Un giorno di riflessione a Dachau
Visitare questo luogo di profonda tristezza e angoscia è un’esperienza necessaria per non dimenticare e per portare la visione di quelle atroci verità in giro per il mondo: farlo d’inverno a -10°C secondo me rende veramente l’idea di come quei disgraziati potessero vivere.
Per andare a Dachau basta affidarsi alla metropolitana di Monaco. Si prende la linea S2 dalla stazione centrale e si arriva alla fermata di Dachau in meno di 30 minuti. Una volta scesi alla stazione della metropolitana potete prendere un autobus sul piazzale il numero 726 per raggiungere il campo. Se mostrate all’autista il biglietto della metropolitana vidimato, la corsa sarà gratis.
Una volta giunti al campo c’è il centro informazioni ad attendervi dove vi consiglio di prendere o una guida oppure una audioguida in italiano, che corredata di mappa, vi farà da cicerone nelle atrocità del campo. E’ necessaria perché vengono spiegate nel dettaglio le attività del campo e anche molti aneddoti che a me personalmente erano del tutto sconsciuti, come ad esempio la polemica sulla costruzione del memoriale delle vittime del campo.
L’entrata al campo è gratuita ed il campo è aperto tutti i giorni tranne il lunedì dalle 9 alle 17. Per entrare nel campo si passa il cancello con l’iscrizione tragicamente nota “Arbeit Macht Frei” (il lavoro rende liberi, tragica illusione che veniva concessa ai detenuti del campo).
Il campo di Dachau fu il primo costruito dal governo nazista e fu il modello ispiratore degli altri: il campo di Dachau non nasce prettamente come campo di sterminio (come ad esempio Auschwitz) ma come campo di prigionia dove venivano rinchiusi gli oppositori di Hitler esuccessivamente ospitò ebrei e minoranze non gradite ai nazisti come testimoni di Geova, omosessuali, emigranti, zingari, e prigionieri polacchi, russi, omicidi ecc.
Questo elemento fu importante per la realizzazione di un mausoleo a memoria che non contemplava, almeno inizialmente, alcune categorie di persone (evidenziate attraverso i colori delle bandierine che venivano cucine addosso ai vestiti dei prigionieri) come ad esempio gli omosessuali. Questa cosa mi ha fatto molto riflettere perché a mio personale avviso è stato come discriminare i discriminati e non ne ho capito il senso e mi ha ancor di più rattristato.
I detenuti una volta registrati, derubati e vestiti di stracci e di scarpe aperte venivano messi in una delle 34 grandi baracche che oggi non esistono più e l’unica visitabile è stata ricostruita. Si trava proprio davanti alla grande piazza dove si faceva l’appello, devastata dal freddo e dal vento. Le baracche erano in grado di ospitare 6.000 prigionieri ma al momento della liberazione gli americani contarono 32.000 persone. Fare visita alla baracca lascia il segno di una violenza inaudita con il ghiaccio dentro le finestre e in condizioni igieniche veramente oltre l’immaginabile.
In fondo al campo, il cui perimetro era sorvegliato con torrette e filo spinato e guradie armate, c’è il forno crematorio e la camera a gas. Il crematorio serviva per eliminare le vittime del campo ed eliminare la massa di corpi inermi che quotidianamente riempivano le baracche mentre la camera a gas (che vi assicuro lascia senza parole) non sembra mai essere stata utilizzata all’interno del campo ma i destinati a questa morte veniva deportarti in altri siti.
Alla fine si stimano oltre 30.000 morti negli anni di attività del campo di cui 2.000 morirono dopo la liberazione del 29 aprile del 1945 per lo stato igienico in cui versavano (e questo è un altro dato su cui riflettere a lungo). Angosciante è il museo sulla destra (di fronte alla piazza dell’appello) dove ci sono centinaia di foto e di documenti originali che vi illustreranno in modo crudo e violento un mondo che personalmente non avrei mai voluto conoscere.
E’ stata un’esperienza di vita che vi farà riflettere a lungo e che lascerà un segno profondo nella vostra vacanza in Baviera.