Un leone sulla strada del mare
Una giornata a Tortona
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Partire per il mare dalla grande città è sempre in qualche modo una piccola avventura. Lo diventa ancora di più se a metà strada, quando abbiamo appena lasciato alle spalle la Pianura padana e in lontananza cominciano a intravvedersi le prime colline dell’alessandrino, improvvisamente spunta un leone… Un leone d’argento, su sfondo rosso fuoco, che tiene tra le zampe una rosa fogliata e fiorita d’argento, e la cui forza, come vuole la tradizione, sono tre doni: valore, lealtà e cortesia. Si tratta del famoso leone di Tortona, città anticamente chiamata Derthona, il cui motto, sin dai tempi romani, è: “Pro tribus donis simil Terdona leonis”, ovvero, Tortona è simile a un leone, in virtù di tre doni. In realtà i doni, se si decide di uscire dall’autostrada al casello di Tortona e di concedersi, come abbiamo fatto noi, una bella giornata in questa città, possono essere anche decisamente più di tre, data la ricchezza artistica, ma anche paesaggistica ed enogastronomica di Tortona. La città del leone si trova in una posizione geografica strategica, fatto che nei secoli è stato in parte la sua croce, e in parte la sua fortuna. Crocevia del commercio, fiorente centro agricolo già in epoca romana, oggi vicina alle principali metropoli del Nord, nel corso della storia Tortona fu anche ferocemente contesa da varie potenze. La nostra passeggiata in centro inizia dal Duomo, edificato nella seconda metà del XVI secolo su una chiesa preesistente. Al suo interno abbiamo ammirato, oltre a dei dipinti di artisti del Cinquecento e del Seicento come Aurelio Luini e Camillo Procaccini, anche le reliquie di San Marziano, santo al quale, secondo la tradizione, si deve la conversione della città al cristianesimo. Le caratteristiche vie di Tortona, che a tratti ricordano quelle dei centri storici liguri, si snodano tra curve e leggere salite tra le case dai balconi fioriti, i muri di antiche chiese e le vetrine di graziosi negozi. Davanti all’Oratorio di San Rocco incontriamo un gruppo di studenti in gita che come noi, scattano foto alla facciata dell’edificio religioso. Proseguendo, raggiungiamo la Chiesa di Santa Maria Canale, la più antica della città, risale infatti al XI-XII secolo. Al suo interno si trovano degli affreschi rinascimentali, oltre a degli interessanti dipinti del Cinque- e del Seicento, tra cui una Natività di scuola leonardesca. L’arte pittorica ha sempre accompagnato la storia tortonese, infatti la città ha dato i natali a più di un pittore importante, tra cui Angelo Barabino, allievo ed amico di Giuseppe Pellizza da Volpedo, e Cesare Saccaggi. E la tradizione continua, al punto che le pennellate artistiche ci accompagnano perfino a tavola: appena entriamo nel Ristorante Infernot, una vera e propria cantina con cucina in via Pelizzari, a due passi dal Duomo, il nostro sguardo viene rapito da un quadro che sembra richiamare le atmosfere delle opere del Caravaggio: si tratta di un’opera del pittore tortonese Claudio Magrassi, raffigurante delle persone a tavola, tra cui i titolari, il signor Angelo e la signora Paola. Ci accomodiamo ai caratteristici tavoli in legno all’interno di una sala dai muri antichissimi, e l’atmosfera speciale ci fa sentire subito personaggi di un’opera d’arte. “La via Pelizzari un tempo era una via di maniscalchi, infatti, anche nel nostro locale c’è una porta molto alta, oggi una porta cieca, da cui presumibilmente passavano i cavalli, e si vede anche dove poteva essere la fucina e il braciere per scaldare il ferro”, ci racconta il signor Angelo. Gli chiediamo subito se c’è da preoccuparsi per il fatto che ci troviamo “all’Infernot”, ma veniamo immediatamente tranquillizzati: di “diabolico” qui ci può succedere solo di commettere qualche innocuo peccato di gola, mangiando e bevendo particolarmente bene. Infatti, la parola “Infernot” indica dei locali sotterranei dove all’epoca si teneva il vino d’annata. Così decidiamo entusiasti di cedere alle tentazioni dell’autentica cucina del territorio, a metà tra il piemontese e il ligure. Iniziamo con degli antipasti a base di salumi del luogo, e assaggiamo anche i peperoni bruschi con le acciughe. Continuiamo con i tipici rabatòn piemontesi, oltre ai ravioli fatti alla vecchia maniera. Come secondo, scegliamo un buon brasato, mentre i nostri amici approfittano della stagione per assaggiare la polenta con i tartufi bianchi e neri. Annaffiamo il tutto con degli ottimi vini dei Colli tortonesi, come il Timorasso e il Barbera, e per finire in dolcezza, abbiamo preso il bunet, dolce tipico della zona, e delle pere cotte nel vino, caramellate. La prossima volta torneremo qui di venerdì, per un’autentica cena di pesce, a base di stoccafisso, baccalà e acciughe fritte. Mentre riprendiamo l’autostrada per la nostra città, pensiamo con affetto al leone di Tortona: è stato davvero generoso con noi.
Francesca Bertha