po’ di guadagno da noi ricconi. Il pernottamento costa 3 usd per notte, ma se sei sfortunato, come è capitato a me, potresti trovarti in una situazione cosi estrema da dover fuggire di notte dall’odore o dal freddo e rifugiarti in qualche altra casa (come ho fatto io!). Ovviamente capisco che per loro può essere normale, ma a me hanno dato delle coperte sulle quali sembrava avesse dormito un reggimento di alpini che aveva camminato per giorni con le stesse calze! Ho provato a resistere ma poi ho ceduto. Si mangia in piccole stanze dove le donne o le ragazze cucinano dei piatti buonissimi a dei prezzi tanto bassi da vergognarsi, oppure, se si vuole, si può mangiare a casa dell’ospite che cucinerà per voi e vi farà mangiare con la famiglia. Il mio era così povero che mi ha chiesto di andare a mangiare al ristorante!!! Io in realtà mi sono dispiaciuto perché mi avrebbe fatto piacere mangiare con loro che erano così gentili, però, per non metterli in imbarazzo, ho accolto il loro non invito. C’è pure un ristorante comune, o sociale, dove lavorano i membri della comunità. Tutti vi devono lavorare dopo i 27 anni per un certo periodo dell’anno a favore della comunità. C’è anche un negozio di artigianato comune, dove tutti devono portare i loro lavori a maglia, che sono obbligati a fare, perchè poi possano essere venduti a favore della comunità e di chi li ha fatti in prima persona. Insomma, una comune socialista in piena regola in pieno Sud America dentro un lago a 4.200 mt di altitudine, da non crederci! La cosa più bella è che anche le donne possono diventare sindaco o ministro, incredibile, dal punto di vista della civiltà umana abbiamo molto da imparare dall’isla Taquile. Abbiamo provocatoriamente chiesto se ci consentivano di entrare a far parte della comunità e ci hanno risposto che ci possono entrare soltanto i nati a Taquile, dopo i 27 anni, e che per gli stranieri c’è bisogno del consiglio di paese con la decisione dell’Alcalde, il sindaco. Poco male. Dopo aver passato una notte “singolare”, si fanno spese nel locale negozio di artigianato – dai nostri padroni di casa ci siamo fatti fare dei cappelli ed un paio di guanti – di straforo ed alla faccia del socialismo reale – e si riparte per il lunghissimo viaggio di ritorno a Puno, dove si dorme. 10° PUNO – CUSCO Ci si avvicina sempre di più a Machu Picchu, Cusco è infatti la base indispensabile per accedervi. In realtà Cusco è una città nella quale si può pernottare anche 5/6 giorni, in quanto da una parte offre moltissimi siti da visitare nei suoi immediati dintorni, e poi perché è una città molto vivace ed allegra che offre servizi di qualità veramente elevata. Ad ogni modo, la mia esperienza mi consiglia di fare quanto di seguito: Il primo giorno dovrebbe essere dedicato all’acquisto per tutto il gruppo del cosiddetto bolleto turistico, ovvero una sorta di passepartout per tutto quello che c’è da vedere nella regione di Cusco, e, di conseguenza, ci si dovrebbe dedicare a pianificare le visite relative. Il bolleto costa 10 usd e vale 10gg dalla data di emissione, ed è personale; sono soldi ben spesi, ve lo assicuro. Dopo aver fatto ciò, si visita il centro della città e si prendono contatti con la Agenzia SAS, nella Plaza de L’armas di Cusco, per acquistare il LARES TRAIL, un trekking che porta sino a Machu Picchu in 3 notti e 4 giorni di cammino attraverso vallate incontaminate e di una bellezza terrificante. Noi ci siamo imbattuti in questo trekking per caso, visto che la nostra idea (o meglio quella del gruppo visto che io ero contrario per consigli ricevuti in patria) era quella di acquistare il famoso INCA TRAIL, ovvero il percorso più famoso per arrivare a piedi sino alla città sacra. Grazie a Dio il percorso dell’Inca Trail era indisponibile per tutta la settimana. Infatti, vi è un accesso limitato a 400/500 persone al giorno ed era tutto prenotato per 5 giorni. E’ stata la più grossa fortuna di tutto il viaggio. Questo lo dico perchè il “famoso” Inca Trail è ormai divenuto una sorta di mulattiera, dove i muli sono i turisti che camminano – o meglio corrono – tutti pigiati e dandosi impiccio l’uno con l’altro, distruggono il paesaggio e spaventano gli animali che hanno da tempo abbandonato tutta la zona intorno al cammino. In più, questo fiume di inciviltà turistica si accampa tutto in punti prestabiliti e pernotta in pazzeschi campi da 300/350 tende per notte dove i forzati del turismo pseudo alternativo danno sfoggio di una ancestrale ed inquietante inciviltà: il risultato è l’impossibilità di godersi qualsiasi cosa e l’alto rischio di essere esposti a veri e propri assalti di malintenzionati che svuotano le tende con tutto il loro contenuto. Insomma, solo dopo il gruppo ha scoperto di essere scampato ad una manifestazione di follia turistica collettiva, e per questo abbiamo reso grazie agli dei Incas sacrificando un ottimo cuy alle foglie di alloro! Il costo del trekking è di 200 dollari e, se si vuole affittare un sacco a pelo polare (non è uno scherzo, serve davvero!) per quattro giorni si pagano ulteriori 20 usd. Acquistato il trekking ed affittato, sempre presso la stessa agenzia, il materiale che non si ha, si va a riposare e l’indomani si parte all’avventura. HOTEL L’hostal che mi sento di consigliare in questa cittadina è il KOYLLIUR, nel quartiere di San Blas che è il più bello e antico di Cusco, quartiere ancora costruito sulle antiche basi Inca e dove i palazzi si innalzano da terra poggiando su dei massi enormi, a loro volta poggiati l’uno sull’altro senza nessuna amalgama ed arrotondati dal tempo; le strade sono di ciottoli e costellate da piccole botteghe di artigianato o di pasticcerie, e di caffetterie. Il Koylliur è un ostello a conduzione familiare veramente grazioso, ricavato da una casa padronale con tutte le stanze che si affacciano su un cortile interno attrezzato con sedie e divanetti. Le camere sono tutte diverse e sono matrimoniali, doppie, triple e quadruple. Sono pulite ma spartane. Alcune non si addicono ad un turismo italiano, ma io le ho girate tutte e so quali possono essere prese e quali no. Il costo è di 7/8 dollari per notte senza colazione. La famiglia che lo conduce si chiama GUEVARA, e ciò è bene! Diversa è la scelta dell’Hostal CUSCO, dotato di riscaldamento, moquette, televisione acqua calda 24h ed ampi bagni moderni. Il tutto affacciato su un cortile con pub e bar. Il costo è di circa 20/25 usd, ma dipende dalla capacità di contrattare. 11° GIORNO – Inizio del Trekking CUSCO-LARES Il primo giorno del Trekking prevede il trasferimento in pullman privato dalla Plazas de l’Armas sino al luogo di inizio camminata. Durante il tragitto ci si ferma per ammirare qualche paesaggio della Valle Sagrada, che tuttavia non può definirsi neanche un assaggio di quello che si vedrà nei giorni successivi. Scattata qualche foto, ci si riferma per fare una veloce colazione al sacco e poi ci si dirige verso il luogo di inizio della prima “passeggiata di due ore” fino al paesino di Lares, che, comunque, si trova a quasi 3.000 mt s.l.m. Il paesino non offre nulla di particolare, e la camminata tanto meno, ma serve, a dire degli esperti, per abituare i muscoli a quello che succederà il giorno dopo… Arrivati a Lares si gira un po’ per il paesino e poi ci si dirige direttamente verso il primo accampamento. Le tende vengono piantate immediatamente a ridosso di una sorgente termale nella quale, ovviamente, tutti si buttano per fare un bagno ristoratore, e, altrettanto ovviamente, tutti poi riescono perché l’acqua sta a oltre 50 gradi! L’acqua in realtà è marrone, ma è un dettaglio. Dopo il bagnetto ci si ritira nelle tende, è gia notte, e si sta tutti a parlare dei giorni che si andranno ad affrontare. L’atmosfera, almeno per quello che ho avuto modo di sperimentare io, è piacevole. Ci sono ovviamente persone provenienti da tutto il mondo (noi eravamo 14) e si imparano un sacco di cose. In più, durante questi momenti la guida, che a quanto hanno detto loro dell’Agenzia per questo trekking è sempre la stessa e si chiama Miguel, approfitta per cominciare la spiegazione del sito archeologico di Macchu Picchu in maniera tale, dice lui, di non dover lottare contro l’inevitabile distrazione che coglie tutti quando ci si trova di fronte a quella meraviglia della natura che è la montagna sacra. Dopo il breakfast, passano un paio di ore e si fa la cena. Quello che davvero non manca in questa escursione è il cibo. Si mangia tre quattro volte al giorno e sempre bene ed in maniera abbondante. Il gruppo è assistito da 4/5 portatori (in relazione ovviamente anche al numero dei partecipanti) da un dottore, una decina fra muli e cavalli, un cuoco e i suoi assistenti e, ovviamente, la guida. Dopo aver trascorso un paio d’ore in un barrettino che vende praticamente nulla, ed è pure al buio, si finisce la serata a chiacchierare ed a fare a gara a chi è più stanco e a chi ha lo zaino più pesante, poi si va a dormire e ci si sveglia all’alba per cominciare a salire. 12° GIORNO – LARES – HUACAHUASI. Il secondo giorno è il più spettacolare. Si affronta un dislivello di oltre 1.400 mt per arrivare ad un passo fra la neve a circa 4.600 mt e poi ridiscendere sino a 4.300 ed accamparsi di nuovo per la notte. In quelle otto ore di cammino può succedere davvero di tutto. Noi siamo stati colpiti in brevissimo tempo da tempeste di sole e di pioggia che, dopo i 3.500, si trasforma inevitabilmente in neve. Prima dell’ora di pranzo si arriva ad un paesello che si chiama Huacahuasi, e ci si accampa solo con la tenda comedor, per il pranzo. Qui probabilmente abbiamo vissuto il momento più bello di tutto il viaggio. Dopo 5 minuti che eravamo arrivati abbiamo scelto di accamparci presso una vecchia chiesetta semidiruta vicino ad un collegio (una scuola elementare). Siamo stati subito raggiunti da 4/5 fra bambini e bambine che hanno cominciato a scherzare con noi. Gli abbiamo dato qualche caramella ed abbiamo cercato di parlare in spagnolo, ma loro, troppo piccoli, non l’avevano ancora imparato e parlavano soltanto Qechua. Dopo una mezz’oretta il cataclisma! è suonata la campanella della scuola (si fa per dire visto che li usano il fischietto!) e tutti i bambini sono usciti a valanga dalla scuola li vicino. Siamo stati letteralmente invasi da una onda anomala di “ponchetti” rossi e neri sotto i quali c’erano, ben nascosti dalla sporcizia, bambini dalle facce e dalle espressioni indimenticabili. In 5 minuti io ero per terra completamente ricoperto da una ventina di loro che volevano rivedersi nella mia telecamera e gli altri compagni di viaggio erano letteralmente assediati da altre orde di piccoli barbari affamati che volevano caramelle a tutti i costi. Mi ricordo che io ho dato una caramella ad una bambina che probabilmente non ne aveva mai vista una, ed ha cominciato a succhiarla con tutta la carta! Gli usciva soltanto un pezzo di carta argentata dai denti e mi guardava fra il confuso ed il deluso come per dire “ma che m’hai dato?”; rischiando coraggiosamente il morso della mano sono riuscito a togliergliela dalla bocca ed a scartarla e, quando gliela ho ridata, la tizietta a cominciato a succhiare incredula, gli si è illuminato il viso e mi ha fatto un sorriso che valeva tutti i soldi spesi per questo viaggio. Il tutto è durato un paio d’ore e, alla fina, mentre ci dirigevamo ancora più in alto, siamo stati accompagnati per un tratto dai più arditi che ci hanno poi abbandonato uno ad uno quando il nostro cammino giungeva nei pressi delle loro case. Al momento di salutarci ci mandavano un “Ciiiiaoooo” da crepare dal ridere e poi si buttavano a velocità vertiginose per le discese d’erba umida con i piedi scalzi o con dei sandaletti di gomma che io non ho mai capito quale strano dono di equilibrio abbiano ricevuto questi peruviani perché non né ho mai visto cadere uno. Io, dal canto mio, invece, sono riuscito a cadere un numero di volte imprecisato e tuttavia variabile dalle 20 alle 30 volte, sia in discesa che in piano che in salita. Evidentemente avrò altre doti, spero, rispetto a quelle dell’equilibrio! Quando siamo arrivati in cima ( io sono arrivato per primo!!!) mi sembrava di essere Licia Colò passata attraverso un documentario. Anzi, secondo me neanche lei ha mai fatto tanto. La pendenza delle salite in alcuni tratti superava il 50% e si doveva camminare a zig zag per fare poche centinaia di metri in molto tempo. Anche i muli faticavano come muli e, spesso, sono caduti (non addosso a noi fortunatamente) scivolando sulla neve e sui muschi duri come la roccia e lisci come il vetro. Comunque, quando si arriva sulla cima, si apre il paradiso. Dietro ci sono i 1.400 mt più faticosi e alti della vostra vita, fatti di una ripida parete verde e di fiori, acqua ed uccelli e, davanti, una discesa che sembra un miracolo e che conduce ad un laghetto color blu felicità, che, a tratti, riflette il colore bianco e verde delle montagne. Tutta la vallata che si ha di fronte (quella nella quale ci si accampa per la notte) è piena di lama che pascolano, di ibis che volano e di una sacco di altri uccelli che io non avevo mai visto. Purtroppo fa un freddo cane, e, vista la stanchezza, lo si sente ancora di più. Quella notte, forse anche per l’acqua presa, ho avuto il febbrone e per riscaldarmi ho praticamente passato tutto il tempo nella tenda del “cocinero” dove c’era il fuoco e mi potevo riscaldare. Ad un ora imprecisata sono svenuto nel sacco a pelo e nessuno ha avuto più notizie di me sino alla mattina seguente. Però ero arrivato primo!!! 13° GIORNO – HUACAHUHASI/AGUAS CALIENTES Il giorno dopo si parte di buon ora, tanto per cambiare, per scendere fino al paese di Aguas Calientes, ovvero la inevitabile base di partenza per salire a Macchu Pichu. Prima di arrivare a questo paese, di gran lungo il più brutto, sporco e disorganizzato che io abbia mai visto nei miei viaggi, (Lima è la Città più brutta, questo è il paese più brutto) ci si ferma dopo 4/5 ore di cammino nel pueblo di Ollantaytambo, un roccioso paesino con una stazione ferroviaria affollatissima dalla quale si parte per effettuare il tragitto che porta appunto ad Aguas Calientes. Una volta arrivati in quel di Ollantaytambo, si cena in un ristorante del luogo (non pagato). Il pranzo viene fatto al campo con le modalità precedenti in un altro paesino lungo il tragitto di cui ora non mi ricordo il nome, e poi si prende il trenino della Peru Rail per arrivare a tarda sera a destinazione. Ad Ollantaytambo, prima della cena, si visitano le rovine del paese, molto affascinanti e ben conservate. 14° GIORNO – AGUAS CALIENTES – MACHU PICCHU – CUSCO La sera che si trascorre ad Aguas Calientes è la nota (o notte) dolente di tutto il viaggio. Praticamente tutta l’organizzazione che ruota attorno alla visita al sito archeologico di Macchu Picchu è una vera e propria associazione a delinquere fra il governo peruviano, la Municipalidad di Aguas Calientes e la società monopolista della linea ferroviaria, che purtroppo è l’unica strada per arrivare sul posto. In sostanza, per visitare il sito non c’è modo di spendere meno di 80/100 usd. Ed infatti lo stratagemma è questo: se si parte con il treno del tardo pomeriggio da Ollantaytambo per arrivare ad Aguas, si pagano soltanto 10 usd di trasporto, ma poi si devono pagare dai 15 ai 25 usd di pernottamento, perché si arriva quando è buio da un pezzo. Poi si dorme ed il giorno dopo si entra al sito e si pagano 20 usd (la metà per gli studenti), poi se si vuole ripartire in giornata si pagano circa 35 usd per il ritorno fino al Cusco, in più c’è da pagare 2 usd il bus che ti fa scendere dal sito sino al paese. Sono così circa 80/85 dollari e qualcosa di più se si considerano le colazioni e robe varie. Se si sceglie di tornare a Cusco il giorno dopo in mattinata invece si pagano solo 10 usd di treno, ma, ovviamente, si paga un pernottamento in più. Se invece si vuole partire di mattina presto dal Cusco e tornarvi di sera dopo la visita, e quindi si sceglie di evitare il pernottamento, cosa veramente consigliabile ma determinerebbe uno sforzo fantozziano, allora non c’è verso di fuggire si pagano i canonici 35 usd di treno più l’ingresso più il bus. Qualcuno ci ha provato e dopo aver faticato come mai avevano fatto in vita i peruviani hanno avuto il coraggio di non farli partire e tornare nella stessa giornata. Circola infatti la voce che ci sia un ordine di qualche farabutto di qualche ministero inutile di non vendere biglietti per il ritorno per viaggi che partano nella stessa giornata in cui uno acquista il passaggio. In sostanza, quindi, come la metti la metti sei obbligato a dormire dopo l’acquisto ed a stare almeno per due giorni ed una notte. Insomma, con i costi differenziati dei biglietti fra mattina e pomeriggio, la storia che avolte proprio non te li vendono e considerato che non c’è verso di fare tutto in mattinata a meno di non morire sulla montagna, hanno studiato un modo per cui i soldi in qualche modo glieli devi comunque lasciare o pernottando oppure pagando dei biglietti di trasporto allucinanti. Morale della favola è che vedere Machu Picchu non costa meno di 100 usd. Io il modo di fregarli l’avrei pure studiato, ma determina un pernottamento invece che ad Aguas ad Ollantaytambo. Questo tuttavia non rende possibile salire al sito prima delle otto/otto e mezza. Ed in quell’ora il sito è già abbastanza affollato e quindi perde il suo fascino. Nell’altra maniera invece, quella costosa, si riesce per lo meno a salire alle 6.30, camminando fin dalle 4.30 di notte, e si gode lo spettacolo veramente suggestivo del sito deserto con il sole che sorge da dietro le montagne. Tutto questo pippone, in realtà, si può ovviare acquistando il famoso trekking, di sopra descritto, che prevede i pernottamenti e gli ingressi. Comunque ci sono vari modi di approcciare il sito ma, per non farsi fregare di brutto, bisogna sapere come funziona il sistema delle prenotazioni, conoscere le differenze di prezzo e soprattutto sapere a cosa si va incontro quando si arriva. Tornando alla nostra opzione del trekking, come già detto, si parte alle 4.30 della mattina dopo aver fatto in albergo (se così si può chiamare) una buona colazione, ci si arrampica per circa due orette sulle pareti scoscese ma scalinate della montagna di Machu Picchu, e poi si arriva alle 6/6.30 tutti fradici di sudore in cima al sito. La salita e molto suggestiva, anche per la destinazione che si deve raggiungere, ed è curioso arrampicarsi tutti con le torcette in mano, o sulla testa, e sentire tutti i linguaggi del mondo di persone che, come te, si stanno arrampicando tutto attorno ma che tu non vedi. Sembra che la montagna parli! Arrivati in cima si visita il sito (è opportuno arrivare presto anche perché non ci sono i controlli degli zaini e non si è obbligati a depositarli presso la polizia) e chi ce la fa si arrampica su Wayna Picchu, ovvero il famoso dente di roccia che sovrasta Machu Picchu (che tutti quanti me compreso scambiano, prima di visitare il sito, per il Machu Picchu che invece è la il picco meno alto e che nelle foto classiche non si vede quasi mai perche è alle spalle dell’obbiettivo) e dal quale si gode una vista impareggiabile del sito archeologico. In realtà, il vero divertimento è la salita a questo picco. In cima c’è spazio appena per 20/30 persone e, a meno di non esserci saliti veramente presto, ci si può rimanere ben poco. La salità è pittutosto impegnativa, ma la possono fare tutti quelli che hanno un poco di pazienza. Si deve firmare un registro di entrata e di uscita, perché e successo spesso che qualcuno è salito e non è mai più sceso, probabilmente aveva deciso di scegliere uno dei posti più suggestivi del mondo per fare un bel volo fino a valle e mettere fine ai propri problemi… 15° GIORNO – MACHU PICCHU/CUSCO Si ritorna in serata al Cusco, e non si può fare altro che svenire (ancora) sul letto dell’hostal, per poi dedicarsi il mattino dopo alla visita della città, che è splendida, e tutti i suoi monumenti e siti circostanti. Come ho gia detto è possibile visitare tutti i luoghi di interesse attraverso l’acquisto del bolleto turistico, dieci dollari per circa dodici siti e la visita degli stessi, se ben fatta, può occupare sia un che due o tre giorni. Volendo anche di più. Questa potrebbe essere la soluzione per terminare il viaggio, ovvero per terminare ci si potrebbe riservare la visita delle bellezze naturali e storiche del Cusco per gli ultimi 3 o 4 giorni. Io, ad esempio, negli ultimi giorni mi sono affittato taxi e tassista e mi sono fatto scarrozzare in lungo ed in largo per tutta la Valle Sagrada, ammirando con calma gli splendidi paesaggi costellati di terrazze de coltivo e le anse del fiume sacro. Il tutto può essere fatto anche in un modo molto più divertente e cioè attraverso l’uso dei cosiddetti collectivos, i pulmini peruviani nei quali si viaggia pigiati come sardine insieme agli autoctoni. Ovviamente l’altra faccia della medaglia sta nella scomodità del mezzo che, però, è ampiamente compensata dalle grasse risate che si godono durante i mille imprevisti e sorprese dei perigliosi tragitti. Assolutamente da non perdere in questo fine viaggio è la visita del Mercato di Pisac e delle rovine della città vecchia. Il mercato è un trionfo di colori, odori e sapori, e ancora di artigianato di stoffa e prodotti della selva, vi sono migliaia di bancarelle con i prodotti più disparati. Si trova di tutto dall’argento ai tessuti più colorati dell’arcobaleno, dal vasellame ai bronzi, dagli oggetti di legno ai prodotti della terra. Il mercato c’è, mi sembra, il martedì ed il giovedì, ma la versione domenicale è la migliore perchè si può anche mangiare sulle bancarelle che preparano veri e propri pranzi etnici dai sapori fortissimi e speziati. Oltre a quanto scritto, vi sono mille varianti e possibilità di divertimento che è praticamente impossibile descrivere. Molto dipende anche dalla forza, dal gusto e dall’adattamento dei viaggiatori. C’è la possibilità di fare surf, rafting, escursioni in canoa o a cavallo o arrivare (dal Titicaca) fino al Salar de Yumi in Bolivia, o addirittura prevedere una estensione di qualche giorno nella foresta amazzonica che si raggiunge con delle imbarcazioni navigando fiumi interni o con aerei da turismo. Insomma questo itinerario di 15 giorni può diventare, con le stesse mete, lungo anche venti, oppure si può aggiungere dell’altro e farlo sempre di 20 giorni o, con calma, anche di trenta. Credo tuttavia che la soluzione migliore, considerata la necessità di realizzare un prodotto che alla fine deve avere anche (soprattutto) un aspetto commerciale sia quella dei 21 giorni con visita finale ai siti archeologici o quella di 15 gg descritta. Una cosa importante è che il viaggio di ritorno, se non ci si prende un po’ di riposo prima della partenza, è veramente allucinante!!! Questo è stato l’itinerario del mio gruppo, mio in tutti i sensi in quanto l’ho pensato, l’ho creato e l’ho accompagnato. Sono sempre alla ricerca di un po’ di gente che vuole ripetere questa avventura ed un altro viaggio è in partenza ad agosto del 2004. Poi ce ne sarà un altro nell’Agosto 2005 e poi un altro. Chi vuole venire è ben accetto… Gabriele – e-mail g.serrau@tiscalinet.it – tel. 339.2503074 Mi raccomando, chiamate in tanti, che quest’anno ce ne andiamo pure in Amazzonia………..da pauraaaaaaaaaaa