Un filo sottile a cavallo tra presente e passato
Vicino a lei, in piedi, sua figlia che abbraccia in grembo il proprio bambino. Mi rivolgo all’anziana donna chiedendo se ha altri figli. Mi fissa attentamente negli occhi ed i suoi cominciano ad inumidirsi ed illuminarsi di luce riflessa dalle lampade di quello squallido bar in un villaggio a sud-est di Ruhuha in Rwanda , poi non dice una parola ma alza la sua mano destra avvicinandola al suo collo e, con quattro colpi, simula quattro tagli netti proprio alla giugulare……I suoi quattro figli…! Si avvicina prima di allontanarsi, mi saluta e, con estrema forza d’animo, per chi la sofferenza la coltiva ancora ed è abituata a conviverci, fa’ cenno con la mano di non parlarne con nessuno,di restare ad ascoltare in silenzio.
Non dimenticherò mai il silenzio di chi ha vissuto tali agonie e difficilmente dimenticherà la sofferenza ed ancora oggi mi colpisce la sua gestualità ed il senso di profondo rispetto nei suo confronti.
Sino a quel momento nei giorni trascorsi in Rwanda avvertivo un clima morbido, soffice, vellutato, quasi irreale.
Mi sono chiesto : “Ma è mai possibile che neanche quindici anni fa, nello stesso periodo, negli stessi luoghi, nell’arco di tre mesi una carneficina ha portato alla distruzione di due popoli provocando più di seicentomila vittime; praticamente una generazione intera. Ed ora, sorrisi e strette di mano mi circondano. Mani giovani, senza rughe , senza tempo.
Dove sono i più anziani?… … …” Ora mi sono dato una risposta :”… i pochi rimasti, rimpiangono i propri figli.” Ancora l’olocausto sale in superficie quando passiamo a Nyamata, un paese vicino alla capitale, nella cui chiesa rimangono ancora appoggiate sulle panche le vesti delle persone massacrate dall’idiozia. Come petali di rosa soffiati via da un vento di rabbia improvviso sembrano ancora che vaghino alla ricerca di un “ perché ”. Il silenzio incute timore e la flebile luce nell’oscurità segna il tempo fermato al 07 maggio di quattordici anni fa’.
Questa lotta crudele, rapace e spietata invariabilmente produce più sofferenza. Ed è l’essere umano che sperimenta la sofferenza nella sua forma più acuta.
“Le sofferenze della vita possono aumentare così tanto che la morte, che fino a quel momento era stata temuta più di ogni altra cosa, viene attesa con ansia.” Di conseguenza può essere benissimo che ” la brevità della vita, della quale ci si lamenta costantemente, diventi la sua migliore qualità”.
Arthur Schopenhauer – (1788-1860) Il Rwanda, come l’Uganda prima, escono da tristi palcoscenici di brutti ricordi ed infauste tragedie, dove oggi, l’eco di questi avvenimenti viene preso come esempio per una ripresa verso una direzione di pace e speranza anche se…Basta un leggero soffio per fermare ancora il tempo.
La natura di questi stati offre un caleidoscopio di colori e possibilità di visitare diversi habitat a breve distanze tra loro. Si spazia dalla savana del Qeen Elizabeth N.P. E Murchison Falls N.P. In Uganda ed Akagera N.P. In Rwanda, ai grandi laghi del Lake Mburo N.P. e Lake Kivu; dalla giungla del Nyungwe N.P. In Rwanda alle grandi montagne del massiccio del Rwenzori, del monte Elgon ed i vulcani del Mgahinga N.P. In Uganda.
In Uganda inoltre, nel lago Vittoria, ci sono diverse isole facilmente raggiungibili dalla capitale ideali per un breve soggiorno di sole e tranquillità i cui tramonti sono semplicemente da incorniciare nei propri ricordi.
Un viaggio offre spesso la possibilità di conoscersi meglio ed entrare più facilmente in contatto con realtà distanti e spesso dimenticate; mi ha aperto la strada dei propri limiti, rendendola in tal senso più emozionante ed adrenalinica.
E’ nato con la voglia di condividerlo con compagni d’avventura di vecchia e nuova data ma soprattutto lo dedico ad una persona speciale che avrebbe dovuto assaporarlo insieme a noi ma ci ha lasciato camminare soli lungo la strada vegliandoci dall’alto; dalla vetta del monte Sabinyo sulla linea che delimita il confine tra Congo, Rwanda ed Uganda il tuo sorriso ci illuminerà per sempre.
Non scorderò mai i colori delle due bandiere perché sono stati i comuni denominatori delle miei emozioni : rosso ; verde ; giallo ; azzurro ; nero.
Ogni tonalità rispecchia l’anima della natura e personifica la natura dell’uomo.
L’ Africa nera è come un labirinto di specchi, devi fare attenzione a come ti muovi, ma se trovi la strada giusta, ti può portare in paradiso.
Spesso mi sono domandato come poteva essere questo paradiso prima che l’uomo deturpasse e trasformasse questo ambiente … in parte mi sono dato una risposta … Ma ad ogni risposta si apre una nuova domanda, non smetterò mai di fermarmi : -03/05 Milano – Entebbe volo intercontinentale con Egypt via Cairo -04/05 Entebbe – Mweya ( Queen Elizabeth N.P.) km.450 Arrivati in aeroporto di mattina presto ed immediatamente, neanche il tempo di riprendere gli zaini, avviamo il motore per raggiungere il Queen Elizabeth N.P.
È ancora buio e passiamo per la capitale. Cambio in nero, breve ma vorace colazione a buffet nel primo ristorante aperto, la prima luce dell’alba ci indica la strada e con decisione partiamo verso ovest.
Il tempo è bello e fortuna vuole che, nonostante siamo ancora nella coda della stagione delle piogge, forse “qualcuno” da lassù ci fa’ buon viso.
I paesaggi che si susseguono sono in continuo movimento sino a raggiungere la rift valley che, dall’alto dell’altipiano, si presenta come una tavola multicolore con un verde lussureggiante ed un giallo intenso con tonalità di rosso fuoco che tratteggia la strada sterrata delle piste che delimitano il parco.
Subito all’entrata un elefante sul ciglio delle strada, spaventato dalla nostra presenza, si innervosisce ed incute timore a sua volta a due ragazzi che, abbandonate le biciclette lungo la strada, se la danno a gambe levate verso il tramonto all’orizzonte.
Poco dopo un leone che, con un infingarda voglia di camminare, nel vederci avvicinare, si alza e lentamente si sposta verso l’erba più fitta cercando un po’ di riservatezza.
Raggiungiamo la nostra accomodation all’ Institute of Ecology, un dormitorio dove, per fortuna, essendo in sette, ci offrono un appartamento solo per noi.
-05/05 Queen Elizabeth N.P. km.80 Sveglia all’alba, un freddo umido penetra nelle ossa, ed è ora di fare il primo vero game drive attraverso il parco nella zona di Kaseny e del lago George. La luce non è ottimale per scattare le prime foto, ma l’atmosfera è idilliaca. Tre leoni maschi si intravedono nella savana ed altri animali ci controllano ad ogni spostamento.
Nel pomeriggio, al nostro rientro, prenotiamo un’escursione in barca attraverso il Kazinga channel che collega il lago George al lago Edward. Un istmo naturale lungo più di 30 km e ricco di fauna acquatica : ippopotami, bufali, coccodrilli e diverse specie di uccelli.
Ormai cala la sera e, volgendo lo sguardo verso il Congo innanzi a noi, salutiamo questo incantevole paesaggio e rimandiamo a domani il nuovo scenario.
-06/05 Queen Elizabeth N.P. km.130 Transfer to Ishasha Lasciamo la zona dei laghi a nord del parco per spingersi a sud verso Isasha dove vivono I famosi leoni arrampicatori. Lungo la direttiva decidiamo di fare un breve ma intenso trekking lungo la gola del “chambura gorge”. Si tratta di una faglia depressiva tra due altipiani dove vi è un habitat ed un microclima caratterizzato da foresta umida con un corso d’acqua che scorre nel fondo valle e, come un polmone, alimenta la vita circoscritta in quest’aerea. In questa piccola giungla è facile incontrare diverse specie di primati tra cui alcune famiglie di schimpazee e colubi dalla lunga coda.
Riprendiamo la strada sterrata ed attraversiamo un lungo tratto di fitta foresta lungo la quale l’incontro con altri mezzi è sempre più raro ed inaspettato. Raggiungiamo l’appendice meridionale del parco nel pomeriggio ed immediatamente la nostra guida, appassionato ambientalista, ci conduce nella zona dei grandi fichi dove normalmente salgono i leoni per una siesta dopo la caccia.
Il bottino è magro, oltre a grossi branchi di impala ed altre antilopi, non si scorge alcun’altra ombra animale.
Raggiungiamo il nostro lodge giusto per una doccia fresca ed una cena energetica.
-07/05 Queen Elizabeth N.P. – Kisoro via Bwindi impenetrable forest N.P. km.120 Non soddisfatto della magra campagna naturalistica del giorno prima, Amos la nostra guida, detta anche “occhio di lince” perchè con un occhio guida e con l’altro riesce ad avvistare un passero a più di cento metri di distanza, ci ha ricondotto a caccia dei leoni di Isasha. Quando ormai anche lui inizia a rassegnarsi, nel fitto della savana, avvistiamo tre grossi giovani leoni maschi che giocano tra loro e, probabilmente sazi e soddisfatti del pasto, girano intorno al nostro mezzo e si accucciano in mezzo alla strada quasi volessero mettersi in posa.
Sarà un caso, ma ad ogni desiderio espresso il giorno prima, quello successivo si avvera e questo si ripeterà per tutto il viaggio…Sarà la nostra stella da lassù.
Riprendiamo il percorso oltrepassando il Queeen Elizabeth ed iniziando a salire per le pendici dei monti che circondano le foreste di Bwindi.
Dalle tonalità di verde acceso che si osservano a perdita d’occhio si ha proprio l’impressione di entrare nel fitto di una vegetazione inesplorata e selvaggia. In questa zona vivono ancora circa 340 esemplari di gorilla di montagna. Per motivi di tempo, permessi, ecc ecc, lasciamo riposare i gorilla in santa pace e pensiamo ai parchi successivi.
Lungo la strada dobbiamo fermarci per una sosta forzata causa acqua del radiatore in ebollizione, il sali e scendi è stato faticoso anche per il nostro mini van da nove posti.
Parcheggiamo ai lati della carreggiata e rabbocchiamo il radiatore attendendo qualche minuto che si raffreddi ; gente incuriosita si riunisce interno a noi ed alcuni volti emaciati di bambini mi colpiscono. Sino ad ora non avevo notato particolari asprità e sofferenze alimentari; probabilmente la vita dura di montagna si fa sentire anche fisicamente.
Giungiamo verso Kisoro nel tardo pomeriggio, dopo un’intera giornata di un viaggio intenso ed interminabile.
La strada è tutta in sterrato e la gente intorno ad essa respira i fumi e le polveri senza farci più caso.
Man mano scendiamo di quota sino a raggiungere i duemila metri del paese, si ha la sensazione di aver intorno uno scenario spettacolare, a maggior ragione al calar del sole.
Le tonalità rossastre del tramonto illuminano le creste dei vulcani che fan da sfondo all’amplia vallata dove, ad un lato si trova il lago Mutanda e sullo sfondo l’interminabile tavolato del Congo.
Prendiamo le camere in un albergo dove, si intravedono le cime dei vulcani del parco Mgahinga e “ciliegina”, troviamo una calda ed accogliente sauna rigenerante.
-08/05 Trekking e canoa tour al lago Mutanda km 15 Percorriamo a piedi la collina che divide Kisoro dal lago ed al colmo ci soffermiamo ad osservare un panorama che a 360° spazia sull’intera vallata.
Lungo il cammino incontriamo piccoli pastori, coltivatrici di fagioli con in schiena i propri piccoli, gente curiosa che accorre a salutarci ed infine il lago Mutanda.
Acque torbide lambiscono la riva ed Arta, questo è il nome della nostra guida, ci invita a salire a bordo di rudimentali canoe scavate nel legno grezzo di non so quale pianta locale.
Prima ci concediamo un breve bagno nelle acque fredde e di un colore poco rassicurante. Nessun problema, con la pioggia che cade, posso immaginare l’ingrossarsi degli affluenti e con loro il fango e la terra trasportata nel bacino naturale.
Con le canoe passiamo da una riva all’altra sino a raggiungere dei canneti dove Arta vuole farci vedere i serpenti. Solo ora capisco perché voleva farci indossare scarpe con calzoni lunghi. Raggiungiamo una grossa palma alla cui base sa di trovare la tana di un pitone.
L’ospite non tarda ad arrivare, un enorme esemplare di pitone dove, sentendo il nostro vociare subito si rifugia in uno dei tanti buchi che conducono alla tana. Sempre vicino alla palma vediamo residui di pelle secca in questo caso di cobra reale dove con “molta” calma e sangue freddo cerchiamo di raggiungere con un bastone e raccogliere come ricordo. Non nascondo l’adrenalina a mille e la paura alle stelle.
Rientriamo con le canoe alla nostra riva e con Arta ed altri amici conosciuti nella vicina scuola diamo quattro calci ad un pallone portato dall’Italia.
Un caldo boia mi limita nei movimenti, il sudore scorre a litri e poco dopo la partita regalo in premio il pallone al più veloce ; Weah il fuoriclasse di Kisoro si è aggiudicato il trofeo in palio.
Rientriamo in paese giusto in tempo per il mercato locale. Un tripudio di colori con i prodotti tra i più strani e particolari e, naturalmente un grande caos.
Acquistiamo sette pezzi di canna da zucchero, un casco di banane nane e due ananas da mangiare in albergo.
La sauna prima della partita a carte ci riconcilia dopo la baraonda post mercato e l’incontro di pallone.
-09/05 Mgahinga National Park – Trekking al Mt. Sabinyo (3669m) km 14 Finalmente il mio giorno ! Questo momento era desiderato da tempo ed ora lo vivo in prima persona.
Con il nostro mezzo raggiungiamo il campo base del parco dove, con due guide locali partiamo per la spedizione verso le tre vette del monte Sabinyo.
La spedizione è composta : dal sottoscritto, che ancora portava i postumi della caduta del giorno precedente ; Claudia, che sino all’ultimo era indecisa e solo dopo una promessa si è aggregata al gruppo ; Grazia la romagnola tutta forza e salute ; Flavio lo stambecco valtellinese ; due americani dell’Alaska e due studenti di Kampala.
Il primo tratto molto facile e dolce mi invita a pensare che in poco tempo raggiungiamo le cime. Poco dopo la foresta di bambù a quota 2400 circa inizia il vero e proprio percorso e la montagna rivela la reale identità.
Una serie di scale in legno ci fanno da passaggio nei tratti più ripidi e scoscesi e questo non fa’ altro che rompere il ritmo stancandoci ancora maggiormente. La salita è sempre più faticosa ed il respiro man mano ci alziamo di quota sempre più affannoso.
La foresta si apre con barbuti licheni che rivestono e coprono gli alberi quasi volessero proteggerli dalle intemperie. Non si sente alcun rumore se non il nostro respiro affaticato.
A quota 3200 raggiungiamo la prima vetta e, gurdando verso la seconda, mi domando : « Ma chi me l’ha fatto fare ? »… … … La linea dello spartiacque che disegna il confine tra Rwanda ed Uganda è larga giusto la misura dei nostri passi ed a destra ed a sinistra scoscese pareti rivestite di arbusti di piccola taglia scendono sino ai piedi della vallata.
La vista panoramica è da mozzafiato ed in lontananza si scorge anche il Congo visto che la vetta più alta traccia il vertice tra i tre Stati.
Raggiungiamo la seconda cima a quota 3500 e poco dopo l’ultima e più alta a quasi 3700 mt. Le ultime scale sono state le più tremente e faticose in quanto la pendenza si è accentuata e la respirazione sempre più affaticata.
Il raggiungimento della cima finale è stato accolto come un urlo liberatorio dopo quattro ore e venti minuti di pensieri strani ed incubi ricorrenti ; ma il pensiero si è rivolto per un istante verso l’alto dove un angelo custode ci ha salutato con un sorriso ed a lui una poesia abbiamo dedicato.
Quasi mi avesse ascoltato, al ritorno, mi son sentito carico come una F1 alla griglia di partenza e, la discesa l’ho fatta volando letteralmente in meno di due ore con la compagnia di uno dei due studenti di Kampala che quasi era incredulo nel vedermi saltare le scale quasi fossi matto da legare. Dopo una mezz’ora circa anche gli altri ci hanno raggiunto al campo base e felici e sudati come dei cammelli dopo una corsa araba, ci siamo lavati ed assetati in albergo consapevoli di aver raggiunto e superato il famoso ‘Old man’s teeth’ del monte Sabinyo.
-10/05 Mgahinga National Park – Cyangugu via Kigali e Butare km 430 Neanche il tempo di smaltire la stanchezza dell’ascesa del vulcano che si riparte alle prime ore dell’alba non prima di aver perso per strada le solite borse causa mal funzionamento della chiusura dello sportello del baule di carico.
Ricuperato il carico ci avviciniamo alla dogana rwandese con un filo di timore e un pizzico di curiosità.
Espletate con lentezza le solite formalità burocratiche : compilazione form di uscita dall’Uganda ed entrata in Rwanda, timbri a non finire, pagamento visto d’ingresso ed entriamo nel nuovo Stato africano.
Tutti pensavamo ad un Paese povero sull’orlo della miseria, ed invece la prima impressione si è rivelata sbagliata, appariva più progredito e più ricco dell’Uganda.
Strada, subito dopo il confine, asfaltata ; case in mattone e scuole ben attrezzate ed organizzate.
Ma non ho voluto giudicare solo dopo i primi km percorsi all’interno anche perchè quella zona è molto rinomata per i gorilla di montagna del P.N. Des Volcans e dal vicino Uganda giungono molti turisti per i vari trekking.
Ci addentriamo sempre più nel cuore del Paese sino a passare di sfuggita dalla capitale Kigali e da Butare famoso centro dovo sorge il memoriale ai caduti del genocidio.
Poco dopo passiamo attraverso la fitta foresta del Nyungwe N.P.. Le nuovole sono sempre più pesanti e minacciose ed infatti, un forte temporale ci viene incontro costringendoci a percorrere gli ultimi km prima di Cyangugu ad una velocità da lumaca causa anche la strada piena di buche ed animali di ogni forma e specie lungo i lati ed a volte anche nel bel mezzo della carreggiata.
Arriviamo ormai la sera a destinazione, dopo una giornata intera di viaggio,stanchi e desiderosi di una doccia calda ed un po’ di riposo.
-11/05 Cyangugu – Lake Kivu – visita Nkombo / Ishwa islands km 30 La mattina ci svegliamo con un sole che illumina i nostri bungalow alla « Peace Guest House ». Una moderna struttura inaugurata dal presidente del Rwanda nel 2000 ed ubicata sulla cima di una collina che si affaccia sul lago dalla cui sponda opposta di scorge il vicino Congo.
Decidiamo di organizzare una traversata con una barca a motore sino alle vicine isole di Nkombo e Ishwa.
Il rifornimento di carburante è un grosso problema per questi Stati in quanto normalmente grossi camion cisterne, a volte anche mezzi obsoleti, sfidano le strade, la natura e le guerre per andare sino alle raffinerie di Mombasa sulla costa kenyota per un carico ; ed infatti abbiamo dovuto attendere parecchio tempo attraccati sul confine con la vicina dogana congolese per acquistare pochi litri di benzina ed olio per miscela.
Finalmente ripartiamo verso le isole e lungo la traversata incrociamo imbarcazioni di pescatori locali e di trasporto passeggeri.
Le isole che andiamo a toccare sono ricche di vegetazione ed in quella più grande, Nkombo, si vedono anche piantagioni di caffè e banane.
Approdiamo sulla costa dell’isola Ishwa per un paio di immersioni nella acque tiepide e pulite del lago Kivu per poi rientrare al molo di partenza.
Al rientro nell’accomodation incontro la signora della reception la quale mi invita in chiesa ad assistere alla messa cantata in gosphel dal coro cui lei appartiene.
Inizialmente non mi vedo tanto entusiasta ma la curiosità prevale ed allora con gli altri amici entriamo in chiesa.
E’ gremita da ogni parte e la gente, nella penombra, ci osserva incuriosita come fossimo dei marziani atterrati sulla Terra.Ci riservano delle panche in prima fila e vicino a me siede la signora della guest house la quale mi traduce in inglese ogni passo dottrinato dall’oratore di turno.
Più di due ore di canti ed alleluja ma il bello arriva quando mi chiede di parlare al microfono ; perchè no ! Ringrazio tutti e mi aggrego al coro con un paio di alleluja. Successivamente mi chiedono di cantare nella nostra lingua ed allora, con gli altri compagni di viaggio, ci facciamo coraggio ed intoniamo « Romagna Mia » con tanto di traduzione (improvvisata) in inglese. Sono momenti che resteranno per sempre nei miei ricordi visto la circostanza, ed il clima di amicizia che si è venuto a creare.
Saltiamo la partita di carte serale visto la levataccia della mattina successiva.
-12/05 Cyangugu – Nyungwe N.P. – Butare km 200 Sveglia alle 02 :00 ! Un buoio tenebroso ci bussa alla porta. Prepariamo gli zaini di fretta e furia e carichiamo il tutto sul nostro mezzo.Ci dirigiamo prima al quartier generale del parco per raccogliere la nostra guida ed insieme ad altre due viaggiatrici canadesi ci rechiamo verso Kibangiro. Percorriamo gli ultimi 20 km su una strada impervia piena di buche, raggiungiamo l’inizio del sentiero e scendiamo lungo il percorso nel mezzo della giungla. Siamo molto fortunati poichè, neanche dopo mezzora di cammino, avvistiamo sopra un grosso albero di fichi una famiglia di scimpazee.
Il grosso maschio dominante innanzi a noi urla e gesticola e gli altri componenti del branco, a turno, rispondono saltando di ramo in ramo.
Dopo una lunga ed accurata osservazione di questi primati decidiamo di rientrare al campo base del parco passando attraverso un paesaggio collinare dipinto di un verde smeraldo ed interamente coperto di piantagioni di tea.
Lasciamo la guida e ci dirigiamo verso Butare attraversando interamente la fitta giungla del Nyungwe N.P.Lungo la strada osserviamo parecchie specie di scimmie, uccelli e piccoli mammiferi.
All’arrivo un grosso temporale ci accoglie e prendiamo posto presso la « Procure d’Accueil » del « Centre Saint Jean Baptiste » vicino al centro cittadino.
Dopo sei ore circa di viaggio ci facciamo una calda doccia e ceniamo con gli altri ospiti del centro.
-13/05 Butare – Ruhuha via Nyanza km 120 Ripartiamo a metà mattinata e dopo gli ultimi 40 km di sterrato arriviamo alla missione di Ruhuha verso le 14 :00. Il paesaggio è notevolmente cambiato ; dalle fitte ed umide foreste dell’ovest si aprono grandi spazi di savana e vegetazione di basso fusto.
Il caldo è più secco ed opprimente ma, per quanto mi riguarda, sopportabile. Al nostro arrivo ci accoglie Padre Onesphore con Paolo, un signore di Pordenone arrivato in missione pochi giorni prima.
Subito scarichiamo le borse che ci siamo portate appresso dall’Italia per consegnarle alla missione : abbigliamento di ogni taglia e misura, cappellini, sandaline, palloni, medicinali, penne, matite, temperamatite e caramelle riempivano due grandi tavoli posizionati apposta per l’occasione. Facciamo una breve cernita per dividere il materiale : medicinali per il dispensario ; caramelle, pastelli colorati e palloncini per l’asilo ; abbigliamento, penne e sandaline per la primary scool e la rimanenza per la secondary scool.
Passeggiamo lungo la strada polverosa di Ruhuha e la gente accorre a salutarci ed ad invitarci a scattare delle foto con loro.
Ammiro molto la loro cordialità e disponibilità anche se non nascondo un po’ di riservatezza nel mantenere una certa distanza nel rispetto reciproco. Nonostante tutto un abbraccio ed una pacca sulla spalla vengono destinati a tutti i ragazzi intorno a noi ; ci prendono per mano e ci invitano a camminare con loro.
La sera Pr. Onesphore ci organizza un banchetto sotto le stelle a base di carne di capra e pollo bagnate da litri di birra le cui bottiglie vengono buttate per terra e poi contate come « cadaveri di guerra » : uno, due, tre … … … Tredici cadaveri rinvenuti a terra.
-14/05 Ruhuha e d’intorni km 50 La mattina veniamo invitati alla messa dedicata alla scomparsa della nostra amica.
Quando Pr.Onesphore prende in mano la targa in sua memoria ed in dialetto locale, descrive ai presenti il vero significato dell’amicizia e dell’affetto che ci lega, non riesco a trattenere l’emozione. Ancora adesso mi è difficile.
Un canto gosphel ritmato da un bongo accompagnia il nostro saluto verso il cielo.
E’ meraviglioso e nello stesso tempo toccante vedere tutte queste persone così assorte e rispettose verso un’amica bianca distante un Continente da loro.
Pr. Onesphore continua a ripetere : « Erik, lontano dagli occhi non vuol dire lontano dal cuore » ed in questa circostanza non vi è cosa più saggia e veritiera.
La giornata trascorre così velocemente che è difficile riuscire a comprimere in un unico giro d’orologio tutte le cose che dovremmo fare e vedere.
Iniziamo con la visita al vicino dispensario dove portamo una borsa intera di medicinali di primo soccorso. L’ambiente è gremito di gente di ogni età ed in mezzo alla sala d’attesa una grossa bilancia da pesa viene utilizzata per registrare ogni singola variazione. Anche una minima differenza di peso può essere indice d’allarme per qulasiasi malattia, malaria in primis.
Poco dopo ci rechiamo all’asilo, a poche centinaia di metri dal dispensario. A sopresa portiamo tutti i palloni gonfiati per l’occasione ed un sacco di caramelle. Lo stupore dei bambini lo si legge dal loro sguardo quasi incredulo e nello stesso tempo gioioso e divertito. Purtroppo non abbiamo tanto tempo ed allora subito rientriamo per pranzo per poi concederci una breve pausa lungo la quale passeggiamo nella polverosa via principale di Ruhuha per poi raggiungere il nuovo villaggio dove abbiamo contribuito, grazie anche alla donazione di amici e società, alla costruzione degli ultimi tetti in lamiera per completare l’opera.
Alcuni hanno già abbandonato le vecchie abitazioni in capanne per raggiungre questo nuovo villaggio dove, entro agosto, si prevede l’ultimazione. Tempo di salutare un gruppo di bambini che giocano con un acquilone ricavato da uno spago di plastica ed un sacchetto bianco tagliato alle estremità che già raggiungiamo la primary scuol a pochi chilometri. E’ costituita da due classi, la prima e seconda e la terza classe in fase di realizzazione. Mentre i bambini fanno lezione, nell’ala adiacente un gruppo di operai/e montano le travature in legno sui muri portanti ed iniziano a legarle con spago e cemento.
Entriamo nelle due aule mentre i rispettivi maestri cercano di dar lezione ma invano. Oggi per loro è un giorno di festa ; apriamo i borsoni e distribuiamo le matite, penne e doniamo i sandali a chi ne è sprovvisto. Fortuna vuole che li calzano a perfezione e ciò ci dà soddisfazione.
Lasciamo la scuola dopo una breve passeggiata lungo le risaie e l’orto coltivato appositamente per le loro provviste, di proprietà della diocesi, per raggiungere prima una grande piantagione di ananas sempre di loro proprietà e poi una chiesetta in costruzione.
Si chiamerà « Chappelle Sainte Elisa » e vi sono solo, per ora, le fondamenta, ma vicino ci sono i mattoni fabbricati appositamente da una macchina proveninte dal Belgio pronti per essere posati.
Anche in questo caso Pr. Onesphore sottolinea l’importanza della chiesa per la comunità locale in quanto temporaneamente è costretta a fare diversi chilometri per raggiungere quella più vicina.
Come ultima tappa, ci rechiamo nel vicino villaggio a pochi chilometri dal confine con il Burundi per assaporare la prima « Amstel » beer d’importazione burundese.
In quel bar , senza nome e senza luci il tempo si è fermato a quattordici anni fa’… … …
Al rientro onoriamo la tavola con diverse pizze sfornate per l’occasione del nostro ultimo giorno. Per la prima volta vediamo anche le suore della diocesi sedute vicino a noi che, come se fossero al cinema, gustano la pizza davanti ad un video di musica gosphel. L’atmosfera è molto frizzante e sembra di trascorrere la serata con vecchi amici conosciuti in non so quale bettola africana.
-15/05 Ruhuha – Akagera N.P. Via Kigali km 180 Facciamo colazione insieme ad Onesphore ed amici, e siamo ai saluti di rito. La voglia di rivedere queste fantastiche persone è tanta e non si sa mai : « Lontano dagli occhi non vuol dire lontano dal cuore », per cui mi riservo l’occasione per un ritorno futuro.
Riprendiamo la strada verso la capitale e raggiungiamo una famosa località per una triste tragedia accorsa durante il periodo del genocidio. Siamo a Nyamata nella cui chiesa il 07 maggio ’94, durante la cerimonia, vennero massacrate a colpi di macete più di cinquecento persone. All’uscita ci fanno compilare un registro con una dedica ed un piccolo lobolo per le vedove. Cosa scrivere, le parole non bastano per riempire quei vuoti senza ragione.
Passiamo da Kigali, un città senza un propria identità e fisionomia, e ci avviciniamo al parco. Gli ultimi quaranta chilometri li facciamo con una strada sterrata di una polvere colore rosso porpora.
Nel pomeriggio entriamo nel parco in tempo per fare prima un game safari lungo la parte sud dove vivono gruppi di zebre e giraffe e poi una gita in barca a motore per raggiungere al tramonto un isoletta abitata da tantissime specie di uccelli acquatici e coccodrilli pronti per il pasto serale.
La natura è a dir poco splendida ed il sole che si specchia nel lago Ihema, sul confine con la Tanzania, sembra un dipinto di Manet.
-16/05 Akagera N.P. – Lake Mburo N.P. Via Kagitumba km 340 Sveglia alle prime ore dell’alba e partenza dopo colazione. Il viaggio per raggiungere il parco è molto lungo ed il caldo non tarda a mancare.
Raggiungiamo la dogana verso mezzo giorno e ci fermiamo lungo la strada per un veloce pranzo al sacco. Una gomma bucata del nostro mezzo rallenta il percorso ma sicuramente non ci scoraggia. Mentre Amos è ai box per la riparazione, noi decidiamo di percorrere la strada a piedi per poi incontrarci più avanti.
Ci fermiamo nuovamente per una breve tappa lungo la linea dell’equatore per comprare qualche souvenir e nel tardo pomeriggio raggiungiamo il gate del parco.
Decidiamo di campeggiare negli spartani ma accoglienti bungalow al Rwonyo Camp dove gruppi di impala brucano tranquillamente nelle vicinanze e teneri madri di facocero riposano insieme ai propri cuccioli.
Dobbiamo prendere il nostro mezzo per andare al ristorante in quando è situato a pochi chilometri lungo la sponda del lago Mburo. E’ un posto fantastico dove finalmente si vede conciliare la natura umana con quella animale. Tutt’intorno non vi è niente, nessuna luce artificiale, nessun rumore umano se non il nostro vociare. L’unico chiasso, lo fa’ un ippopotamo che proprio a pochi metri dal ristorante, esce dall’acqua , si stira, sbadiglia un paio di volte e, con una plombe da attore rodato, si mette a brucare intorno come se niente fosse.
La cena a lume di candela disegna un’atmosfera puramente africana con un cielo illuminato a giorno da una luna piena che sorride all’ippopotamo intorno a noi.
Una doccia spartana come ultima volontà di una giornata felicemente vissuta prima del meritato riposo.
-17/05 Lake Mburo N.P. – Entebbe via Kampala km 295 Siamo ormai di ritorno per la prima tappa verso l ’aeroporto di Entebbe. Claudia ci deve abbondonare, non prima di aver assaporato un altre lungo e divertente viaggio a bordo della nostra caffettiera 4WD. Non ci ha mai tradito, nonostante strade dissestate, lunghe tappe di percorrenza, diversi game drive anche su terreni a volte impraticabili. Un complimento va anche ad Amos che ha dimostrato tutto il suo valore di grande guida esperta e professionale.
Anche se noi ci fermiamo altri giorni, ci sembra quasi di partire con Claudia. Abbiamo trascorso un viaggio con così tanta intensità e passione che si ha l’impressione che un pezzo del puzzle venga a mancare e conseguentemente cala un filo di tristezza sui nostri volti.
Tiriamo notte con la solita partita a carte ed è già ora di accompagnarla in aeroporto.
Domani sarà un altro giorno.
-18/05 Entebbe isole Ssese km 40 via ferry.
Lasciati alle spalle la terra ferma e tutti i ricordi spesi in compagnia di Claudia ed Amos, facciamo tappa al molo per prendere il ferry che ci condurrà su l’isola di Bugala nella baia di Lutoboka.
Le quattro ore di traversata le spendiamo in vecchie reminescenze e racconti di viaggio passati tra Uganda e Rwanda. Giungiamo sull’isola verso le 17 :00 pm e lungo il litorale raggiungiamo il nostro albergo.
Il posto è tale e quale a due anni fa ; le aquile pescatrici che dominano dall’alto delle piante ai bordi dell’albergo, lo stesso focolaio in spiaggia, la stessa barca in legno verde e gialla un po’ più attempata e gli stessi colori fantastici del tramonto.
Un tramonto che insieme ad Elisa avevo dipinto nel ’06 lo rivedo con tonalità più accese quasi volesse renderci omaggio del nostro ritorno … … …
-19/05 Isole Ssese Ci svegliamo sotto un forte temporale che sembra non smetta più ; il cielo plumbeo, carico di pioggia e lampi a grappolo ci inveisce contro. Sembra una giornata storta ed invece, piano piano, un pallido sole fa’ capolino e ci rimette con l’umore giusto per una breve escursione lungo l’isola direzione sud-est.
Capitiamo in un viallaggio, dopo aver scollinato e percorso alcuni chilometri lungo una strada piena di pozze e fango, dove incontriamo un volontario belga che da due anni vive aiutando le ragazze locali e bambine minorenni vittime di stupri e violenze sessuali.
Ci racconta che la disinformazione e la mancanza d’istruzione sono tra le maggiori cause del diffondersi dell’AIDS e malattie sessualmente trasmettibili come l’epatite B.
I dati che ci espone sono eloquenti di un quadro a dir poco drammatico ; sui 40.000 abitanti dell’isola, la metà sono sotto i 15 anni di cui l’80 % sieropositivi e la metà portatori del virus HIV. Non commento ! Salutiamo l’amico belga e rientriamo all’accomodation per immortalare l’ultimo tramonto seduti intorno ad un falò acceso dai ragazzi locali. Le fiamme calde ed intense si mischiano con il riflesso dorato del sole al calare sullo specchio del lago e gli uccelli man mano, come delle comparse in un film d’azione, scorrono lungo lo sfondo disegnando giochi di ombre cinesi spettacolari.
Queste immagini vengono catturate nella mia mente e come un flashback faccio scorrere tutte le emozioni passate in questa lunga ed appassionante avventura africana.
Non ho parole … … … Resto in silenzio ad ascoltare.
-20/05 Isole Ssese – Entebbe km 40 via ferry Rintriamo ad Entebbe non prima di aver vissuto l’ultima ed emozionante avventura. Prendiamo frettolosamente il furgone che ci porta al molo, poco dopo si ferma lungo la strada sotto una pioggia fastidiosa. Senza dire alcuna parole, l’autista esce e scompare nel retro. Il ferry alle 08 :00 in punto parte e noi, come sacchi di patate, fermi sul mezzo ormai da dieci minuti ad aspettare. Ore 07 :40 prendo l’iniziativa con Flavio di abbandonare il furgone ed iniziare a correre verso il porto. Mentre gli altri compagni camminano lungo la strada impantanata cerco di affrettare il passo e sento in lontananza il suono della tromba che annuncia la partenza prossima. Aumento la velocità ed intravedo una motocicletta con tre passeggeri a bordo, alla disperata chiedo un passaggio e con il seguente schieramento a sandwich riesco a raggiungere il molo : guidatore, bambino, secondo passeggero ed io che reggo la sua valigia ed in spalla il mio zaino.
Arrivo in leggero anticipo lavato da capo a piedi ed avviso dell’eventuale ritardo dei miei amici dove, coincidenza vuole che, nel contempo, mi raggiungono con il nostro mezzo.
L’autista era sceso a prendere una tanica di benzina essendo rimasto a secco e, giusto in tempo, è riuscito, in zona « last minute », a riparare al danno.
Raggiungiamo Entebbe nel primo pomeriggio e ne approfittiamo per spendere gli ultimi rimasugli di moneta locale in souvenir ed aspettiamo l’arrivo delle tenebre per calare il sipario del nostro fantastico ed indimenticabile viaggio.
-21/05 Entebbe – Milano volo intercontinentale con Egypt via Cairo Giungo a casa la sera, non mi sento particolarmente stanco, aspetto con calma la notte, spengo la luce e rimbocco le coperte, non riesco a prender sonno ; davanti a me ho ancora lo sguardo di quell’anziana signora dagli occhi lucidi che mi accenna di stare in silenzio ed io, con profondo rispetto, ascolto … … … Ascolto in silenzio.
Erik Viani : viaggiomania@yahoo.It ****************************************************************************************** Tipologia di viaggio : equo-solidale con una dose d’avventura Quando : maggio ‘08 Periodo consigliato : giugno – settembre Alloggi : Hotel, ostelli, community bandas, missioni Viaggio : aereo, fuoristrada, ferry Durata : 18 giorni Costo a persona : tutto incluso 2000 euro ( indicativo ) Cambio monetario al 01.05.08 RWANDA Franco Ruanda RWF 163 844.910 543.7004 UGANDA Scellino Ugandese UGX 126 2615.73 1683.2212 STATI UNITI Dollaro USA USD 001 1.554 1.0000 Erik : viaggiomania@yahoo.It