Un’estate indiana di seconda parte
E’ mercoledì e ad Anjuna, ad una manciata di chilometri di distanza, c’è un coloratissimo mercato. Abbiamo tutto il tempo e decidiamo di andarci.
Prendiamo un minipulmino.
Il piccolo mezzo percorre stradine un po’ dissestate, l’asfalto si mischia con la terra e crea buche in abbondanza. Fuori c’è un sole impietoso e l’aria che entra è calda… Passiamo tra risaie verdissime e boschi di banani e palme finchè giungiamo quasi ai bordi della lunga spiaggia dove fanno il mercato.
Una fila di venditori ha messo la sua merce per terra ai bordi della strada. C’è un po’ di tutto.
Argenti, pelli, borse di cuoio, tappeti, tessuti coloratissimi, foulard, stoffe, spezie, strumenti musicali e bar dove rifocillarsi.
Non c’è molta gente, tutta questa mercanzia molto bella e a poco prezzo è per lo più per i turisti ma la stagione volge al termine e di turisti non ce ne sono molti.
Giriamo, curiosiamo e qualcosa compriamo.
Con il sole a picco lasciamo il coloratissimo mercato e con un tuc-tuc ci facciamo riportare alla nostra guest house.
Ancora una manciata di ore e poi partiremo per Mangalore. Lasceremo queste bellissime spiagge e questo verde lussureggiante con un pizzico di dispiacere.
Abbiamo il tempo per preparare gli zaini e le borse (che sono sempre più voluminose), di rilassarci guardando un po’ di televisione e per goderci gli ultimi momenti sul nostro piacevole balconcino.
Abbiamo chiesto ieri al “giovane boss” dell’albergo di prenotarci un mini pulmino per portarci alla stazione dei bus. Gli abbiamo chiesto che arrivi per le 16.00.
Speriamo che non se ne sia dimenticato… Non siamo preoccupati perché se non arrivasse basterà andare fino sulla strada principale e fermarne il primo tuc-tuc che passa vuoto.
Alle 16.00 puntuale vediamo arrivare il piccolo mezzo.
Anche questa volta la fiducia è stata ben riposta.
Prendiamo i bagagli, chiudiamo la porta a malincuore sulla nostra deliziosa “suite” e scendiamo.
Le verdi risaie scorrono davanti ai nostri occhi mentre traballando sul piccolo pulmino andiamo verso la stazione dei bus di Calangute.
Il sole è sempre padrone del cielo e l’azzurro domina incontrastato su tutta la volta.
In poco tempo arriviamo a destinazione. Ci ritroviamo su una larga piazza sterrata dove sono posteggiati alcuni bus un po’ malandati. Ai lati una fila di baracche con negozi che offrono di tutto e piccoli bar con in vendita polpettine piccanti.
Aspettiamo bevendo acqua e mangiando polpette. Ci dispiace partire ma l’ India è vasta e la nostra strada è ancora lunga.
Da Calangute fino a Panaji (la capitale) andiamo con uno scalcinato bus locale. E’ senza porte e senza ammortizzatori e il motore fa un rumore impressionante. Al suo passaggio i piccoli aironi bianchi si alzano in volo… i corvi invece guardano incuriositi.
Ad ogni accelerata il grosso mezzo pare fare uno sforzo immane, ulula il suo sfinimento riempiendo il silenzio delle risaie.
Dopo una mezzora di curve il traballante e vetusto bus ci lascia in un lungo piazzale ai bordi di una strada molto trafficata. E’ la strada principale che va da nord a sud e che ci porterà a Mangalore.
Ci sono molti bus in attesa e tanti passeggeri alla ricerca di quello giusto. Il nostro ancora non c’è.
Sulla strada davanti a noi il traffico è molto sostenuto, per lo più è composto da camion grandi e piccoli, da bus locali e da bus deluxe per le lunghe tratte. Il rumore è continuo. Mentre aspettiamo il sole scende lentamente dietro i maestosi alberi e i lontani palazzi di Panaji.
Oramai tra poco sarà sera e il nostro bus ancora non compare.
Finalmente arriva.
E’ grande e alto, sembra nuovo e bello ma una volta visto da vicino pare piuttosto vecchiotto.
Poco dopo le sette di sera il nostro grande bus con i sedili e i loculi per dormire lascia il piazzale e inizia il suo viaggio verso sud. Abbiamo scelto i sedili reclinabili ma quelli che ci hanno dato sono un po’ arrugginiti e un po’ scomodi.
Le ore passano mentre il buio della notte ci inghiotte.
Giovedì 8 maggio E’ stata una notte un po’ tormentata. Le gambe non trovavano mai una posizione decente e la schiena mal si confaceva alle poltrone sfondate… in più le frenate e le accelerate creavano traballamenti continui.
Alle sei del mattino finalmente il bus arriva a Mangalore: percorre un po’ di larghi viali ancora assonnati per poi inoltrarsi in strette stradine e finire la sua corsa in una di queste.
Mangalore E’ ancora buio.
Scendiamo abbastanza malconci dal bus, abbiamo le ossa a pezzi e lo stomaco vuoto. Ci ritroviamo in una strada sporca e sterrata con palazzi tetri e più malconci di noi.
Non facciamo a tempo a posare gli zaini in terra che un guidatore di tuc-tuc, più intraprendente degli altri, comincia a martellarci per farci salire sul suo mezzo.
Gli diciamo di aspettare un momento perché dobbiamo riprenderci e capire dove andare.
Lui aspetta un attimo e poi ricomincia a martellarci, non vuole perdere la corsa e non si stacca da noi.
Ci prende per sfinimento… Saliamo sul suo tc-tuc e e gli diciamo di portarci al Surya Hotel… il nostro driver ci dice che è un brutto posto e che conosce invece un hotel pulito e a poco prezzo… è sempre la solita musica… In tono fermo gli diciamo di portarci al nostro indirizzo.
Lui scuote la testa e continua a parlare ma questa volta in hindu.
L’hotel Surya si presenta subito in tutta la sua bruttezza: è molto trasandato e sudicio e da un senso di squallore che lascia senza fiato… Quando risaliamo sul tuc-tuc e gli diamo un altro indirizzo lui sorride sotto i suoi baffi neri… ci dice qualcosa in hindu che noi non capiamo… ma che intuiamo.
Il secondo hotel è pieno.
Siamo stanchi e un po’ depressi.
Il nostro driver capisce il nostro momento di incertezza e inizia di nuovo a “lavorarci ai fianchi” proponendoci lui l’hotel.
Io e Vito ci guardiamo sconsolati, non vediamo l’ora di posare i bagagli e farci un caffè, sono oramai quasi le sette ed è già giorno.
Gli diciamo di portarci dove dice lui.
Ci porta all’ Hindusthan Hotel. Il posto non è un gran che, ma almeno è abbastanza pulito e la stanza non è troppo piccola.
C’è una grande finestra coperta da tendoni pesanti, dietro c’è un vicolo molto stretto e un po’ deprimente da dove salgono odori di cibo molto speziato… I muri della stanza sono completamente disadorni, né quadri né altro.
E’ un po’ deprimente…Meno male che non dobbiamo starci molto, prima partiamo e meglio è.
Mangalore è la principale città della costa dello stato del Karnataka ma non è particolarmente pittoresca.
Ci accorgiamo subito che il traffico è un po’ caotico e i colori e le antiche case dell’India sono particolarmente assenti. E’ una città quasi collinare percorsa da strade tortuose che fanno perdere l’orientamento.
Passeggiamo alla ricerca di un posto dove fare una ricca colazione ma la maggior parte dei locali è chiusa.
Ne troviamo un paio aperti ma fanno solo colazioni all’indiana: riso con sughetti piccanti, polpette super speziate e verdure grigliate nel peperoncino… noi vorremmo solo del the e dei toast… ma non troviamo nulla.
Torniamo un po’ sconsolati verso il nostro hotel.
Ci accorgiamo che proprio di fronte c’è un hotel di lusso… li certamente ci sarà un ristorante… Decidiamo di andarci.
Davanti alla grande porta a vetri un tipo vestito da maharaja ci saluta inchinandosi, l’atrio è colmo di sofà e piante tropicali… è proprio un posto lussuoso.
Saliamo al primo piano dove c’è il ristorante, i tavoli sono divisi da bassi separè e da piante con larghe foglie. Ci sono pochi clienti: qualche famigliola occidentale e un paio di indiani che mangiano e parlano al telefonino.
Prendiamo due sandwich e del the, ma non usciamo molto soddisfatti. I sapori erano un po’ strani.
Decidiamo di ripartire al più presto e così facciamo i biglietti per Ernakulam, dove arriveremo domani mattina, e da lì con un bus locale raggiungeremo Alappuzha (la vecchia Alleppey), la nostra prossima tappa prima di arrivare nel Kerala.
Partiremo questa sera alle 20.30 e passeremo un’altra notte in bus… Siamo ancora un po’ stanchi e così andiamo a riposarci un po’ in camera.
Facciamo uno strappo alla regola e ci facciamo un buon caffè per mitigare la mancanza di una decente colazione.
Dopo un paio d’ore usciamo per andare a vedere la tranquilla Ullal Beach, la guida dice che è un posto interessante.
Prendiamo un tuc-tuc e ci mettiamo 30 minuti buoni. Passiamo per viali molto anonimi con caseggiati molto malandati e per strade tortuose ingolfate da moto e macchine. Non ci sono risciò, ne carretti, poche biciclette e nessuna mucca per strada. E’ un traffico rumoroso e anonimo Ma non vediamo neanche palazzi pittoreschi o mercati colorati. E la spiaggia, infine, si rivela una cocente delusione. Nelle nostre menti c’è ancora la lunga e bellissima spiaggia di Calangute e vedere questa striscia di sabbia piena di escrementi, di bottiglie di plastica, cartacce e di resti di cibo lascia un po’ sgomenti.
Ci sono alcune famigliole che incuranti di tutto questo mangiano in cerchio tra immondizie e sporcizia. C’è persino chi fa il bagno.
Non c’è neanche un posto che venda da bere, il luogo è veramente deprimente… Torniamo verso la strada e con un altro tuc-tuc ci facciamo riportare nei pressi del nostro hotel.
L’appetito comincia a farsi sentire, diamo ancora credito alla nostra guida e andiamo a mangiare in un posto che dice essere buono.
Il locale è buio, pare più uno scantinato che un ristorante. Siamo i soli a mangiare e presto capiremo il perché… Non sono ancora le sette di sera e la cucina è ancora chiusa… ci fanno in ogni caso due piatti di noodles che però non risultano molto appetitosi… Torniamo in camera per rilassarci prima della partenza. Alle otto di sera, puntuali, siamo davanti all’agenzia dove abbiamo comprato i biglietti e dove arriverà il nostro bus.
Dopo una manciata di minuti arriva rombando il nostro grosso bus-deluxe.
Siamo contenti di partire.
Questa volta prendiamo i posti di sopra, quelli a loculi dove si può stare sdraiati.
Quando il bus parte ci rendiamo subito conto di come stando in alto ogni sussulto del mezzo si senta ancor di più… ci sdraiamo e cerchiamo di dormire ma non è facile. Passiamo la notte tra brevi dormite e nervose fumate.
Durante la notte è avvenuto ciò che oramai non speravamo più: è arrivato il primo temporale.
Venerdì 9 maggio Lampi e tuoni all’orizzonte si sono aggiunti al rumore del motore… correndo verso sud abbiamo lambito un poderoso temporale che ha bagnato a tratti anche la nostra strada.
Un po’ siamo contenti della pioggia, finora abbiamo solo sudato sotto un sole spesso cocente, e un po’ di fresco e di nuvole davanti al sole non ci dispiacerebbero per niente.
Ma al mattino il cielo si presenta di nuovo azzurro, ci sono poche nuvole bianche che paiono spaesate e per le strade non ci sono pozzanghere a ricordare la pioggia della notte.
Continuiamo il nostro dormiveglia fino a quando il bus si ferma e ci chiamano per scendere.
Siamo arrivati ad Ernakulam.
Ci lasciano su un viale alberato, molti negozi sono ancora chiusi e il traffico è ancora modesto.
Fermiamo il primo tuc-tuc che passa vuoto e ci facciamo portare alla stazione dei bus.
Sono le 7.30 del mattino, l’aria è fresca, siamo in orario e tutto procede bene se non fosse che per la fretta ho dimenticato gli occhiali sul bus… Quelli che la scimmia di Vindraban mi aveva scippato e rosicchiato… Era destino… (meno male che per leggere ho almeno quelli di riserva) e non me la prendo più di tanto, forse era scritto che quegli occhiali dovevano rimanere in India… Alle otto partiamo dalla stazione dei bus per Alappuzha (la vecchia Alleppey) quella che chiamano la Venezia d’oriente per i suoi ombreggiati canali.Ci sono solo una settantina di chilometri ma il bus è un locale e le fermate sono continue. Dopo un’ora e mezza siamo finalmente ad Alappuzha.
Alappuzha Con un tuc-tuc giriamo un paio di posti prima di trovare quello che fa per noi. Ci fermiamo al Gowri Heritage Residence, un posto ombreggiato con tanti villini attorniato da un incantevole giardino. Il luogo è veramente bello e rilassante.
Abbiamo metà di una piccola casetta di legno dove c’è solo una stanza con il letto, un tavolino e due sedie. Non ci sta null’altro nel senso che non c’è spazio… C’è una porta che da sul gabinetto, unico nel suo genere. In gabinetto non c’è il tetto, ci sono le pareti ma non il tetto. C’è anche lo spazio per un piccolo giardino dove un paio di piante con fiori colorati salgono verso il cielo… Alzando gli occhi siamo coperti dai rami di alberi maestosi e dove si intravede il cielo è di un azzurro intenso.
E se uno deve andarci e piove? E’ un problema che per ora non ci poniamo. Una volta rilassati dal viaggio, grazie anche ad un corroborante caffè, usciamo dal nostro rilassante residence per andare alla ricerca di un posto dove fare colazione.
I nostri stomaci sono desolatamente semi vuoti e ricordano a malapena le mangiate di Goa… Non facciamo due passi che un guidatore di tuc-tuc si offre di portarci in giro, gli diciamo che prima vogliamo andare a fare colazione, ma non l’avessimo detto sarebbe stato meglio perchè prende la palla al balzo e ci dice che sa un posto dove fanno ottime colazioni.
Crederci o non crederci, questo è il problema. Ci porterà in un posto delizioso che non avremmo mai scoperto o in un posto terribile da dove ce ne andiamo via subito? Ci fidiamo e saliamo sul piccolo mezzo.
Gli chiediamo se fanno colazioni alla continentale ma lui ha già messo la marcia e non può che dirci di si… e ci porta in un posto dove si mangia solo indiano… Nel menù per la colazione del bar-ristorante dove ci porta troviamo la passata di ceci al curry, il riso bollito, le verdure con sughetti molto intensi, le acciughe con pezzi di peperoncino… ma niente che si avvicini ad un toast o ad un sandwich.
Per quanto riguarda il bere non hanno the liscio ma solo mischiato con il latte… Siamo delusi, non prendiamo niente e usciamo, il nostro driver è più deluso di noi perché non prende la commissione per averci portato li.
Ma non si da per vinto e ci dice che conosce un altro posto… noi lo stoppiamo anche perché abbiamo visto l’insegna di un “Indian Coffe” a poche decine di metri sull’altro lato della strada.
Lo salutiamo e ci andiamo.
Finalmente beviamo the nero e mangiamo toast imburrati… una delizia… Nel mentre il nostro driver è andato a spostare il suo tuc.Tuc e si è andato a posizionare davanti al locale dove facciamo colazione. Non ci vuole mollare e sa che una volta rifocillati avremo bisogno di un mezzo per spostarci da li. E’ previdente e l’esperienza non gli manca… Quando usciamo ci comincia a martellare con mille proposte, tra le tante c’è anche quella di un giro in barca tra i canali attorno alla città.
E questa era un’idea che già avevamo in mente… La cosa ci stuzzica e così affittiamo la sua barca per fare un giro di quattro ore. Di più ci sembra troppo.
La nostra speranza è che ci porti in posti pittoreschi, tra stretti canali ombreggiati dagli alberi di cocco… ma la realtà si materializzerà in modo diverso… Infatti gran parte del giro lo facciamo in ampi canali e ancor più ampi laghi, facciamo solo un piccolo tragitto in un canale stretto e interessante. Ci lamentiamo con il barcaiolo, che è il fratello del guidatore del tuc-tuc, ma lui parla solo hindu e non ci risponde. Siamo sicuri che capisce ciò che gli diciamo, anche perché usiamo gesti eloquenti, ma a lui non interessa e continua a remare infischiandosene delle nostre rimostranze.
Siamo un po’ delusi, all’inizio per non perdere il cliente ti dicono di si a tutto ma poi ti accorgi che non è così. Però non sempre le cose vanno male, il problema è che non lo puoi sapere prima… in passato mi è capitato di fare dei giri veramente belli e interessanti, è solo questione di fortuna… Scendiamo dalla barca sollevati di mettere finalmente i pedi per terra. Lasciamo la tranquillità ondegggiante della barca per il passeggio tra le bancarelle.
Gironzoliamo un po’ tra strade un po’ intasate dal traffico pedonale e da quello dei tuc-tuc e delle moto. Siamo un po’ stanchi e la notte in bus e le ore in barca sono state deleterie per le nostre ossa… Torniamo verso il nostro delizioso villino.
Il posto è veramente gradevole e noi ci rilassiamo facendo scorrere le ultime ore del pomeriggio.
Quando arriva l’imbrunire lasciamo la nostra villetta immersa nel rigoglioso giardino e usciamo per cercare un internet point prima di andare a cena.
Ne avevamo visti un paio ma adesso troviamo tutto chiuso e si è fatta sera e le strade sono fiocamente illuminate. Abbiamo fame e non tanta voglia di cercare un altro posto che abbia computer… Consultiamo la nostra guida e la nostra scelta finisce su un ristorante dove leggiamo che “si mangiano cibi gustosi in un atmosfera unica”. Il posto si chiama Chakara Restaurant ed è all’interno del Raheem Residency: e sempre per la guida è “il migliore della città ed anche il più costoso”.
Decidiamo di andare li.
Abbiamo il nome del posto e la via e non dovrebbero esserci problemi.
Fermiamo il primo tuc-tuc libero ma l’indiano al volante non sa l’inglese e non conosce il posto.
Ne fermiamo un altro ma anche questo non sa il posto, è insieme ad un amico e cominciano a confabulare… parlano tra loro mentre noi non capiamo di che cosa debbano discutere se non sanno dove portarci. Arriva un altro indiano che parla inglese e capisce finalmente dove vogliamo andare. Sorridendoci parla al guidatore del tuc-tuc che ascolta silenzioso e poi sorride anche lui come dimostrazione dell’aver capito dove andare.
Noi speriamo che sia effettivamente così… Il piccolo mezzo parte e sgomma sulla strada sterrata illuminata dai negozi. Lasciamo lentamente il traffico della città per inoltrarci su una strada dritta e buia. Ai lati gli alberi così pittoreschi di giorno paiono ora minacciosi e la striscia d’asfalto è erosa da buche continue.
Ma dove stiamo andando? Non c’è molto traffico su questa strada buia, speriamo ardentemente che lo scalcinato mezzo non abbia problemi di sorta… Dopo una decina di minuti arriviamo a ridosso della spiaggia.
E’ buio pesto e l’acqua dell’oceano si mischia al buio dell’orizzonte. La strada svolta costeggiando l’ampia spiaggia, dal traballante mezzo cerchiamo di intravedere le onde ma non si vede nulla, e anche in cielo non si vede una stella… Si sente solo l’odore del mare e il suo lieve rumore.
Facciamo ancora poche centinaia di metri e poi il tuc-tuc si ferma.
Siamo davanti all’entrata del lussuoso Raheem Residency e il nostro ristorante è proprio qui.
Ringraziamo il guidatore del tuc-tuc ed entriamo.
Il vialetto che percorriamo passa in mezzo ad uno splendido giardino per poi arrivare ad una struttura vagamente romantica e di grande pregio architettonico. Un posto veramente incantevole.
Raggiungiamo il ristorante che è al primo piano.
È molto chic. Roba da ricchi.
I tavoli sono posti vicino ad ampie vetrate aperte e tutto l’arredamento è di pregio.
Noi ci sediamo ad un grande tavolo rotondo vicino alla vetrata che da sulla spiaggia. In lontananza c’è l’oceano ma anche da qui non lo si vede: è buio pesto.
Siamo i soli al ristorante, ma forse è solo perché è un po’ presto… A vedere le stanze e i balconi del Residency che intravediamo dal nostro tavolo non pare però che ci sia molta gente, anche qui probabilmente siamo alla fine della stagione.
Stasera non ci sarà il pienone al ristorante… Ci danno il menù ma ci accorgiamo che non c’è un menù vero e proprio. E’ già tutto prestabilito, ci sono quattro portate e si può solo scegliere tra un paio di primi di verdura ed un paio di secondi di carne.
E in fondo alla pagina c’è scritto che il costo totale delle portate è di 660 rupie… (pari a 11 euro).
A noi questa cifra fa un po’ sorridere ma per la maggior parte degli indiani è una cifra considerevole.
Ordiniamo birra fresca per esaltare i cibi che andremo a degustare… Per primo ci portano un paio di polpette con le patate e con spezie che rovinano un po’ il gusto… ne abbiamo mangiate di migliori in molti chioschetti per le strade.
Come seconda portata arriva una soup di verdure che non ha nulla di speciale, pare anzi poco saporita.
Il piatto forte che aspettiamo è il pesce al curry per me e il pollo per Vito. Entrambe le portate arrivano in due vassoi con dei sughetti poco allettanti. Il pollo di Vito non era tra i migliori che ha mangiato, e il mio pesce, molto buono, doveva essere mondato dal terribile sugo giallognolo per essere decente. Il riso al burro di contorno aveva spezie devastanti che sconvolgevano il suo sapore.
E per finire come dessert sono arrivate un paio di palline di pane in un sugo dolcissimo che farebbe felice qualsiasi dentista… Una cena decente ma decisamente al di sotto di ciò che affermava la guida. Abbiamo mangiato in altri posti meno altolocati dove il sapore del cibo era molto più gustoso.
In ogni caso è un luogo dove vale la pena venirci: un po’ per il cibo e la birra, ma soprattutto per l’ambiente molto avvolgente.
Mentre assaggiavamo “questi manicaretti locali” è cominciato a tuonare, sempre più forte e sempre più vicino ed infine a piovere… Una pioggia forte e rumorosa.
Le grandi foglie degli alberi attorno grondavano di acqua mentre noi seduti comodamente su ampie sedie in stile coloniale sorseggiavamo la nostra birra fresca.
Quando lasciamo il ristorante la pioggia fortunatamente ha già finito di scendere da una decina di minuti. L’aria è fresca e il buio della notte senza stelle sono una novità per noi.
Sulla strada che costeggia la larga spiaggia non c’è nessuno, ci guardiamo in giro alla ricerca di un mezzo per tornare alla nostra villetta ma il buio e il silenzio ci lasciano perplessi.
Non siamo preoccupati perché siamo certi che in breve tempo si sentirà lo schioppettare del motore di un tuc-tuc.
Infatti poco dopo si sente il rumore e poi dal buio si materializza il piccolo mezzo. In una mezz’oretta siamo di nuovo alla nostra villetta.
Siamo stanchi, abbiamo vissuto un’altra giornata abbastanza intensa… Mentre sdraiati sul letto parliamo degli accadimenti della giornata ci accorgiamo che dal soffitto pendono dei grossi bozzoli e la nostra fantasia comincia a visualizzare enormi insetti voraci… Guardiamo e riguardiamo cercando di cogliere spostamenti pericolosi ma i bozzoli sono sempre fermi e immobili… Controlliamo più volte mentre montiamo la zanzariera.
Ci addormentiamo con il sospetto che i buchi della zanzariera non ci preservino dalle zanzare… ma per mia fortuna sono con Vito che, per il sapore del suo sangue, fa da richiamo alle zanzare.
Domani partiremo per Kovalam, al sud del Kerala, e ancora non sappiamo se potremo fare parte del viaggio in battello perché non si sa se c’è abbastanza gente che lo prenota… in ogni caso partiremo e questo ci basta.
Sabato 10 maggio Ci svegliamo presto.
Il fresco del mattino unito al cinguettio degli uccelli ci mette di buon umore.
Andiamo alla reception per sapere se ci hanno fatto i biglietti per il traghetto ma ci dicono che non ci sarà perché non hanno venduto il minimo dei biglietti utili per farlo partire… Siamo un po’ delusi ma non importa, vorrà dire che andremo alla stazione dei bus e scenderemo a sud via terra.
Tornando notiamo un’ aquila appollaiata su un traliccio proprio vicino alla nostra piccola casetta. Se ne sta li immobile a pochi metri da terra e noi ne approfittiamo per fotografarla. Io mi avvicino un po’ ma ad una decina di metri il rapace comincia a fissarmi con occhi di sfida.
Non vado oltre, se si arrabbia sono guai… Facciamo i bagagli e con un tuc-tuc ci facciamo portare alla stazione dei bus.
Troviamo un po’ di fermento, come sempre del resto, ma qui è risultato un po’ più difficoltoso capire quale fosse il nostro bus. Comunque dopo un po’ di peripezie tra italiano, inglese e hindu riusciamo a trovare il nostro agognato mezzo.
Sono le nove del mattino quando il lento e scassato autobus parte da Alappuzha e comincia a macinare i 155 chilometri che lo separano da Trivandrum, capitale del Kerala.
Il bigliettaio ci dice che arriveremo per l’una…(a voi fare i calcoli…).
Durante il tragitto qualche nuvola minacciosa ci insegue ma poi si stufa e lascia campo ad un azzurro intenso.
Non fa più caldo come nelle prima settimane ma comunque la temperatura rimane su livelli molto alti.
Il viaggio è lento, molto lento, ma oramai abbiamo fatto l’abitudine e non ci facciamo molto caso. Dopo più di quattro ore di traballamenti arriviamo finalmente a destinazione.
Per raggiungere Kovalam, la nostra prossima meta, dobbiamo però fare ancora un piccolo sforzo, perché questo bellissimo posto sull’oceano è ad una quindicina di chilometri ancora più a sud.
Prendiamo un tuc-tuc e poco dopo l’una e trenta siamo finalmente arrivati. Fa caldo e si suda ma la vista delle conche di Kovalam ci trasmette un piacere infinito.
Kovalam Lascio Vito vicino alla nostra montagna di zaini e borse e vado alla ricerca di un hotel.
Tra i tanti piccoli hotel costruiti come funghi, che hanno un po’ devastato l’ambiente selvaggio di un tempo, ne trovo uno che fa al caso nostro.
Si chiama il Sea Coast Hotel ed è in una viuzza a pochi metri dalla spiaggia. Non è nulla di particolare ma la stanza è spaziosa e pulita ed abbiamo anche qui un balcone che da su alberi e palme maestose.
Un bel posto a prezzi irrisori.
Ci riposiamo un po’ dal viaggio mattutino e ci godiamo l’odore che giunge dal mare… dal nostro balconcino si vede uno spicchio della conca e le onde che si infrangono sulla spiaggia.
Attorno a noi casette basse con tetti un po’ malandati tra alberi giganteschi e gruppi di palme altissime. E poi ci sono i corvi che volano tra una palma e l’altra e gracchiano in continuazione. Più in alto, nel cielo azzurro si intravedono le aquile e alle volte si odono i loro striduli richiami.
Questo posto all’estremità sud dell’India è veramente incantevole. E’ la terza volta che ci torno ed anche se non è più selvaggio come un tempo è sempre un luogo che affascina dove ci si riposa e si mangia molto bene. E poi ci sono le onde di questo oceano che sono forti e bellissime (ed anche un po’ pericolose se non ci stai attento).
Kovalam consiste in due insenature circoscritte a nord da piccole spiagge poco frequentate e a sud da una serie di promontori rocciosi. La vera cittadina sorge tra palmeti e risaie ad un chilometro circa nell’interno.
Dalla prima volta che ci sono venuto (1992) c’è stato un continuo sviluppo edilizio sul lungomare che ha eliminato molti angoli selvaggi e pittoreschi. Oggi conserva ancora un suo fascino e l’abbondanza di casette e palazzi costruiti tra palme e risaie non ha deturpato troppo il paesaggio.
Dopo un breve riposo usciamo per farci una passeggiata.
E’ pomeriggio e il sole è molto caldo.
La conca sulla destra è rimasta quasi intatta, selvaggia come un tempo. C’è solo in più un piccolo bar ristorante, che pare più una baracca, a ridosso della spiaggia. L’altra conca invece è stata completamente stravolta.
Dove una volta c’era la spiaggia con solo qualche ristorante, qualche negozietto di vestiario e argento e una manciata di piccole guest house adesso invece hanno costruito una stretta passeggiata dove negozi, hotel e ristoranti si susseguono senza sosta.
Prima c’erano ampi spazi di spiaggia che arrivavano fino alle prime palme creando angoli suggestivi, adesso per inoltrarsi all’interno ci sono solo poche strettissime viuzze tortuose.
Ci sono hotel con piscina abbastanza lussuosi, negozi d’argento e di seta che nulla hanno da invidiare a quelli di Varanasi, agenzie di viaggio, bar all’occidentale e tanti ristoranti… Ma per fortuna siamo alla fine della stagione e non c’è molta gente.
E questo è decisamente positivo. Immaginare questa stretta passeggiata piena di turisti che si spintonano non è decisamente molto allettante.
Seduti sulle comode sedie dei bar e nei ristoranti non c’è molta gente, anzi sono abbastanza deserti e quando ci passi davanti indiani solerti invitano a sederti e a consumare.
Ci sono anche le venditrici ambulanti di frutta e quelli di stoffe che passano da una conca all’altra alla ricerca dei clienti. Ma vendono poco e sono troppi a confronto dei pochi turisti.
Cambiamo un po’ di soldini e poi sandwich e birra seduti davanti a questo oceano e a queste meravigliose onde… una vera delizia.
Torniamo verso la conca selvaggia che selvaggia lo è un po’ meno perché invasa da una folla di indiani.
E’ sabato pomeriggio e le famigliole dei dintorni e della capitale vengono qui a godersi il posto. Ci sono anche molti gruppi di giovani che, come in ogni angolo del mondo, fanno di tutto per fare schiamazzi e farsi vedere dalle ragazze.
Una volta qui non c’era mai nessuno, pochi turisti con lo zaino, poi gli indiani hanno cominciato a scoprirlo e adesso durante il giorno vengono a flotte con gli autobus. I più passeggiano e parlano tra loro, pochi fanno il bagno e le donne rimangono rigorosamente con i loro sari anche quando si bagnano da onde un po’ impertinenti… Ci sono anche un paio di militari vestiti di blu che controllano chi fa il bagno che non vada al largo per la pericolosità delle onde e delle correnti e verso l’imbrunire, con l’alta marea, ordinano a tutti i bagnanti di uscire.
Con il sole che scende all’orizzonte anche la spiaggia si spopola e in poco tempo tutto torna silenzioso… Le famigliole si incamminano verso la fermata dei bus e i venditori di noccioline e di frutta verso le loro case. Anche noi lasciamo la spiaggia e torniamo nella nostra bella stanza al Sea Coast Hotel.
Per cena non dobbiamo fare molta strada… sul lungomare ci sono molti ristoranti e non abbiamo che l’imbarazzo della scelta.
Visto che qui ci fermeremo alcuni giorni è probabile che ne proveremo diversi e questo pensiero esalta il nostro morale e stuzzica il nostro appetito.
Per la prima cena a Kovalam ci fermiamo al Sea Food (che fantasia…), il ristorante è al piano superiore e desolatamente vuoto.
Davanti a noi l’oceano scuro e il brusio delle sue onde che si infrangono sulla spiaggia, sopra di noi un manto di stelle… siamo quasi all’equatore e la temperatura è ideale.
Forse per via della fine della stagione nel menù non c’è molta scelta sia di pesce che di carne. Vito ordina una bistecca di bufalo ma dopo poco il cameriere torna scusandosi e la bistecca diventa di pollo… Io invece scelgo un piatto colmo di gamberoni e calamari che si riveleranno molto buoni e gustosi. Del resto il pesce qui è freschissimo e se lo fanno alla griglia senza sughi strani non possono sbagliare… Ci alziamo soddisfatti e satolli, anche i nostri stomaci sono contenti.
Prima serata sul nostro nuovo balconcino… tutto procede bene se non fosse che il caffè scarseggia… e la grappa pure… Domenica 11 maggio La luce e il gracchiare dei corvi ci svegliano presto… prendiamo il caffè in balcone godendoci la luce e il fresco del mattino. Alle otto siamo già in spiaggia e non c’è quasi nessuno… deserta è meravigliosa… anche se durerà poco perché tra non molto sarà invasa da una marea di gente… Facciamo un lungo e favoloso bagno… e ci godiamo queste onde meravigliose che arrivano e si ritraggono con una violenza che ti fa perdere l’equilibrio. Un momento l’acqua ti arriva alle cosce e un attimo dopo ti sommerge buttandoti verso la riva… Le onde giungono da tutti i lati… se ne formano infatti alcune di riflesso che partono dalla riva e ti prendono alle spalle… E’ una battaglia impari, e le onde vincono sempre.
Lo strano è che guardando lontano ti accorgi che l’oceano è abbastanza calmo (per quanto calmo possa essere un oceano) e che le onde nascono poco lontano dalla riva, dove ancora si tocca, e in una decina di metri diventano così alte che ti sommergono con facilità e in pochi secondi ti ritrovi sulla riva.
Fare il bagno nella conca di Kovalam è come farlo in un enorme vasca con idromassaggio e quando esci e ti butti sulla spiaggia sei godutissimo e stanchissimo.
E noi siamo proprio distrutti dalla fatica… Contenti e distrutti.
Contenti, distrutti e affamati… Del resto si sono fatte quasi le dieci del mattino e la spiaggia sta cominciando ad accogliere le prime famigliole e i primi gruppetti di ragazzi… Oggi è domenica e ci sarà ancora più affollamento degli altri giorni.
Lasciamo la spiaggia agli indiani e andiamo a fare una ricca colazione.
Seduti di fronte all’oceano ci godiamo i colori e la temperatura equatoriale, sorseggiamo the e succhi tra i rumori delle onde e i richiami degli uccelli.
Che cosa si vuole di più? Dopo una breve sosta in camera usciamo di nuovo per andare a farci una passeggiata. Ci dirigiamo verso un’altra conca che sta a nord.
Scaliamo la corta ma terribile salita che porta al piazzale dove c’è la fermata dei bus. Il sole è alto e sudiamo come caimani… La strada poi svolta in una lunga e dolce discesa per arrivare in una prima piccola ansa con una sabbia finissima e grosse rocce a fare da contorno.
Dietro la spiaggia, sul piazzale, ci sono un gruppo di negozi che vendono ornamenti fatti di conchiglie o di tessuti e una piccola moschea.
C’è tanta gente che va e viene, per lo più famigliole e coppiette. Una volta fatto il giro del posto prendiamo un tuc-tuc per tornare verso la nostra conca. Ci facciamo lasciare nei pressi e andiamo a visitare l’interno seguendo le stradine tortuose che si inoltrano tra i boschi e le risaie.
All’inizio la strada è pianeggiante e passiamo tra piantagioni di alberi di palme e di banano, alti alberi ci fanno ombra e si odono solo il gracchiare dei corvi e di tanti altri uccelli colorati.
Incontriamo poche case in mattoni e argilla sparpagliate tra le risaie e il verde della giungla e in lontananza sentiamo il vociare dei bambini.
Poi la strada si fa in salita, sempre più in salita… e cominciamo a sudare.
Abbiamo passato il “punto di non ritorno” e decidiamo di andare avanti. Prima o poi troveremo un incrocio.
Raggiungiamo la sommità della collina dove troviamo qualche negozio e un incrocio che ci riporta alla nostra ansa scendendo verso il faro.
La salita ci ha lasciato in un bagno di sudore e la dolce discesa risulta più che gradita.
E’ quasi sera quando torniamo alla nostra stanza.
Dopo aver fatto un salto in un internet point andiamo a cenare. Vito sceglie il posto dove abbiamo fatto colazione il “Cocunet Grove Restaurant” e sceglie bene.
Lui mangia un gustosissimo montone mentre io mi scelgo un piatto di pesce: ci faccio mettere due bei granchi e dei gamberi giganti.
Chiedo di farli fare solo alla griglia.
Una vera delizia, peccato per Vito che non mangia pesce e non sa quello che si perde.
Una cena stupenda davanti all’oceano.
Dopo cena ci rilassiamo sul balconcino.
Ma ci vuole poco a stramazzare…Siamo stanchissimi. La nuotata e le passeggiate ci hanno massacrato.
Lunedì 12 maggio Anche questa mattina ci svegliamo presto, ma questa volta la colpa è dei corvi. Sono tanti e gracchiano in continuazione.
Vito si era lamentato che in questo viaggio aveva visto pochi corvi… adesso è accontentato…Qui sono tantissimi e tutti molto chiacchieroni.
Andiamo presto in spiaggia e come ieri facciamo un lungo bagno.
Alle dieci la fame si fa sentire e andiamo a fare colazione. Del resto è l’ora in cui la spiaggia comincia ad affollarsi.
Per colazione scegliamo un posto diverso, la German Bakery. Mangiamo decentemente ma non siamo del tutto soddisfatti e i prezzi troppo cari in rapporto agli altri locali.
Fa molto caldo e di stare sotto il sole non ci pare il caso, ci ripariamo per un po’ in un internet point e poi andiamo a prenotare il treno per Madurai, la nostra prossima tappa.
Prenotiamo il treno per giovedì sera con arrivo nella capitale del Tamil Nadu per le quattro del mattino.
Ma oggi è ancora lunedì e questo viaggio ci pare ancora molto lontano.
Il pomeriggio passa tra brevi soste in camera e brevi passeggiate. La calma di questo luogo ti mette dentro molta tranquillità ed anche i tanti indiani che vanno su e giù o che se ne stanno con i piedi in ammollo a chiacchierare tra loro non danno un senso di confusione ma paiono in armonia con l’ambiente.
Il sole che scende all’orizzonte mi riporta indietro nel tempo alle altre volte che sono stato qui. E, come nei viaggi passati, mi trovo talmente bene che non posso che promettere in cuor mio di ritornarci.
Per cena pregustiamo qualcosa di delizioso e torniamo nel ristorante della sera precedente.
Mangiamo bene ma non usciamo completamente soddisfatti, le porzioni di pesce erano piccole e il servizio questa volta lasciava molto a desiderare.
Vorrà dire che domani sera proveremo un posto nuovo. Qui c’è solo l’imbarazzo della scelta.
Martedì 13 maggio
Ci svegliamo presto, e questa non è una novità. La differenza con le altre mattine è che è ancora più presto del solito.
Praticamente è l’alba.
Ieri sera siamo crollati di brutto per la stanchezza.
E questa mattina con la luce del sole che ha da poco fatto capolino siamo già in balcone a bere un caffè e a guardare i colori della giungla che variano con il giungere dei primi raggi di sole..
Lo sorseggiamo con gusto, oramai siamo agli sgoccioli di questo prezioso nettare, ne abbiamo a mala pena per questa sera … e poi addio caffè… Ma per ora non ci badiamo molto, le palme che ondeggiano e il gracchiare dei corvi che si stanno svegliando fanno da contorno ad un cielo azzurro e si sta veramente bene. Andiamo in spiaggia presto e come le altre mattine ci facciamo un bagno ristoratore.
Oramai è una consuetudine: sveglia, caffè e spiaggia, nuotate tra le onde, sole, ancora nuotate e poi stanchi, contenti e affamati a fare il breakfast per rifarci delle energie perse. Dopo una salutare doccia prendiamo un tuc-tuc per andare alla ricerca della stazione della posta per spedire delle cartoline.
Con lo stesso mezzo ci facciamo portare sulla strada per Trivandrum all’altezza di un lungo ponte dove un largo fiume scorre lentamente verso l’oceano.
Oramai è una consuetudine: sveglia, caffè e spiaggia, nuotate tra le onde, sole, ancora nuotate e poi stanchi, contenti e affamati a fare il breakfast per rifarci delle energie perse. Dopo una salutare doccia prendiamo un tuc-tuc per andare alla ricerca della stazione della posta per spedire delle cartoline.
Con lo stesso mezzo ci facciamo portare sulla strada per Trivandrum all’altezza di un lungo ponte dove un largo fiume scorre lentamente verso l’oceano.
Sulle sue sponde piccole case in parte in muratura e in parte in argilla sono sommerse da una vegetazione lussuriosa dove le palme paiono dominare. Ai bordi del lento fiume si intravedono stretti sentieri che poi scompaiono tra la vegetazione alla ricerca di qualche casa… Tutto pare bello se non fosse per l’immondizia che regna sovrana ovunque. Lattine, resti di cibo, rottami, plastica e sporcizia degradano non poco questo angolo del Kerala. Peccato perché il posto è delizioso e non ci vorrebbe molto a tenerlo pulito.
Comunque noi siamo li per verificare la fattibilità di un giro in barca sui canali e una volta arrivati ci dirigiamo verso una struttura che pubblicizza giri in barca.
Non c’è nessuno e il posto ci sembra abbastanza malandato. Mentre stiamo per andare via arrivano una coppia di indiani che dicono di essere i proprietari e ci sparano una cifra un po’ esosa. Non accettiamo e ci dirigiamo verso un altro posto e i tipi dietro a noi abbassano più volte la cifra ma non di molto.
Il tipo del tuc-tuc che non si è perso la scena ci dice che lui ha la soluzione per noi.
Ha preso la palla al balzo e già sta pensando a dove portarci ed alla sua commissione… Con il tuc-tuc facciamo un paio di chilometri a ritroso e poi il piccolo bolide prende una stradina laterale che tra svolte a destra e a sinistra ci porta a ridosso di un paio di casette affacciate sul largo fiume.
La macchina si ferma davanti ad uno spiazzo ombreggiato tra le due case dove alcune barche sono ormeggiate. Un paio di donne stanno tagliando della verdura per il pranzo mentre un gruppo consistente di bimbi mezzi nudi giocano rincorrendosi.
Quando arriva il tuc-tuc rombando quel mondo tranquillo si ferma e noi diventiamo oggetto della loro curiosità… Le donne lasciano il lavoro che stavano facendo e si avvicinano per guardarci meglio e i bimbi ci attorniano alla ricerca di bon-bon. Ma non abbiamo caramelle, abbiamo alcune penne ma non fanno lo stesso effetto e ci paiono un po’ delusi.
Da una delle due case esce il proprietario delle barche e con l’aiuto del guidatore del tuc-tuc riusciamo ad intavolare una trattativa. Ci mettiamo d’accordo sul tempo (un’ora e mezza più o meno), il costo (500 rupie) e il tragitto. In verità non conoscendo i posti abbiamo chiesto di farci fare un giro tra i piccoli canali che arrivano al largo fiume e per risposta ci è stato dato un tranquillo si. Gli abbiamo spiegato che di girare sul largo fiume non ci interessava e che il nostro interesse era solo per i canali più piccoli. E loro annuivano.
Ma in realtà sapevano di mentire perché in quel ramo del fiume non ci sono piccoli canali Ma questo noi lo scopriremo dopo.
C’è da aggiungere che a portarci in barca arriva un terzo indiano che da come è vestito si comprende subito che non se la passa molto bene.
E’ l’uomo di fatica… l’ultima ruota del carro.
I nostri soldi infatti andranno la gran parte al proprietario della barca, una parte al guidatore del tuc-tuc che ci ha portato e una piccola parte al barcaiolo.
Capiamo subito che l’indiano non parla inglese, non una sola parola. Non ci stupisce più di tanto, la maggior parte delle persone che fanno lavori pesanti sono di estrazione umile e spesso sono analfabeti. La barca comincia a costeggiare lentamente il fiume, l’indiano in piedi a poppa la spinge avanti utilizzando una lunga pertica che arriva fino al fondale.
Fa molta fatica e si va molto piano. Ci chiediamo perché non abbiano dei remi come abbiamo visto in altre barche. Ma forse non è molto importante per il padrone della barca perché tanto a sudare non è lui ma questo povero indiano che ci sorride ogni qual volta il nostro sguardo incrocia il suo.
La barca continua lentamente il suo tragitto fiancheggiando una riva, ci aspettiamo da un momento all’altro un canale dove svoltare ma non ne vediamo.
Cerco di farmi capire con il barcaiolo per sapere che giro facciamo ma lui sorride e con il dito indica davanti a noi… Con i gesti gli faccio capire che siamo su un ramo del grande fiume e che vorremmo andare verso i canali ma lui continua a sorridere.
Non sappiamo se capisce o non capisce ciò che dico, ci viene da pensare che capisca ma che non gli interessi il nostro problema.
Ci risponde in indù e sorride. Cosa gli puoi dire? E’ solo un poveraccio chiamato all’ultimo momento a cui hanno detto di farci fare un giro sul fiume.
Che ne sa lui che noi volevamo visitare i piccoli canali che si inoltrano nella giungla? Vito è sconsolato e ha perso la voglia di fotografare ed io sono un po’ come lui ma con un dispiacere in più.
Nel lontano ’92 feci un piccolo giro tra piccoli canali molto pittoreschi, dove si passava dall’ombra fitta creata da enormi palme a squarci di verde smeraldo di risaie assolate.
Adesso invece costeggiamo un lento fiume un po’ sporco dove una manciata di cormorani prendono il sole appollaiati su bastoni che escono dall’acqua. In cielo le aquile fanno sentire i loro acuti mentre uno stormo di aironi vola verso sud.
E’ tutto bello ma noi siamo un po’ arrabbiati (del resto gli aironi o le aquile le vedi dappertutto…).
Ci sentiamo presi in giro perché al tipo abbiamo spiegato bene ciò che volevamo, gli avevo fatto persino un disegno… Finalmente il tour finisce e torniamo a terra. Siamo decisi a non farla passare liscia. Molte volte ci hanno fregato e spesso abbiamo fatto sorriso a cattivo gioco ma questa volta non abbiamo intenzione di pagare e stare zitti.
Non è una questione di soldi, è che alle volte sei stufo di essere preso in giro! Sulla riva ad attenderci c’è il proprietario della barca (in attesa delle rupie…) che ci accoglie con un largo sorriso.
Quel sorriso ci pare un’ulteriore presa in giro.
Gli facciamo subito capire che non siamo soddisfatti. Che avevamo chiesto un giro di un tipo, che ci era stato detto di si ma che poi è risultato tutt’altro. E che lui lo sapeva.
Mentre ci risponde in un inglese stentato e in parte in hindù attorno a noi si è riformata la folla di donne e bambini a cui si sono aggiunti alcuni adulti.
Da una parte siamo un po’ imbarazzati a litigare davanti a quella folla di possibili parenti ma d’altra parte non abbiamo voglia di essere trattati come stupidi turisti… Alzando un po’ la voce gli facciamo capire che non è stato ai patti e decidiamo di ridurre il costo del giro: 300 rupie invece di 500.
Per noi è diventata una questione di principio. Lui non è d’accordo ed anche il barcaiolo, che era rimasto in disparte fino ad allora, si mette in mezzo parlando in hindu.
Ognuno parla non ascoltando l’altro e in più cominciano a mettere voce anche altre persone.
Per sbloccare la situazione prendo 300 rupie e le do al proprietario della barca dicendogli nuovamente, e in maniera ferma e decisa, che siamo arrabbiati e che se voleva era così…Altrimenti non gli avremmo dato niente.
Mentre io e Vito ci allontaniamo sentiamo i due che continuavano a discutere con voce arrabbiata (per un compenso che si riduceva) tra il vociare della piccola folla.
In pochi minuti ci ritroviamo sulla strada principale dove aspettiamo il passaggio di un bus o di un tc-tuc per ritornare a Kovalam.
Siamo un po’ delusi e stanchi, di bus neanche l’ombra. Finalmente un tuc-tuc, dieci minuti dopo, ci raccoglie e ci riporta alla nostra conca.
Torniamo al nostro hotel per un po’ di riposo e poi usciamo per andare a fare i biglietti per Madurai. All’agenzia ci danno i biglietti dicendo che non c’è prenotazione ma che non c’è problema perché una volta in stazione possiamo richiedere due posti tra quelli designati per i turisti.
In India sui treni a lunga percorrenza spesso vengono assegnati un numero di posti per i turisti e per farne parte basta andare alla biglietteria prima della partenza. Io gli spiego che non sempre è semplice e che un paio di volte mi hanno risposto in modo negativo o con risposte lunghe e incomprensibili. Oltretutto alle biglietterie c’è sempre tanta gente che urla e che lotta per essere più vicino al vetro… Il tipo dell’agenzia mi stoppa e mi dice che a Trivandrum è diverso e che non avremo problemi.
Sono un po’ scettico ma siamo talmente abituati ai viaggi e alle complicazioni che possono sopraggiungere che non ci diamo molta importanza. Quando saremo alla stazione vedremo… Facciamo una passeggiata fino alla conca dove ci godiamo i bagni mattutini, ci sono ancora molti indiani che vanno su e giù o che chiacchierano, il sole ha mitigato un po’ i l suo calore e la temperatura è diventata ideale. Ci guardiamo il tramonto davanti a quelle onde sempre incazzate e sempre stupende bevendo un banana-lassì.
Con il buio ritorniamo in hotel . Abbiamo fame e scendiamo alla ricerca di un nuovo ristorante.
Ogni ristorante ha il pesce in vetrina e girando e rigirando ci fermiamo al Sea Corner.
Vito trova nel menù finalmente una bistecca, non gli pare vero, io invece ordino un piatto di gamberi giganti e di seppie.
Il mio pesce era molto gustoso anche se non il migliore di Kovalam, mentre Vito, sempre molto sfortunato rispetto al cibo, si è visto cambiare la sua adorata bistecca con il solito, anche se ottimo, spezzatino di montone.
Usciamo contenti e satolli, si mangia veramente bene a Kovalam e i prezzi sono ridicoli rispetto alla qualità.
Ultimo caffè sul nostro balconcino mentre la sera si porta via il gracchiare dei corvi e una leggera brezza giunge dall’oceano. Anche la grappa è finita.
Mercoledì 14 maggio Ci svegliamo più tardi del solito… l’orologio fa le otto.
Non abbiamo più caffè… Guardo sconsolato la caffettiera oramai inutile e mi accorgo che il tempo sta fuggendo e la mancanza del caffè (oltre che della grappa) sono un “sintomo” del viaggio che è agli sgoccioli… abbiamo ancora una settimana per andare a Madurai e poi sull’altra costa a Mamallapuram prima di partire da Chennai. Che depressione pensare a Torino, al lavoro, all’estate che deve ancora venire… Usciamo per andare alla spiaggia e per un bagno scaccia-depressione e poi un caldo the al bar di fronte alle onde dell’oceano. Ci divertiamo come pazzi tra la schiuma delle onde e gli sballottamenti sulla riva. La peculiarità delle onde e che ognuna è diversa dall’altra e non sai mai se quella che verrà sarà debole o ti travolgerà ributtandoti a riva. E noi ci divertiamo un mondo. Specialmente per due come noi che sanno poco nuotare.
Qui del resto in queste conche nuotare non è possibile, le onde non te lo permettono, potresti farlo solo andando a largo ma non ci puoi andare perché ci sono le guardie sulla spiaggia armate di fischietto che ti fermano. A largo infatti è molto pericoloso a causa delle correnti e degli squali e un turista morto in mare non è una bella pubblicità… Per colazione scegliamo un posto nuovo: il Beatles Cafè. Il locale è rinomato essendo uno dei più antichi di Kovalam, ma la scelta non risulterà azzeccata.
Il juice di papaia di Vito era insipido e la mia macedonia pure, anche il the, che ovunque è buono, non sapeva di nulla… Solo l’oceano a pochi passi e un sole bellissimo attenuano la nostra delusione per la colazione.
Passeggiamo sotto un sole che si è fatto infuocato, siamo un po’ stanchi della lunga nuotata e non abbiamo molta voglia di sudare sotto questi raggi terribili.
Ci rifugiamo nel nostro piccolo hotel tra case e giungla e ci rilassiamo tra balconcino, televisione, lettura e brevi dormitine.
In televisione scorrono i soliti film strappalacrime infarciti da lunghe canzoni. La violenza, la musica e l’amore paiono i temi principali di ogni film. La pubblicità regna sempre sovrana e interrompe continuamente i programmi.
Dalla pubblicità sul detersivo si passa a quella di una magnifica vacanza in Indonesia o a quella dell’ultimo modello della Tata. Prodotti esclusivamente per una fetta ristrettissima di popolazione.
Una volta riposati scendiamo e andiamo in un internet point per leggere un po’ di notizie.
Qui apprendiamo di alcune bombe scoppiate a Jaipur, capitale del Rajasthan, e di numerosi morti e feriti. Dalle foto dei luoghi dove sono scoppiate le bombe riconosco piazze dove ho passeggiato. A Jaipur ci sono passato tre volte: è una città molto bella, vivace e interessante, ed è chiamata la città rosa per il colore di molti suoi palazzi.
Mi rattrista un po’ questa notizia, ed anche se siamo nel profondo sud dell’India, a migliaia di chilometri dal Rajasthan, ci affrettiamo a telefonare a casa per tranquillizzare nel caso si fossero spaventati.
Una volta usciti proviamo a chiedere ulteriori informazioni a degli indiani che già conosciamo ma questi cadono dalle nuvole. Non sanno nulla e pare che non gli interessi più di tanto.
Nel pomeriggio proviamo a chiedere ad altre persone ma tutti fanno cenno di non saperne nulla, e nessuno ci fa delle domande per saperne di più… E’ come se le cose fossero successe in un lontano paese e non nella loro stessa India.
Con il calar del sole ci ritroviamo seduti, davanti alla nostra bellissima conca, a sorseggiare un gustosissimo banana lassì (la papaia l’avevano finita). Ultima sera a Kovalam, domani nel pomeriggio lasceremo questo stupendo posto di mare per andare verso l’interno. Guardando il sole che scende all’orizzonte e fascia di rosso tutto il cielo ci dispiace non poco andarcene, ma il tempo è tiranno e non ce ne rimane molto.
Per l’ultima cena a Kovalam torniamo al Cocunet Grove dove ordino un grosso granchione (che avevo già adocchiato nel pomeriggio…) con due chele enormi accompagnato da un paio di gamberoni giganti.
Per Vito bistecca sitzler: grigliata e fumante con contorno di verdure anch’esse fumanti.
Mangiamo molto bene. Per quanto riguarda il mio piatto di crostacei devo dire che è stato uno dei migliori in assoluto. Una di quelle cene che non si possono dimenticare.
Tutto perfetto, anche Vito è molto soddisfatto.
Ultima serata sul nostro balconcino mentre una leggera brezza rinfresca l’aria.
L’odore e il sapore del caffè sono oramai un ricordo…Peccato perché sarebbe stato perfetto dopo una cena così buona.
Giovedì 15 maggio Con il sole che è già alto ci svegliamo e usciamo quasi subito per andare a bere qualcosa di caldo. Siamo orfani del caffè e ci buttiamo sul the.
Il bar con i tavoli sulla sabbia, di fronte alla nostra conca, è ancora deserto, come tutte le mattine la spiaggia si anima verso le dieci, adesso siamo ancora in pochi. E l’ultima mattina e ci godiamo fino in fondo l’ultimo bagno e gli ultimi tuffi tra le onde che ti sballottano. Poi come sempre, stanchi e affamati andiamo alla ricerca di un posto dove fare una buona colazione.
Ci fermiamo al “Cafè de la Mer”, la scritta in francese potrebbe far pensare a qualcosa di diverso ma in realtà è un posto come tutti gli altri. Facciamo colazione ma spremute e the non erano tra le migliori che abbiamo bevuto.
Passiamo a cambiare un po’ di euro e poi, un po’ stanchi ce ne torniamo in hotel.
Non sembra ma queste onde sono devastanti perché per fronteggiarle fai leva sui muscoli delle gambe e del tronco e dopo un’oretta di lotta sei distrutto… Anche oggi il sole è caldo, abbiamo visto avvicinarsi un gruppetto di nuvole bianche ma non hanno retto molto, si sono dissolte nell’aria e adesso è di nuovo tutto azzurro.
All’ora di pranzo andiamo per l’ultima volta nel nostro ristorante preferito, quello di ieri sera… Mangiamo noodles e sorseggiamo birra assaporando ancora una volta la vista dell’oceano.
C’è gente che parte e gente che arriva, ma la stagione è oramai agli sgoccioli e i locali sono sempre più vuoti. Torniamo in camera nostra per preparare gli zaini e le borse che con il tempo sono diventati sempre più voluminosi… Ci dispiace lasciare questa stanza grande e luminosa con il balconcino sulla giungla ma è tempo di partenze e il nostro treno non aspetta.
Verso le sei di sera, con il sole che tentenna ancora prima di scendere verso l’orizzonte, lasciamo la nostra stanza e ricoperti di bagagli andiamo alla ricerca di un tuc-tuc che ci porti alla stazione di Trivandrum.
La strada dove ci sono i tuc-tuc è a ridosso della nostra conca dove a quest’ora c’è la solita folla che va e viene… diamo un ultimo sguardo prima di partire.
Per mitigare il dispiacere di lasciare Kovalam non le dico addio, ma arrivederci.
Il piccolo mezzo si mette in moto e sale lentamente sbuffando sull’irta stradina che segue il pendio della collina. Ancora un piccolo sguardo all’oceano dietro di noi e poi solo strada e risaie e giungla e case.
Dopo mezz’ora di sballottamenti schiacciati tra gli zaini e le borse giungiamo finalmente alla stazione di Trivandrum.
Mentre Vito rimane vicino alla montagna di bagagli io vado alla biglietteria ad informarmi per la prenotazione.
Qui mi dicono che abbiamo i posti assegnati ma non come pensavamo noi. Abbiamo due posti ma a sedere uno di fronte all’altro che volendo la notte diventano un posto letto. Ma noi siamo in due.
A quelli dell’agenzia avevamo specificato due posti letto per la notte e loro invece hanno prenotato due posti a sedere. Siamo abbastanza incavolati.
Poco prima delle otto di sera arriva finalmente il nostro treno e come sempre la folla comincia a racimolare le sue cose e corre per trovare il suo posto. E noi in mezzo alla folla cerchiamo come loro i nostri posti. Finalmente li troviamo. Dopo pochi minuti il treno si mette in moto e nella notte comincia la sua corsa verso Madurai capitale del Tamil Nadu.
Siamo stanchi, sudati e un po’ delusi per il bidone che ci ha fatto l’agenzia. Speriamo solo che la notte passi in fretta.
Il treno è quasi al completo, solo poche cuccette sono ancora vuote e una di queste è proprio sopra i nostri due posti. Dico a Vito di usare i nostri come cuccetta ed io mi metto di sopra sperando che non arrivi nessuno. Siamo stanchi e il sonno arriva in fretta. Tutto procede bene finchè il brusio di gente che discute mi sveglia. E’ un gruppo salito da poco e sta cercando i suoi posti… e naturalmente uno di quelli che cercano è quello dove abusivamente ci sono io… E’ quasi mezzanotte e ho ancora molto sonno… Scendo dalla cuccetta e mi vado a sdraiare nel corridoio vicino alle porte. Sono così stanco che non mene frega niente.
Dopo poco passa un controllore che mi scuote e mi dice di seguirlo. Mi porta nella carrozza vicina e davanti ad una cuccetta vuota mi indica di salirci. Io lo ringrazio di cuore.
Avrebbe potuto passarmi vicino e fregarsene ed invece, animo pietoso e gentile, si è curato di me e poi è sparito tra i corridoi del treno.
Venerdì 16 maggio La notte passa in fretta e con le prime luci dell’alba i vagoni si animano e noi ci svegliamo. Abbiamo le ossa rotte, il treno non era dei più moderni e il suo viaggiare è stato al quanto traballante.
Per di più Vito ha dovuto subire il vociare e le urla di due bambini pestiferi. Quando torno al nostro vagone trovo Vito che mi indica i due bambini turbolenti, ha uno sguardo di fuoco e lo capisco perché sono decisamente esagerati.
E’ mattino presto quando arriviamo finalmente a Madurai.
Madurai Madurai è una delle città più antiche dell’India.
E’ situata al centro del vasto stato indiano del Tamil Nadu, ha più di un milione di abitanti ed è molto conosciuta per si suoi alti templi finemente scolpiti. E’ una città vivace , brulicante di pellegrini, mendicanti, bancarelle, negozi variopinti, carri trainati dai buoi e un’intera legione di risciò e tuc-tuc. E’ un lungo e ininterrotto bazar conosciuto anche per le sue magnifiche stoffe.
La nostra idea è quella di fermarci una notte e ripartire nel pomeriggio di domani, la città è talmente bella che vale la pena fermarsi.
Non abbiamo però fatto i conti con il boom di pellegrini… girando con il tuc-tuc viaggiamo tra strade mezze asfaltate e mezze sterrate e in tutti gli hotel ci dicono la stessa parola: full (pieno).
Non si trova un buco per dormire.
In più, nel girovagare con il tuc-tuc ci accorgiamo che il complesso dei templi è completamente ricoperto per restauri…E noi che siamo venuti apposta qui per goderci i templi e le sue migliaia di statue colorate ci ritroviamo ad ammirare il nulla. Siamo stanchi e un po’ delusi e con una voglia di ripartire al più presto. Decidiamo di trovare un posto qualsiasi dove posare gli zaini, dare una veloce occhiata alla città e fare i biglietti per il bus per Mamallapuram sulla costa orientale.
Se abbiamo fortuna possiamo trovare un mezzo che parta in serata e che ci porti a destinazione per l’indomani mattina.
Dopo diversi tentativi troviamo una camera all’hotel Sansung. Questo è il mio nono viaggio in India ma questa è la stanza peggiore che abbia mai preso. E’ terribile, ma non avevamo altre scelte.
E’ piccola, sporca e spoglia. Siamo al quinto piano e il palazzo si tiene su a malapena. Vito mi fa notare come il cemento si sgretoli… ed anche l’ascensore, vero pezzo di antichità, è una vera angoscia… Lasciamo zaini e borse nel tugurio e andiamo verso la zona dei templi.
Gli alti templi sono in restauro e sono ricoperti da strati di foglie di palma intrecciati e si vedono solo i contorni. Un vero peccato.
Il tempio di “Sri Meenakshi” situato nel cuore della città vecchia è uno dei più importanti di tutta l’India.
In realtà è un complesso di templi grandi e piccoli che occupano un’area di sei ettari e i suoi 12 gopuram (torri ) riccamente decorati variano in altezza tra i 45 e i 50 metri.
In ogni punto cardinale c’è un gopuram che indica un’entrata e sotto le sue arcate ogni giorno passano più di 10000 persone.
Il tempio brulica di attività dall’alba al tramonto e i suoi numerosi santuari richiamano pellegrini da tutto il paese.
Anche qui, tra un altare e l’altro ci sono bancarelle che vendono di tutto, dal cappellino alla statuetta con le lucine… Ciò che per noi potrebbe apparire profano per l’indiano non lo è. Da noi i venditori di oggetti religiosi si mettono nei pressi del luogo di culto a vendere la loro mercanzia. Qui invece nell’area sacra puoi pregare, dormire, fare pic-nic, vendere, comprare, contrattare…Il loro fervore religioso non pare per nulla intaccato dal venditore di noccioline o da quello che gironzola vendendo collanine di perline. Una volta lasciate le scarpe fuori entriamo da una delle grandi porte che portano ai vari santuari.
C’è tanta folla che entra ed esce, che se ne sta seduta a pregare o dorme o chiacchiera… fa caldo e anche nelle sale all’ombra si suda parecchio. L’odore dell’ incenso si mescola al sudore dei corpi e suoni musicali rimbombano nell’aria.
Peccato che non si possano ammirare le stupende sculture che ricoprono gli alti templi. Giriamo per un po’ e poi, stanchi e sudaticci usciamo alla ricerca di qualcosa di fresco per alleviare la sete. Girovaghiamo sotto un sole spietato e poi prendiamo un tuc-tuc per andare alla stazione dei bus, che si trova in periferia, per prenotare i biglietti.
Troviamo due bei posti in un autobus che partirà in serata alle 19.30. Con lo stesso tuc-tuc ci facciamo riportare in città, al nostro hotel, pardon, alla nostra topaia… La nostra stanza al quinto piano di questo fatiscente caseggiato, stretto e lungo e che sta su a malapena, ci pare ancora più brutta.
Restiamo solo il tempo per cambiarci le magliette bagnate di sudore e ce ne usciamo per andare a mangiare qualcosa. Con un tuc-tuc andiamo al Surya Restaurant, ristorante vegetariano ma con birra fresca… Mangiucchiamo noodles senza troppo entusiasmo, abituati al cibo saporito e gustoso di Kovalam questi spaghetti di riso ci paiono insipidi.
C’è l’aria condizionata ma fortunatamente non si gela. Quando usciamo ci sembra che faccia ancora più caldo di prima… pare di entrare in un forno… Ad un guidatore di tuc-tuc chiediamo di portarci al nostro hotel, ma lui sorride e ci indica l’angolo della strada… non capiamo, ma lui insiste.
Andiamo all’angolo e a una cinquantina di metri vediamo l’insegna del nostro hotel… Molto corretto il ragazzo… non come quello che ci ha portato che per fare la corsa ci ha fatto fare un giro di cinque minuti per la città… Torniamo nella nostra topaia, il sole è troppo forte e girare per le strade è da suicidio.
Passiamo un paio d’ore tra brevi dormitine e fumate nervose, non vediamo l’ora di andarcene da quel posto per andare alla stazione dei bus.
Quando con gli zaini in spalla lasciamo l’hotel non troviamo più il sole: grosse nuvole nere sono comparse in cielo e lo hanno offuscato.
Facciamo in tempo a salire su un tuc-tuc per andare alla stazione dei bus che le prime grosse goccie cominciano a scendere.
Per nostra fortuna il nostro driver deve fare benzina e si ferma quasi subito ad un distributore sotto una larga pensilina.
Siamo un po’ bagnati ma al coperto.
In due minuti la pioggia raggiunge un’intensità che non si riesce più a vedere la strada. Dopo poco sotto la pensilina c’è la folla… arrivano pedoni e motociclisti completamente inzuppati.
Vento e pioggia, pioggia e vento.
E’ la seconda vera pioggia che incontriamo in questo viaggio. Per una mezzora l’intensità è fortissima poi, lentamente, la pioggia comincia a scendere meno copiosamente.
In cielo si formano i primi squarci d’azzurro e il nostro driver è già pronto a ripartire anche se pioviggina ancora un po’.
Il trabiccolo corre tra le pozzanghere mentre la pioggia entra da tutte le parti. In pochi minuti abbiamo parte dei pantaloni e della maglia bagnati. L’acqua schizza in ogni direzione e arriva fino agli zaini e Vito comincia ad imprecare… Quando finalmente arriviamo a destinazione ha smesso del tutto di piovere e in cielo si staglia un arcobaleno bellissimo.
La stazione dei bus è invasa dalla solita folla di viaggiatori. Sotto la lunga pensilina affianco ai bus allineati ci sono una serie di bar e tanti venditori ambulanti che vendono cibo e mille altre cose. Tutto attorno è aperta campagna, si intravedono boschi di palme e giungla. I bus vanno e vengono, tra quelli in attesa troviamo finalmente il nostro. E’ un bus deluxe e pare bello.
Con il calar della sera il nostro bolide lascia la stazione. Ci siamo seduti nei posti in fondo, sarà un viaggio lungo e, speriamo, confortevole. Ma la nostra scelta risulterà fatale per le nostre schiene.
Il nostro bus deluxe ha gli ammortizzatori che non funzionano un gran che e ad ogni buca o avvallamento traballa e saltella sbattendoti da una parte all’altra.
In più il nostro driver pare avere la guida un po’ spericolata e accellera e frena in continuazione schivando macchine e carri.
Il bus corre nella notte mentre tentiamo di dormire anche se non è facile tra scossoni e sballottamenti continui.
Sabato 17 maggio
Tra sonno, incubi e piedi ingrossati come zampogne arriva finalmente mattino.
Mentre stiamo ancora nel dormiveglia veniamo chiamati dal bigliettaio che ci dice di scendere. Il bus infatti va direttamente a Chennai mentre noi vogliamo andare a Mamallapuram, piccolo paesino sull’oceano a una cinquantina di chilometri più a sud.
Il bus ci scarica vicino ad un incrocio, sono le sei e mezza del mattino e per strada non c’è nessuno.
E’ già chiaro e l’aria è fresca, si sta bene, anche se abbiamo le ossa distrutte.
Ad un centinaio di metri, vicino ad un ponte, intravediamo un gruppetto di ragazzi e più in la alcuni tuc-tuc fermi.
Ci dirigiamo da loro. I ragazzi ci dicono che aspettano un camion per andare a lavorare e i guidatori dei tuc-tuc sono già impegnati, aspettano della merce da caricare e portare in città sui loro piccoli bolidi.
Noi siamo pieni di bagagli e non ci pare il caso di metterci in marcia per cercare un posto migliore dove sperare di trovare un mezzo vuoto.
Siamo in questo incrocio e qui ci rimaniamo. Da qui qualche mezzo senz’altro passerà. Siamo distanti 15 chilometri dalla nostra meta, nulla in confronto alle migliaia che abbiamo fatto fino ad oggi.
Siamo fiduciosi mentre ci accendiamo la prima sigaretta della giornata.
Infatti dopo pochi minuti sopraggiunge un tuc-tuc vuoto, ci carica e ci porta a Mamallapuram.
Ultimi giorni a Mamallapuram E’ la terza volta che io e Vito torniamo in questo stupendo paesino di pescatori.
Mamallapuram è conosciuta per le sue sculture rupestri, per i templi e per i tantissimi artigiani che scalpellano la pietra e creano statue di tutte le grandezze. Camminando per le sue stradine si sente spesso il rumore del martello e dello scalpello e ovunque ti giri c’è un negozio o una bancarella che vende statuette in pietra.
Ma questo paesino di pescatori, con le sue stradine che portano alla lunga spiaggia e con i suoi mercati colorati è anche meta di turismo per i suoi ristoranti che propongono gustosi piatti a base di pesce e alberghi con qualità superiore alla media.
E’ una cittadina piccola e tranquilla anche se le sue strade sono sempre un po’ affollate… Non sono ancora le sette e mezza del mattino quando il tuc-tuc entra tra le stradine di Mamallapuram. Per strada non c’è quasi nessuno, anche i negozi sono ancora chiusi.
Nell’aria sentiamo di nuovo l’odore della salsedine, siamo un po’ euforici nel ritornare in questi luoghi e la stanchezza del viaggio ci pare già svanita… Ci facciamo portare all’hotel Siva, proprio a ridosso della spiaggia.
Qui ritroviamo lo stesso indiano che gestiva l’hotel quando eravamo venuti sei anni fa. Ci riconosce. Ci da una camera al primo piano, dove già avevamo soggiornato.
E’ tutto come allora, pulito e tranquillo. In realtà non è tutto come allora, sulla strada dove si affaccia l’hotel hanno costruito al punto di riempire ogni spazio. Sono sorti altri hotel, altri ristoranti e altri negozi. Ma nonostante questo non hanno rovinato più di tanto l’atmosfera.
Da quello che hanno costruito si direbbe che il turismo vada a gonfie vele… ma non in questo periodo per nostra fortuna. Anche se è presto ci rendiamo conto che non c’è molta gente, nel nostro hotel per esempio ci siamo noi e un’altra coppia, per il resto è tutto vuoto.
Che ci siano pochi turisti a noi va bene se non fosse che molti ristoranti e molti negozi chiudono per mancanza di clienti… del resto questo paesino è votato completamente al turismo e quando è bassa stagione, come ora, molti negozianti chiudono e vanno al loro paese (molti sono nativi del Rajasthan) a cercare nuovi prodotti da vendere in futuro.
Anche il nostro ristorante preferito “Il Nautilus” pare chiuso… che peccato.
Ci rilassiamo sul lungo balcone e ci godiamo ancora un po’ di fresco, tra poco il sole comincerà a farsi più audace e si comincerà a sudare.
La fame comincia a farsi sentire e così andiamo verso la spiaggia dove c’è il Santana Restaurant, mitico locale con i tavoli sulla sabbia.
E qui ci accoglie una visione diversa da ciò che ricordavamo.
La spiaggia quasi non c’è più, è ridotta ad una stretta striscia a causa del terribile tsunami del 2004.
Su quel poco di spiaggia mucche e barche la fanno da padrona. Le barche sono allineate le une vicino alle altre, dove non ci sono le barche ci sono cumuli di reti. Le mucche gironzolano e lasciano ricordi puzzolenti ovunque. In più c’è sporcizia un po’ dappertutto. E’ un dispiacere vederla così.
Anche l’oceano non è più lo stesso.
Prima la spiaggia si tuffava tra le onde in modo dolce e dovevi camminare per un centinaio di metri prima che le onde ti bagnassero completamente, ora le onde sono un po’ minacciose e il risucchio ti porta direttamente nell’acqua alta… già a una decina di metri dalla riva non si tocca. Peccato, dovremo trovare un posto un po’ più sicuro dove fare il bagno.
Facciamo colazione nel nuovo Santana Restaurant ricostruito dopo che le onde l’avevano mezzo distrutto. Come sempre le colazioni qui sono sempre molto buone anche se non facciamo più quelle pantagrueliche di una volta. Ci basta poco per saziarci.
Il sole è talmente forte che non è possibile passeggiare più di tanto. Trascorriamo le ore più calde al coperto, tra la nostra bella stanza, il balcone e l’internet point che sta proprio sotto di noi.
Verso le quattro del pomeriggio usciamo sperando in una calura un po’ meno opprimente. Ma è una pia illusione.
Percorriamo un dedalo di stradine dove si susseguono basse casette. I bimbi giocano davanti agli usci tra maiali e polli e qualche mucca girovaga da sola curiosando. Non si ode rumore di traffico ma solo il vociare dei bimbi e il gracchiare dei corvi.
Il posto è molto carino se non fosse per i mucchi di immondizia che trovi dappertutto dove i più felici sono i maiali che hanno da gozzovigliare all’infinito… Arriviamo sino all’antico Tempio del Sole (“Shore Temple”) dedicato a Shiva e costruito sulla spiaggia.
Di lato alla strada che porta al tempio ne hanno costruita un’altra piena di bancarelle che porta alla spiaggia preferita dagli indiani. Andiamo a curiosare ma non troviamo nulla di particolarmente carino.
I più vendono oggetti costruiti con le conchiglie: soprammobili, statuette, lampadari… altri vendono borse e giocattoli in plastica. Tutta roba molto scadente e a basso costo. C’è tanta gente che va e viene e che si ferma a comprare o solo a curiosare.
Già grondanti di sudore arriviamo alla spiaggia.
Questo tratto di larga spiaggia a sud del tempio è scelta dagli indiani come luogo per bagnarsi. Ed infatti c’è molta gente sotto questo sole spietato… Per lo più se ne stanno a gruppi a chiacchierare con i piedi che vengono bagnati dalle onde, qualche volta l’onda è più violenta e qualcuno cade e si bagna completamente e tutti ridono… Spesso si tengono forte gli uni agli altri per non cadere e qualche volta ci riescono, altre volte invece cadono in gruppo… Tutti sono vestiti solo alcuni ragazzini, in slip, giocano con le onde che si infrangono sulla spiaggia. Per il resto nessuno fa il bagno ma tutti e tutte si bagnano un po’ i pantaloni o i sari.
Lasciamo la larga spiaggia assolata e ripercorriamo la strada tornando verso il centro del paese e la zona dei templi. Girovaghiamo un po’ curiosando tra le vetrine dei negozi che vendono tante cose interessanti. Oltre alla pietra gli indiani lavorano benissimo il legno e qui ci sono sculture veramente pregevoli.
E poi ci sono negozi colmi di monili d’argento e di stoffe finemente lavorate.
C’è di tutto… solo l’imbarazzo della scelta.
Facciamo un largo giro arrivando alle colline dove ci sono i templi per poi tornare al nostro hotel, stanchi e grondanti di sudore.
Ci servono una doccia e un po’ di riposo… Del resto abbiamo passato la notte in bus e le nostre ossa sono ancora un po’ devastate dal viaggio.
Usciamo con l’imbrunire, anche qui, in pochi minuti, si passa dalla luce del sole al buio della notte.
Non facciamo in tempo ad arrivare sulla spiaggia che si è fatto già scuro, senza la luce dei fiochi lampioni non si vedrebbe nulla.
Non abbiamo ancora deciso quale sarà il nostro primo ristorante e mentre siamo ancora parlottando su quale scelta fare si avvicina una ragazza inglese che, intuiti i nostri discorsi, ci indica il “Sea Rock” dicendoci che si mangia proprio bene.
Mai dare ascolto agli inglesi sul mangiare… Il “Sea Rock” era una di quelli su cui eravamo indecisi e ci facciamo convincere e andiamo.
Il pollo di Vito era buono ma poco perchè mancante della polpa della coscia, c’era solo l’osso… i miei gamberi erano piccini e non eccezionali.
Mangiamo decentemente ma senza troppo entusiasmo.
Alle nove di sera mentre siamo sdraiati sul letto chiacchieriando del viaggio crolliamo senza ritegno.
La stanchezza del viaggio in bus sommata alle lunghe passeggiate ci hanno cotto.
Domenica 18 maggio
Ci svegliamo presto, ieri sera siamo crollati poco dopo le nove… Andiamo a prenderci un buon the e poi ci dirigiamo direttamente verso la spiaggia. L’idea è, come a Kovalam, di farci un bel bagno e poi andare a fare una ricca colazione.
La lunga e stretta spiaggia a causa delle barche posteggiate si presenta molto sporca: c’è un po’ di tutto. Anche le onde, un po’ minacciose portano con se rifiuti e sporcizia. Ci spostiamo un po’ ma le cose cambiano poco.
Troviamo un posto dove è un po’ più facile bagnarsi ma le onde sono sempre violente e il risucchio è molto forte.
Dopo pochi metri già non si tocca… Molto pericoloso.
Vito si bagna appena, io un po’ di più ma non riesco a divertirmi.
Un po’ delusi prendiamo un po’ di sole e poi andiamo a fare colazione.
Seduto di fronte all’oceano dispiace un po’ vedere questa bella spiaggia ridotta ad un letamaio, mucche e uomini fanno i loro bisogni e nessuno si cura di pulire.
In più le onde erodono sempre di più e, se non fanno qualcosa, tra un po’ non avranno più spiaggia. Si ritroveranno l’oceano a lambire le case.
Dopo una puntatina in camera ce ne andiamo a zonzo per fare i primi acquisti. Vito deve comprare, tra le altre cose, un batik rettangolare mentre io mi concentro temporaneamente su orecchini e copri cuscini.
Per la strada fa un caldo insopportabile, entriamo ed usciamo dai negozi e ogni volta il sole ci accoglie sembrando sempre più agguerrito… Tornando al nostro hotel abbiamo una sorpresa gradita: il “Nautilus Restaurant” è aperto.
Lasciamo le nostre compere in camera e ci andiamo subito.
Vito mangia finalmente un’ottima bistecca di bufalo e lo vedo veramente soddisfatto. Con le ore più bollenti ci rifugiamo nel nostro hotel, un po’ in stanza e un po’ sul lungo balcone. Fa troppo caldo per andare in giro, anche le mucche si fermano e cercano un posto all’ombra… Bisogna aspettare almeno le quattro del pomeriggio quando il calore si fa un po’ meno intenso.
La nostra passeggiata pomeridiana ci porta fino alle “Five Rathas” un gruppo di templi fuori paese.
La strada che percorriamo si inoltra tra risaie e boschi e ha, su un lato, una fila ininterrotta di botteghe dove si scolpisce la pietra. Ci sono statue di tutte le grandezze, anche alte fino a due metri.
Le più grandi sono destinate ad abbellire parchi o ville private e sono tutte lavorate finemente. Lasciano a bocca aperta per la loro bellezza.
Per lo più sono statue che rappresentano i vari dei o animali. I più gettonati tra gli dei sono Ganesh (con la testa di elefante), Shiva, Vishnu e Parvati e tra gli animali naturalmente l’elefante.
Questo è il lato bello…Poi c’è quello meno bello: quello delle condizioni di lavoro … Queste botteghe non sono altro che baracche dove sono ammassate le pietre grezze e quelle lavorate. Non c’è ricambio d’aria se non quando c’è vento…L’indiano che scalpella lo fa, dalla mattina alla sera, in un ambiente saturo di polvere di pietra che continuamente respira… E non credo che abbiano né mutua, né ferie…, sono degli artisti nel loro lavoro ma, probabilmente, percepiscono poche centinaia di rupie, ciò che gli basta per sopravvivere. Finché non si ammaleranno.
Oggi è domenica ed è un giorno di festa e su questa strada c’è molta gente che come noi va verso i templi. Ci sono molte famigliole allegre con stuoli di bambini e molte coppiette. Paiono tutti in gita… Le “Five Rathas” sono dei piccoli templi scavati direttamente nelle rocce che fuoriescono dal terreno. Naturalmente la roccia di queste zone è un po’ più malleabile e si presta con più facilità ad essere scolpita.
Sono templi molto belli dedicati ai vari dei (Durga, Shiva, Vishnu) e si sono tenuti molto bene perché ricoperti dalla sabbia sono stati riportati alla luce solo 200 anni fa.
Vicino alla zona dei templi hanno costruito una sorta di villaggio-shopping dove per lo più ci sono decine di negozi che vendono tutti le stesse cose: conchiglie, oggetti in pietra, in plastica, borse, lampadari di stoffa… Ma molte cose sono proprio scadenti.
Al ritorno ci fermiamo in un negozio, di un parente del tipo del nostro hotel, dove vendono statue e teste in legno.
Ci sono cose fantastiche e se potessi comprerei tutto… ma non ho né i soldi né lo spazio… Guardiamo e riguardiamo e poi, sia io che Vito, compriamo delle teste da appendere lavorate con molta maestria.
Gli artigiani indiani sono veramente molto bravi.
Torniamo in stanza contenti degli acquisti e stanchi per la lunga passeggiata.
Per cena andiamo allo “Yoga Restaurant”, un posto carino con vista sul passeggio della nostra strada. La carne di Vito risulta buona ma un po’ dura, i miei gamberi avevano invece una salsina squisita ma erano pochi.
Dopo cena ce ne stiamo sul lungo balcone, la temperatura è ideale, manca solo il caffè… che oramai è solo un lontano ricordo… Lunedì 19 maggio Anche oggi ci svegliano i raggi del sole…Non c’è che dire, questo viaggio è stato all’insegna del sole e del caldo.
E’ ancora presto quando facciamo colazione di fronte alle onde dell’oceano. Abbiamo dovuto declinare la puntatina mattutina sulla spiaggia, le mucche vanno e vengono nel poco spazio disponibile e se non facciamo il bagno non c’è gusto.
Ed allora dedichiamo il tempo agli ultimi acquisti sfrenati… Per prima cosa torniamo in un negozio dove Vito aveva visto un batik interessante.
Si guarda, si chiede, si contratta e poi si compra… Sono stoffe così belle che compriamo entrambi qualcosa.
Facciamo telefonare, dal tipo dell’albergo, per la riconferma del volo di ritorno… (gran brutto momento!).
Passiamo tra un negozio e l’altro alla ricerca di the e curry sotto un sole che è sempre terribile.
Torniamo in stanza con pacchetti e pacchettini, con stoffe e spezie…E ci chiediamo come faremo se lo zaino e il borsone sono già colmi? In qualche modo ci riusciremo… Siamo tornati con l’idea di andare a mangiucchiare qualcosa al Nautilus ma è chiuso… non capiamo gli orari che fa… Ci dirigiamo sulla spiaggia e andiamo a mangiare al Santana. Mangiamo bene e ci riempiamo con poco.
La spiaggia davanti a noi è molto più larga a causa della bassa marea e alcuni ragazzini vagano alla ricerca di molluschi.
Poco dopo l’una torniamo in hotel, il sole è a picco e per le stradine non c’è quasi nessuno. Noi ci rifugiamo sotto il ventilatore…
Nel pomeriggio ce ne torniamo sulla spiaggia e a andiamo verso il tempio del sole mentre la marea sta tornando lentamente.
Ci godiamo un po’ di venticello proveniente dall’oceano, sono oramai gli ultimi giorni e la partenza sempre più vicina.
Passiamo a fare altri acquisti e torniamo in stanza con altri pacchi e pacchettini.
Abbiamo la stanza piena di stoffe, di oggetti in legno e di mille altre cose… i nostri zaini e le nostre borse paiono più piccole di ciò che abbiamo comprato… Per cena andiamo al “Moonrakers”, uno tra i più conosciuti. L’ambiente è molto curato, noi siamo ad un tavolo vicino all’entrata e davanti a noi ci sono grandi ruote in pietra finemente scolpite.
La stessa entrata è fatta in parte in pietra e in parte in legno. E’ un posto pittoresco e accogliente e tutto sommato mangiamo bene.
Con la sera che sopraggiunge tutta la stanchezza torna a galla. Riusciamo a stare un po’ sul balcone a chiacchierare e poi crolliamo in poco tempo come delle pere cotte.
Martedì 20 maggio Ci svegliamo molto presto ma questa volta non per il sole ma per il rumore. Nella stanze vicino alla nostra c’è stato un andirivieni di gente e adesso c’è una coppia francese con tre figli.
Usciamo quasi subito per andare a fare colazione. Sembra tutto uguale alle altre mattine ma invece, udite, udite, in cielo si sono formate gruppi di nuvole che coprono parte del cielo. Finalmente.
Ci mettiamo pochi minuti ad arrivare al ristorante sulla spiaggia che il cielo è diventato di nuovo tutto azzurro.
Cerco da tutte le parti le nuvole che avevamo visto prima ma non le trovo, sono sparite… sono le otto e mezza del mattino ed è di nuovo tutto terso.
Dopo colazione ce ne andiamo un po’ a zonzo, a fare fotografie, a curiosare nei mercati e naturalmente a comprare ancora qualcosa… Per pranzo scegliamo il “Tina Blue Restaurant”, proprio a due passi dal nostro hotel. Il posto è su un terrazzo al primo piano, è carino anche se ci lascia un po’ perplessi perché non c’è nessuno… Siamo un po’ interdetti e pronti all’ennesima fregatura ed invece mangiamo uno dei pranzi migliori di tutto il viaggio.
Vito mangia un pollo veramente gustoso mentre io dei sublimi gamberi. Siamo super soddisfatti dei buonissimi sapori e ci chiediamo come mai nessuno venga a mangiare qui.
Abbiamo mangiato solo io e Vito, di altri clienti neppure l’ombra.
Una volta satolli torniamo in stanza, fuori è una graticola e stare sotto il ventilatore all’ombra è l’unico rimedio per resistere alle ore più calde.
E poi usciamo di nuovo per le ultime passeggiate… e per gli ultimissimi acquisti: scatolette di legno ed incenso.
Finiamo il giro bevendo un ottimo juice di papaia in riva all’oceano e poi, un po’ grondanti di sudore torniamo in camera.
Si fa sera.
Per cena scegliamo il “Blue Elephant Restaurant” proprio di fronte a quello scelto ieri sera. Mangiamo bene ma non come a mezzogiorno, il sughetto del pollo e quello dei gamberi parevano più o meno simili a quelli del “Tina Blue” ma in realtà erano più pesanti e con un retrogusto di erbe un po’ strano. Comunque una cena più che decente. Bisogna sempre ricordarsi che, anche se è una località turistica, si è sempre in India.
Passeggiando nel ritorno in hotel ci accorgiamo di come ci siano sempre meno turisti… Mercoledì 21 maggio
Ultimo giorno del viaggio, ultimo giorno in India. Nella notte partiremo per l’aeroporto di Chennai… sembravano così lunghe cinque settimane ed invece adesso ci sembrano volate via.
Sono le sette del mattino e io sono già sveglio… Vito ha avuto una nottata un po’ agitata, forse non ha digerito bene o ha preso troppo sole. Adesso si è un po’ riaddormentato.
Mentre Vito dorme comincio a prevedere come riempire lo zaino e la borsa… ho l’impressione che sarà dura farci entrare tutto.
Non ho ancora vinto la battaglia con lo zaino che Vito si sveglia. Andiamo a fare colazione per l’ultima volta al Santana per goderci l’oceano.
Non abbiamo tanta voglia di parlare, il pensiero della partenza e di Torino con il suo tran-tran ci lascia senza parole… siamo un po’ tristi.
Ma non solo. Vito continua a non stare troppo bene.
Pare abbia un po’ di influenza… Tra caldo massacrante, docce, ventilatore e sudate si fa in fretta a beccarsi qualcosa.
Torniamo in stanza e cominciamo ad organizzarci per come riempire gli zaini nel modo migliore in modo da utilizzare ogni spazio possibile. E’ un lavoro improbo: io riempio e tolgo, tolgo e riempio… e ogni volta lo zaino e la borsa mi paiono sempre più pesanti… Verso l’una lasciamo la stanza e tutti gli acquisti sparsi ancora ovunque per andare a fare pranzo.
Torniamo al “Tina Blue Restaurant” e mangiamo le stesse cose di ieri: gamberi per me e pollo per Vito. Non siamo soli, c’è un’altra coppia in un altro tavolo…, anche questa volta mangiamo bene. Soddisfatti torniamo al nostro hotel.
Ricominciamo la lotta con gli zaini… Pomeriggio d’inedia, senza voglia di parlare, tra la tosse di Vito e brevi dormitine… Le ore passano e in un batter d’occhio arriva la sera.
In camera gli zaini sono già pronti. Sono talmente pieni che sembrano scoppiare da un momento all’altro.
Seduti sul nostro balcone ripercorriamo con i ricordi questo lungo viaggio… Davanti ai nostri occhi ritornano immagini che paiono lontane nel tempo: i primi giorni di caldo infernale, i miei occhiali rosicchiati dalla scimmia, le sculture di Khajuraho, le grotte di Ellora e l’oceano di Goa e del Kerala.
Proprio un bel viaggio.
Tra le altre cose, facciamo anche un po’ di conti… Abbiamo percorso l’India da nord a sud, da Delhi fino a Mamallapuram,dove siamo adesso, facendo quasi 5300 chilometri tra bus-deluxe, bus di linea, treno, taxi e tuc-tuc. E per fare tutta questa strada abbiamo speso 86 euro a testa.
Per mangiare, dormire, spostarsi nelle città, acqua, succhi vari, sigarette, telefonate e tutto il resto 630 euro per 35 giorni.
Poco dopo mezzanotte arriva la macchina con carrozzeria bombata stile anni ’60 che ci porterà all’aeroporto. Ancora un paio d’ore e poi partiremo.
Siamo un pò tristi.
Ci aspettano solo lunghe ore d’attesa… Alle due di notte carichiamo i nostri bagagli e lasciamo Mamallapuram mentre tutti dormono.
Nella calda notte indiana ci facciamo queste ultime due ore di macchina con mille pensieri che scorrono nella mente. Quando scorgiamo le luci dell’aeroporto sono già le quattro del mattino.
Quando le grandi porte vetrate si chiudono dietro di noi abbiamo il morale a terra e siamo un po’ stanchi. Il viaggio è praticamente finito. Arrivederci India.
Durante i viaggi, per capire meglio il posto e per avere tutte quelle informazioni che servono mi sono portato con me alcune guide.
Ho utilizzato “Guide EDT” edizione italiana della guida Lonely Planet India del Nord, “Le guide routard” India del Nord e India del Sud sempre dell’ Lonely Planet.
Nella stesura del diario per meglio spiegare siti archeologici o alcuni particolari delle città mi sono avvalso delle stesse guide che sapevano al meglio spiegarne i contorni.
Glossario Bramino – membro della casta più elevata quella dei bramini (sacerdoti).
Ciclo-risciò – è per lo più una bicicletta che traina un calesse Curry – termine occidentale per indicare una miscela di diverse spezie pestate nel mortaio. Bazar (bazaar) – mercato, ma potrebbe essere riferito ad una piazza, un insieme di vie o un intero quartiere.
Boarning House – pensione.
Buddha – fondatore del buddhismo, visse nel V secolo a.C., gli induisti lo considerano la nona reincarnazione di Vishnu.
Durga – una delle denominazioni di Devi (o Parvati) consorte di Shiva. In questo caso è rappresentata come donna avvenente ma di aspetto fiero e minaccioso a cavallo di una tigre.
Gopuram- alta torre piramidale che funge da ingresso ai templi dravidici.
Ghat – gradinate che sorgono sulle rive dei fiumi, servono per facilitare i fedeli per le abluzioni rituali.
Hindu – termine che indica gli induisti.
Indra – la più importante divinità vedica, dio dei temporali e della guerra, le sue armi sono il fulmine, l’arco, la rete e l’uncino.
Jainismo – religione contemporanea al buddismo e per molti aspetti somigliante.
Krishna – ottava reincarnazione di Vishnu, divinità molto popolare dipinta con il colore blu.
Lassì – bevanda rinfrescante a base di yogurt dolcificato e acqua gelata.
Maharaja – letteralmente “grande re”, principe regnante.
Moghul – dinastia musulmana di imperatori indiani.
Noodels – spaghetti di riso.
Parvati – uno degli appellativi della moglie di Shiva. Puja – letteralmente significa rispetto. Offerta o preghiera.
Rajput – casta di guerrieri hindu, sovrani del Rajasthan.
Sadhu – letteralmente “sant’uomo”, colui che ha carisma spirituale e ha intrapreso la via dell’illuminazione. Sandwich panino.
Sari – vestito da donna composto da un rettangolo di stoffa mediamente lungo circa cinque metri e alto circa uno. E’ accompagnato da un corpetto e da una sottogonna.
Shiva – seconda divinità della triade hindu, dio distruttore ma anche creatore. Come creatore è venerato nell’emblema del “lingam” (simbolo fallico).
Surya – sole, divinità vedica.
Tabla – tamburo indiano per lo più in legno e terracotta a forma di barile.
Tuc-tuc – piccolo veicolo a tre ruote, spesso senza portiere, con un piccolo sedile davanti per il guidatore e un altro stretto e lungo dietro per due persone.
Tandoori – specialità tipica delle regioni settentrionali e si riferisce al forno di argilla in cui viene cucinato il cibo dopo essere stato in una marinatura di spezie e yogurt.
Tomato soup – zuppa di pomodori.
Vishnu – Il conservatore, uno dei tre dei della triade indiana. Ha avuto nove reincarnazioni: pesce, tartaruga, cinghiale, uomo-leone, nano, bramino, Rama (l’eroe del Ramajana), Krishna e Buddha.
Hotel, guest house e ristoranti.
Dopo aver scritto alcuni diari di viaggio ho pensato di aggiungere queste informazioni che spero possano essere utili.
Per quanto riguarda il cambio tra rupie ed euro nel viaggio abbiamo cambiato a 61, a 62 ed anche a 64… ma per semplificare ho messo il cambio a 60.
Quindi 60 rupie per 1 euro.
Considerate in più che aprile e maggio in India è “bassa stagione”, il grosso dei turisti o è andato via o deve ancora arrivare. Nello stesso tempo è però vacanza per molti indiani e spostarsi in treno è più problematici.
Mathura E’ una tipica cittadina indiana con tante mucche, tante scimmie e tanti ciclo-risciò. Merita fermarsi e starci un paio di giorni. Molto interessante è anche andare a visitare la piccola cittadina di Vrindaban distante pochi chilometri.
Noi abbiamo pernottato al Gaurav Boarding House e ci siamo trovati bene. Le stanze sono abbastanza pulite anche se un po’ piccoline. Costo per notte 600 rupie in due (10 euro).
Il ristorante del Gaurav non è un gran che… può andare bene per una zuppa o un the, ma per cenare è meglio andare altrove.
Abbiamo cenato all’ Heera Invitation, un posto un po’ pretenzioso, pulito e con camerieri solerti. Ci siamo trovati abbastanza bene. Non abbiamo mangiato molto, solo noodles alle verdure e zuppa di pomodoro, e abbiamo trovato sapori gustosi e non troppo piccanti.
Costo della cena 310 rupie in due (5 euro).
Posto in cui tornare.
Agra Ad Agra bisogna per forza andarci! E’ una delle più belle città indiane. E’ stata la capitale dell’India dei Moghul e ha moltissimi straordinari monumenti. Tra i tanti spicca il maestoso Forte Rosso e il bellissimo mausoleo del Taj Mahal. E poi le strade della città vecchia hanno palazzi bellissimi, anche se un po’ malandati, e angoli molto pittoreschi. L’unico neo è l’esagerata l’insistenza di molti indiani che ti si appiccicano e cercano in tutti i modi di portarti a comprare qualcosa. Con questi procacciatori di provvigioni bisogna essere inflessibili altrimenti non ti mollano più.
Abbiamo pernottato all’ Hotel Surya, un luogo pulito ma con poca luce.
Molte stanze infatti non hanno finestre che danno sulla strada ma si affacciano su larghi corridoi interni ingentiliti con divani e tavolini.
La nostra stanza aveva molta luce ma era molto piccola.
Costo per notte 900 rupie in due (15 euro).
Abbiamo pranzato al ristorante dell’ hotel, situato al pian terreno in un ambiente un po’ buio. I cibi sono tra il passabile e il buono, specialmente pollo e insalate. Abbiamo cenato all’ Only Retstaurant. Questo ristorante è, secondo me, uno dei migliori che ho trovato in India. Ci sono capitato per caso nel 1996 e ci sono tornato con Vito e Valter nel 2002 e abbiamo sempre mangiato molto bene.
Una decina di tavoli di grandezze diverse ricoperti da tessuti scuri con sopra un velo di plastica occupano gran parte della sala, alle pareti stretti batik sono ancora imballati nel cellofan. Una selva di canne dipinte di un marrone intenso e lucente ricoprono la parte inferiore delle pareti, e da un lato, su una piccola pedana, due musicisti indiani suonano con il violino e con le tablas. Consigliamo l’agnello, patatine e insalata di verdure miste, tutto molto buono e con sapori squisiti.
Costo della cena 710 rupie in due (quasi 12 euro).
Posto da non perdere!
Varanasi Questa è davvero una città speciale. La prima volta, nel lontano ’79, ci sono arrivato impreparato e già debilitato nel fisico (mangiavo pochissimo…) e sono scappato. Poi ci sono tornato e ho cominciato ad apprezzarla. E ci sono ritornato più volte.
E’ senza dubbio una delle città più affascinanti dell’India, con i suoi vicoli e i suoi colori, con le sue albe sul Gange e le migliaia di biciclette e risciò che vagano tra viali e stradine zigzagando mucche e pedoni. Ma è anche una città dura dove la povertà e il dolore si toccano con mano. Se volete andare in India e cercare di conoscerla allora andate a Varanasi, girovagate perdendovi tra le stradine e poi sedetevi a osservare il passeggio e la quotidianità… Abbiamo pernottato all’ hotel Surya. Qui siamo stati con Valter sei anni fa, la hall della reception è cambiata ma per il resto pare tutto come allora.
L’hotel è una palazzina carina di tre piani ad elle davanti ad un bel giardino curato. Di fronte si affacciano due bei palazzi in stile coloniale, uno funziona anche da ristorante per l’hotel mentre l’altro pare privato.
Le stanze, tutte con balconcino, sono pulite e non troppo piccole.
Costo per notte 1150 rupie in due (19 euro).
Un posto ottimo come qualità e prezzo.
Abbiamo cenato al ristorante dell’hotel un paio di volte, se si cena in giardino il posto è molto suggestivo, ma per quanto riguarda il cibo non siamo rimasti molto soddisfatti.
Abbiamo cenato al ristorante dell’Hinia Hotel’ uno tra i posti più chic della città: il “ Palm Springs”. Il posto è veramente molto lussuoso e il cibo abbastanza decente anche se a me arrivano cose diverse da quello che avevo ordinato.
Scelgo infatti carne e al cameriere indico sul menù “Mixed grilled” che tradotto significa grigliata mista. Mi aspetto diversi pezzi di carne ma arriva invece un grosso hamburger con intorno verdure un po’ crude e un po’ grigliate. In India, quasi ovunque, le verdure grigliate o bollite sono sempre a metà cottura, se non crude.
Comunque si mangia decentemente.
Costo della cena 650 rupie in due (11 euro).
Khajuraho I templi di Khajuraho sono una delle maggiori attrazioni di tutta l’India. Sono molto interessanti e tenuti bene. La cittadina è carina e offre una tranquillità ideale, e poi si mangia bene e questo non è poco.
Il consiglio è di andarci e, anche se è fuori dalle rotte principali e per arrivarci può risultare un po’ faticoso, vale veramente la pena. Abbiamo pernottato all’ Hotel Armony. Un piccolo alberghetto sulla strada principale con un piccolo giardino interno e stanze luminose anche se microscopiche.
Un posto pulito con un piccolo ristorante dove si possono mangiare buoni sandwich.
Costo per notte 400 rupie in due (6,50 euro).
Abbiamo cenato e pranzato al Mediterraneo, proprio quasi di fronte al nostro hotel, su un grande terrazzo al primo piano godendoci il passeggio sulla via principale. Abbiamo ordinato montone grigliato e pollo all’aglio e abbiamo mangiamo benissimo: le spezie erano nella giusta quantità per esaltare sapori gustosissimi.
Un posto dove tornare.
Abbiamo fatto colazioni anche in altri ristoranti e ci siamo trovati bene. A Khajuraho si mangia bene.
Jalgaon Ci fermiamo in questa cittadina di mezzo milione di abitanti esclusivamente per andare a visitare le grotte di Ajanta situate 60 chilometri a sud. La città infatti è un po’ anonima e non offre un gran che.
Abbiamo pernottato al Padma Inn Hotel, un piccolo hotel di tre piani.
Le camere migliori sono al secondo piano, la nostra infatti è spaziosa e pulita, c’è un bel bagno e abbiamo anche un piccolo balconcino.
Costo per notte 832 rupie in due (14 euro).
In questa città l’arte culinaria lascia in po’ a desiderare… Abbiamo cenato al Silver Palace, un posto che vorrebbe essere lussuoso ma che pare più una tavola calda con tovaglie orrende e appiccicose e l’aria pesante a causa della mancanza di finestre… Ci sono molti ventilatori che però, essendo un locale chiuso, non fanno altro che spostare l’aria… Un posto terribile dove non arriva mai la luce del sole. La cena costa poco (170 rupie, circa 3 euro in due) ma vale anche poco.
Le zuppe erano immangiabili a causa del peperoncino e i noodles erano immersi in una gelatina che non aveva un ottimo sapore… La sera dopo abbiamo cenato al ristorante Arya: uno stretto locale che si affaccia su una strada alberata molto pittoresca.
Non mangiamo bene.
Le tomato soup non erano molto saporite, ho provato ad aggiungerci il riso ma il sapore non è migliorato. Una delle peggiori zuppe.
I noodles di Vito erano ad un livello sotto la decenza, un saporaccio… ma sempre migliori di quelli gelatinosi della sera precedente… Anche qui si paga poco (240 rupie pari a 4 euro in due) ma anche qui il cibo vale veramente poco.
Un’altra cena da dimenticare.
In questa città non si viene certo per la cucina… Aurangabad Aurangabad fu la capitale dell’ultimo imperatore moghul e conserva alcuni reperti storici che vale la pena visitare tra cui un interessante imitazione in piccolo del Taj Mahal di Agra.
Ma ciò che la rende importante è la vicinanza con le bellissime grotte di Ellora. Il traffico in città risulta un po’ caotico tra le stradine quasi sempre sterrate e i lunghi viali che paiono non finire mai.
Vale la pena fermarsi un paio di giorni per visitare le grotte di Ellora , gli altri siti nelle vicinanze e la città con i suoi mercati.
Abbiamo cercato da dormire al MTDC Holiday Resort, la nostra guida lo dipinge come un luogo pittoresco immerso in un bel giardino con camere linde e spaziose.
Ci siamo stati.
Il giardino non esiste, ci sono bellissime piante che fanno tanta ombra ma in terra è molto sporco. Entriamo nel caseggiato dove c’è la reception e un inserviente ci accompagna nel caseggiato a fianco per farci vedere una camera. La casa è brutta e malconcia, passiamo per corridoi semibui dove alcuni indiani stanno pulendo sul pavimento macchie alquanto difficili. Davanti alle porte ci sono bicchieri e grossi piatti di metallo con gli avanzi della cena. L’odore è un po’ nauseante e lo sporco lo si sente anche nell’aria.
Sembra un carcere… La stanza che ci fanno vedere è deprimente, ha una finestra minuscola e pareti luride.
Non andateci.
Abbiamo pernottato al Shree Maya Hotel.
Il posto è carino e accogliente. Le camere sono decenti e un po’ spartane. E’ frequentato da altri turisti.
Prendiamo una stanza al primo piano, la numero 13.
Costo per notte 445 rupie in due ( poco più di 7 euro).
Abbiamo cenato al Tandoori Restaurant & bar dove ci siamo trovati abbastanza bene, il cibo non si è rivelato troppo piccante e i sapori si distinguevano risultando accettabili. Anche se certi sughetti avevano a volte dei retrogusti un po’ dolciastri… comunque mangiamo tutto… o era la fame o il cibo era buono… Spendiamo 444 rupie in due (poco più di 7 euro).
In città come queste dove il cibo lascia un po’ a desiderare è un posto da non dimenticare.
Un altro ristorante che abbiamo provato è il Prashanth, la guida parla di una deliziosa cucina vegetariana…E di indimenticabili succhi di frutta.
Il ristorante si presenta nel peggiore dei modi: i tavoli in finto marmo sono molto sudici e delle sedie in plastica è meglio non parlare. Comunque mangiamo dei buoni noodless anche se il resto della cena è stato poco convincente.
Spendiamo 277 rupie in due ( 3,5 euro).
Calangute nello stato di Goa.
Le incantevoli spiagge di Goa sono una delle mete principali di gran parte dei turisti che giungono in India. Sia a nord della capitale Panaji che a sud le spiagge si susseguono come si susseguono i paesini, ovunque vogliate andare troverete posti incantevoli e una cucina tra le migliori del paese.
In questo viaggio abbiamo soggiornato alla Seby Guest House, nella parte sud di Calangute, in una bella casa in stile coloniale di due piani con ampi balconi.
Dapprima ci hanno dato una camera al secondo piano poi ci siamo spostati in una al primo. Entrambe erano spaziose, pulite, con balcone e frigorifero.
Veramente carine.
Costo per notte 700 rupie in due ( quasi 12 euro).
Abbiamo pranzato e cenato ovunque molto bene (i nomi dei ristoranti non sono molto importanti perché cambiano spesso).
La cucina portoghese e continentale in connubio con le spezie indiane crea cibi squisiti perciò fermatevi dove volete che qualcosa di buono troverete.
Il pesce è ovunque stupendo, fidatevi, anche quando non vedete un nessuno a sedere si mangia bene lo stesso.
Mangalore Mangalore è la principale città della costa dello stato del Karnataka ma non è particolarmente pittoresca.
E’ una città quasi collinare percorsa da strade tortuose che fanno perdere l’orientamento, il traffico è un po’ caotico e i colori e le antiche case dell’India sono praticamente assenti.
Noi volevamo fermarci ma non l’abbiamo trovata molto interessante. Può essere utilizzata come tappa per raggiungere altri luoghi.
Abbiamo visto l’ Hotel Surya e vi consigliamo di dimenticarlo… è vero che le cose possono cambiare di anno in anno ma il corridoio e la stanza che abbiamo visto erano deprimenti e sporche.
Abbiamo preso una stanza all’ Hindusthan Hotel, un posto un po’ buio in una stradina stretta e odorosa… E’ abbastanza pulito e la stanza non è troppo piccola, abbiamo una grande finestra coperta da tendoni pesanti, dietro c’è un vicolo molto stretto e un po’ deprimente da dove salgono odori di cibo molto speziato… I muri della stanza sono completamente disadorni, né quadri né altro, e sempre mi viene in mente la stessa domanda “ma perché non abbellirli un po’?”.
Le pareti completamente disadorne danno sempre un po’ di desolazione… meno male che non dobbiamo starci molto.
Costo per notte 425 rupie in due ( 7 euro).
Per ciò che riguarda il cibo è meglio lasciare perdere, anche Mangalore non è annoverata tra i luoghi dove si mangia particolarmente bene.
E’ anche vero che non abbiamo fatto un pranzo completo… quindi fate voi e provate, magari avete più fortuna di noi.
Alappuzha La piccola Venezia del Kerala.
E’ una città tranquilla con strade ombreggiate attorno ad una serie di canali che la attraversano e si riversano nelle vaste backwaters della regione. I backwaters sono 900 chilometri di canali interni che costeggiano il litorale e penetrano nell’entroterra. In un viaggio nel sud dell’India non si può non fermarsi in questa deliziosa cittadina.
Abbiamo pernottato al Gowri Heritage Residence, un posto delizioso in un giardino con piante maestose.
Il luogo è molto ombreggiato e, oltre alla bassa struttura principale, ci sono vari villini, di diversa grandezza, disseminati nell’ incantevole giardino. Il luogo è veramente bello e rilassante.
Abbiamo affittato metà di una piccola casetta di legno dove c’è solo una stanza con il letto, un tavolino e due sedie. Non ci sta null’altro nel senso che non c’è altro spazio… C’è una porta che da sul gabinetto, unico nel suo genere. In gabinetto non c’è il tetto, ci sono le pareti ma non il tetto. C’è anche lo spazio per un piccolo giardino dove un paio di piante con fiori colorati salgono verso il cielo… Alzando gli occhi siamo coperti dai rami di alberi maestosi e dove si intravede il cielo è di un azzurro intenso. E se uno deve andarci e piove? Abbiamo speso 600 rupie in due (10 euro).
Abbiamo cenato al Chakara Restaurant (il ristorante del Raheem Residency, un posto chic…), per la guida è il posto migliore della città e dice che propone un fantastico menu che fonde elementi della cucina europea con quelli culinari del Kerala.
Il menù è fisso (si può scegliere solo tra due opzioni) ed è di quattro portate.
Il posto è incantevole e la birra tra le migliori bevute in India.
Per primo ci portano un paio di polpette con le patate e con spezie che rovinano un po’ il gusto… ne abbiamo mangiate di migliori in molti chioschetti per le strade.
Come seconda portata arriva una soup (zuppa) di verdure che non ha nulla di speciale, pare anzi poco saporita.
Il piatto forte che aspettiamo è il pesce al curry per me e il pollo per Vito. Entrambe le portate arrivano in due vassoi con dei sughi poco allettanti. Il pollo di Vito non era tra i migliori che ha mangiato, e il mio pesce, molto buono, doveva essere mondato dal terribile sugo per essere decente. Il riso al burro di contorno aveva spezie devastanti che sconvolgevano il suo sapore.
E per finire come dessert sono arrivate un paio di palline di pane in un sugo dolcissimo che farebbe felice qualsiasi dentista… Una cena decente ma decisamente al di sotto di ciò che affermava la guida. Abbiamo mangiato in altri posti meno altolocati dove il sapore del cibo era molto più gustoso.
In ogni caso è un luogo dove vale la pena venirci sia per il cibo che per l’ambiente tutto attorno.
Costo della cena 660 rupie a testa, con le birre arriviamo a 1700 rupie in due (28 euro). Il posto più caro dove abbiamo cenato…
Kovalam E’ forse la località balneare più famosa del Kerala.
Anche se in pieno sviluppo turistico mantiene sicuramente un suo invidiabile fascino. Il paese di Kovalam si trova nell’interno tra le risaie e i boschi di banane e a poco più di un chilometro le bellissime due insenature.
Si fanno stupendi bagni, il cibo è buono, l’interno è fatto apposta per pittoresche passeggiate e il costo è ancora basso.
Vale la pena venirci e passare qualche giorno prima di rituffarsi nelle caotiche e colorate città del nord e del vicino Tamil Nadu.
Abbiamo pernottato all’ Hotel Sea Coast, uno dei tanti piccoli alberghi ad un piano (con 6-7 camere) sorti a ridosso della spiaggia.
La nostra camera al primo piano era molto pulita, spaziosa e con un bagno e un balconcino. Un posto tranquillo e quasi deserto, non ci sono in questo periodo dell’anno molti turisti… e questo ci fa molto piacere.
Abbiamo speso 500 rupie a notte in due ( poco più di 8 euro).
Per mangiare a Kovalam non c’è problema: noi siamo stati in diversi ristoranti e il livello di bontà dei cibi è sempre stato molto alto.
Tra gli altri abbiamo cenato al Cocunet Growe Restaurant (gamberoni e granchi deliziosi) e al See Corner e al See Food ( ma i nomi da un anno all’altro possono cambiare…).
Il costo per mangiare si aggirava più o meno sulle 500-600 rupie a testa (10 euro).
Madurai Madurai è la capitale del Tamil Nadu, è una città molto interessante sia per il vasto complesso di templi unico in India, lo Sri Meenakshi Temple, che per le sue strade colorate.
E’ una città vivace , brulicante di pellegrini, mendicanti, bancarelle, negozi variopinti, carri trainati dai buoi e un’intera legione di risciò e tuc-tuc. E’ anche conosciuta per le sue magnifiche stoffe e per i suoi sarti.
Una meta obbligata nel Tamil Nadu, sia perché ne vale la pena e sia perché tutte le strade del profondo sud portano qui. Abbiamo soggiornato per poche ore presso l’Hotel Samsung: un palazzo orrendo stretto e alto che non si capisce come faccia a stare su. La nostra stanza al quinto piano era orribile e sporca, ma non avevamo molta scelta… Non andateci! Abbiamo mangiato al Surya Restaurant: ristorante vegetariano ma con birra fresca… Mangiucchiamo noodles senza troppo entusiasmo, abituati al cibo saporito e gustoso di Kovalam questi spaghetti di riso ci paiono insipidi.
Anche Madurai non è comunque annoverata tra le città dove si mangia meglio.
Mamallapuram Questo paesino di pescatori ad una cinquantina di chilometri a sud di Chennai è proprio deliziosa e non bisogna perderla.
Mamallapuram è conosciuta per le sue sculture rupestri, per i templi e per i tantissimi artigiani che scalpellano la pietra e creano statue di tutte le grandezze. Camminando per le sue stradine si sente spesso il rumore del martello e dello scalpello e ovunque ti giri c’è un negozio o una bancarella che vende statuette in pietra.
Ma questo paesino di pescatori, con le sue stradine che portano alla lunga spiaggia e con i suoi mercati colorati è anche meta di turismo per i suoi ristoranti che propongono gustosi piatti a base di pesce e alberghi con qualità superiore alla media.
E’ una cittadina piccola e tranquilla anche se le sue strade sono sempre un po’ affollate… Abbiamo soggiornato all’ Hotel Siva (sulla strada parallela alla spiaggia) : una casa a tre piani molto curata e pulita.
Qui siamo venuti già un paio di volte e ci siamo trovati sempre bene.
Costo per notte 400 rupie in due (6,5 euro).
Unica novità: attenzione alle scimmie che nelle loro peregrinazioni spesso fanno capolino curiosando dappertutto.
A Mamallapuram abbiamo cenato in diversi ristoranti e, anche qui, il livello della bontà del cibo è veramente alto.
Siamo stati al Tina Blue Restaurant, al Moonrakers, al Nautilus, al Santana, allo Yoga Restaurant: sempre con ottimi risultati.
Andateci, ne vale la pena.