Un bocadillo de madrid
Arrivati all’aeroporto Barajas di Madrid rimaniamo colpiti dalla sinuosa architettura dell’intero complesso: una struttura portante metallica composta da pilastri colorati (con sfumature dal giallo al blu per tonalità crescente) intervallata da un soffitto ondulato, interamente rivestito da migliaia di listelli in legno. L’effetto cromatico è accattivante: avete presente le grandi scatole di matite della Caran D’Ache? Dopo un attimo di smarrimento ai distributori automatici di biglietti della metro, prendiamo la linea numero 8 e dopo un cambio di linea raggiungiamo il nostro hostal Santillan situato nella Gran Via, cuore caotico e pulsante della vita madrileña. Fortunatamente la nostra camera, anche se piccola, è abbastanza silenziosa in quanto si affaccia sul cortile interno e non direttamente sulla strada. I gestori, come tutti i madrileñi, gentili e disponibili, ci danno qualche dritta su come muoverci per la città. Approfittiamo quindi delle ultime ore del pomeriggio per girovagare un po’tra la Gran Via e il centro cittadino, per iniziare a respirare il famoso clima da movida del sabato sera.
Ci tuffiamo in un bagno di folla in Plaza Mayor e in Plaza Puerta del Sol (dove si trova la statua dell’orsetto che mangia dall’albero di corbezzolo, simbolo di Madrid). Passiamo davanti ad un curioso negozio di alimentari che “fabbrica” patatine fritte che poi espone sfuse in una grande teca in vetrina. Decidiamo di non farci tentare dalla sberluccicante “reliquia” in quanto eccessivamente unta, ma solo perché non abbiamo ancora compreso che a Madrid unto/fritto è bello.
Ci dedichiamo al nostro passatempo preferito come ogni volta che arriviamo in una nuova città estera: fondarci nel primo supermercato che incontriamo alla ricerca di prodotti locali. Alla fine ci facciamo tentare da un paio di the a buon prezzo, un pacco di biscotti fatti a ciambella e due sacchetti di patatine scelti tra le decine di varietà a disposizione.
La visione di tanto cibo ci fa venire un po’ di languore e guidati dalla fida Lonely Planet ci dirigiamo verso la Cerveceria Compano (Calle de Botaneros, una piccola via che si dirama dall’angolo sud-est di Plaza Mayor). Lì proviamo quello che sarà il tema portante di tutta la nostra vacanza: i bocadillos, economici panini strabordanti di qualunque ripieno: tortilla spagnola, anelli di calamari fritti, salsicce di vario tipo e affettati. Il locale è piuttosto spartano e affollato, ma qui, fidatevi, è indice di un’ottima cucina! Ci lasciamo, quindi, tentare da un bocadillo di calamari, molto gettonato da queste parti, e da uno con tortilla, accompagnati da una sapiente caña de cerveca (birra piccola alla spina). Sembra strano pensare ad una mini baguette ripiena di calamari fritti ma vi assicuro che i vostri scetticismi saranno abbondantemente ricompensati: a proposito, non vi aspettate che ve li asciughino nella carta assorbente prima di riempire il panino..Credo che sia questo l’ingrediente segreto Decidiamo di dare una chance anche al gelato spagnolo della catena Palazzo provando due ottimi gusti: il dulce de leche e l’arroz (gelato al riso con polvere di cannella). C’è da dire che il gelato, pur essendo lontani dall’Italia, lo troviamo buono e dissetante anche se non proprio economico (un cono piccolo 2,20€, ma da altre parti anche 3€). Perciò, se siete ghiotti di gelato, mettete in conto di spendere più per il dessert che per una lauta cena a base di bocadillos.
Dopo questo primo assaggio della città decidiamo di rientrare nella nostra cameretta attraversando una Gran Via più che mai viva e piena di gente.
COSE DA FARE: vedere la Plaza Mayor al tramonto con i locali che iniziano a popolarsi e assaporare un bocadillo de calamares, accompagnato dall’onnipresente birra.
COSE DA NON FARE: parlare inglese a uno spagnolo: molto più immediato l’ italiano accompagnato da gesti.
2° giorno – 27 aprile: REINA SOFIA E PRADO Oggi sperimentiamo sulla nostra pelle il significato delle parole “il peso della cultura”..Capiamo, infatti, che vedere in un solo giorno due mostri sacri come il Reina Sofia e il Prado e allo stesso tempo girovagando a piedi per la città è un compito decisamente arduo.
Iniziamo la giornata con un desayuno da Starbucks (poco tipico e decisamente caro rispetto alla media) e puntiamo dritti verso lo splendido museo di Reina Sofia. La visita al museo, se ben fatta, richiede diverse ore complice la varietà delle opere e l’ampio spazio dedicato alle mostre temporanee (abbiamo avuto la fortuna di vedere un’esposizione di Picasso direttamente dal museo Picasso di Parigi). Degno di nota è anche l’ampliamento del museo realizzato dal famoso architetto Jean Nouvel. Salvati solo dal sacchetto di patatine acquistate il giorno prima (davvero ottime e croccanti) riusciamo a trascinarci fino alle 15.30, ora in cui gettiamo la spugna in uno dei migliori bar di Madrid: El Brillante di fronte ad Atocha. Fra i banconi del bar regna un’anarchia assoluta, fra folcloristici camerieri che si gridano le ordinazioni dei clienti l’un l’altro e una marea di tovagliolini che ricoprono il pavimento. Nonostante l’aspetto ruspante si conferma fautore del mejor bocadillo de calamares della città. Già che siamo in zona stazione decidiamo di andare a fare i biglietti per la nostra gita a Toledo, prevista per il martedì (2 giorni dopo). Le biglietterie sono organizzate in un modo un po’ particolare, tipo le Poste da noi per intenderci. Ci sono file dedicate solo a chi deve fare biglietti per treni che partono in giornata e file per chi vuole acquistare in anticipo; per queste ultime si prende il numerino tipo Posta appunto e si può scoprire, come noi, di avere 140 persone davanti.. A quel punto l’unica alternativa – per i soli possessori di carta di credito – è andare alle macchinette automatiche. Ce ne sono moltissime al primo piano, prima del “check-in” partenze. Già, perché la stazione è organizzata come un aeroporto, con tanto di controlli al metal detector di ogni tipo di borsa/valigia: chi non ha il biglietto non arriva ai binari (ai quali poi si accede tramite una scala mobile che porta direttamente e al solo binario di partenza).
Forti dei nostri biglietti già saldamente in tasca, facciamo un giretto a vedere la stazione con i suoi giardini simil-tropicali e lo stagnetto con tanto di tartarughe; un ambiente molto curato, accogliente e pieno di locali e negozi: più che in una stazione sembra di essere in un centro commerciale.
Decidiamo di dirigerci verso il Prado per affrontare la temuta impresa, ma partiamo già stanchi dall’intensa giornata. Sono le 4 e mezza del pomeriggio e la coda che troviamo è nutrita (visto che è domenica pomeriggio e dalle 5 l’ingresso è gratis) ma non è nulla in confronto a quella che si accumula nei minuti seguenti. Vista la stanchezza vogliamo efficientare la visita allo sterminato museo (circa un centinaio di stanze..) guardando davvero solo i “best of”. Non è da noi, ma altrimenti ci sarebbero volute 6-7 ore: davvero troppo, anche per gli impavidi. Quindi, con l’aiuto della brochure (che indica i pezzi imperdibili nelle varie sale), vediamo i capolavori tra i quali quelli di El Greco, Velasquez e soprattutto Bosch. Rinunciamo a tutto il lotto Goya perché c’era una mostra temporanea su di lui nella quale hanno spostato anche tutti i quadri più famosi del Prado (la maya desnuda, 2 de mayo 1808, etc.).
Stanchi morti torniamo all’hostal per un po’di relax e poi a cena in un fast food vegetariano vicino a Puerta del Sol (Maoz): a servirci sono dei simpatici ragazzi di Verona, trasferitisi a Madrid perché “stufi dell’Italia e degli Italiani”. Inutile dire il loro disappunto nel vedere che Madrid pullula di Italiani..
DA FARE: se siete desiderosi di una gita fuoriporta (soprattutto a Toledo, che è servita dai pulitissimi AVE, i treni ad alta velocità) mi raccomando fate i biglietti qualche giorno prima perché vanno via come il pane ed essendo a prenotazione obbligatoria non è possibile salire se non c’è posto.
DA NON FARE: morire tra i quadri, soprattutto tra i “Santi&Madonne” del Prado. Se volete fare 2 musei di questo calibro in una giornata sola, fatevi una bella siesta tra l’uno e l’altro.
3° giorno – 28 aprile: QUARTIERI SUD E PARCO DEL BUEN RETIRO Oggi niente metro. Giriamo tutto a piedi per goderci sempre più questa città che ci impressiona in positivo. Colazione in quel che diventerà il nostro posto preferito, la Mallorquina in Puerta del Sol. Spremute dolcissime, un ottimo caffè ristretto (considerando che siamo fuori Italia), dolci goduriosissimi: da provare le “Napolitanas au chocolate”, dei saccottini al cioccolato da leccarsi i baffi.. Ma la vetrina offre davvero l’imbarazzo della scelta per iniziare col piede giusto la giornata.
Giriamo tranquilli dapprima visitando la Cattedrale di Madrid, Nuestra Señora de Almudeña, che non ha sicuramente la magnificenza delle cattedrali delle altre capitali europee. Poi ci spingiamo tra le viuzze e le chiese del quartiere Latina (consigliamo una capatina alla particolarissima Capila del Obispo, vicino a San Andrés) ed arriviamo a Lavapies, giusto in tempo per un ottimo e abbondante pasto al ristorante vegetariano “El Granero de Lavapies”. Qui una gentile signora ci rifocilla con un menu del dia che comprende acqua, un antipasto, un piatto unico, un dolce, un infuso o caffè, il tutto da scegliere nella carta per soli 10 euro ad personam. Usciamo rotolando ma felici per l’ottima qualità. Camminiamo fino allo stupendo Parque del Buen Retiro, un grande polmone verde ad est del centro, con distese di prati e giardini a non finire e ci svacchiamo per mezz’oretta di riposo sull’erba (curata, inutile dirlo) e sotto un caldo sole primaverile. Poi si va alla ricerca dell’Estanque, lo “stagno” grande come un campo da calcio che fa da cornice all’imponente Mausoleo di Alfonso XII. Affittiamo per tre quarti d’ora una barchetta a remi per girellare liberamente nello stagno, esperienza davvero divertente. Usciti dal parco, non prima di aver perso l’orientamento 3 o 4 volte, ci si dirige verso Plaza de Cibeles, piena di particolari edifici come quello delle Poste e del Banco d’España.
Ritorniamo a casa facendoci tutta la Gran Via e scattando qualche foto ai suoi splendidi palazzi (Metropolis, Edificio Telefonica).
Cena da DeMontaditos, fast food spagnolo dove puoi ordinare dei mini bocadillos ripieni praticamente di qualunque cosa, dai vari tipi di prosciutto ai formaggi con diversi accompagnamenti. Mangiamo bene e spendiamo poco.
DA FARE: giro in barchetta al Parque! E oltre alla colazione da La Mallorquina (sicuramente andate a colpo sicuro) prima di partire fate incetta di biscottini e paste da portare a casa per prolungare i vostri dolci ricordi. DA NON FARE: nei giorni feriali non andare a cenare dopo le 23, visto che le cucine (almeno quelle dei bar che sfornano panini a getto continuo) chiudono al massimo verso quell’ora. 4° giorno – 29 aprile: TOLEDO Finalmente la gita nell’antica Toledo. In 30’il treno ad alta velocità ci porta a destinazione: fermatevi un attimo ad ammirare la stazione di Toledo, un autentico capolavoro di stile “fusion”, arabeggiante con vetrate colorate e legni intarsiati all’interno.
Con uno dei bus che passano appena fuori dalla stazione arriviamo in salita al centro cittadino, nei presi dell’Alcazar (plaza Zocodover). Da lì è bello perdersi e girellare nel labirinto di vie e scoprire i vari monumenti da visitare: la stupenda Cattedrale (dove ahimè non si potrebbero scattare foto..), la valida Chiesa con chiostro di San Juan de los Reyes, le Sinagoghe e le Moschee (la principale moschea – Cristo de la Luz – è attualmente chiusa per lavori). Belli i panorami sul Tago ed i saliscendi per le vie della città, anche se la magia dell’antica capitale è a nostro giudizio rovinata dall’eccessiva “turisticità” dei migliaia di negozietti che vendono qualunque cosa, dai coltelli/spade alle magliette, dal marzapane alle cartoline.
Dopo il ritorno in treno in quel di Madrid, la stanchezza inizia a farsi sentire e decidiamo di cenare con un gelato e riposarci un po’nella nostra cameretta in compagnia della loquace TV spagnola.
DA FARE: visitare assolutamente la magnifica Cattedrale DA NON FARE: arrivare all’ultimo momento a prendere il treno, visti i numerosi controlli. 5° giorno – 30 aprile: MUSEO THYSSEN E PALAZZO REALE Ci svegliamo presto in una fresca mattinata per essere puntuali alle 9 all’apertura dei cancelli del Palazzo Reale: vogliamo infatti evitare code nel giorno in cui l’ingresso è gratuito per i cittadini dell’UE (il mercoledì). Cambiamo presto programma in quanto proprio quel giorno il palazzo avrebbe aperto al pubblico alle 10.30. Così decidiamo di andare a visitare le collezioni del museo Thyssen: la collezione permanente con le magnifiche tele degli impressionisti, di Dalì, Kandinsky ed esponenti del cubismo più la mostra temporanea dedicata a Modigliani (prezzo totale per la visita combinata 9€). Mangiamo vicino a piazza Santa Ana in un bar di tapas (la zona ne è piena ma la convenienza abita altrove) e poi andiamo dritti a Palazzo Reale per la visita. Da bravi italiani, ma in buona compagnia di anziani spagnoli, origliamo la guida spagnola che accompagna una scolaresca. Degni di nota la farmacia reale e la sala del trono, oltre all’armeria dove è possibile passeggiare in mezzo a luccicanti armi ed armature. DA FARE: visitare il Monastero delle Descalzas Reales, cosa che noi, per mancanza di tempo e per l’eccessiva coda, non siamo riusciti a fare. Vi suggeriamo di presentarvi prima dell’apertura per essere ammessi al primo turno di visite guidate (obbligatorie e scaglionate ogni 15’).
DA NON FARE: a nostro giudizio, evitate di prendere la cioccolata con i tanto decantati churros: intingere delle simil-crocchette di patate, perdipiù unte, nella cioccolata calda fa pensare al famoso detto “cavoli a merenda”..
6° giorno – 01maggio: GIRULA E RITORNO A CASA Giornata di tristezza..Si torna a casa.
Approfittiamo della mattinata per fare un giro in una zona semi periferica a ovest di Plaza de España per vedere gli affreschi di Goya all’interno della chiesa di San Antonio de la Florida, ma purtroppo la troviamo chiusa. Stessa sorte tocca al tempio di Debod, un tempio egizio incastonato nel mezzo del Parco de la Montaña. È una bella giornata di sole e apprezziamo la passeggiata tra le profumate rose del parco. Siamo un po’delusi perché, era facile aspettarselo, il 1° maggio è quasi tutto chiuso anche se, per quanto riguarda i trasporti, non ci sono intoppi. Infatti, arriviamo abbondantemente in tempo all’aeroporto Barajas per imbarcarci sul volo della Iberia, non prima di aver gustato gli ultimi bocadillos de calamares e di tortilla spagnola.
Sul volo facciamo un bilancio del viaggio a Madrid e confermiamo le prime impressioni: una città che si fa ammirare e che, con i suoi grandi palazzi e le sue larghe vie ariose, ricorda le metropoli americane. Per quanto grande, Madrid ci è comunque sembrata una città vivibile e a dimensione d’uomo. Tant’è che ci è venuta voglia di andarci a vivere, e non solo a visitarla. Come detto l’opinione è ottima su tutta la linea: la gente è gentile (cari teutonici, imparate..), c’è sempre qualcuno che pulisce per strada, che ristruttura, i mezzi pubblici sembrano funzionare a dovere, la rete della metro ha una dozzina di linee e le aree pubbliche sembrano curate. In generale abbiamo sempre girato tranquillamente senza particolari paure di borseggi, anche nelle zone un po’più periferiche. Abbiamo anche apprezzato il clima di tolleranza che si respira per le vie delle calle madrileñe (leggasi: effetto Zapatero). Non per fare quelli che “l’erba del vicino è sempre più verde” ma a nostro giudizio per tutti questi aspetti sembra di essere in un paese un po’più civile ed avanti del nostro.
DA FARE: provare la zapatilla del bar Melo’s (quartiere Lavapies): noi non ci siamo riusciti perché il locale è sempre pienissimo ed abbiamo gettato la spugna prima di raggiungere il fatidico bancone. Tutte le guide parlano benissimo di questo mega panino con due grandi fette di pane tostato ripiene di una enorme quantità di lamon (una via di mezzo tra prosciutto cotto e crudo) e queso galiziano che fila.
DA NON FARE: cercare di fare gli occhi dolci dalla vetrina all’ora di pranzo al proprietario del bar Melo’s: non servirà a nulla, vi dirà che apre solo di sera e continuerà ad affettare serafico il pane con la serranda mezza alzata, che delusione..
Riccardo & Francesca