UN MESE IN PERU’…ANCORA UNA VOLTA…parte terza

(...continua dalla parte seconda) UN MESE IN PERÙ...ANCORA UNA VOLTA 2004!!! - PARTE TERZA g.serrau@tiscalinet.it – cell. 339.2503074 L’AMAZZONIA PERUVIANA, DIECI GIORNI NELLA RISERVA DI PACAYA SAMIRIA…SUL FIUME DOVE NUOTANO INSIEME I DELFINI E GLI ALLIGATORI. Allora, facciamo subito un pochino di chiarezza; L’Amazzonia con il Perù...
Scritto da: Gabriele Serrau
un mese in peru'...ancora una volta...parte terza
Partenza il: 29/07/2004
Ritorno il: 29/08/2004
Viaggiatori: fino a 6
Spesa: 2000 €
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(…continua dalla parte seconda) UN MESE IN PERÙ…ANCORA UNA VOLTA 2004!!! – PARTE TERZA g.serrau@tiscalinet.it – cell. 339.2503074 L’AMAZZONIA PERUVIANA, DIECI GIORNI NELLA RISERVA DI PACAYA SAMIRIA…SUL FIUME DOVE NUOTANO INSIEME I DELFINI E GLI ALLIGATORI. Allora, facciamo subito un pochino di chiarezza; L’Amazzonia con il Perù c’entra…e parecchio, pure! Lo so che molti di voi questa cosa già la sanno, ma non vale per tutti. Non tutti sono a conoscenza del fatto che il 60% del territorio peruviano è costituito da foresta amazzonica, un mare verde che riempie le vallate che scendono digradando ad oriente della catena Andina. E dobbiamo pure chiarire un altro punto…Amazzonia, in Perù, non significa solamente Puerto Maldonado o Madre de Dios…anzi! Dal mio modesto punto di vista, esistono due modi, andando in Perù, di vivere l’Amazzonia…si può andare a vedere l’Amazzonia, oppure, si può andare a stare dentro l’Amazzonia, e la scelta dipende dal fatto che si scelga la selva del sud oriente o quella del Nord Oriente, ai confini con Brasile e Colombia, almeno, se si è un turista. Solo qui, infatti, nella zona di Iquitos, il turismo, responsabile, è veramente ammesso nella Amazzonia profonda…senza compromessi. Vi dico tutto questo perché non è che io sia stato più furbo degli altri, semplicemente sono stato più fortunato…anche perché, la fortuna tocca in sorte a chi se la cerca!!! E dico di essere stato fortunato perché, sempre per quello che riguarda le visite in Amazzonia, ho scoperto, grazie al lavoro immenso, duro, solitario e prezioso di un Consorzio fatto di ONG e di abitanti della selva (il Consorzio Rumbo al Dorado) la stupefacente riserva naturale di Pacaya samiria, nel Nord Oriente del Perù, nella zona di Iquitos e in particolar modo nel bacino dei fiumi Pacaya e Samiria. Qui, tre comunità di gente fiera (Veinte de Jenero, Yarina e Manco Capac), bella e forte, insieme a due ONG “missionarie” Green Life, con dirigenti Italiani e della quale oggi mi onoro di essere un sostenitore dall’Italia, e Pro Naturaleza, anziana ed autorevole organizzazione esperta nella conservazione, hanno creato un miracolo naturalistico. Il viaggio che troverete descritto più avanti, è stato realizzato grazie alla prima delle due ONG, Green Life, che mi ha condotto per due volte in venti giorni, con due gruppi di amici italiani, prima sino a metà del percorso, poi fino alla punta estrema della zona gestita dal Consorzio: la mervigliosa Laguna El Dorado. Se pure voi vorrete provare quello che abbiamo provato noi, ci sono solo due modi, scrivermi o telefonarmi…e io vi metterò in contatto con loro…HI HI HI HI HI HI HI HI, sono cattivo lo so!!! IL VIAGGIO NELLA RISERVA – Iquitos, la Base di Partenza Ovviamente, visto che Iquitos è un isola galleggiante nell’oceano amazzonico, l’unico modo per arrivarci, senza segni indelebili, è l’aereo. Ci si arriva prevalentemente con i voli della AeroContinente, oggi NuevoContinente dopo un gioco di prestigio giuridico-econonomico da parte della dirigenza della vecchia compagnia, e della Lan Perù. Entrambe, state tranquilli, hanno il ritardo cronico–patologico. Quindi, non abbiate paura di scegliere o l’una o l’altra. Poi, in Agosto, il vostro destino turistico è praticamente affidato al caso. La sensazione di trovarsi in una vera zona di frontiera, aumenta se si pensa che Iquitos è la più grande città del mondo non raggiungibile via strada, ma solamente via fiume ed aereo! Quando si arriva ad Iquitos, si soffre subito di una sorta dei schok climatico. Tutti, o quasi, provengono da Lima e da un soggiorno al Sud. In sostanza, stiamo parlando, per quelle zone, di clima non proprio estivo, anzi! In valigia ci saranno ancora cappellini di lana e guanti di morbida alpaca. Ad Iquitos, invece, ed è proprio questo che si cerca se si è arrivati sin li, non appena si sbarca (direttamente sulla pista come si conviene ad un volo che arriva nella selva, cavolo!!!) si riceve il benvenuto da una valanga di aria calda che velocemente ti seppellisce inumidendo prima il viso, poi la schiena e le gambe, costringendoti senza possibilità di scampo a ricercare un bagno o qualche cosa di simile per gettare via i pantaloni lunghi e mettere su quelli corti, con la magliettina che oramai era assonnata e rannicchiata in fondo allo zaino. Che bello!!! Siamo ai tropici…e si sente. Ma la differenza, di questo nuovo e diverso Perù, la si sente subito addosso non solo per il caldo, per il sole e l’aria morbida che si muove lenta sulla pelle…la differenza vera passa attraverso gli occhi della gente, belli, fissi e grandi che guardano ovunque e te, con dentro l’amicizia e l’ospitalità, rinomata e ricercata, del popolo Amazzonico. La gente, qui, è diversa e più bella, serena, tranquilla, il sorriso è un ingrediente della giornata di tutti…e dopo un pochino, fortunatamente, il contagio coglie chiunque! Comunque, dopo essere stati forzatamente e piacevolmente aiutati dai ragazzi della cooperativa di portabagagli del minuscolo aeroporto di Iquitos, ci si dirige verso la città, una macchia di bassi edifici e strade infestate di motociclette asiatiche a tre ruote che con il loro ronzio continuo e basso diventeranno una costante della vostra presenza qui in Amazzonia. Iquitos, infatti, si muove in motocicletta. Ed è divertente andarsene in giro facendosi trasportatre da questi numerosissimi mototaxi che girano senza interruzione per le strade, di giorno, di sera e di notte, ovunque. Iquitos non è ricchissima di hotels, ma non rimarrete senza letto, tranquilli. E pur se non c’è una scelta abbondante, c’è comunque la possibilità di soddisfare la nostra esigenza, qualunque essa sia. Dall’Hotel Victoria Regia, con addosso una eleganza improbabile e fuori moda, al piccolo e comodo Hostal Maflo, nel quale ho passato in assoluta tranquillità il mio periodo, indimenticabile, colorato e allegro, in Amazzonia. Nel mezzo, ci sono diverse categorie di Hotels, e si trovano prevalentemente nelle vie centrali, vicino al Malecòn, ovvero a qualche decina di metri dal lungo fiume, il posto più frequentato, insieme alla Plaza de Armas, in tutta Iquitos. Nella Avenida Prospero, trovate la maggior parte dei servizi…banche, negozi, caffè e cambia soldi. Io, non ho avuto mai problemi nel cambiare soldi dai vari buchetti che si trovano con frequenza, ma non posso negare che alcuni di questi mi sono stati sconsigliati dai locali, specialmente quelli nella zona immediatamente prossima alla Plaza…cioè, proprio vicino alla zona turistica. E’ importante essere ben sistemati ad Iquitos, perché il periodo che si passerà in selva sarà duro, faticoso e quindi al ritorno in città, ci sarà bisogno di avere la possibilità di riposare. Alberghi ad Iquitos Premetto, che se voi foste dei miei vecchi amici, io vi consiglierei di andare a soggiornare direttamente al piccolo e semplice Hostal Maflo, che trovate più in fondo descritto, e che mi ha accolto con gentilezza, simpatia e sicurezza, durante le mie bellissime due settimane ad Iquitos; ma non tutti viaggiamo nella stessa maniera…non so se mi spiego. Per me, è importante che ognuno riesca a sentirsi comodo, a vivere serenamente il proprio meritato periodo di riposo, soprattutto quando il viaggio è stressante e, quindi, anche se non rispecchia la mia filosofia di viaggio, visto che questa parte del mondo, l’Amazzonia, non è un posto da fighette e presenta molte scomodità già di suo, scendo a compromessi con la mia etica di viaggiatore senza fronzoli e vi descrivo pure qualche altro posticino un pochino più “morbido” e dove poter sprofondare dopo un giro in selva; lo faccio anche se io non sono molto favorevole a spendere cifre non in “linea con il contesto” in alberghi inutilmente lussuosi o che offrono servizi che poco hanno a che vedere con l’idea di essere in una foresta pluviale. Insomma, se sei in amazzonia, che cavolo ti frega della TV via cavo???…però, dopo una settimana in selva, ripeto, passato a lottare con il caldo, le zanzare ed il fango, forse, concedersi una nottata all’asciutto, fra lenzuola di cotone vero e con un bagno con la vasca dentro…non è proprio un delitto. Una notte sola…al massimo due, và!!! Per questo, anche la ONG con la quale io, fortunatamente, ho viaggiato in Amazzonia, ha scelto per noi, per la prima notte d’arrivo e per la notte prima della partenza, cioè per quando si riesce dalla riserva, l’Hotel Europa, un decadente hotel in Av. Prospero 494, comodo, ma niente di più, a trenta dollari a notte. C’è l’acqua calda. Ogni tanto. Ho visitato, nella mia permanenza, altri Hotel eccone una breve rassegna: L’hotel Sandalo, l’ho trovato gradevole ed accogliente, con una buona Hall e un bel primo piano, ancora conservato come qualche decennio fa. Il prezzo, sempre attorno ai 25 dollari a notte per doppia, in realtà questa cifra scende se si va a prenotare direttamente in loco e si fa un pochino di piagnisteo. Poi c’è l’Hotel Acosta, nuovo, o meglio, con pretese di modernità, con dei buoni servizi e utile per rilassarsi. Si trova all’angolo tra Huallaga e Araujo. Il prezzo è di circa 30 dollari per la doppia. Poi c’è un altro Hotel Acosta, dalle stesse caratteristiche, non mi ricordo la via ma se vi portano li va bene comunque!!! Se poi volete fare proprio gli sboroni occidentali, la voi non lo farete, allora c’è il Victoria Regia, un cinquantone o sessantone (parlo di dollari) a notte, per moquettes, cavo, aria condizionate, lettone king size e piscina (in realtà una vasca da nani) all’interno, poi, trovate pure un bar semiserio. Ricordatevi che in questa zona con sessanta dollari ci si mangia per un mese, una famiglia di quattro persone. Non che vi voglia sconsigliare, ma è bene che voi lo sappiate. Soprattutto, perché tanto in Hotel non ci si sta quasi mai… Poi, al se invece siete come me…allora…vi troverete bene anche all’Hostal Maflo, all’angolo fra Morona e la Av. Prospero (dite Morona seconda quadra, se volete andarci, oppure jr.Morona 177); Trattasi di 34 soles, colazione compresa, per due a notte, in una stanzetta di qualche letro quadrato (almeno c’è poco da riordinare) con una piccola tv, per sentire un pochino di musica, e un piccolo ventilatore, per sentire un pochino d’aria. La mattina vi dovrete fare quattro docce (con il bagno che sta in camera, fortunatamente) per stare un pochino meglio, ma pernottando in questo buchetto amazzonico, ci si sente sicuramente più in sintonia con tutto l’ambiente. Poi, vicino vicino all’Hostal, all’angolo, c’è un bel super market dove c’è praticamente tutto quello che potrebbe servirvi, dagli articoli per l’igiene agli alimentari ad un banco con prodotti freschi…insomma, una buona zona. Infine, mi sento di consigliarvi l’Hostal La Pascana…e sapete perché?…per un fatto di coincidenze!!!…infatti, questo piccolo hotel ha lo stesso nome di un altro Hotel di cui mi sono servito nel Colca Canon, nella zona di Arequipa, ed il servizio li è stato gradevole, come, almeno all’aspetto, sembrava questo piccolo ostello amazzonico; si trova in Pevas 133, ed è frequentato da tanti giovani e giovanissimi, pieno di piante e di verde, con camere piccole ma pulite e arieggiate. Insomma, un posticino dove potersi rilassare in compagnia, anche quando si viaggia da soli; Da provare. Anche qui la colazione è compresa e si pagano 9/10 dollari a notte per doppia. Mangiare ad Iquitos Allora, diciamo che ad Iquitos si riesce a mangiare abbastanza bene, e se siete tipi che badano più alla sostanza che alla forma, allora ci sono un paio di posti che potrebbero darvi delle soddisfazioni. Partiamo prima da una curiosità. Sembra sia una tappa obbligata per tutti i turisti andare a bere un bel succo di frutta all’ Ari’s Burger, un fast food drammaticamente retrò, tipo happy days, dove trionfano luci colorate al neon!!! Dentro c’è una atmosfera di buffa mescolanza fra tavoli in formica ed alluminio, frutto di sedie dall’imbottitura rosa e verde con sopra seduta gente in pantaloncini corti, chiassosa, e con le scarpe sporche di fango, con le magliette a volte strappate e con in faccia i ricordi dell’Amazzonia. Il tutto, condito con, al servizio, delle ragazze bellissime, dai tratti vagamente brasiliani e indiani insieme (è questa la caratteristica della gente dell’Amazzonia peruviana, fra la più bella che io abbia visto), strette strette in divisucce rosse e bianche, che gironzolano con dei vassoi pieni da superbicchieroni colmi di succhi colorati e densi. Insomma, un posto drammaticamente stonato, direi. Ma è simpatico, e poi fanno dei succhi strepitosi (ma come potrebbe essere diverso, visto il luogo) ed in particolare provate il succo alla Lucuma e latte (lucuma y leche), una bomba che vi farà da colazione, pranzo e cena. Se invece volete provare un po’ di cucina regionale, fatta bene, allora dovete andare in un buchetto nascosto ai più…è una cebicheria, cioè un posto dove preparano il ceviche, un ottimo piatto di pesce macerato nel limone e che conta un innumerevole quantità di preparazione. Il buchetto nascosto si chiama “La Vecina” e si trova in Tavarà West, n° 352. Andate e provate il pesce senza timore alcuno. E’ proprio un buchetto con i tavoli di legno, quadrati e anch’essi piccolissimi, non ci sono turisti, solo peruviani, e ci si sente davvero in un posto privato, che nessuno fra i chiassosi americani e inglesi o australiani, può venire a disturbare; …Se poi volete provare un po’ di cucina criolla, e cioè un mix di cucina tradizionale con contaminazioni internazionali, allora un posto buono e pulito è il restaurante “El Huaralino”, che si trova in Huallaga 490. Dulcis in fundo, se volete concedervi un premio culinario dopo le vostre fatiche gastronomiche amazzoniche, e cioè dopo aver mangiato per giorni palmitos a mo’ di “chonta”, yucca, banane fritte e pesce (alimentazione che per conto mio trovo buonissima, soddisfacente e pure succosa) allora potrete provare il restaurante Gran Maloka, il più elegante e raffinato della città. Questo ristorante è collocato in una bella casa antica, risalente al tempo elegante del boom della gomma, quando Iquitos era una città ricca e prospera, sfavillante di azueljos portoghesi brillanti sugli edifici quasi ad ostentare l’opulenza ed il potere del commercio del Kaucciù degli anni venti di inizio secolo. Li potrete provare il cebiche de Lagarto (ovvero un piatto a base di carne di alligatore) e molte altre particolarità gastronomiche. Il posto è molto caro e quindi consideratelo solo come una eccezione, una curiosità…perché la bellezza ed il fascino di questo angolo di mondo, risiede invece proprio nella semplicità e nella quotidianità. Buono da provare è pure il “Restaurante Exclusivo”, di proprietà della stessa gestione del El Huaralino, un bar ristorante senza le pretese del Gran Maloka e sufficientemente sobrio, in cui gustare cucina tipica in un ambiente gradevole e rilassato. Si trova in Tacna 186. Non è caro come il Gran Maloka, ma neanche a buon mercato come El Huaralino. LA RISERVA E IL VIAGGIO…L’AMAZZONIA Allora, la riserva Pacaya-Samiria si trova nella Amazzonia più Amazzonia che più Amazzonia non si può. Se siete così fortunati da essere in procinto di andarci, non vi fate ingannare dal fatto che ci vogliono solo 18 ore di aereo (dall’Italia), un volo nazionale di 15OO Km da Lima ad Iquitos, 130 Km di strada, di cui una trentina sterrati al punto che se piove fatevi il segno della croce, e poi ancora circa quattro ore di barca su non uno ma ben due fiumi…e tutto per arrivare solo all’ingresso della zona protetta!!! Infatti, la parte più bella, si trova un ancora più all’interno, dopo altri 5 giorni e 4 notti di fiumi, tronchi galleggianti, zanzare a miliardi, umidità, acquazzoni, alligatori, notti in tenda e mosquitero, chili di banane fritte e cuori di palma, valanghe di sorrisi degli abitanti delle comunità, sentimenti di realtà e soddisfazione. Insomma, come mi piace dire e come ho vissuto, qui non si viene a vedere l’amazzonia, bensì si viene a stare in Amazzonia, con tutto quello che ne consegue. Qui non ci sono compromessi con la foresta, o meglio, nessuno ha pensato di fare spazio al turista in maniera forzata e irrispettosa. Qui, ancora, comanda la natura. Non c’è energia elettrica, l’acqua corrente che si riesce ad avere è quella purificata dal fiume e sollevata con motori che vanno avanti a energia solare, il cibo che si mangia è, fatta eccezione per le scorte di emergenza, quello della foresta. Insomma, qui, o ti adegui o ti adegui, stai andando “dentro”, in fondo, e non c’è spazio nè tempo per ripensamenti o lamentele. Qui, quando piove ti bagni… e di brutto, quando fa caldo ti scotti…e di brutto, quando si fatica…si fatica e di brutto. E’ un posto vero, fatto di gente vera e di emozioni vere. Che bello! 1° GIORNO, IQUITOS – NAUTA – VEINTE DE JENERO – un’ora e mezzo di bus/fuori strada e 4/5 ore di navigazione. Non appena arrivati, all’aeroporto, si sale subito su un improbabile mezzo di trasporto ciccione e sgangherato che assomiglia ad un autobus (che non vi abbandonerà mai ed è il mezzo più sicuro per attraversare la insidiosa strada Iquitos-Nauta). E’ guidato da *****, il ragazzo che gestisce i trasporti per questo tratto per conto della ONG, con una sua compagnia. Sarebbe in grado di guidare, senza impantanarsi, un aereo in una palude, un carro di buoi sulla sabbia, una moto in una piscina. Quest’anno, sulla strada rossa che collega Iquitos a Nauta, mentre slittavamo a bordo del pullman ciccione nel fango argilloso sopravvissuto a due notti di pioggia, abbiamo trovato davanti a noi un enorme camion di pesce impantanato. I ragazzi che ci assistevano sono scesi e, con semplicità imbarazzante, hanno prima levato dai guai “i pivellini” (gente che guida su quella strada per mestiere!!!) e poi, con facilità irridente, si sono “gettati” con il pullman ciccione nel mare di fango che avevamo davanti e, noi increduli, ci hanno portati dall’altra parte senza il minimo problema. Notevole. Tuttavia, dopo oltre un’ora di di sballottamenti e slittamenti, si arriva a Nauta, un insediamento di pescatori nel quale ci si imbarca per il lungo tragitto che conduce fino alla prima comunità, già dentro la riserva. Il punto d’imbarco è difficile, scivoloso, e prima di scendere l’alto argine del fiume per accomodarsi nell’ampia lancha che in 4 ore di lenta navigazione ci porterà sull’obbiettivo, è divertente intrattenersi con i bambini che, incuriositi dai “gringos”, vengono a scambiare quattro risate, visto che di chiacchiere non si parla nemmeno…troppo impegnati a far i dispetti e a farsi fotografare. Se avete un po’ di tempo, comprate della frutta, non so, mandarini o banane, o in mancanza caramelle e, senza esagerare, distribuitene alcune. Farete subito amicizia… e un sacco di foto stupende. Si sale, si parte, si becca l’immancabile acquazzone e, poi, si sviene dalla stanchezza. In realtà, è quasi impossibile dormire quando si arriva in un luogo magico come questo…ma la stanchezza è davvero tanta, l’aria è leggera e calda, il vento morbido, l’andatura della barca è lenta……ed il gioco è fatto!!! Dopo un paio d’ore, si arriva al check point di controllo, proprio vicino al punto in cui il Rio Maranon incontra il Rio Yanayacu in un gioco di acque che diventano da chiare a scure (yana-yacu significa “acqua nera”) tagliandosi nettamente l’una con l’altra. Qui, i guardia parco prendono il nome di chi entra e, poi, si prosegue il viaggio fino a Veinte de Jenero. In realtà, il viaggio dentro la riserva è un continuo spostamento, fatto di almeno sei ore al giorno di navigazione in lancha (alcuni giorni cinque altri sette o otto) e, quindi, è meglio che vi abituiate sin dai primi giorni. Non appena si arriva al villaggio, si scende subito al refugio costruito dal consorzio, secondo le rigide prescrizioni impartite dalla direzione della Riserva. Settanta metri quadrati di legno sollevati a mo di palafitta, a qualche decina di metri dal fiume, divisi in un’ampia cucina, dove le signore del villaggio prepareranno i pasti, due piccole camere con in tutto quattro letti a castello per otto posti, tutti con le zanzariere montate sopra, un bagno, una doccia ed un piccolo stanzino per gli attrezzi e il necessario. Fuori c’è un patio per condividere, la sera, quattro chiacchiere con le splendide guide e gli assistenti delle comunità, insieme a qualche miliardo di zanzare…il tutto bevendo un po’ di orribile nescafé dondolandosi sulle amache. La sera, non c’è molto da fare, e quindi è importante instaurare un rapporto di feeling con chi aiuta il viaggio, per parlare, imparare e rimanere affascinati dalle storie e dalle persone che vivono in un luogo, per noi, lontano e quasi mistico. Tuttavia, non appena arrivati, se c’è ancora luce sufficiente, si va vedere i raccoglitori di palmitos, quello che noi conosciamo come “Cuore di palma”, il germoglio, buonissimo da mangiare, che cresce a trenta metri di altezza su delle belle palme dal tronco bianco e liscio. I ragazzi di Veinte de Jenero non fanno questo per i turisti, ma per l’economia della comunità, che è impegnata nella gestione sostenibile delle risorse, scarse, che la foresta offre loro. Allora, anche grazie alle ONG che li sostengono, hanno imparato questo metodo di raccolta del frutto, che permette loro di salire fino in cima, tagliare il germoglio, e salvare l’albero…fino a poco tempo fa, purtroppo, si tagliava tutto l’albero, e quindi capite l’importanza di questa nuova tecnica e del lavoro delle ONG che infondono e coltivano l’idea della sostenibiltà e della conservazione del medioambiente. Prima, si assiste alla costruzione dei triangoli, fatti di tronchi piccoli di diametro ma robusti, che saranno l’ascensore degli arrampicatori i quali, con una energia a noi sconosciuta, porteranno a compimento l’impresa dell’arrampicata solo in pochi minuti. Poi si può fare un giro nella comunità, per scoprire gli sforzi che questi uomini compiono tutti i giorni per sopravvivere in un ambiente meravigliosamente ostile, in un luogo complicato per innumerevoli ragioni, per noi difficili anche da immaginare. In ogni comunità c’é una scuola, un posto radio e un negozietto. Immancabilmente, c’è il campo di pallone, o meglio un prato pieno di buche dove per controllare il pallone, come fanno loro, bisognerebbe avere doti estranee a noi comuni mortali…La sera, ci si raccoglie nella sala da pranzo del rifugio, qualche metro quadrato, si trangugia una bella insalata di palmitos, un bel piatto di banane fritte e yucca, caffè, e quando sono le otto massimo le nove, sarà già buio da un bel pezzo, e potrete trascorrere la vostra prima notte nella foresta più, antica, famosa, affascinante e, lo scoprirete come ho fatto io, rumorosa del mondo. Gli uccelli, le scimmie, gli insetti e gli invisibili abitanti di questa immensa miniera verde, vi culleranno con le loro voci fino a quando, sentendovi galleggiare in un sogno vivido e toccante, crollerete in un sonno meritato. 2° GIORNO: VEINTE DE JENERO – YARINA. Sei ore di navigazione Lo shock culturale sarà già passato, la seconda mattina, quando qualcuno, sicuramente, vi sveglierà ad un’ora alla quale, di solito, nell’occidente opulento si alzano solo i panettieri! In sostanza, dal secondo giorno in poi inizia una serie di levatacce che vi vedranno in piedi ad un’ora variabile fra le 5 e le sei del mattino, a volte, in relazione alle esigenze dell’itinerario, anche prima….auguri! Forse, è proprio la prima mattina che ci si sveglia nel rifugio del consorzio Rumbo Al Dorado, che si inizia a capire dove ci si trova. Ci si sente davvero lontano, da tutti e da tutto…perché tutti e tutto sono davvero lontani da questo posto. Alzarsi presto, in Amazzonia, in realtà, nasconde doni preziosi. Sono i suoni della foresta, che si sveglia. Si ascolta il “cambio della guardia”, ovvero si diventa spettatori di quel breve momento in cui la fauna della notte, sorpresa dai primi ma già caldi raggi del sole tropicale, si ritira dagli occhi e dalle orecchie del mondo, per scomparire chissa dove, in mezzo all’oceano verde smeraldo della selva. Allora, i primi timidi vagiti della mattina amazzonica si diffondono. Cominciano le ranocchie, seguite dal picchio e poi dalle scimmie, ben nascoste e timide. Poi, lenta, attacca la sinfonia degli uccelli e allora si alza del tutto il sipario sul quadro più bello e luminoso che la natura è riuscita a dipingere…la riserva di Pacaya-Samiria. E via, si fa colazione, yucca fritta, bananine a rotelle, succo di aguache e, ma anche thè, nescafè, e, se ci si organizza un po’, magari si riesce pure a mangiare un pochino di latte fette biscottate e marmellata…se proprio non ce la fate a stare senza!!! Tutto questo è possibile grazie alle meravigliose signore del villaggio di Veinte che quando è ancora notte entrano silenziose nel piccolo rifugio e iniziano ad allestire la vostra prima colazione amazzonica. Sono due donne meravigliose e forti, piene di antica sapienza e bontà, che sarà tutta vostra per i giorni in cui sarete i loro figlioletti… Dopo colazione si inizia la prima vera sfacchinata, si sale in barca e si va, fra tronchi e insidie nascoste dal Rio, molto spesso troppo basso per consentire un passaggio tranquillo, in mezzo alla foresta amazzonica, alla volta della comunità di Yarina, rumbo al dorado. Qui, inizia il lento e sapiente lavoro delle guide del consorzio. Una piccola parentesi. Dovete sapere che le donne e gli uomini che oggi si impegnano nell’aiuto e nell’assistenza per i viaggiatori all’interno della selva, sono comunque prima di tutto cacciatori, pescatori, raccoglitori e raccoglitrici. Alcuni, subito dopo l’avvento della riserva, e cioè nei periodi immediatamente seguenti l’istituzione dei divieti di caccia e di pesca indiscriminata su tutta la zona del Pacaya Samiria, hanno continuato, loro malgrado e per pura necessità di sopravvivenza, a cacciare e pescare. Per vivere. Il governo Perùviano, infatti, al momento della istituzione della riserva, ha pensato bene solamente di recintare e di porre divieti, senza però programmare, pianificare e, soprattutto, senza dare a chi della foresta ha sempre vissuto, una alternativa, una guida, una speranza di poter far altro rispetto a ciò che tutti, sino a quel momento, avevano invece sempre fatto e, cioè….cacciare e pescare. In fin dei conti, tesori miei, i master plan turistici e i piani di conservazione non si mangiano…i pesci e gli animali, si! E hanno fatto bene i miei amici a “ribellarsi” per sopravvivere…E qui si inserisce la missione di Green Life e Pro Naturalezza…informare e sensibilizzare gli abitanti della riserva verso il tema della sostenibilità, ambientale, lottare per inculcare anche in chi per vivere faceva il bracconiere l’idea che il valore del sapere ancestrale, l’importanza del conoscere i luoghi reconditi della foresta, la capacità di interpretazione della selva, di sentirla e viverla, di anticiparla, di prevederla nelle sue mosse o di difendersi da essa, di non farsela nemica e di riuscire soprattutto a sopravvivere in essa era la risorsa più grande alla quale aggrapparsi. Questo è il grande lavoro cui ogni giorno si sottopongono i miei amici delle ONG, lottano per coinvolgere fino in fondo gli abitanti nella programmazione e nello sviluppo delle tecniche di sviluppo eco compatibile e di sfruttamento sostenibile delle risorse di uno degli ultimi scrigni naturali del pianeta. E allora i bracconieri si sono trasformati in guide per scovare gli animali più misteriosi e timidi, come le lontre del rio, e mostrarli a chi le lontre le ha sempre e soltanto viste in video, i raccoglitori di palmitos scalano agilmente quegli alberi che prima invece venivano abbattuti solo per raccoglierne un germoglio, dando dimostrazione di forza, agilità e rispetto. Questo fanno “quelli che si occupano di turismo responsabile”…aiutano donne e uomini ad aiutarsi, ed ad aiutare questo mondo massacrato e stuprato. E questo lavoro, un giorno, sarà riconosciuto per quello che merita, perché salvare le aree verdi significa salvare anche quelle che verdi non sono, significa preservare almeno i polmoni di un organismo che deve continuare a respirare, nonostante tutti noi stiamo, da molto tempo, ostinatamente tentando di soffocarlo. Scusate il pippone, ma ne valeva la pena. Dicevamo, del lavoro delle guide! E sì, perché sapete, nonostante ci si trovi nel bel mezzo della foresta in cui tutti almeno una volta al mondo vorrebbero entrare, in realtà, la boidiversità è talmente grande che se non ci fossero i prodi e fieri accompagnatori di Yarina, Veinte e Yacu Taita, i viaggiatori si ridurrebbero ad ammirare una bella massa di alberi, mangrovie e uccelli tutti diversi ed esotici, ma uguali nell’essere, appunto, sconosciuti!!! Invece, le guide spiegano pazientemente, con l’aiuto di testi e scientifici e divulgativi, le varie specie di fauna e flora che si incontrano. Raccontano perché quell’uccello che si vede sfrecciare davanti alla pruna della lancia canta di giorno piuttosto che di notte. O perché il martin pescatore sembra accompagnare l’imbarcazione volando da un ramo all’altro, perché la taricaya si adagia sulla punta dei tronchi emersi. Pensate che una volta, camminando fra milioni di rami e zanzare, dissi lamentandomi simpaticamente e rivolgendomi alla mia guida, il colosso Meraldo, “MERAAAA……C’ho sete!!!!” e lui, serafico, con quel cavolo di macete che tagliava pure le pietre, ha tagliato un ramo, una liana di tartan o qualche cosa di simile…e mi ha detto “Tieni, bevi…”…ovviamente la mia faccia ha assunto la forma di un punto interrogativo e quando Meraldo se n’è accorto mi ha fatto vedere come si faceva…mi ha messo il piccolo tronco reciso vicino alle labbra e poi lo ha inclinato come quando si involgila l’acqua di una bottiglia quasi vuota ad uscire e….miracolo! dal rìtronco è uscita acqua, limpida e fresca, pura e buonissima!!! Ho bevuto da un tronco. E sfido chiunque a dire il contrario! Questo significa gironzolare per la foresta con chi la foresta la conosce per averci vissuto lavorato e sofferto….ANDATECI CON UN ACCOMPAGNATORE DEL LODGE…magari vi da un sorso di doctor pepper o di pespi…ma l’acqua dell’”una de gato”, quelli li, non sanno nemmeno che esiste o che colore ha….!!! Però conoscono bene il colore dei dollaroni che vi levano dalle saccocce. Il secondo giorno della selva e il primo di vera incursione trascorre così, navigando e ammirando. In realtà, questo è “il viaggio”…si tratta di navigare, diverse ore al giorno, per osservare in silenzio, sperando di individuare quante più specie di animali e piante possibili. Non ci sono spiagge bianche dove sdraiarsi a prendere il sole, in amazzonia. Quelle, dovete cercarle da altre parti, vicino alla doctor pepper o alla coca cola, un po’ più in la. 3° giorno – Yarina – German Caño – Dormire nella foresta protetti solamente da una maglia antizanzare. Questa è una giornata bella tosta! di primo mattino, stile sonnambuli, si affronta una partenza in barca per la cosiddetta Zona di “protezione strettaQuesta è una parte della foresta completamente disabitata e selvaggia…gli unici che infatti riescono a sopravvivere per diverso periodo da soli, in questa zona, sono gli operatori del consorzio e i guardia parco…ed infatti si dorme proprio presso un accampamento accanto ai guardia parco…German Cano. Tutta l’area circostante, e’ molto ricca di animali e anche se non facilmente si possono avvistare la lontra gigante, gli ara, ossia i pappagalli colorati di giallo, rosso azzurro e nero, i delfini grigi e, infine, alcune scimmie. Viste le difficoltà logistiche della giornata, il pranzo si affronta al sacco, in barca, navigando o fermi in qualche piccola insenatura del rio. Magari durante una sosta presso la piccola conca di Llachyhuay, dove e possibile fare un bagno fra i delfini e milioni di pesci che mordicchiano le chiappe di chi è tanto pazzoide da tuffarsi nell’acqua sempre più scura. Non bisogna mai dimenticare che ci troviamo nel bel mezzo di un bosco vergine inondabile. Quest’anno, mi sono tuffato proprio in questo punto e, insieme alla mia amica Sara, ho iniziato a nuotare verso il centro del rio…improvvisamente hanno cominciato a morderci le gambe, la schiena e il sederino migliaia di minuscole bocche voraci…Oddio! Non è che abbiamo avuto paura (!) perché i ragazzi del consorzio ci guardavano e ridevano divertiti…però abbiamo deciso di uscire ugualmente, io e Sara, perché fra l’altro se i morsi non facevano male erano però fonte di notevole solletico!!! Ad ogni modo, usciti, ci hanno spiegato che trattatasi di “sardinas” minuscoli pascetti che mordono le chiappette del turista per Hobbie, così, per vedere l’effetto che fa! I pirana, invece, si avvicinano solamente se c’è motivo, sangue e roba varia. Quindi, se non si hanno addosso ferite o altro (leggasi…quel periodo delle donne!!!) non si corrono rischi….certo, mettersi a pescare nello stesso posto dove si è appena fatto il bagno e tirare su dei bei piranoni….fa un certo effetto….ma la sicurezza è garantita. Tutto è sicuro con quelli del Consorzio. La foresta è casa loro. Quando si arriva all’accampamento di German Caño ci si trova di fronte ad un “tambo”, che in lingua significa sostanzialmente “posto di riposo” (il tambo nella storia Inca era anche il punto in cui le staffette inca si davano il cambio nelle lunghe marce che erano costrete a fare fra gli altipiani e le distese Perùviane…) Qui, il nostro tambo, è una casa a su palafitte con tetto e protetta da maglia mosquitero, all’interno del quale si montano delle belle tende (!) che per una notte saranno la nostra accogliente cameretta nella foresta amazzonica….. Il “tambo” è dotato di una “gradevole” latrina, ma non credo che nessuno si aspetti qualche cosa di diverso nel bel mezzo della foresta, a quattro giorni di distanza dalla prima città, che si trova a sua volta a due ore di volo o una settimana di navigazione dalla civilt! Qui, poi, anche per motivi di protezione non è possibile piantare nemmeno un palo, e, men che meno, costruire un rifugio come quelli che ospitano i visitatori nei giorni precedenti e seguenti. Quindi, forza e coraggio, che il tutto è pure bello e affascinante!!! Il Consorzio fornisce tutto, tende, materassini e attrezzature daq campo per la cena…se si vuole, in realtà, si può portare con sè solo un sacco lenzuolo. La cena, come già vi ho detto prima, è frutto della abilità della esperienza delle cuoche e degli accompagnatori che riescono a cuocere pesce, uova, carne e preparare frutta in condizioni in cui noi non riusciremmo nemmeno a trovare il posto o il modo per accendere un fuoco. 4° Giorno – German Caño – Cocha el Dorado – Il paradiso esiste!!! Ancora una volta colazione notturna, che i più coraggiosi possono fare a suon di uova e pesce fritto (le cose più semplici e convenienti da fare a German Cano) e poi partenza rumbo alla Laguna del Dorado. Durante questo tragitto, ancora in barca per molte ore, si capisce davvero che significa “cambio morfologico” o diversità ambientale…si passa infatti gradualmente ma meravigliosamente da selva a pantanal, ovvero da una zona in cui gli alberi sono alti, fitti e impenetrabili sulle sponde del rio, le cosiddette orillas, ad una zona dove invece regnano distese verdi d’acqua calma e ricca di ninfee, attraversata da lenti alligatori diffidenti che tagliano le acque squarciandole con il lungo muso e lasciandosi dietro dei placidi coni di ondine inquietanti… Si arriva poi alla spettacolare cocha Mauca, una laguna meravigliosa da attraversare, in silenzio, con soltanto il ronzio del motore 25 cavalli a fare da sfondo e da colonna sonora ad incontri sorprendenti con una varietá di specie di uccelli (Mycteria americana, Phalacrocorax brasilianus, Egreta alba, Egreta thula) tale da non poter essere immaginata! Si arrivo a El Dorado verso l’ora di pranzo, se tutto va bene, e prima di adentare qualche cosa ci si incontra con gli Yacu Tayta (in quechua: padri dell’acqua), ovvero il gruppo arganizzato di pescatori che si dedicano alla gestione delle risorse della Laguna El Dorado e che, ovviamente, sono soci dei Consorzio che ci porta sino a qui. A El Dorado non c’è nessuna comunità, solo un posto di vigilanza, con il suo immancabile guardia parco, e il refugio del Consorzio, ultimo avamposto prima del verde assoluto. A El Dorado, in realtà, ci si trova di fronte ad una prova….ci si sente o prigionieri o assolutamente liberi…prigionieri perché non ci si può muovere, non s può andare da nessuna parte, per un paio di giorni, e ci si deve affidare alla esperienza degli Yacu Taita anche per fare uan semplice passeggiata…estremamente liberi perché in questo luogo regna la natura, assolta e incontrastata e si possono trascorrere anche ore ad ammirare i giochi dei delfini nella laguna o le affilate passeggiate degli alligatori in mezzo alla cocha. Ma il pezzo forte della laguna è il tramonto. Dio mio. Non esiste in natura un colore come quello che ho visto a El Dorado. Il cielo, prima che il sole scompaia dietro dietro al tappeto verde che si estende a perdita d’occhio verso l’infinito, diventa rosa, poi arancione, poi viola e infine di tutti questi colori insieme…e quando anche l’ultimo lembo del disco sfugge agli occhi, allora si accende un fuoco lento e caldo che colora di un rosso morbido tutto l’universo, e gli alberi, e la pelle del viso, e le mani, l’acqua, gli alberi e l’aria. In quel momento, tutto è più calmo, e soffice. Poi, dopo, ci si risveglia dal sogno e ci si ritrova, comunque, dentro un piccolo e sereno paradiso in terra…almeno per qualche altro giorno! 5° giorno – El Dorado – alla scoperta della laguna Il giorno prima della partenza, genericamente, viene dedicata ad una escursione per la Laguna e per i suoi canali, e c’è anche la possibilità di spostarsi in canoa per apprezzare al meglio il suono della selva. Ci si può anche dedicare alla pesca, di piccoli pirañas o di altri pesci…Noi, per la verità siamo stati fortunatissimi, ed abbiamo avuto il privilegio di osservare la pesca dell’Arauana, un bellissimo pesce maschio che tiene nella sua bocca tutti i piccoli pascetti, prima di liberarli nelle acque dorate della laguna. Il pesce è molto pregiato, e la sua cattura avviane con molta cura. Come con molta cura avviene la pesca del Paiche, che dietro autorizzazione della direzione della riserva può anch’essa essere osservata. Quest’ultimo, è il pesce di acqua dolce più grande del mondo, dai meravigliosi colori della perla e dalle striature rosse sotto la pancia; arriva a pesare oltre 150 chilogrammi ed ha una forza immensa, primordiale, priva di freni. Solamente l’esperienza e la maestria degli Yacu Taita è in grado di afferrarlo e domarlo. Ma loro sono i padri dell’acqua e solo a loro, questo, è permesso. Si può arrivare sino a fare una piccola escursione al caño Llanchama, ovvero il canale di ingresso alla cocha. Durante questo tragitto, c’è la possibilità di approdare su delle piccole spiaggette dove gli uomini del consorzio, con molta accortezza e attenzione, possono mostrare il luogo dove le tartarughe d’acqua depongono le uova. Se è periodo, poi, si può partecipare alle attività di raccolta e preservazione delle uova, ovvero alla salvaguardia della specie della Taricaya, oramai comunque non più in pericolo grazie all’operato di questa gente amorevole e meravigliosa. Si tratta di scavare letteralmente nella sabbia, per trovare i nidi, raccogliere delicatamente le uova, con l’aiuto delle guide e, facendo attenzione a non maneggiarle in maniera errata, numerarle, contarle e poi trasportarle sino ad un luogo dove verranno ripiantate e messe al riparo da predatori e cacciatori di frodo. Ognuno, se vuole, potrà avere la sua picola nidiata di tartarughine, ed il nido porterà il nome di chi ha piantato le uova…commovente no? La cena e la notte si passano in rifugio…senza che ovviamente manchino incontri “particolari”. Ad esempio, quest’anno, menre Elena, la nostra accompagnatrice, andava di sera verso il rio per ritirare alcuni panni stesi ad asciugare, ha trovato due meravigliosi capibara che mangiucchiavano le piante tutto intorno al rifugio!!! Incontrarli da vicino e poterli ammirare in tutta la loro imbarazzante goffaggine e rotondità è stato divertentissimo ed emozionante! Un po’ meno è stato dover togliere un bel ragnone nero e giallo grosso come un pugno di Myke Tyson dalla maglia protettiva della finestra…Ma niente paura!!! La maglia è, appunto, protettiva!!! Nei giorni seguenti, poi, si inizia il viaggio di ritorno verso il punto di partenza, ovvero il villaggio di Nauta, dal quale poi si tornerà ad Iquitos, per concedersi almeno un giorno di riposoc’è sempre bisogno ed è sempre utile uscire dalla riserva almeno uno o due giorni prima dell’inizio del viaggio di ritorno da Iquitos verso Lima. Infatti, può accadere che la strada da Nauta ad iquitos sia impraticabile, o che i voli da Iquitos a Lima siano cancellati…e perdere il volo intercontinentale di ritorno verso il nostro mondo potrebbe anche essere gradevole…ma dovrebbe comunque essere frutto di una scelta! Non di un imprevisto, non credete! Tornando ad Iquitos, potrete rilassarvi in qualche hotel, visitare il Malecon e i suoi localini o ancora girovagare ai bordi della selva alla ricerca di qualche vecchia curandera che vi offrirà qualche pianta medicinale per tutti, o quasi, gli acciacchi e i malanni (io no ho trovati di buonissimi come l’aceite de boa nigro o l’aceite de copaiba per le infiammazioni, le contusioni o i dolori articolari! Effetti incredibili!). Io, da parte mia, vi consiglio di allontanarvi dalla confusione di plaza de armas e sedervi in qualche minuscola chevicheria a gustare piatti regionali, bere Cristal Tropicalizada gelata e guardare da lontano il sole che cade dentro il mare verde, crecando di immortalare con gli occhi tutta la meraviglia che potete. Detto questo, forse, ho detto tutto…o quasi. Quello che non posso dire e raccontare, invece, sono gli enormi cambiamenti che vi porterete dietro dopo essere stati accolti dalla selva. La selva vi cambierà…magari non ve ne accorgerete subito, ma vi cambierà. C’è addirittura chi non riesce più a farne a meno e rimane rapito nella rete di smeraldo, scegliendo di vivere come ognuno dovrebbe…libero ed in pace! *************** Oltre a quanto scritto, vi sono mille varianti e possibilità di conoscenza e approfondimento, nonché di divertimento, e che è praticamente e ragionevolmente impossibile descrivere in maniera strutturata perché bisognerebbe descrivere deviazioni improvvise e magari frutto della casualità, luoghi sperduti dove pernottare, villaggi arrampicati sulle montagne e sulle rive dei fiumi, dei laghi e vicino ad acque termali; si potrebbero attraversare decine di parchi e riserve nazionali, guidando per ore, giorni su strade dove gli unici compagni sono le llamas, la polvere degli altipiani e il freddo affilato come la lama di un coltello di ghiaccio. Il Perù offre decine di possibiltà di scoperta e di avventura, anche in una regione oramai abbastanza conosciuta al turismo come il suo Sud. C’è la possibilità di fare surf, rafting, escursioni in canoa o a cavallo o arrivare (dal Titicaca) fino al Salar de Yumi in Bolivia. Insomma questo itinerario di circa 25/28 gg giorni può diventare, con le stesse mete, lungo anche 35 o 40 gg, o più, (io in tutto sono stato quest’anno quasi due mesi) inserendo intervalli di riposo. Questo, il riposo intendo, è una cosa davvero importante per il viaggio di ritorno!, Infatti, se non ci si prende un po’ di riposo prima della partenza, volare di nuovo per 15/18 ore dopo un mese di sballottamenti e poi magari ritornare a lavorare……..diventa veramente allucinante!!! Molto dipende anche dalla forza, dal gusto e dall’adattamento dei viaggiatori. ED E’ PER QUESTO CHE IL MIO ITINERARIO SI CHIAMA UN MESE IN PERÙ’…..perchè potete (anzi dovete) scrivermi e possiamo vedere insieme, magari considerando questo itinerario solo come una solida base di conoscenza e di sicurezza, come riempire di opzioni diverse e divertenti il vostro (o nostro?) futuro viaggio, fino a farlo divenire il viaggio più bello, appassionante e struggente della vostra vita. Questo che avete letto, dunque, è un itinerario risultato della fusione fra vari viaggi che ho fatto con gruppi diversi ma tutti bellissimi e miei, miei in tutti i sensi in quanto li ho pensati, con l’aiuto di gente meraviglia li ho creati e, poi, ho avuto la fortuna di accompagnarli. Ma come sempre, per spirito, scelta e passione, sono di nuovo alla ricerca di un po’ di gente che vuole ripetere questa avventura ed altri viaggi sono già in preparazione per luglio ed agosto del 2005. Poi ce ne sarà un altro nell’Agosto 2005 e poi un altro ancora. Chi vuole venire è ben accetto… Ma mi raccomando, chiamate in tanti, anche quest’anno andremo in Amazzonia a trovare nuovamente i nostri amici delfini rosa; e scopriremo ancora ed insieme i tesori di questo luogo unico al mondo, colorato di rosso azzurro e verde, e vivo, caldo e freddo, immenso e sperduto, ricco e povero, alto, tanto alto che a volte ti scopri a camminare accompagnato dalle nuvole… Questo è il Perù, il paese dove il cielo ti cammina accanto! Gabriele e-mail g.serrau@tiscalinet.it tel. 339.2503074


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