Un mese a Paracuru
Quindi per noi italiani arrivati dalla frenesia delle nostre citta’ e soprattutto dal freddo invernale ( siamo partiti a fine dicembre e tornati a fine ’ gennaio) ’, e’ stato come trovarsi in un piccolo paradiso.Siamo partiti 2 famiglie, io e i miei genitori Renzo e Antonietta, e una coppia di loro amici Marino e Piera con un figlio quasi ventenne Carlo. La prima notte in Brasile l’ abbiamo passata a Fortaleza, ma stanchi dal viaggio (circa 9 ore di aereo) non l’ abbiamo visitata (consci che l’ avremmo vista quando saremmo ripartiti per l’ Italia facendo uno stop di 2 giorni li)siamo andati quindi solo a noleggiare i Buggy per tutta la durata della nostra permanenza( veicoli tipo piccole jeep, scoperti adatti anche per la guida sulla spiaggia).La mattina dopo ci siamo incontrati con il padrone della casa che avevamo affittato, che oltre a essere proprietario della nostra, lo era di molte ville nello stesso paese, si chiamava Carra’, era un simpatico miliardario brasiliano di origine araba. Il viaggio da Fortaleza a Paracuru, duro’ circa un oretta, in una strada pressoche’ deserta, e all’ arrivo abbiamo visto per la prima volta quella che sarebbe stata la nostra abitazione per circa un mese. Era una villa su due piani, con un grosso giardino con molti alberi da frutto ( papaya, giuggiole, albicocche) e anche tante palme da cocco. C’era anche una piccola piscina, con la sua zona docce e un piccolo barbecue.All ‘interno 6 camere con altrettanti bagni suddivise su due piani e una grossa sala-cucina al piano terra.Un grande loggiato all’ aperto completo di tavoli e sedie con 3 amache brasiliane al muro ( luogo di tante pennichelle di tutti noi a turno nei giorni a venire) completava la casa, Il tutto circondato da alti muri di cinta, con protezione in piu’ data da delle bottiglie di vetro rotte murate alla cima degli stessi muri ( cosa curiosa ma presente in tutte le ville li intorno). A nostra disposizione poi un custode di nome Marcus, un giovane brasiliano, che si sarebbe occupato sia del giardino, ma anche delle commissioni e ci avrebbe fatto anche un po’ da guida nei dintorni, e Maria una giovane ragazza che si sarebbe occupata saltuariamente delle pulizie di casa. Preso subito possesso della “ casa”, siamo andati a fare un giro con Carra’ nel paese, anche per comprare gli oggetti di prima necessita’ ( come lenzuola, vettovaglie, insetticida ecc). La gente mi ricordo ci guardava all’ inizio con sospetto, quasi timore, non e’ da tutti i giorni infatti vedere degli europei girare tranquillamente per il paese , andare nelle botteghe, e contrattare il prezzo, ma il timore inoltre si faceva quasi reverenziale, quando passava Carra’, che li era visto quasi come “ un padrone”, e da li capisci come anche in un piccolo villaggio, la differenza data da un diverso stato sociale si capisce bene.La sera poi salutato Carra’ ci siamo avviati verso la piazza centrale del paese dove si raccoglie tutta la gente, e dove c’erano delle graziose bancarelle con manufatti originali e abbiamo cenato in un piccolo locale . Al ritorno a casa abbiamo avuto una sgradevole sorpresa, infatti essendo una casa, per lo piu’ disabitata durante l’ anno, e quindi non propriamente disinfestata, avevamo un nugolo di insetti ,mosche e piccoli gechi sotto il loggiato, poi un urlo ci ha impaurito’, Piera arrivata in camera ha trovato un piccolo pipistrello che le svolazzava intorno. Guardando meglio ci siamo accorti di un piccolo buco nel soffitto della stanza, quindi fatto scappare l’ animale, e cambiato camera , ci e’ sembrato che tutto’ tornasse alla normalita’ e stanchissimi siamo andati a letto.
Il giorno dopo e’ iniziato ufficialmente la nostra “vita brasiliana”, quindi dopo aver fatto colazione e avvertito Marcus dell’ incidente della sera prima, abbiamo preso i nostri Buggy ( uno per famiglia) e siamo andati in paese a fare la spesa. Decisamente il comportamento delle persone era molto diverso dal giorno prima, avendo visto che non eravamo arroganti nei loro confronti, anzi desiderosi di fare la loro amicizia, ci sorridevano e timidamente ci facevano qualche domanda, curiosi della nostra permanenza li’.Poi fatte le commissioni, ci siamo avviati alla spiaggia di Paracuru, una delle piu’ belle spiagge del Brasile, ( infatti ha avuto vari riconoscimenti per le bellezze naturali e la biodiversita’), una lunga e infinita distesa di sabbia bianca, lunga per kilometri, affiancata qua e la’ da dune di sabbia altissime,. Spiagge deserte, e una pace incredibile, ogni tanto nei dintorni si vedeva dei piccoli ristoranti in riva al mare “ i Forro’, “ tipico locale del Nord-Est brasiliano dove e’ possibile mangiare e ballare a qualsiasi ora del giorno e della notte.Fermarsi li a mangiare e a bere qualcosa divenne un must per noi, e piano piano io ho imparato anche a ballare il ballo tradizionale Fare il bagno nell’ Oceano Atlantico, da un ‘ emozione fortissima, c’e’ da dire, che appunto essendo oceano, le onde erano molto alte, e la corrente fortissima, sconsigliato infatti di nuotare verso il largo, anche perche’ non c’era nessun bagnino a salvaguardare la costa l’ acqua poi e’ fredda, ma passato il brivido iniziale e con le dovute cautele, e’ bellissimo fare il bagno li..La sera ormai come consuetudine, siamo andati in piazza, e siamo andati in un locale di nome “ Don Carlos” dove il proprietario di nome Carlos per l’ appunto parlava un po’ italiano,siamo diventati amici, e praticamente tutte le sere poi siamo andati a cena li. In piazza abbiamo fatto amicizia anche con Nunzio un italiano sposato con una brasiliana Betty, che si era trasferito li dall’ Italia, e si divideva fra L’ Italia e il Brasile sfruttando solo il bel tempo di entrambi i paesi.
Nei giorni a venire, consolidammo le nostre abitudini, colazione a casa , e poi via in paese, dove noi donne preso un buggy, andavamo a fare la spesa, ormai ci conoscevano per nome, e mia mamma e Piera avevano imparato proprio come le donne brasiliane a fare gli acquisti, come ad esempio dal macellaio, invece di prendere la carne che era esposta fuori ( veramente fuori dal negozio attaccata a dei ganci,piena di mosche, dove chiunque la poteva toccare per saggiarne la morbidezza)si facevano mettere via prima i pezzi di carne scelti, oppure andavamo nelle botteghe a contrattare i prezzi come facevano tutti. La cosa che piu’ mi ha colpito , erano i bambini, ce n’ erano a decine per la strada che giocavano, e quando passavamo noi, ci facevano la festa, allora noi per farli stare buoni , li promettevamo le caramelle se ci facevano “ la guardia” alle borse della spesa, che essendo nel buggy scoperto, potevano essere alla merce’ di tutti; Ovviamente dopo poi dovevamo pagare pegno. Pero’ non e’ mai successo niente, nessuno ci ha mai dato fastidio, anzi, avevano una gran rispetto di noi, ci vedevano forse per quello che eravamo, cioe’ persone semplici, che dei “ Turisti per definizione” non avevamo niente a spartire. Quindi ci trattavano quasi come uno di loro, mi faceva infatti molto ridere quando i giornalai tutte le mattine, mentre noi eravamo a fare la spesa, andavano da mio padre e Marino a venderli il giornale, e loro molto seri lo compravano, sapendo gia’ in anticipo che non ci avrebbero capito niente essendo scritto in portoghese.Fatto la spesa andavamo al mare, girando le spiagge nei dintorni e spostandoci anche per lunghe escursioni, portandoci delle volte anche Marcus , che se la spassava tantissimo nel ruolo della “ guida”.Si divertiva tante volte anche a prendere il cocco direttamente dalle palme, arrampicandosi con facilita’ anche a altezze vertiginose, poi prendeva il cocco , ci faceva un piccolo buco per berne il succo, e poi lo tagliava con il machete in 2 per poterlo sbucciare e poi mangiare. Era il nostro “raccoglitore di cocco personale” Il litorale del nordest brasiliano è un susseguirsi di centinaia di chilometri di splendide spiagge, località prima sconosciute, piccoli e semplici villaggi di pescatori,che poi con il passare degli anni, sono diventate attrazioni turistiche. Taíba è uno di questi esempi più recenti; è oggi considerata una delle spiagge più belle del Brasile e del mondo. La spiaggia è ubicata a 65 chilometri da Fortaleza nel municipio di “São Gonçalo”, facilmente raggiungibile, ed offre un mare limpido e cristallino, natura incontaminata,. Taíba è stata eletta da IBR-International Beach Ranking la seconda spiaggia più bella del mondo subito dopo BoraBora nella Polinesia Francese. La spiaggia offre un suggestivo scenario da cartolina con pousade vicino al mare, e grotte naturali veramente spettacolari. Noi per andarci, siamo passati dalle Dune, ma come abbiamo poi imparato a nostre spese, non e’ molto semplice guidare sulle dune di sabbia, anzi!!! Mio padre si e’ insabbiato 2 volte, e abbiamo avuto bisogno di qualcuno che ci trainasse e ci spingesse fuori. Poi abbiamo capito, che bisogna guidare come se si dovesse “ tagliare” le dune, cioe’ in obliquo per la loro larghezza, solo in questo modo si evita l’ insabbiamento. Ma che fatica!!!!! Lagoinha, a 124 km da Fortaleza, è un villaggio di pescatori ai margini di una spiaggia da sogno, perduto tra dune di sabbia e piante di cocco, indubbiamente uno dei luoghi naturali più belli e suggestivi del litorale. Qua io mi sono divertita un mondo a “ sciare” sulle Dune di sabbia, essendo in questa spiaggia veramente altissime, ( arrivano anche a un centinaio di metri), cosi’ presa una tavoletta di legno mi buttavo letteralmente giu’ sul pendio sabbioso. Un po’ faticosa era la salita pero’.
Prainha, Questa e’ la spiaggia piu’ vicina a Fortaleza, essendo a soli 15 minuti di distanza dalla citta’. L’attività principale a Prainha è ancora la pesca e tutte le mattine si possono vedere i pescatori che ritornano dalla notte di pesca con le tipiche imbarcazioni usate in tutto il nordest dai pescatori, le “jangadas”. L’afflusso dei turisti ha sviluppato un piccolo mercato artigianale e nel centro si possono acquistare vari prodotti ricavati da materie prime locali a prezzi davvero molto bassi. Noi ci siamo andati un paio di mattine appunto per comprare il pesce appena pescato, aspettavamo le barche sulla battigia,e poi andavamo da un pescatore a un altro scegliendo il pesce, e contrattandone il prezzo. Piu’ fresco di cosi’!!!! Queste sono le spiagge “ piu’ rinomate”, vicino Fortaleza, ma datemi retta, non vi fermate solo a queste, ci sono decine e decine di altre spiagge, meno famose, e per questo forse piu’ belle, piccole baie deserte, vere perle dell’ Oceano!!! Proprio un giorno di questi, mentre eravamo a prendere il sole in una piccola caletta, ci siamo accorti di un pescatore che insieme a suo figlio pescava in una piccola laguna vicino. Curiosi siamo andati a salutarlo, era un uomo su una quarantina di anni, ma ne dimostrava tranquillamente 10 di piu’, con la pella rugosa e seccata dal sole, senza denti, e il figlio di nome Antonio di circa 8 anni, era il suo decimo figlio. Cosi’ in un miscuglio di italiano-portoghese, siamo stati un paio di ore li a parlare, e lui ci ha raccontato la sua vita, fatta di stenti, e poverta’. Ma quello che piu’ colpiva di lui, era che nonostante la sua situazione, era sereno, viveva alla giornata con una pacata dignita’, e cosa che ci fece commuovere quasi, per sdebitarsi delle sigarette che aveva chiesto a mio padre, ci voleva regalare il pesce appena pescato, presumibilmente la cena della sera della sua famiglia, noi ovviamente rifiutammo e anzi mio padre gli regalo’ l’ intero pacchetto prima di venire via. Anche questo era il Brasile.
I giorni passavano veloci, e oltre a fare dei lunghi bagni, abbiamo fatto anche delle escursioni nell’ entro terra Brasiliano. Siamo stati nello Stato di Paraiba,, famoso sopratutto per la coltivazione della canna da zucchero che qui ha radici profonde, infatti ha avuto inizio nel secolo XVI,importato proprio dai portoghesi. Lungo la strada si vedevano sterminate piantagioni di canne da zucchero, tantissime canne, (infatti e’ una pianta simile alla canna comune). Lo zucchero si accumula nella polpa bianca che riempie il fusto. Quando le canne misurano 4 o 5 metri d’altezza vengono tagliate con il machete, poi appena tagliate, le canne devono essere raccolte e portate allo zuccherificio; se non vengono lavorate immediatamente diminuisce il loro contenuto di zucchero. Le canne vengono schiacciate dalle macine per far uscire il succo, un succo scuro, pieno di impurità che viene raccolto in vasche: le vasche vengono riscaldate perché l’acqua evapori e il succo si trasforma in sciroppo o melassa, che viene gradualmente raffinato. A questo punto i cristalli di zucchero si formano da soli, così come si formano i cristalli di sale in una pozza d’acqua marina che si asciuga sole.. Cosi’ ci hanno spiegato a una piantagione dove ci siamo fermati, io ho provato anche a bere il succo che viene estratto spremendo fortemente la canna, ma credetemi, e’ veramente troppo dolce!!!! Abbiamo scoperto anche che dalla canna si produce anche il Rum.
Un ‘altra volta, da veri incoscienti, siamo andati all’ inizio del Bacino dell’ Amazzonia,che è il bacino idrografico del Rio delle Amazzoni e dei suoi affluenti, ha un estensione di quasi 7 milioni di km², che si estende dal Brasile (in cui si trova la parte centrale del bacino) a Venezuela, Colombia, Perù, Ecuador, Bolivia e Guyana.Noi siamo andati precisamente nella zona del Delta del fiume Parnaiba, dove e’ possibile gia’ iniziare a vedere la Tipica vegetazione della Foreata Amazzonica.
Dico da incoscienti, perche’ pensandoci a posteriori , abbiamo corso dei seri rischi per la nostra incolumita’, eravamo da soli, senza nessuna guida, o tour organizzato, noi 6 con i nostri buggy, ci siamo addentrati per poche centinaia di metri nella foresta, su strade sterrate, con le piante che talvolta ci coprivano la visuale,, fino a quando non abbiamo visto gli “ Indios” , gli abitanti dell’ Amazzonia. Sembrava di essere in mezzo ad un documentario, vedevi queste persone di pelle scura, vestiti con pochi stracci, se non addirittura nudi, vivere in delle baracche costruite con le foglie o escrementi, e i bambini anche essi nudi giocare con dei sassi in terra. Lo stupore e’ stato generale per tutti, per loro che ci vedevano li con i nostri buggy, persone bianche in mezzo al loro territorio, e per noi che non credevamo ai nostri occhi. E’ stato in quel momento che ci siamo accorti del grosso pericolo che correvamo, e in tutta fretta siamo tornati indietro, senza neanche il tempo di fare qualche fotografia o ripresa con la telecamera, impauriti da quella che poteva essere la loro reazione a riguardo. Piu’ tardi , la sera a cena con i nostri amici, raccontando l’ accaduto, ci hanno veramente sgridato e raccomandato vivamente a non rifarlo, ricordandoci i pericoli che avevamo passato. E’ stata veramente un ‘ esperienza scioccante, credo per tutti noi, e invito chiunque a non farla, se non con adeguate guide. Noi eravamo andati li’ con tutte le buone intenzioni, e sinceramente non credevamo di vedere nessuno, invece come poi ci hanno raccontato Carra’ e gli altri, Gli Indios sono popolazioni nomade, che vivono prevalentemente di caccia e di pesca, e si spostano in base alle stagioni, probabilmente senza volerlo siamo capitati proprio nel loro villaggio.
Come in tutti i viaggi, ci sono anche dei risvolti negativi, infatti c’e’ da dire che il Brasile, non e’ molto famoso per la pulizia e l’ igiene ( ovviamente non parlo delle grandi catene alberghiere), e andando a giro per le strade, si vedeva un po’ di tutto, dalla sporcizia e l’ immondizia gettata in mezzo , agli animali che scorrazzavano liberi da qualunque parte e tante volte cercavano anche di entrare in casa alla ricerca di cibo, come e’ successo una volta anche a noi; un pomeriggio che pacificamente eravamo a prendere il sole in piscina, ci siamo visti entrare 3 grosse vacche nel nostro giardino. Erano entrate, quando mio padre, Marino e Carlo erano tornati dal fare un giretto in paese, e al momento di chiudere il cancello si sono visti arrivare questi grossi animali. Alla paura iniziale, ci e’ preso il ridere, era uno spettacolo veramente buffo, noi a gridare impaurite, gli uomini che cercavano di spingerle fuori , Marcus che cercava di distrarle gettandoli i frutti fuori dalla strada ,e loro tranquille e imperterrite mangiavano con molta calma. Alla fine nonostante i nostri sforzi, sono andate via da se’ come erano venute, finendo di mangiare tutti i frutti in terra del nostro giardino!!!! Anche in alcune spiagge, delle volte era possibile vedere animali liberi, maiali, cani,che giravano per la battigia, proprio a causa di questo io ho preso “ Il Baco des Pe’” una tipica infezione, che prende al piede infatti letteralmente significa “ Baco del piede”. E’ un piccolissimo insetto che si annida sotto l’ unghia dell’ alluce, e se non viene tolto subito crea una piccola infezione. Io me ne sono accorta perche’ dalla mattina mi faceva malissimo il piede, e nonostante tutte gli impacchi e le creme datemi da mia madre ( io la chiamo farmacia ambulante, tutte le volte che viaggia, ha con se’ la borsa del pronto intervento) non mi passava, menomale la sera avevamo Nunzio e Betty a cena, e e’ stata proprio lei a dirmi cosa avevo al piede, e sempre lei a togliermelo. L’ operazione sarebbe stata piuttosto facile, cioe’ toglierlo con un ago, disinfettato, ma io odio gli aghi, e ho patito piu’ per l’ago, che per il dolore dell’ estrazione vero e proprio!!!!! Gli ultimi giorni passati in casa nostra, gli abbiamo festeggiati con un piccolo “Churrasco” in piscina con tutti i nostri amici. La carne in Churrasco e’ una cosa tipica brasiliana, e’ praticamente la carne cotta alla griglia sul barbecue , messa su un palo e tagliata per la sua lunghezza, il tutto accompagnato da patatine ( non mancavano mai) e riso in bianco con della farina gialla, che mescolato diventava un pastone che i brasiliani si ostinavano a chiamare pane!!!!!!La sera poi Betty ci ha preparato l a “feijoada”, una saporita combinazione di carne di maiale, accompagnata dal più famoso drink brasiliano: la “caipirinha”.
L’ultimo giorno in casa mia madre e Piera hanno pensato bene di fare le pulizia di casa insieme a Maria, e spostando un mobile in una stanza, gli e’ apparso davanti un piccolo iguana tutto nero che era nascosto li dietro a dormire. Nelle urla generali, e’ arrivata poi ormai la solita frase O’Brasi! Detta da Maria, che poi con noncuranza ,nello stupore di tutte noi , lo ha preso e messo fuori.Ma le sorprese non erano finite, e sul tardo pomeriggio sentiamo bussare al cancello, era Antonio il bimbo del pescatore conosciuto, che ci aveva cercato chiedendo un ‘po in giro. E’ stato un po’ li con noi, ha giocato a palla con me e ha fatto merenda, e al momento di salutarci li ho regalato il pallone e qualche genere alimentare per la sua famiglia, e’ stato poi riaccompagnato a casa da mio padre, Marino e Carlo.La nostra ultima sera, a Paracuru l’ abbiamo passata in piazza con i nostri amici, e preparati i bagagli la mattina dopo siamo ripartiti verso Fortaleza.
Fortaleza, capitale dello stato del Ceara’, e’ una citta’ moderna e sfavillante, con un litorale di spiagge bianchissime, e una quantita’ di hotel lussuosi sul suo viale principale “ L’avenguida del Mar”. Qui e’ piu’ diffusa la criminalita’, perche’ come in tutte le grandi citta’, girato l’ angolo dagli abbaglianti Hotel vedevi bambini che rufolavano nei sacchetti dell’ immondizia, o mendicanti agli angoli delle strade. Tutto molto diverso da Paracuru. La citta’ ha ormai quasi un ‘ impronta europea per il suo approccio al turismo internazionale, e la divisione fra ricchi e poveri e’ molto piu’ netta.
Noi siamo stati li 2 giorni prima di ripartire per l ‘Italia, e li abbiamo dedicati prevalentemente allo shopping ( al centro commerciale Iguatemi’), e all’ ozio piu’ completo nella piscina dell’ hotel, o in spiaggia, aspettando il ritorno a casa.
Concludendo il Brasile mi ha dato tanto, soprattutto dal punto di vista umano, ho conosciuto persone meravigliose, che mi hanno insegnato a non essere diffidenti rispetto al prossimo, essere un turista, non vuol dire “ pretendere qualcosa perche’ pago”, anzi se si va a giro senza l’ arroganza, ma con amicizia e disponibilita’, riesci veramente a conoscere e apprezzare la popolazione del paese che si visita, e i suoi usi e costumi. Questo e’ quello che mi hanno sempre educato i miei genitori, viaggiatori instancabili, e spero di poterlo insegnare un giorno anche ai miei figli.
Al prossimo viaggio Elisa.